Gli autori di questo articolo sono: Massimo Baldini, Paolo Bosi, Giovanni Gallo, Cristiano Gori, Claudio Lucifora e Chiara Saraceno
Con la sua recente approvazione in Senato, l’Assegno Unico e Universale per i Figli (AUUF) si appresta a diventare realtà. Presto, anzi prestissimo: la data prevista per l’avvio della misura è infatti il 1° luglio 2021.
Obiettivi della misura, delineati già nella legge delega, sono quelli di favorire la natalità – in decrescita da diverso tempo in Italia e ulteriormente compromessa dalla crisi legata al COVID-19 (link) –, sostenere la genitorialità, promuovere l’occupazione (in particolare quella femminile) e potenziare il sostegno ai figli nel tentativo, al tempo stesso, di renderlo più equo.
Un altro importante obiettivo di questa riforma, non meno ambizioso dei precedenti, è quello di unificare i diversi istituti che già adesso vanno a sostegno delle famiglie italiane. Gli assegni al nucleo familiare (ANF) e le detrazioni per figli a carico sono senza dubbio le prestazioni vigenti più importanti e longeve, ma nel tempo altre misure più e meno “piccole” (in termini di spesa pubblica) sono state introdotte, andando a costituire un ampio (e complesso) sistema di trasferimenti monetari per i figli. Tra queste si ricordano, ad esempio, l’assegno ai nuclei con almeno tre figli, il bonus bebè e il premio alla natalità.
Con riferimento ai caratteri principali di questo nuovo assegno unico, ancora poco è noto. La legge delega da poco approvata, infatti, fornisce soltanto le linee guida da seguire in questo processo di riforma e rimanda ai decreti attuativi per indicazioni più precise.
Un elemento già abbastanza chiaro sembra quello della popolazione interessata dalla riforma. L’articolo 2 della Legge delega riconosce il beneficio del nuovo AUUF alle famiglie con figli minorenni a carico, oppure a quelle con figli maggiorenni con un’età al più pari a 21 anni e impegnati in un percorso di formazione scolastica o professionale, un corso di laurea, un tirocinio, un’attività lavorativa limitata o “scarsamente retribuita”, nel servizio civile universale, oppure ancora registrati come disoccupati e in cerca di lavoro presso un centro per l’impiego o un’agenzia per il lavoro. A queste famiglie vanno poi aggiunti quei nuclei che hanno al proprio interno figli con disabilità che, pur avendo superato i 21 anni, risultano ancora a carico.
Altri aspetti rilevanti dell’assegno richiamati nella legge delega, ma che devono ancora essere concretamente definiti, riguardano la sua universalità (deve essere assicurato ad ogni figlio a carico) e la sua progressività, la quale verrà garantita tramite un controllo della condizione economica del nucleo. Quest’ultimo dovrà far riferimento all’ISEE o sue componenti, ma non è ancora chiaro con quali modalità. Ciò potrebbe avvenire tramite l’uso di diverse soglie su reddito e patrimonio delle famiglie (come avviene nel Reddito di Cittadinanza) oppure facendo riferimento al valore ISEE complessivo.
La legge delega stabilisce inoltre che la formulazione del nuovo AUUF debba prevedere un importo inferiore per i figli maggiorenni a carico (rispetto a quello riconosciuto ai minorenni) e delle maggiorazioni per particolari tipologie familiari: nuclei con più di due figli, con figli disabili e nuclei dove la madre è di giovane età (under21). Infine, la legge delega stabilisce che per ricevere l’assegno unico occorra essere cittadini italiani o comunitari, o possessori di permesso di soggiorno di durata almeno annuale, ovvero essere residenti in Italia per almeno due anni anche non continuativi.
