ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 188/2023

26 Febbraio 2023

Contro la retorica dei trade off: le tante complementarità positive dello Stato 

Elena Granaglia, partendo dal Rapporto appena pubblicato presso la Commissione Europea On the future of social protection and the welfare state in EU, illustra le tante complementarità positive che lo Stato sociale può realizzare in termini di funzioni, di valori e di politiche. Granaglia riconosce che la configurazione degli interventi è dirimente e che i trade off al margine sono incontrovertibili ma ritiene che prima di raggiungere i punti di trade off, le complementarità che possono essere realizzate sono numerose.

Rendendo evidente l’assoluta necessità di una rete di sostegno collettivo, la pandemia, per un po’, ci ha affrancato dalla logica dei dilemmi e dei trilemmi che nell’ultima parte del secolo scorso aveva accompagnato la riflessione sullo Stato sociale. Penso, al classico dilemma fra crescita e redistribuzione oppure al trilemma fra contenimento del bilancio, contenimento delle disuguaglianze salariali ed espansione dell’occupazione sviluppato da Iversen e Wren. Posto il Covid sotto controllo, la retorica dei trade off rischia, però, di riprendere il sopravvento. Il rapporto On the future of social protection and of the welfare state in the EU (d’ora in avanti, il Rapporto) appena presentato presso la DG Employment dell’Unione Europea vuole contrastare questa tendenza. A partire da quel Rapporto, in questo articolo, vorrei portare l’attenzione sulle tante complemementarità positive che lo Stato sociale può realizzare.

Un primo ambito di complementarità concerne le funzioni. Come sottolineato nel Rapporto, lo Stato sociale svolge un’importante funzione assicurativa, rendendo possibile la normalizzazione del reddito nel ciclo di vita che le incompletezze e le carenze informative dei mercati assicurativi non riescono a realizzare o realizzerebbero con più inefficienze. Ad esempio, seppure avessimo i soldi per acquistarla, non troveremmo sul mercato una polizza contro la disoccupazione. Perlomeno fino a una determinata età, i mercati offrono, invece, assicurazione sanitaria, ma la copertura offerta è tale da lasciare molti insoddisfatti: la selezione avversa penalizza i buoni rischi, mentre l’impossibilità di stilare contratti con durata pari al ciclo di vita impedisce di assicurarsi contro i rischi di recidive e malattie croniche, ripeto, anche qualora avessimo la disponibilità a pagare.

Non tutti, però, hanno tale disponibilità e allora chiediamoci: se non si fosse certi di essere tra i più fortunati, non si vorrebbe, forse, universalizzare la protezione dai rischi, per non essere penalizzati dalle lotterie sociale e naturale nonché dalle più complessive contingenze sociali che potrebbero privare dei soldi necessari per assicurarsi? Ebbene lo Stato sociale permette pure tale universalizzazione, redistribuendo risorse a favore di chi ne è privo, andando ben oltre il trasferimento dai buoni ai cattivi rischi che caratterizza l’assicurazione. Le funzioni di assicurazione e di redistribuzione possono, dunque, andare a braccetto.

Assicurazione e redistribuzione si attivano una volta che il rischio si sia materializzato. Molti rischi, quali quelli di disoccupazione e di bassa remunerazione, possono, però, almeno in parte, essere prevenuti. La prospettiva del Social Investment State rimarca come lo Stato sociale possa fare molto anche su questo fronte: tenendo conto delle trasformazioni in atto nel mercato del lavoro, può investire nella promozione delle condizioni individuali per l’occupabilità, vale a dire, nella qualità del capitale umano e nella possibilità di conciliare cura e lavoro. Il Rapporto si schiera nettamente a favore della promozione dell’occupabilità. Aggiunge, però, la necessità di accompagnare l’investimento nelle persone all’investimento nei buoni lavori. Occorre, in altri termini, coniugare la dimensione personale dell’investimento nell’occupabilità dei singoli con quella strutturale relativa alla configurazione delle opportunità presenti nell’economia. Buoni lavori sono lavori che pagano decentemente, danno voce ai lavoratori, offrono opportunità di carriera e contemplano l’accesso alla protezione sociale. Aggiunge, altresì, che la funzione di prevenzione non vada a discapito delle altre funzioni. Ancora una volta, non dobbiamo scegliere una funzione o un’altra. Si previene quanto possibile e si assicura a tutti la copertura dei rischi non prevenibili. 

Ma non basta. Seppure nel Rapporto resti più sullo sfondo, vorrei rilevare un’ultima funzione, perfettamente complementare con le precedenti: quella di realizzare opportunità, che potremmo definire di buona vita, relative alla qualità del nostro stare insieme. Penso alle opportunità di costruzione di legami sociali contro il senso di solitudine crescente; alle opportunità di vivere in luoghi dove si ricerca la bellezza, contrastando il gigante beveridgiano dello “squallore” che è ancora con noi; alle opportunità di sperimentare forme di produzione di beni non basate sul lucro. In breve, lo Stato sociale è anche un’isola di opportunità di vita che si sottrae alla mercificazione ricercando modalità relazionali da apprezzare per il loro valore intrinseco. 

Riconoscere la possibilità di queste funzioni annulla o, comunque, attenua fortemente il contrasto fra chi vede nella politica sociale un rimedio ai mali del mercato e chi uno strumento di sostegno all’economia.L’investimento sociale prepara alla migliore partecipazione nei mercati, l’assicurazione sociale offre la protezione, che i mercati non danno, dai rischi che tale partecipazione non può evitare e la redistribuzione si occupa di universalizzare tale protezione. Quale altra istituzione sociale è in grado di realizzare contestualmente finalità così centrali alla nostra vita? Le sue potenzialità paiono immutate alla luce anche della sfida ambientale e climatica.

