L’ormai lunga storia dei tentativi di ‘andare oltre il PIL’, di cui il Menabò si è occupato anche di recente, si arricchisce di un nuovo capitolo, che promette di essere piuttosto interessante. Si tratta di un capitolo che non sta nel libro della ricerca ma in quello della concreta policy e che è firmato dalla Nuova Zelanda. Il 30 maggio scorso in questo paese è stato presentato il primo Wellbeing Budget, interamente costruito, come dice il nome, attorno al wellbeing e non al PIL. Si tratta, come ha detto la giovane premier Jacinda Arden, di un vero e proprio “bilancio per il benessere”.
Proviamo, allora, a rappresentare sinteticamente il modo nel quale il governo neozelandese intende attuare la sua strategia di sviluppo del wellbeing.
Il primo passo è un’analisi del benessere sulla base del patrimonio informativo/statistico contenuto nel Living Standards Framework (LSF) Dashboard del Dipartimento del Tesoro neozelandese e di studi di esperti di settore e consiglieri del governo. Il LSF Dashboard è il risultato di circa trent’anni di ricerca internazionale e nazionale in tema di benessere e si basa sull’approccio promosso dall’Ocse. Il LSF Dashboard verrà aggiornato e perfezionato nel 2021, nel tentativo di acquisire un livello di rigore nelle analisi del benessere comparabile con quello che caratterizza le valutazioni di tipo finanziario.
I circa sessanta indicatori selezionati hanno lo scopo di rappresentare sia il benessere corrente, facendo riferimento a dodici domini (impegno civile, identità culturale, ambiente, salute, abitazione, reddito e consumo, lavoro e retribuzioni, istruzione, sicurezza, relazioni sociali, uso del tempo, benessere soggettivo), sia il benessere intergenerazionale, definito in termini di quattro tipi di capitale (finanziario/fisico, umano, naturale, sociale). Più precisamente, anche attraverso opportune aggregazioni, si valuta il benessere dei diversi gruppi socio-demografici (questa è la dimensione Our people) e quello del paese nel suo insieme (Our country). L’analisi si concentra anche sulla sostenibilità dei livelli del benessere nel tempo (Our future) e lo fa prestando attenzione alle risorse considerate necessarie a tale scopo, classificate secondo le quattro tipologie di capitale che misurano il benessere intergenerazionale sopramenzionate.
Il secondo passo consiste nell’individuare carenze specifiche in uno o più di questi capitali e nelle loro conseguenze per il wellbeing presente e futuro. Ciò porta al terzo passo, che consiste nell’individuare le azioni considerate prioritarie per colmare questi deficit; tali azioni sono decisive e al loro raggiungimento è orientata l’innovativa procedura di definizione del bilancio pubblico di cui diremo tra breve.
L’ultimo passo consiste nel peso attribuito alla valutazione ex-post degli interventi, che fornirà, come deve essere, elementi utili per correggere le politiche adottate e accrescere la loro capacità di conseguire gli obiettivi prefissati.
E’ necessario soffermarsi brevemente sulla procedura di bilancio o, come viene chiamato, sul ‘processo del bilancio del benessere’, perché esso consente di cogliere gli aspetti con maggior potenziale innovativo del progetto neozelandese.
In base a tale processo, che ha carattere circolare soprattutto per il ruolo della valutazione ex-post (Figura 1), i Ministeri e le agenzie del governo sono chiamati a formulare proposte di intervento, accompagnate da valutazioni di impatto ex-ante, in grado di dare corso alle azioni prioritarie selezionate. Sulla base di tali proposte, il Consiglio dei Ministri individua il pacchetto di interventi in grado di perseguire nel modo più efficace le priorità di azione selezionate, dando così forma al documento di bilancio. Ai singoli ministri si chiede di promuovere approcci collaborativi tra le diverse strutture istituzionali, per meglio definire le azioni da intraprendere e anche per ridurre al minimo eventuali trade-off tra i diversi specifici obiettivi perseguiti. Le valutazioni di impatto ex-post delle politiche attuate e il monitoraggio degli indicatori di benessere nei diversi domini che lo costituiscono consentiranno poi di costruire l’evidenza empirica che guiderà i successivi processi di bilancio.
Applicando questa procedura, il governo neozelandese ha individuato cinque aree di intervento prioritarie nel Wellbeing Budget 2019: 1) rafforzare la salute mentale della popolazione neozelandese, prestando particolare attenzione ai giovani al di sotto dei 24 anni; 2) ridurre la povertà infantile e migliorare il benessere dei bambini, in particolare contrastando la violenza domestica; 3) supportare le popolazioni indigene Maori e delle Isole del Pacifico, promuovendo redditi, istruzione e uguaglianza di opportunità; 4) promuovere la produttività attraverso l’economia digitale e l’innovazione; 5) favorire la transizione verso un’economia a basse emissioni di CO2, creando opportunità di sviluppo sostenibili dal punto di vista ambientale.
Figura 1. Il “processo del bilancio del benessere” neozelandese
Fonte: The Wellbeing Budget 2019
Le evidenze empiriche relative alle carenze dei quattro tip
Con riferimento al capitale finanziario e fisico si sottolinea che, nonostante l’alto tenore di vita medio, un tasso di crescita previsto in media del 2,6% per gli anni 2019-2023, un mercato del lavoro ben funzionante (il tasso di disoccupazione appare stabile e attorno al 4%) e una posizione fiscale solida, sia i livelli di produttività (al di sotto della media dei Paesi Ocse) che i i livelli di spesa per ricerca e sviluppo sono bassi.