Una proposta di riforma. L’unico tentativo al momento noto di tradurre le linee guida della legge delega in una concreta proposta di AUUF è quello realizzato da un gruppo di studiosi di diverse discipline che fanno capo ad alcune associazioni e fondazioni che da tempo si battono per i diritti delle famiglie e dei minorenni, come l’AREL (l’Associazione fondata da Nino Andreatta), la Fondazione Ermanno Gorrieri per gli studi sociali e l’Alleanza per l’infanzia. Questa proposta di AUUF considera un importo dell’assegno costante pari a 1930 euro all’anno (161 euro al mese) per ciascun figlio minorenne e a 1158 euro all’anno (97 euro al mese) per ciascun figlio maggiorenne fino ad un livello di Isee pari a 30 mila euro. A partire da 30mila euro di ISEE, il valore dell’assegno decresce in modo non lineare sino a 52 mila euro, con una concavità verso il basso che tende a tutelare maggiormente i nuclei con ISEE più basso. Oltre 52 mila euro di ISEE, l’assegno è costante a 800 euro all’anno (67 euro al mese) per ciascun figlio minorenne a carico, e a 480 euro all’anno (40 euro al mese) per ciascun figlio maggiorenne. (Si noti che un ISEE pari a 30 mila euro corrisponde al livello medio dell’ottavo decile della distribuzione, quindi l’importo massimo dell’assegno viene ricevuto dal 73% delle famiglie con figli a carico.) In linea con la legge delega, questa proposta prevede anche delle maggiorazioni dell’importo. In particolare: viene riconosciuto un importo di 300 euro all’anno maggiore per ciascun figlio oltre al secondo; l’importo dell’assegno per i figli con disabilità è incrementato del 50%; è prevista una maggiorazione di 1000 euro all’anno per i nuclei in cui la madre ha un’età al più uguale a 21 anni.
I risultati delle simulazioni, realizzate tramite un modello tax-benefit ideato dal CAPP dell’Università di Modena e Reggio Emilia, mostrano che tale proposta di AUUF andrebbe a beneficio di 7,63 milioni di famiglie (il 100% delle famiglie con figli under21 a carico), all’interno delle quali vivono circa 28 milioni di individui. Le famiglie beneficiarie della riforma riceverebbero annualmente un importo medio di 2620€, per una spesa complessiva di 20 miliardi di euro (Tabella 1). Tale cifra è pari al vincolo di bilancio massimo che il Gruppo proponente si è fissato, tenuto conto del costo delle prestazioni vigenti (12,9 miliardi), del costo delle altre prestazioni non simulate nel modello tax-benefit utilizzato (assegno di natalità, bonus bebè, premio alla nascita e fondo di sostegno alla natalità) (1,3 miliardi di euro) e dello stanziamento di nuove risorse per 6 miliardi di euro nel bilancio pubblico. Quest’ultimo è già stato parzialmente assicurato per il 2021 e promesso per gli anni a venire.
Tabella 1. Caratteri generali della riforma. Un confronto tra prestazioni vigenti e proposta di AUUF
Caratteri generali della misura | Prestazioni vigenti | AUUF | Variazione percentuale |
COSTO (miliardi di euro) | 12,9 | 20,0 | 55% |
Beneficiari (milioni di famiglie) | 7,2 | 7,6 | 6% |
Importo annuo medio per famiglia (euro) | 1798 | 2620 | 46% |
Importo annuo mediano per famiglia (euro) | 1410 | 1930 | 37% |
Importo medio annuo per famiglia con … | |||
1 solo figlio minorenne | 1188 | 1730 | 46% |
1 solo figlio maggiorenne | 850 | 1009 | 19% |
2 figli a carico (minorenni o maggiorenni) | 2059 | 3293 | 60% |
3 figli a carico (minorenni o maggiorenni) | 3752 | 5423 | 45% |
Quintili di ISEE (valori medi) | |||
1 | 2672 | 3290 | 23% |
2 | 2201 | 3006 | 37% |
3 | 1791 | 2911 | 63% |
4 | 1401 | 2597 | 85% |
5 | 1053 | 1308 | 24% |
Quanti nuclei perdono (milioni) | – | 1,35 | – |
Quanto perdono all’anno (mediana) (euro) | – | -381 | – |
Quanti nuclei guadagnano (milioni) | – | 6,28 | – |
Quanto guadagnano all’anno (mediana) (euro) | – | 1046 | – |
Com’è possibile osservare in Tabella 1, questa proposta di assegno unico prevede degli importi medi più elevati per tutta la popolazione di famiglie con figli a carico e, in particolare, per quelle con figli minorenni e quelle che si ritrovano in classi medie di ISEE. Ciò nonostante, sebbene le risorse stanziate per il sostegno alla genitorialità sembrano accresciute in modo rilevante a seguito di questa riforma, è opportuno segnalare che una parte delle famiglie con figli a carico potrebbero “perdere” qualcosa nel passaggio dalle prestazioni vigenti al nuovo AUUF. Le simulazioni sulla proposta di assegno unico qui illustrata dicono che circa 1,35 milioni di famiglie potrebbero registrare una perdita annua mediana di 381 euro a seguito della riforma. Qualora si decidesse di prevedere una compensazione integrale di queste perdite, consentendo alle famiglie di optare per il regime più favorevole, questa clausola di salvaguardia al 100% avrebbe un costo di circa 800 milioni di euro per l’anno di introduzione a regime della nuova misura.
