Il lockdown e la disuguaglianza in Italia

Paolo Brunori, Maria Luisa Maitino, Letizia Ravagli, Nicola Sciclone presentano delle simulazioni su come si stia modificando la distribuzione dei redditi in Italia a causa del lockdown e degli interventi del Governo e degli effetti attesi da alcune proposte di riforma del welfare avanzate in questi giorni. Gli autori rilevano, altresì, che gli interventi del Governo hanno contribuito a limitare l’aggravarsi della disuguaglianza per effetto del lockdown e che gli effetti redistributivi possono essere rafforzati da ulteriori interventi.

Segnatevi la data. Il 4 maggio è il giorno in cui il lockdown, nella sua versione più estesa, termina e una parte significativa di attività produttive riapre. Tempo reale 57 giorni, tempo percepito molti di più. Che conseguenze hanno prodotto questi due mesi sui redditi dei lavoratori e delle famiglie? E quali effetti hanno ottenuto le misure predisposte dal Governo per contenere l’impoverimento provocato dall’emergenza sanitaria? Sarebbe stato più utile agire diversamente, con altri istituti e con altre modalità?

Nel nostro paese, così come nel resto del mondo, le misure restrittive alla produzione hanno colpito in modo molto eterogeneo i diversi settori dell’economia e i diversi tipi di lavoratori (come segnalato, fra gli altri, da Baldwin e Franzini). Anche se lo shock riguarda tutti, le diseguaglianze si sono in questo periodo amplificate. I due mesi di lockdown sono solo l’inizio di una crisi sociale ed economica profonda, la cui natura e severità rimane ancora incerta. Consci di questo, ma altrettanto consapevoli dell’incertezza sulle previsioni future, come dimostrano le molteplici stime sulla caduta attesa del Pil pubblicate dai diversi istituti di ricerca, ci limitiamo ad analizzare gli effetti diretti del lockdown, dividendo l’anno in due parti: i due mesi in cui i settori non essenziali si sono fermati; i mesi precedenti e successivi in cui tutto resta come prima.

L’ipotesi sottostante a questo scenario è che dopo due mesi di restrizioni l’economia italiana riprenda il suo normale corso. É una assunzione fallace, ovviamente, ma ci consente di isolare l’effetto imputabile al solo blocco produttivo. Quando più avanti il quadro delle variabili esogene (domanda mondiale, ecc.), endogene (consumi interni, spesa pubblica, ecc.) e i parametri che approssimano i comportamenti degli agenti (propensione al consumo delle famiglie, ecc.) saranno più chiari, sarà possibile anche misurare i complessivi costi sociali della crisi imputabili al combinato disposto dello shock da offerta e domanda.

Al momento, valutiamo quindi gli effetti della chiusura totale di alcuni settori, identificati tramite il codice di identificazione delle attività economiche (Ateco). Simuliamo le regole di attribuzione dei sussidi esistenti e le novità in materia di trasferimenti e integrazioni del reddito specificati dalla decretazione governativa durante la crisi. Gli effetti attribuibili alle misure del governo sono poi confrontati con due ipotesi alternative: il potenziamento degli strumenti di protezione sociale proposto dal Forum Disuguaglianze e Diversità e un reddito di solidarietà che implementa un meccanismo di redistribuzione a costo zero per l’erario. Le simulazioni sono effettuate attraverso il modello MicroReg, un modello di microsimulazione sviluppato dall’Irpet, costruito a partire dall’indagine sul reddito e le condizioni di vita EU-SILC del 2017 dell’Istat e integrato, per questa analisi, con informazioni provenienti dall’indagine delle Forze di Lavoro dell’Istat (Maitino et al., A Traditional Tax-Benefit Microsimulation Model Extended To Indirect Taxes And In Kind Transfers, International Journal of Microsimulation, 2017).

Confrontiamo quattro scenari. Il primo simula le conseguenze del lockdown sui redditi, in assenza delle misure predisposte dal decreto “Cura Italia”. Il secondo scenario simula la situazione vigente, considerando sia le restrizioni che le misure di protezione sociale introdotte dal Governo: l’estensione della cassa integrazione e l’indennità ai lavoratori autonomi. Nel terzo scenario sono prese in esame le proposte avanzate dal Forum Disuguaglianza e Diversità, che suggeriscono una revisione dell’indennità ai lavoratori autonomi e un’estensione del reddito di cittadinanza, oltre che il mantenimento degli altri strumenti già previsti dai decreti governativi. L’ultimo scenario, che si ispira ad una proposta avanzata a metà marzo da Gianmario Cinelli e Antonio Costagliola, valuta gli effetti del lockdown che si avrebbero in presenza di un “reddito di solidarietà”. Quest’ultimo consisterebbe in un trasferimento universalistico a tutte le famiglie italiane pari a 900 euro per capofamiglia, a cui aggiungere 600 euro per ogni membro maggiorenne e 300 euro per ogni minorenne. La misura è prevista a costo zero per le finanze pubbliche, in quanto alimentata da un “congelamento” dei redditi – per due mesi – a tutti i lavoratori e pensionati. Il reddito complessivo delle famiglie non sarebbe intaccato, ma naturalmente si realizzerebbe una incisiva azione redistributiva finanziata di fatto con un prelievo su tutti i percettori, compresi i lavoratori autonomi e i pensionati.