Rispetto al capitale umano l’attenzione è rivolta soprattutto al problema della salute mentale: sulla base delle evidenze contenute in un recente rapporto del governo, emerge che un neozelandese su cinque è affetto da malattie mentali e che la maggior parte delle patologie che si prolungano per tutto il corso della vita si manifestano prima dei 25 anni.
Analogamente, con riferimento al capitale naturale e al capitale sociale si riportano evidenze relative rispettivamente alle emissioni di CO2 pro capite, per le quali la Nuova Zelanda registra uno dei più alti livelli al mondo, e alle relazioni sociali, che, nonostante una generale buona performance, suggeriscono possibilità di miglioramento in tema di coesione sociale, discriminazione, solitudine, violenza domestica, povertà abitativa e infantile.
Inoltre, le disuguaglianze di benessere corrente, che emergono confrontando diversi gruppi della popolazione, appaiono marcate. Una rappresentazione di tali di disuguaglianze è fornita dai quattro grafici a radar riportati nella Figura 2 e tratti dal LSF Dashboard (i punti blu [gialli] segnalano se il gruppo di popolazione considerato ha una probabilità maggiore o minore di avere un livello di benessere alto [basso] rispetto alla media della popolazione, per la quale il valore di riferimento è posto pari a zero). Questi grafici mostrano forti disparità in tutti i domini del benessere tra i diversi gruppi etnici che compongono la popolazione neozelandese, a svantaggio soprattutto delle popolazioni Maori e delle Isole del Pacifico (il Dashboard consente di suddividere la popolazione anche rispetto ad altre caratteristiche socio-demografiche, riuscendo così a mostrare diverse dimensioni della disuguaglianza). Per tale motivo una delle cinque aree di intervento individuate nel bilancio neozelandese riguarda proprio la necessità di migliorare il tenore di vita di queste popolazioni indigene. Per quanto riguarda le più tradizionali misure di disuguaglianza di reddito, per le quali il Wellbeing Budget non fornisce indicazioni, i dati più recenti provenienti dall’Income Distribution Database dell’Ocse e relativi ai redditi disponibili equivalenti del 2014, segnalano un indice di Gini pari a 0,349 – in crescita rispetto al 2007 (0,330) e al 2015 (0,333) – e un rapporto interquintilico S80/S20 pari a 5.8 (5,3 sia nel 2007 che nel 2015).
Figura 2. Le disuguaglianze di benessere tra diversi gruppi di popolazione in Nuova Zelanda
Un’attenzione particolare all’interno del documento di bilancio è rivolta al problema della povertà infantile. In base a un recente provvedimento normativo, infatti, il governo si è impegnato a monitorare con particolare attenzione questo fenomeno, individuando un insieme di indicatori per misurarlo e fissando dei target quantitativi decennali da raggiungere. L’analisi fornita nel Child Poverty Report contenuto nel Wellbeing Budget 2019 è molto ricca e comprende una descrizione dettagliata delle misure previste nel breve termine (supporto ai redditi familiari) e nel lungo periodo (istruzione, salute, politiche per la casa); il Dipartimento del Tesoro ha fornito anche delle previsioni sull’andamento di alcuni degli indicatori di povertà, tenendo conto delle principali misure annunciate.
L’elenco dettagliato delle misure programmate in relazione a ciascuna delle cinque priorità individuate è incluso nel documento di bilancio, con lo scopo di mostrare in quali aree specifiche sono previsti gli interventi e come vengono ripartite le risorse. In calce al documento, infine, viene riportata – oltre a un approfondimento sugli investimenti – la strategia fiscale, secondo quanto previsto dall’attuale Public Finance Act. Si preannunciano anche riforme del Public Finance Act, al fine di assicurare che il wellbeing rimanga al centro dei futuri documenti di bilancio. L’iniziativa del governo neozelandese può essere valutata diversamente. Tra quelli che hanno già circolato, alcuni argomenti sono mera polemica politica e come tali ben poco interessanti. Di questo tipo, sono ad esempio, quelli di alcuni esponenti dell’attuale opposizione al governo neozelandese, che considerano il Wellbeing Budget una pura operazione di marketing . Altri tendono a convogliare l’idea che progetti di questo tipo si possano realizzare solo se il PIL cresce ed è elevato, come avviene per una sorta di bene di lusso.
In realtà, il tentativo neozelandese merita grande attenzione perché mostra consapevolezza del fatto che per ‘andare oltre il PIL’ e verso il wellbeing occorre innovare profondamente il policy making. Rispetto al semplice tentativo di tenere conto di qualche indicatore del benessere, senza altre significative modifiche, il progetto neozelandese contiene elementi di radicale novità. In particolare, il tentativo di orientare le azioni del governo, opportunamente individuate, al conseguimento di obiettivi specifici considerati rilevanti per il wellbeing. Si tratta di un obiettivo certamente ambizioso e a elevato rischio di fallimento. Sono significative, al riguardo, le parole del Ministro delle Finanze: “We do not claim perfection in this first Wellbeing Budget, and we will not fix everything in one go. This is just the start of a programme of change.” (The Wellbeing Budget 2019, pag. 5). Anche per questo, il tentativo neozelandese di andare oltre il PIL merita di essere seguito con grande attenzione e qualche speranza.
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