ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 184/2022

18 Dicembre 2022

“How are the girls?” Uno studio sulla condizione della giovani ragazze in sei Paesi in via di sviluppo durante la pandemia

Maurizio Franzini, Flavio Gazzani e Rama Dasi Mariani riassumono i risultati principali di uno studio da loro condotto, e coordinato dalla Good Shepherd International Foundation, sulla condizione delle giovani ragazze durante la pandemia in sei paesi in via di sviluppo. I risultati mostrano in quali dimensioni del benessere la pandemia abbia particolarmente aggravato la già fragile condizione delle ragazze e forniscono informazioni utili per migliorare gli interventi di sostegno a loro rivolti.

Maurizio Franzini, Flavio Gazzani e Rama Dasi Mariani

Molte ragazze che hanno dovuto lasciare la scuola, lo hanno fatto a causa delle difficoltà che affrontano a casa”. “Molte ragazze soffrono mentalmente e non hanno nessuno con cui poter esprimere sé stesse”. “Vorrei che le ragazze che sono andate a casa [durante il lockdown], tornino a scuola e inseguano i loro sogni e i loro obiettivi”. Queste sono le voci di alcune delle ragazze che hanno partecipato all’indagine coordinata dalla Good Shepherd International Foundation (GSIF) il cui rapporto finale dal titolo “How are the Girls? A Study on the Rights of Girls during the Pandemic”, è stato presentato qualche giorno fa a Roma. Qui sintetizziamo alcuni dei suoi principali risultati. 

Allo studio hanno partecipato quattro congregazioni religiose che da sempre sono impegnate a sostenere la dignità e promuovere il benessere delle giovani ragazze nei paesi più svantaggiati. Consapevoli delle loro generali fragilità, le congregazioni hanno voluto acquisire una conoscenza dettagliata degli sconvolgimenti causati dalla pandemia da Covid-19, soprattutto sulle ragazze più deboli, anche allo scopo di raccogliere informazioni utili per rivedere i programmi portati avanti nei diversi Paesi.

Per realizzare l’indagine, i coordinatori del progetto hanno invitato un team di ricercatori, tra cui gli autori di questa nota. Il team ha lavorato su due livelli, sviluppando due analisi: una qualitativa e l’altra quantitativa. Quest’ultima si è basata su un questionario appositamente creato e somministrato a 3.443 ragazze di età tra i 10 e i 20 anni e residenti in sei Paesi: Ecuador, Perù, Kenya, Sud Sudan, India e Nepal. 

Data l’età delle ragazze coinvolte nell’analisi, la prima tematica oggetto di studio è stata la partecipazione scolastica. Analizzando il tasso di frequenza, prima e dopo la fase più dura delle restrizioni, si osserva un maggiore calo tra le ragazze più grandi, ossia sopra i 15 anni. Queste sono anche le ragazze che dichiarano con più frequenza di aver incontrato serie difficoltà nello studio durante la chiusura delle scuole, coerentemente con il loro maggiore coinvolgimento a casa nelle attività extra-scolastiche. 

Le differenze tra le varie aree di residenza sono rilevanti. In particolare, la partecipazione scolastica è diminuita di più nelle aree rurali e remote che non in quelle urbane. Ancor più grave è la riduzione osservata negli insediamenti informali e ciò potrebbe essere una conseguenza diretta delle misure restrittive. Infatti, il 71% delle scuole nelle aree rurali o remote, rispetto al 40% delle scuole nelle aree urbane o semi urbane, sono rimaste chiuse per un periodo compreso tra i 6 e i 12 mesi. Inoltre, il 55% delle scuole negli insediamenti informali erano ancora chiuse al momento dell’indagine (v. Figura 1).

Figura 1: Chiusura delle scuole in mesi per area di residenza

Le ragazze raccontano che, durante la chiusura delle scuole, le lezioni sono state sostituite principalmente dalla didattica online. Per questa ragione l’accesso alla tecnologia digitale è stato fondamentale per la continuità dell’apprendimento. Inoltre, la disponibilità di un dispositivo ed una rete internet durante la fase più dura delle misure restrittive ha rappresentato per molte ragazze anche il canale di contatto con i propri pari. Anche da questo punto di vista le ragazze che vivono in aree rurali o remote sono state le più svantaggiate (v. Figura 2).

Figura 2: Uso di internet durante il lockdown

Uno dei dati più preoccupanti che emerge dall’analisi quantitativa è l’aumento dell’incidenza del lavoro minorile tra le bambine di età compresa tra i 10 e i 14 anni. Il 21% di esse riporta di aver lavorato per un salario per più di 14 ore settimanali o di essere stata coinvolta nel lavoro domestico per più di 21 ore settimanali. 

Altro elemento cui le congregazioni hanno sempre prestato molta attenzione è l’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari. Dai dati raccolti dall’indagine su questo aspetto emerge, di nuovo, lo svantaggio (in realtà doppio) delle ragazze che non vivono in aree urbane. Nelle aree rurali o remote e negli insediamenti informali, infatti, rispettivamente il 14% e il 28% delle ragazze ha dichiarato di non avere accesso all’acqua in casa. Inoltre, in quelle stesse aree, le ragazze hanno potuto acquistare assorbenti femminili meno frequentemente (v. Figure 3 e 4).

