I dati internazionali mostrano chiaramente che con l’aumento dei livelli educativi, l’istruzione delle donne tende a superare quegli degli uomini. Ma mostrano anche che in questo processo le donne si allontanano dalle discipline matematiche per spostarsi verso le scienze sociali e le materie umanistiche (UNESCO Institute for Statistics; UIS). Siccome le conoscenze matematiche sono associate a redditi più elevati, la segregazione educativa delle donne, inizialmente verticale e poi orizzontale, comporta comunque minori opportunità economiche.
Quindi, una domanda frequente nella ricerca è perché le ragazze scelgano studi che offrono minore autonomia economica, e quali siano i possibili rimedi. Le implicazioni sono importanti non solo per le singole donne, ma anche complessivamente: una maggiore proporzione di forza lavoro formata in discipline matematiche favorisce lo sviluppo economico e, più in generale, le società in cui le donne hanno maggiore autonomia economica sono più prospere.
Gli studi degli ultimi anni hanno chiarito che la minore inclinazione delle ragazze per la matematica non ha radici biologiche, ed hanno quindi proposto altre spiegazioni, basate soprattutto su fattori culturali e, in particolare, su stereotipi che descrivono le ragazze come ‘non adatte per la matematica’. Dato che cultura e stereotipi non si possono misurare, si cerca di approssimarli con il grado di uguaglianza tra i generi nella società. Specificamente, si ipotizza che gli stereotipi sulla matematica diventino più deboli man mano che i diritti delle donne si affermano nelle società e, di conseguenza, che le loro probabilità di optare per materie matematiche aumentino di pari passo. Come misure dell’uguaglianza si utilizzano gli indici periodicamente pubblicati dal World Economic Forum (GGI) o delle Nazioni Unite (GII). Alcune ricerche (tra cui Guiso et al. “Culture, Gender, and Math”, Science, 2008), trovano supporto empirico per quest’ipotesi, ma altre raggiungono risultati diversi e contrastanti, soprattutto quando considerano paesi comunisti, ex-comunisti, o islamici, oppure distinguono tra economie più e meno sviluppate (Anghel et al. “Is the math gender gap associated with gender equality? Only in low-income countries” Economic of Education Review, 2020).
Invece, un risultato chiaro e condiviso è che le scelte scolastiche degli studenti riguardo la matematica predicono le loro scelte universitarie. Studenti che frequentano scuole con curricula più matematici hanno più probabilità di scegliere corsi universitari nell’area denominata Science, Technology, Engineering and Mathematics (STEM). In Italia, e nella maggior parte dei paesi del mondo, le bambine e ragazze tendono a scegliere curricula meno matematici dei loro coetanei maschi, e questo influenza negativamente le loro probabilità di optare poi per le materie STEM.
Da queste ricerche sono derivate due principali linee d’intervento. La prima, indiretta e meno supportata dai dati, lascia allo sviluppo e la modernizzazione delle società il compito di contrastare gli stereotipi di genere e di avvicinare le ragazze alla matematica. La seconda, più specifica, cerca di incentivare bambine e ragazze a scegliere materie con più matematica, a scuola e all’università (I punti salienti di questi studi sono illustrati da Giovinazzo, Luppi e Patriarca (“Buoni amici e cattivi maestri. Canali informativi e divario di Genere negli STEM”, Menabò, novembre 2023). Se entrambe le misure funzionassero secondo le attese, una volta scontate le differenze individuali e ambientali, ragazze e ragazzi dovrebbero fare scelte educative simili.
Per esplorare queste ipotesi e le loro implicazioni, ho utilizzato dati sugli studenti dell’Università di Modena e Reggio Emilia dal 1996 al 2023. In particolare, ho selezionato studenti con background migratorio, e tra loro gli immigrati di seconda generazione e quelli di prima generazione ma residenti in Italia e diplomati in scuole italiane. Ai dati sugli studenti ho aggiunto informazioni sui paesi d’origine, tra cui il reddito pro-capite e il livello di uguaglianza di genere. Come in numerosi altri studi, la restrizione del campione a studenti con background migratorio ha l’obiettivo di isolare i fattori culturali da altri elementi che possono influenzare le scelte educative. I fattori culturali vengono trasmessi dalle famiglie e differiscono secondo il paese di provenienza, mentre gli altri fattori sono omogenei tra gli studenti perché riguardano il paese di residenza. Infine, per isolare le discipline più matematiche, ho escluso dalle materie STEM le scienze della vita, incluso Economia, e denominato questo gruppo PSEE (Physical Sciences, Engineering and Economics).