Un secondo spazio di complementarità attiene ai valori che stanno alla base di tali funzioni. Se non vi è trade-off tra le funzioni, neppure vi sarà trade off fra i valori. Anche a questo riguardo, le complementarità appaiono, tuttavia, più ampie di quelle che a prima vista potremmo individuare. A prima vista, mi sembra, infatti, non controverso affermare che la funzione assicurativa abbia a che fare con l’efficienza, quella redistributiva e quella attinente a opportunità di buona vita con la giustizia e quella relativa al Social Investment con entrambe, giustizia e efficienza. Ad esse, si aggiungono le implicazioni positive per la coesione sociale e la tenuta democratica. Ma scavando un po’ nel ragionamento, si aprono complementarità addizionali fra funzioni e valori.

Si consideri la funzione assicurativa. Al riguardo, diverse possono essere le ragioni di efficienza. Come sopra richiamato, la normalizzazione del reddito nel ciclo di vita è fonte di benessere per individui avversi al rischio. Ma questa non è l’unica ragione di efficienza. Contrariamente all’idea diffusa secondo cui l’insicurezza accresce lo sforzo, l’assicurazione produce stimoli positivi per l’economia. Riprendendo le parole di Grillo “a parte il rimedio ai fallimenti tipici dei mercati assicurativi, la ragione profonda di un’offerta pubblica di assicurazione risiede negli effetti positivi che ricadono sull’intero sistema quando gli operatori sono posti nelle condizioni di assumere decisioni a più alto rischio e a più alto rendimento atteso”. 

Si consideri, poi, la funzione redistributiva. Certamente, tale funzione ha a che fare con la giustizia. Contro la separazione, la giustizia stessa potrebbe, tuttavia, favorire anche l’efficienza, dando luogo ad una complementarità ancora più forte. Non solo può essere perseguita insieme all’efficienza, ma, in modo sinergico, può anche contribuire a quest’ultima. Come ricordano, fra gli altri, Hanauer e Beinhocker “quando i contratti sociali sono equi… invece di un Grande Trade-off, c’è un Grande Win-Win”, perché l’equità favorisce la cooperazione e la cooperazione favorisce l’innovazione e la crescita (nella stessa direzione, cfr. anche: M. Franzini, “Il lavoro come diritto (e dovere) e la sua compatibilità con un’economia di mercato” in Scienza Costituzionalistica e Scienze Umane, Editoriale Scientifica, 2022).  Inoltre, la stessa redistribuzione, come notava già J.S. Mill, anziché da tranquillante, potrebbe agire da tonico alimentando la disponibilità a fare. Peraltro sentirsi ben trattati, contribuisce sia alla coesione sociale sia alla tenuta democratica. 

Un’implicazione di rilievo delle considerazioni finora svolte è anche la messa in discussione della regola aurea della politica economica secondo cui il numero degli strumenti deve essere uguale a quello degli obiettivi. Un sistema universale di ammortizzatori sociali realizza sia assicurazione sia redistribuzione contribuendo sia all’efficienza (in diverse dimensioni) sia alla giustizia. Osservazioni analoghe valgono per l’istruzione, fonte, al contempo, di valore intrinseco, di potenziamento del capitale umano e di socializzazione alla cittadinanza nonché di effetti esterni positivi (si pensi, ad esempio, alla salute). Valgono, altresì, per le politiche di sostegno alle responsabilità familiari o per l’offerta di buoni lavori. 

Un terzo spazio di complementarità concerne le connessioni temporali fra politiche. Il Rapporto su questo piano è particolarmente incisivo, difendendo e adottando la prospettiva del corso di vita. Molti bisogni variano a seconda dello stadio di vita: ad esempio, buoni lavori per persone anziane possono avere caratteristiche diverse da quelle di buoni lavori per i giovani. Tutti gli stadi – e questo è l’aspetto più innovativo della prospettiva del corso di vita – devono poi essere presi in considerazione (e non solo quello finale come spesso accade), perché quanto avviene in uno stadio influenza sensibilmente quanto avviene in quello successivo. Come riassume il Rapporto, “una pensione sicura, ad esempio, dipende in modo determinante da come è andata la vita lavorativa, che a sua volta è fortemente correlata alla qualità dell’infanzia”. “Iniziare forti” nella vita genera benefici cumulativi nel tempo. Il che, contro la tentazione di metterci gli uni contro gli altri a domandare risorse, dovrebbe portarci a riconoscere il nostro comune essere sulla stessa barca. Tornando al Rapporto, “lo Stato sociale è un bacino di risorse comuni, in cui molti vantaggi del welfare sono ereditati dal passato, compresi quelli che consentono agli adulti di prendersi cura dei giovani e ai giovani di prendersi cura degli anziani”. 

Rilevare queste complementarità non significa, ovviamente, che lo Stato sociale sia in grado automaticamente di realizzarle. Dirimenti sono le modalità di configurazione e di attuazione delle politiche e, su questo piano, il Rapporto offre diversi suggerimenti. 

Neppure significa negare l’esistenza di trade off. Questi permangono anche nei mondi migliori. Il punto semplicemente è che, prima di arrivare ai trade off , vi sono tante complementarità possibili. Solo a mo’ di esempio, riconoscere le interdipendenze nel corso di vita potrebbe permettere un doppio dividendo, in termini di riduzione delle domande sociali e di espansione della base fiscale grazie all’effetto moltiplicatore degli interventi sulla qualità e sullla quantità dell’occupazione, che sposta esattamente in avanti i trade off. Per potere muovere in questa direzione, è, tuttavia, importante avere chiare le possibili complementarità da ricercare. 

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