Elaborazioni sull’insieme dei nuclei svantaggiati dalla riforma mostrano che le perdite si concentrano su alcune tipologie familiari piuttosto precise. Piccole perdite si registrano per nuclei con percettori di reddito di poco oltre l’area dell’incapienza, dove le detrazioni per figli a carico cominciano a giocare il loro ruolo di azzeramento dell’Irpef dovuta. I casi di perdite maggiori sono riconducibili di solito a due gruppi di famiglie: quelle con molti figli a carico, che spesso ottengono la detrazione di 1200 euro per nuclei con almeno 4 figli e l’assegno per famiglie con almeno 3 figli; e quelle con minori in condizioni di disabilità, per le quali l’assegno al nucleo familiare può essere molto elevato. Si tratta di casi meritevoli di attenzione e che potrebbero richiedere un disegno più complesso della forma finale che l’assegno unico assumerà.
Relazione con il Reddito di Cittadinanza. Un aspetto molto delicato con riferimento al nuovo assegno unico riguarda, infine, la sua relazione con le altre prestazioni sociali la cui prova dei mezzi è basata sull’ISEE familiare e, in particolare, con il Reddito di Cittadinanza (RDC), ossia con la misura nazionale di reddito minimo e principale strumento di sostegno delle famiglie con difficoltà economiche. La sovrapposizione tra le due platee di beneficiari è infatti di un certo rilievo, poiché sono diverse le famiglie con figli a carico tra quelle in condizioni di povertà o a rischio di povertà. Nell’ipotesi (verosimile) di un tasso di take-up del RDC pari al 70%, che restituisce nel nostro modello un numero di beneficiari pari a 1,22 milioni di nuclei, la Tabella 2 mostra che sono circa 430 mila i nuclei con figli a carico (e dunque interessati dalla riforma), con un numero di componenti medio di 3,7 individui e un beneficio RDC medio annuo pari a 6621€.
Tabella 2. Famiglie interessate (e non) dalla riforma per beneficio RDC e AUUF
Tipo di famiglia | Beneficio RDC | ISEE medio (euro) | Famiglie (milioni di unità) | Numero medio di componenti nel nucleo | Importo RDC medio annuo (euro) | Importo AUUF medio annuo (euro) | Importo totale annuo (euro) |
Non interessata dalla riforma | Sì | 2924 | 0,79 | 1,55 | 4953 | 0 | 4953 |
Interessata dalla riforma | Sì | 2388 | 0,43 | 3,70 | 6621 | 3366 | 9987 |
Interessata dalla riforma | No | 26340 | 7,20 | 3,68 | 0 | 2575 | 2575 |
La legge delega stabilisce che l’AUUF è compatibile con la fruizione del RDC. Tuttavia, questa specifica soltanto che: “nella determinazione dell’ammontare complessivo (dell’assegno) si tiene eventualmente conto della quota del beneficio economico del RDC attribuibile ai componenti di minore età presenti nel nucleo familiare”. Diversi scenari di relazione AUUF-RDC sono dunque ipotizzabili.
La scelta non è semplice e dipende sia da aspetti di principio sia da considerazioni di opportunità connessi a vincoli di bilancio, di equità e di eventuale disincentivo che soluzioni alternative possono provocare.