Figura 3: Accesso all’acqua nelle abitazioni

Figura 4: Possibilità di acquisto di assorbenti femminili

Dall’indagine emergono altri elementi di allarme. Uno dei più drammatici riguarda il fatto che, in generale, più del 20% delle ragazze ha avuto almeno un caso di mortalità dovuto al Covid-19 nella propria famiglia o nella propria comunità. Inoltre, con la stessa frequenza, le ragazze hanno dichiarato che il reddito familiare e le condizioni materiali si sono estremamente deteriorate come conseguenza della pandemia. Infine, il numero di pasti giornalieri si è ridotto nella fase di lockdown per il 13% delle ragazze intervistate.

Durante le chiusure delle scuole, sono aumentati i conflitti domestici a cui le ragazze hanno assistito. Il 55%, infatti, ha risposto affermativamente alla domanda “diresti che i conflitti siano aumentati a casa durante la fase di lockdown?”. È per questa ragione, forse, che la maggioranza di esse dice di aver provato emozioni “spiacevoli” a casa, come ad esempio la preoccupazione, la tristezza, la paura, la noia, e la solitudine (v. Figura 5).

Figura 5: Sentimenti provati a casa durante il lockdown

Per disporre di una misura più comprensiva e generale della condizione vissuta dalle ragazze durante la fase più dura della pandemia, è stato costruito un indice di malessere, che considera tre dimensioni dell’esperienza vissuta durante il lockdown, decisive per il benessere individuale ed emerse, dall’analisi precedente, come gravemente influenzate dalle misure restrittive: la vita sociale, la famiglia e la salute fisica. 

Nella prima dimensione (la vita sociale) si considerano il periodo di chiusura delle scuole e l’accesso ad internet, sia per la partecipazione alle attività alternative alle lezioni, sia per il mantenimento delle relazioni con gli amici. Nella seconda dimensione (la famiglia) si considerano la qualità delle relazioni con i genitori o con il tutore, l’eventualità di assistere a conflitti domestici e la perdita di reddito durante la pandemia. Nella terza dimensione (la salute fisica) si considerano le condizioni igienico-sanitarie e l’insicurezza alimentare.

In ogni dimensione, il livello di malessere è stato standardizzato in modo da poter riflettere in ciascuna dimensione un livello di benessere basso, medio o alto. Intersecando questa misura nelle tre diverse dimensioni, l’esperienza delle ragazze durante il lockdown è stata ricondotta a una delle seguenti quattro categorie:

  1. malessere molto grave;
  2. malessere grave;
  3. malessere lieve;
  4. malessere assente.

Cadono nella prima categoria le ragazze che hanno sperimentato un basso livello di benessere almeno in due dimensioni e un livello di benessere medio al massimo in una dimensione. Nella seconda categoria rientrano le ragazze che hanno sperimentato un basso livello di benessere almeno in una dimensione e, contemporaneamente, un alto livello di benessere al massimo in una dimensione. Rientrano nella quarta categoria le ragazze che hanno sperimentato un livello di benessere alto in almeno due dimensioni e un livello di benessere medio nell’altra dimensione. La terza categoria è definita in via residuale.

I dati della Tabella 1 mostrano che più del 35% delle ragazze ha sperimentato un livello di malessere grave o molto grave e a questo contribuisce in maniera sostanziale la perdita di benessere avvenuta nella dimensione sociale. Inoltre, la totalità delle ragazze che ha sperimento un malessere grave o molto grave è di età compresa tra i 15 e i 20 anni. Tra coloro che hanno sperimentato un livello di malessere molto grave, l’80% vive in Africa, ossia in Kenya o in Sud Sudan, e il 64% vive in aree rurali o remote. 

Tabella 1: Livelli di malessere sperimentati durante il lockdown

Lo stesso indice di malessere è stato utilizzato per valutare l’effetto attenuante dei programmi scolastici offerti dalle congregazioni religiose che hanno partecipato allo studio. Dalla Tabella 2, in cui dividiamo il campione in base al coinvolgimento nei suddetti programmi, si osserva una maggiore frequenza di assenza di malessere e una minore frequenza di un malessere di livello grave o molto grave tra le ragazze coinvolte nei programmi scolastici.

Tabella 2: Livelli di malessere tra le ragazze coinvolte nei programmi scolastici

Questa nota positiva non è l’unica che emerge dall’analisi quantitativa. Infatti, quando alle ragazze è stato chiesto di parlare delle aspettative sul proprio futuro (v. Figura 6) la quasi totalità di esse si dichiara fiduciosa di poter continuare a studiare e molte nutrono la speranza di realizzare i propri piani di vita. Perché questo accada occorre che, al di là del prezioso impegno delle congregazioni, si attuino politiche più attente ai bisogni e ai problemi delle ragazze – e, più in generale, dei giovani. Le informazioni raccolte nel corso di questa indagine possono essere di aiuto per disegnare buone politiche e per permettere alle congregazioni di svolgere sempre meglio la loro funzione. 

Figura 6: Aspettative sul futuro

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