È importante sottolineare che da un punto di vista dei costi, aspetto che ci pare sia stato a tratti trascurato nella discussione pubblica in queste settimane, le tre risposte risultano differenti. Il costo complessivo sarebbe infatti maggiore per quanto riguarda la terza proposta (stimiamo circa 8 miliardi in più rispetto a quanto stanziato ad oggi). Al contrario, il reddito di solidarietà, finanziandosi con un prelievo sui redditi più elevati, comporterebbe un risparmio per lo stato, liberando risorse per altre misure di stimolo all’economia. Tutti i dettagli delle simulazioni sono disponibili qui.

La nostra analisi mostra chiaramente che il lockdown ha un effetto amplificatore della diseguaglianza e della povertà nel nostro paese. Colpisce più duramente lavoratori e famiglie del segmento più debole, ampliando la forbice fra ricchi e poveri. Dividiamo i lavoratori in dieci gruppi ugualmente numerosi (decili), dopo averli ordinati in modo crescente rispetto al loro reddito. Chi appartiene al primo decile (i più poveri) patisce una riduzione del reddito doppia rispetto a quella subita dai lavoratori dell’ultimo decile (i più ricchi). Il tasso di povertà assoluta passa dal 7,0% al 7,5%, il che significa 120mila nuovi poveri nel paese. Si tratta di peggioramenti notevoli se si pensa che derivano da misure che riguardano soltanto due mesi, un sesto dell’anno

All’interno di questo fosco quadro c’è una disuguaglianza che si riduce: quella fra i redditi di donne e uomini. Le donne, essendo maggiormente occupate nel settore pubblico e nei servizi essenziali di cura, subiscono in una minore proporzione le restrizioni del lockdown. Alcuni autori sulla base di questo fenomeno, hanno ipotizzato che la crisi sanitaria di oggi potrebbe essere una tappa importante nel processo di riscatto del genere femminile nel mondo del lavoro (Titan et al., The Impact of COVID-19 on Gender Equality, NBER Working Paper, 2020). I dati suffragherebbero la tesi: in assenza delle restrizioni del lockdown, gli uomini guadagnerebbero il 37% in più di quanto guadagnano le donne, mentre con le restrizioni in vigore, per due mesi, questa percentuale scende al 35%. Ma naturalmente si tratta di una enunciazione a dir poco curiosa, in quanto il riallineamento avviene verso il basso, in un contesto di impoverimento generalizzato e non di emancipazione.

Le tre politiche di contrasto intervengono in modo differente a protezione delle famiglie. La figura 1 mostra come la perdita percentuale di reddito, su base annua, sia diversa a seconda del decile di appartenenza delle famiglie. Gli interventi di contrasto alla crisi, sia quelli predisposti dal Governo (Cura Italia), sia quelli proposti nel dibattito scientifico (proposta Forum Disuguaglianze e Diversita e reddito di solidarietà) controbilanciano questi effetti negativi. Le misure in vigore (in blu scuro) sostanzialmente neutralizzano le riduzioni di reddito. Il reddito disponibile continua ad essere in flessione soltanto per i decili più ricchi, ma in ogni caso la flessione è molto ridotta.

 Le due politiche alternative invece incidono in maniera più consistente sui decili più poveri del reddito portando le loro disponibilità economiche addirittura sopra il livello che avrebbero avuto in assenza della crisi sanitaria (la variazione risulta positiva per tutte le famiglie con reddito inferiore a quello mediano). Nel meccanismo del reddito di solidarietà la redistribuzione comporta una riduzione dei redditi per le famiglie più abbienti: ciò avviene in quanto misura a costo zero per l’erario.

Figura 1: Variazione dei redditi familiari al netto della riduzione dovuta al lockdown e alle misure contenute nel “Cura Italia”

EU-SILC, 2017 e Indagine sulle Forze di Lavoro 2018.

Nota: la caduta media è calcolata per ogni decile di reddito familiare disponibile equivalente (scala OCSE), gli intervalli di confidenza al 99% sono ottenuti attraverso 1.000 ri-campionamenti casuali.

