Il prestito vitalizio ipotecario e la povertà degli anziani

Massimo Baldini e Luca Beltrametti si occupano del prestito vitalizio ipotecario e della sua capacità di sostenere le condizioni di vita delle famiglie di anziani che possiedono l’abitazione di residenza ma hanno un reddito basso. I due autori, dopo avere illustrato la misura, mostrano che in Italia è piuttosto elevato il numero di nuclei “house rich” ma “cash poor”, sostengono che la domanda latente per questo strumento potrebbe crescere e stimano l’impatto che potrebbe avere sulla povertà un ricorso generalizzato al prestito da parte degli anziani.

Il patrimonio immobiliare rappresenta più dell’80% della ricchezza degli italiani, ma ad esso viene dedicata un’attenzione accademica ed anche mediatica ben inferiore, per esempio, rispetto a quella riservata alla ricchezza finanziaria. Il tema dell’utilizzo razionale della ricchezza immobilizzata nella casa di abitazione ha grande rilevanza sia dal punto di vista sociale sia macroeconomico. La sua gestione ha infatti un impatto sul trasferimento intergenerazionale della ricchezza (v. L. Beltrametti (a cura di) Oltre la famiglia. Strumenti per l’autonomia dei disabili, Fondazione Cariplo Collana “Quaderni dell’Osservatorio”,2010 e Cessione della nuda proprietà da parte di soggetti fragili: il possibile ruolo di un soggetto dedicato, Collana “Quaderni dell’Osservatorio” 2014, www.fondazionecariplo.it/osservatorio) sul problema della solidarietà tra le generazioni, sulla questione del contrasto della povertà, sul tema della qualità delle città e soprattutto sul consumo aggregato e quindi sul reddito e sull’occupazione.

Tale tematica merita attenzione anche in considerazione del fatto che esiste una domanda esplicita o anche latente, principalmente da parte degli anziani, per strumenti utili a rendere liquida una parte o la totalità della ricchezza accumulata nella casa di abitazione conservando tuttavia il diritto ad abitarvi fino al termine della vita, per molti motivi:

  1. le politiche pensionistiche sono meno generose;
  2. l’allungamento della durata della vita media si associa ad un maggiore rischio di trascorrere una parte della vita in condizioni di non autosufficienza (con politiche pubbliche di assistenza inadeguate);
  3. l’aumento del numero di persone anziane senza figli si traduce spesso in deboli motivazioni a lasciare un’eredità;
  4. le maggiori difficoltà d’ingresso nel mondo del lavoro delle generazioni più giovani possono spingere gli anziani a effettuare trasferimenti in vita a favore di membri giovani della famiglia. Piketty (Il capitale nel XXI secolo, 2014, Grafico 11.3) mostra che nell’ultimo secolo l’allungamento della durata della vita media ha innalzato da circa 30 a oltre 50 anni l’età media alla quale si riceve un’eredità dai propri genitori; ciò può giustificare il desiderio di questi ultimi di trasferire risorse ai propri figli in vita allo scopo di fronteggiare esigenze di questi e/o dei nipoti.
  5. l’eccessiva concentrazione della ricchezza sulla componente immobiliare può giustificare la volontà di diversificare maggiormente il proprio patrimonio;
  6. è diffuso il fenomeno di famiglie relativamente povere in termini di reddito ma relativamente “ricche” in termini di patrimonio immobiliare (“house rich – cash poor”).

A proposito di quest’ultimo aspetto, la tabella 1 classifica le famiglie di anziani (cioè con capofamiglia di almeno 60 anni) che possiedono l’abitazione in base al reddito monetario familiare e al valore di mercato della casa. Possiamo indicativamente identificare i nuclei house rich – cash poor con la sezione in alto a destra della tabella: hanno un reddito monetario disponibile annuo inferiore a €10mila, ad esempio, 13,3 nuclei di anziani su 100 (prima riga), cioè 1,45 milioni di nuclei. La quasi totalità di queste famiglie (13 su 100) è proprietario di un’abitazione che vale almeno €200mila (190mila nuclei). Nel secondo gruppo (4,1 milioni di famiglie), con reddito tra €10mila e €20mila, il 27% ha una casa che vale almeno €200mila. In sostanza, in Italia circa 1,3 milioni di nuclei di anziani dispongono di un reddito inferiore a €20mila annui e possiedono una casa che vale almeno €200mila.

Tabella 1 – Famiglie di anziani in casa di proprietà per reddito monetario familiare e valore di mercato dell’abitazione (percentuali di riga e di colonna)

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Fonte: nostre elaborazioni sui microdati dell’indagine Banca d’Italia 2012

Un modo forse più preciso per individuare chi ha reddito basso ma possiede abitazioni di valore significativo consiste nel tener conto anche della composizione del nucleo familiare considerando quindi come indicatore il reddito monetario diviso per una scala di equivalenza (il reddito monetario equivalente). In questo caso risulta che il 12,4% delle famiglie degli anziani in casa di proprietà si trova nel 20% più povero delle famiglie italiane ordinate per reddito equivalente e che un terzo di esse appartiene almeno al terzo quintile del valore della propria casa. Se definiamo “a reddito basso” i nuclei che ricadono nei primi due quintili, si trova in tale condizione il 31,5% delle famiglie di anziani in proprietà (3,4 milioni di famiglie); quasi la metà di queste ha una casa di valore circa pari o superiore al valore mediano calcolato su tutte le prime case in Italia (ultimi tre quintili): si tratta di 1,4 milioni di nuclei familiari.