Con queste premesse, ho misurato le probabilità che studentesse e studenti si iscrivano nell’area PSEE piuttosto che nelle altre discipline, una volta tenuto conto di numerose caratteristiche individuali e dei paesi d’origine. I risultati mostrano, in linea con altri studi, che la probabilità che uno studente scelga una disciplina nell’area PSEE è sostanzialmente maggiore di quella di una studentessa. Specificamente, la probabilità tra i maschi supera il 58%, tra le femmine non raggiunge il 19%. Le ragazze hanno maggiori probabilità di scegliere discipline in altre aree, in particolare, nelle scienze sociali (dove le proporzioni sono 26% tra i maschi e 36% tra le femmine) e in quelle umanistiche. Sempre secondo le attese, tra le variabili che influenzano la scelta tra discipline, conta molto il tipo di scuola frequentata: l’opzione per l’area PSEE si associa positivamente e in maniera forte ad avere frequentato scuole con curricula più matematici. Considerando tutte le discipline, il 66% dei maschi e solo il 30% delle femmine ha frequentato scuole con più matematica. Più specificamente, la probabilità che uno studente che ha frequentato una scuola con più matematica scelga l’area PSEE è del 76%, mentre per una studentessa è del 43%. Quindi, l’aver frequentato una scuola con più matematica predice la scelta dell’area PSEE molto più per i maschi che per le femmine.
Per verificare la congruenza della prima delle due linee guida, relativa alla relazione tra l’uguaglianza di genere e le divergenze in matematica, ho misurato le probabilità di maschi e femmine di optare per l’area PSEE in relazione all’indice GII di uguaglianza nei paesi d’origine. I risultati mostrano che la relazione tra la probabilità delle ragazze di scegliere l’area PSEE e l’uguaglianza di genere nelle società è negativa: le probabilità che una studentessa opti per l’area PSEE diminuiscono con l’aumentare dell’uguaglianza tra i generi, e i gap con i maschi crescono. Lo stesso risultato si ottiene anche bilanciando il campione tra maschi e femmine, cioè simulando una sostanziale similitudine in tutte le loro caratteristiche, eccetto il genere; e rimane invariato se si utilizza l’indice di uguaglianza di genere del World Economic Forum (GGI) invece di quello delle Nazioni Unite (GII). Altri studi hanno evidenziato lo stesso fenomeno e l’hanno battezzato il ‘paradosso dell’uguaglianza di genere’ (Breda et al. “Gender stereotypes can explain the gender-equality paradox”, PNAS, 2020).
Riguardo la correttezza della seconda linea guida, come si è visto, i risultati confermano che curricula più matematici a scuola predicono più alte probabilità di scelta dell’area PSEE, ma mostrano anche che per tutti i tipi di curricula scolastici, anche per quelli con più matematica, le probabilità delle ragazze di scegliere discipline PSEE diminuiscono man mano che aumenta l’uguaglianza di genere. Quindi, incentivare le ragazze a scegliere curricula più matematici è pienamente adeguato, ma gli effetti sono più modesti man mano che i background di studenti e studentesse diventano più egualitari. Specificamente, le probabilità che studentesse di famiglie più patriarcali abbiano frequentato scuole con più matematica e optino per l’area PSEE sono di circa 34%, ma le stesse probabilità per studentesse di famiglie più egualitarie sono del 22%; se si guarda alle scuole con meno matematica, le probabilità scendono al 19% per le prime e all’ 8% per le seconde.
Quindi, l’aumento dell’uguaglianza di genere nella società, sebbene in sé del tutto auspicabile, non è un rimedio per le disparità nella matematica, anzi, in qualche caso la segregazione educativa orizzontale evidenziata dai dati internazionali (UNESCO) sembra essere un suo derivato. Inoltre, l’incentivazione delle ragazze a scegliere scuole con più matematica, sebbene anche questa sia tutta da perseguire, influenza le loro scelte verso le discipline PSEE in maniera più debole man mano che le norme sociali sono maggiormente egualitarie.
Dunque, la domanda basilare è perché con l’uguaglianza di genere si produca la segregazione di tipo orizzontale. La spiegazione di Breda et al. (2020), è che gli stereotipi di genere agiscono in maniera più profonda nelle società più sviluppate perché i genitori intervengono molto presto, fin dall’infanzia. Come indicatore di sviluppo, Breda et al. (2020) (così come Anghel et al., 2020 ed altri ancora) usano il PIL pro-capite che, però, può non cogliere differenze culturali importanti tra le aree del mondo. Ad esempio, la maggiore uguaglianza tra i generi si trova soprattutto nei paesi occidentali, che pure hanno PIL pro-capite tra loro molto diversi.
Tenendo conto di questo, ho verificato i precedenti risultati distinguendo due gruppi, uno composto dai paesi dell’Europa occidentale, del continente americano e dall’Australia, e l’altro dal resto del mondo. La distinzione fra questi paesi fa emergere chiaramente che le probabilità delle donne di scegliere le discipline PSEE diminuiscono con l’aumentare dell’uguaglianza di genere, e i gap con i maschi aumentano, nei paesi occidentali, ma non nel resto del mondo. In altre aree del mondo, le probabilità tra le donne tendono ad aumentare e i gap a diminuire. Se invece si distingue tra paesi più e meno sviluppati in termini di PIL pro capite, non emergono differenze rilevanti. Questo suggerisce che alcune caratteristiche storiche e culturali proprie dei paesi occidentali portino alla segregazione orizzontale delle donne nell’educazione, e che queste caratteristiche debbano essere messe chiaramente a fuoco se si vuole agire con misure davvero efficaci.