Il motivo fondamentale che spinge alcuni autori a proporre meccanismi di protezione sociale rinforzati è la considerazione che il reddito disponibile osservato non sia l’unica variabile di cui occorre tener conto. Come giustamente suggerito da Franzini, Granaglia e Raitano una caduta del reddito genera problemi la cui gravità dipende anche dalla capacità delle famiglie di disporre di denaro sufficiente ad affrontare spese impreviste. I nostri dati, da questo punto di vista, mostrano un fenomeno preoccupante: i nuclei che dichiarano di “non essere in grado di far fronte, con risorse proprie, a spese impreviste di un ammontare approssimativo di 800 euro” sono infatti il 56% delle famiglie nel decile più povero e il 17% di quelle nel decile più ricco. Per circa il 18% di queste famiglie, che non hanno risparmi sufficienti ad affrontare una spesa imprevista, la perdita di reddito disponibile a causa del lockdown risulta essere maggiore di 800 euro.

La Tabella 1 riporta l’andamento della diseguaglianza fra famiglie nei cinque scenari: in assenza di shock da Covid-19, in presenza delle sole misure restrittive, in presenza sia di misure restrittive che di stimoli e nelle due proposte alternative di intervento. L’effetto congiunto di restrizioni e “Cura Italia” risulta neutrale, la disuguaglianza torna grossomodo quella che ci sarebbe stata in assenza di shock. I due interventi alternativi invece riducono ulteriormente la diseguaglianza; in particolare il reddito di solidarietà la riduce in modo molto marcato, soprattutto se si considera che le misure riguardano solamente due mesi.

Tabella 1: Effetto sulla diseguaglianza dei redditi fra famiglie

Fonte: EU-SILC, 2017 e Indagine sulle Forze di Lavoro 2018.

Nota: l’indice di Gini è calcolato sul reddito familiare disponibile equivalente (scala OCSE), gli intervalli di confidenza al 99% sono ottenuti attraverso 1.000 ri-campionamenti casuali.

Con riferimento alla povertà, assoluta, come si osserva in figura 2, il lockdown aumenta la distanza generazionale. L’incremento di povertà è maggiore per i nuclei con capofamiglia più giovani, monogenitori, single con meno di 65 anni, coppie con figli. Ancora una volta, per tutte le tipologie familiari, le misure introdotte dal governo hanno l’effetto di neutralizzare lo shock negativo, con le due proposte alternative, sia quella avanzata dal Forum Disuguaglianze e Diversità sia il reddito di solidarietà che appaiono più che controbilanciare l’effetto del lockdown. Si tratta di trasferimenti che portano fuori dalle condizioni di povertà alcune famiglie che sarebbero state comunque povere, anche in assenza di restrizioni alle attività lavorative, ma che verosimilmente sono anche le famiglie meno attrezzate a sostenere la crisi economica.

Figura 2: Variazioni dei tassi di povertà

Fonte: EU-SILC, 2017 e Indagine sulle Forze di Lavoro 2018.

Nota: la variazione del tasso di povertà è espressa in valori % rispetto allo scenario in assenza di shock da Covid-19. Gli intervalli di confidenza al 99% sono ottenuti attraverso 1.000 ri-campionamenti casuali.

In sintesi, il lockdown aumenta la disuguaglianza. Le misure in vigore con il decreto “Cura Italia” attenuano in modo significativo, sebbene senza annullarlo, l’inasprimento delle disparità e dell’impoverimento. Una più marcata redistribuzione in senso progressivo si configurerebbe con gli istituti suggeriti dal Forum Disuguaglianze e Diversità e nel caso di un reddito universale di solidarietà finanziato dalla sterilizzazione dei redditi e delle pensioni per due mesi.

Questa ultima proposta, la più complessa da rendere operativa per molteplici motivi, ha il vantaggio di non pesare sul bilancio pubblico. In questa sede è lanciata come una provocazione, da affinare nei contenuti e nelle modalità, ma la riteniamo più funzionale al momento che stiamo vivendo perché oltre al perseguimento dell’equità consentirebbe di destinare al rilancio degli investimenti risorse altrimenti impiegate per risolvere problemi distributivi. L’impatto sul reddito complessivo delle famiglie è nullo: pertanto non ci sono ricadute macroeconomiche negative, perché quanto perdono le famiglie più abbienti guadagnano le famiglie più povere, che hanno peraltro una maggiore propensione al consumo. E il maggiore deficit e debito che derivano (misure vigenti) o deriverebbero (Forum Diseguaglianza e Diversità) negli altri schemi potrebbero alimentare impieghi per sostenere la crescita del Paese. In questo schema, il compito di sanare la maggiore disuguaglianza e l’impoverimento non sarebbe affidato alla spesa corrente ma, una volta assicurato un dignitoso tenore di vita a tutti, alla distribuzione. E l’extradebito sarebbe utilizzato solo per la crescita.

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