Con entrambe le nozioni di reddito si giunge a conclusioni simili: in Italia vi è più di un milione di famiglie di anziani che hanno reddito basso e posseggono una casa di valore medio-alto. In alternativa al basso livello di reddito, possiamo definire in difficili condizioni economiche quelle famiglie che non riescono a risparmiare: il 21% delle famiglie di anziani che abitano in casa in proprietà ha risparmio basso o nullo (cioè con risparmio negativo o comunque non superiore al 5% del reddito corrente), un dato che conferma quelli precedenti sulla presenza di nuclei proprietari dell’abitazione ma in modeste condizioni economiche.

Questa è la platea che dovrebbe essere maggiormente interessata a strumenti capaci di estrarre liquidità dalla casa di abitazione. In termini generali, esistono due tipologie di strumenti per fare ciò: 1) strumenti che implicano la cessione di proprietà e 2) strumenti che implicano accensione di un debito.

La cessione della proprietà può avvenire per gradi crescenti: 1a) cessione nuda proprietà (NP) con mantenimento usufrutto; 1b) cessione di una quota della piena proprietà (home reversion plan) con contratto di affitto/diritto abitazione; 1c) cessione del 100% della proprietà con affitto/diritto abitazione (viager).

L’indebitamento può avere luogo 2a) con prestito ordinario con ipoteca (restituzione del capitale e degli interesssi a carico dell’anziano; 2b) prestito con ipoteca e pagamento dei soli interessi a carico dell’anziano e rimborso del capitale a carico eredi; 2c) Prestito Vitalizio Ipotecario (PVI) nel quale il rimborso sia del capitale sia degli interessi è a carico eredi.

Le ipotesi sub 1a) (cessione della NP con mantenimento dell’usufrutto in capo all’anziano) e 2c) (PVI) sono di gran lunga le più praticate e meritevoli di attenzione e sono state diffusamente considerate in questo volume. Il prestito vitalizio ipotecario è stato introdotto in Italia nel 2005. Una recente legge (n. 44 dell’aprile 2015) ha abbassato da 65 a 60 anni il requisito di età per potervi accedere.

Come si è visto le differenze tra i due strumenti sono importanti: i) la cessione della NP è irreversibile e totale mentre il PVI reversibile e graduabile; ii) la NP è negoziabile con qualsiasi persona fisica o giuridica mentre il PVI solo con banche e intermediari finanziari abilitati; iii) la cessione della NP priva gli eredi del bene, il PVI ne riduce parzialmente (o al max totalmente) il valore; iv) con la cessione della NP le variazioni di valore dell’immobile sono di pertinenza del compratore e l’anziano usufruttuario ha meno incentivi a fare manutenzioni; v) l’acquisto di una NP implica una “scommessa” sulla durata della vita dell’usufruttuario che può porre complesse questioni di ordine etico; vi) la cessione della NP avviene su un segmento del mercato immobiliare poco liquido e poco trasparente [1. I valori delle transazioni vengono per lo più definiti utilizzando i coefficienti forniti dal Ministero dell’Economia per calcolare il valore dell’usufrutto. Tali coefficienti tuttavia sopravvalutano il valore dell’usufrutto (e quindi sottovalutano il valore della NP) rispetto a principi di equità attuariale e considerano intervalli di età con estensione ampia e variabile ] mentre il PVI è associato a transazioni sul mercato della piena proprietà e gli intermediari sono soggetti al controllo degli organi di vigilanza dei mercati finanziari.

Un’ipotetica adozione sistematica del prestito vitalizio ipotecario avrebbe un impatto importante sulle risorse a disposizione degli anziani e sull’incidenza della povertà tra questi. Nello scenario estremo in cui accedessero al prestito tutti proprietari di abitazione con più di 60 anni, simulazioni da noi condotte sul campione Banca d’Italia 2012 ci dicono che otterrebbero un prestito (di importo medio annuo di poco superiore a €5.000) il 34% delle famiglie ed il 76% di quelle over 60. Tra le famiglie meno anziane, le risorse disponibili crescerebbero in media del 9%, tra quelle con capofamiglia con età tra 70-79 anni e 80+, aumenterebbero invece in media del 23% e del 55%, rispettivamente. Per effetto del prestito vitalizio, il tasso di diffusione della povertà in termini di reddito monetario equivalente tra tutte le famiglie italiane scenderebbe dal 19,3% al 16,6%. Infine, restringendo la platea alle sole famiglie di anziani che abbiamo definito come house rich – cash poor,la diffusione della povertà tra gli anziani subirebbe ancora un calo significativo, anche se minore.

L’utilizzo sistematico del prestito vitalizio è ovviamente irrealistico sia rispetto alla volontà delle famiglie di richiederlo sia rispetto alla capacità del sistema finanziario di erogarlo. Esistono tuttavia i presupposti, sia demografici che economici, per una sua diffusione importante, e questa avrebbe un impatto significativo sulle disponibilità liquide delle famiglie e sul tasso di povertà.

 * Questo articolo si basa sul nostro contributo dal titolo “Prestito vitalizio ipotecario e povertà degli anziani: un esercizio di micro simulazione” al volume “La casa, il benessere e le disuguaglianze” “curato da Francesco Farina e Maurizio Franzini e pubblicato da Egea (2015).

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