Sotto il profilo più generale dei principi, l’aspetto più rilevante riguarda la gerarchia che si presuppone tra i due istituti: se cioè si immagini logicamente antecedente l’applicazione del RDC e successiva quella dell’assegno unico o viceversa. Non sembrano esservi ragioni particolarmente forti a favore dell’una o dell’altra soluzione. Si può sostenere che il RDC rappresenti l’istituto di base di livellamento delle condizioni di partenza su cui si aggiungono altri istituti del welfare, fra cui l’assegno unico. Si può sostenere inoltre che il RDC sia l’istituto di chiusura del sistema del welfare che, a completamento delle politiche redistributive, sana eventuali smagliature rimaste aperte con una prestazione che contrasta la povertà.
La scelta della prima alternativa (prima RDC e poi AUUF) porterebbe ad ammettere il cumulo tra i due benefici. Tuttavia, un ulteriore elemento importante di valutazione è rappresentato dal modo in cui sarà disegnato l’assegno unico. Se in esso sono presenti in modo rilevante elementi di selettività rispetto alla condizione economica, si pongono problemi di sovrapposizione di obiettivi (contrasto della povertà e della disuguaglianza) tra le due misure che possono rendere ragionevole l’eventualità prevista dalla Legge delega. Se invece nel disegno dell’assegno la selettività svolge un ruolo solo residuale, e comunque si manifesta a livelli di condizione economica che non interferiscono con le soglie di povertà implicita nel RDC, la duplicazione dei benefici potrebbe essere giustificata. Si tratterebbe poi di valutare se e in che misura eventualmente effettuare una correzione della componente del beneficio economico del RDC attribuibile ai componenti di minore età presenti nel nucleo familiare per evitare il raggiungimento di benefici troppo elevati. Un’ipotesi potrebbe essere, ad esempio, quella di eliminare il coefficiente previsto per i minorenni nella scala di equivalenza adottata attualmente nel RDC (pari a 0,2 per ciascun figlio minore). Questa ipotesi comporterebbe un risparmio di spesa per il RDC di circa 650 milioni di euro all’anno.
Se invece si assumesse il punto di vista di un RDC che interviene solo a chiusura del sistema degli istituti di welfare (prima AUUF e poi RDC), nel reddito complessivo del nucleo familiare rilevante per il calcolo del RDC dovrebbe sommarsi l’assegno unico. In questo caso, facendo riferimento alla proposta di AUUF qui illustrata, il potenziale risparmio di spesa per il RDC sarebbe pari a circa 900 milioni di euro all’anno, dovuto a una lieve calo dei nuclei potenzialmente beneficiari ma soprattutto a una riduzione di circa 1000 euro dell’importo medio percepito dalle famiglie beneficiarie con figli (che verrebbe compensato da delle prestazioni per le famiglie più generose di circa 2500 euro grazie all’AUUF).
Oltre alla soluzione di questi nodi, altri aspetti dovrebbero però esser considerati: da un lato, cercare di mitigare l’eventuale “trappola della povertà” che potrebbe determinarsi dal beneficio congiunto delle due misure; dall’altro, evitare l’iniquità che potrebbe verificarsi riducendo il beneficio RDC (che non ha obiettivi di sostegno alla genitorialità) nel momento in cui si voglia riconoscere un sostegno economico aggiuntivo al reddito disponibile (qualunque esso sia) per i figli in quanto tali. Infine, va osservato che la questione dell’inserimento dell’AUUF nell’ISEE familiare porrebbe problemi di carattere più in generale per tutti gli altri istituti che usano l’ISEE come soglia di accesso. Sarebbe quanto meno controverso, ad esempio, far pagare di più la retta dell’asilo nido o dell’università a quelle famiglie che riceveranno l’assegno unico, poiché questo andrebbe ad aumentare il loro valore ISEE complessivo. Da questo punto di vista, sarebbe pertanto da preferire una soluzione come quella descritta in precedenza, dove l’AUUF non rientra nel calcolo dell’ISEE ai fini RDC, i due benefici si sommano tra loro e l’importo RDC attribuibile alle famiglie con figli viene eventualmente corretto.
La vera sfida ora è arrivare alla scadenza di luglio avendo attivato le procedure necessarie per l’erogazione dell’assegno e, nel caso questo non fosse possibile, prevedere un piano B per distribuire le risorse aggiuntive previste dalla legge di bilancio in modo da implementare almeno la quota fissa dell’assegno, quella che andrebbe a tutte le famiglie indipendentemente dalla situazione economica.