La ricchezza rappresenta una risorsa essenziale per sostenere i consumi futuri, per finanziare le attività imprenditoriali e per ridurre la vulnerabilità degli individui di fronte a eventi imprevisti (ad esempio disoccupazione o malattia). Il bisogno di disporre di uno stock di ricchezza accumulato per accedere a investimenti o per proteggersi da eventi imprevisti dipende dalle caratteristiche istituzionali del paese in cui si vive: esso è minore nei Paesi in cui sono presenti un generoso sistema pensionistico, un’assistenza medica universale, un’istruzione pubblica di alta qualità e mercati finanziari ben sviluppati.
Allo stock di ricchezza accumulato nel mondo, alla sua crescita e alla sua distribuzione fra paesi è dedicato il quinto rapporto sulla ricchezza mondiale presentato dal Credit Suisse, leader nel mercato mondiale dei servizi finanziari, nello scorso mese di Ottobre.
Il rapporto fornisce un quadro molto dettagliato sull’andamento dello stock di ricchezza mondiale nel periodo 2000-2014. Più specificatamente, il rapporto esamina la distribuzione, all’interno e tra nazioni, della ricchezza individuale netta, definita come somma delle attività finanziarie e reali (principalmente proprietà immobiliari e terriere) a cui sono sottratti i debiti.
L’unità d’analisi prescelta è l’individuo e non la famiglia per una duplice ragione. In primo luogo, le attività finanziarie o i debiti sono generalmente di proprietà di una persona all’interno della famiglia, che ne conserva il possesso anche se lascia il nucleo familiare. Inoltre, le caratteristiche dell’istituto familiare possono variare considerevolmente da paese a paese, e questo avrebbe reso i confronti più difficili.
Relativamente ai dati utilizzati, da prendere con le necessarie cautele, per la redazione del rapporto è stato necessario raccogliere ed elaborare valori provenienti da fonti diverse perché nessun paese al mondo fornisce informazioni completamente attendibili sulla ricchezza personale, e in molti paesi non vengono condotte indagini dirette. La procedura di raccolta dati, ad ogni modo, è descritta in modo trasparente nel Databook che accompagna il Rapporto.
La prima evidenza che emerge dal rapporto è che è l’intero stock di ricchezza è posseduto da 4,7 miliardi di individui adulti, di età superiore ai 20 anni, residenti in 215 Paesi del globo, ma la sua distribuzione è fortemente concentrata in poche mani (figura 1). Al vertice della piramide si posiziona chi ha almeno 1 milione di dollari di ricchezza netta, che costituisce lo 0,7% della popolazione mondiale, ma possiede il 44% della ricchezza complessiva. Si stima inoltre che siano 128.200 coloro che hanno una ricchezza superiore ai 50 milioni di dollari e 45.200 quanti posseggono più di 100 milioni di dollari. Al contrario, circa il 70% della popolazione mondiale possiede una ricchezza valutata meno di 10.000 dollari che nel complesso corrisponde al 2,9% della ricchezza mondiale.
Dal rapporto si evince inoltre che lo stock di ricchezza globale è cresciuto a un tasso molto elevato (8.3%), tra metà 2013 e metà 2014, raggiungendo un valore complessivo di 263.000 miliardi di dollari. L’aumento è stato il più elevato a partire dal 2007 e si inserisce nel trend di crescita che è in atto da quando è scoppiata la crisi finanziaria del 2008. La recente forte crescita dello stock di ricchezza è legata in primo luogo alla performance degli Stati Uniti, dove la ricchezza è cresciuta del 19% tra il 2006 e il 2014.
Valutata in termini procapite, tenendo quindi conto della crescita della popolazione, la ricchezza è cresciuta meno anche se sempre in modo consistente. Nel 2012 la ricchezza procapite a livello mondiale superava i 50.000 dollari, mentre a metà del 2014 ha raggiunto la soglia di 56.000 dollari. Il valore medio, in realtà, nasconde ampie variazioni a livello regionale e nazionale, come si evince dalla Tabella 1 e dalla Tabella 2 (in cui si riportano gli andamenti delle diverse componenti della ricchezza complessiva).
La Svizzera, con 581.000 dollari di ricchezza media procapite, risulta prima in graduatoria, seguita da Australia, Norvegia e Stati Uniti. I livelli medi risentono però della sperequazione della distribuzione della ricchezza. A conferma di ciò, la graduatoria cambia se si guarda ai valori mediani, che favoriscono i paesi caratterizzati da minore disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza rispetto alla Svizzera. Guardando alla ricchezza mediana nazionale l’Australia guida la classifica (con 225.000 dollari in mediana), seguita nell’ordine da Belgio, Italia e Regno Unito, mentre il dato mediano della Svizzera risulta pari a 107.000 dollari.
Riguardo alle determinanti della crescita dello stock di ricchezza mondiale, il rapporto precisa che, se nel lungo periodo sono la crescita economica, i tassi di risparmio e altri fattori economici e demografici a spiegare variazioni nei livelli della ricchezza mondiale, nel breve periodo occorre guardare ai movimenti nei tassi di cambio e nei prezzi delle attività finanziarie e reali.
La Figura 2 mostra l’andamento della ricchezza mondiale complessiva procapite nel periodo nel periodo 2000-2014. Dalla figura si nota che il valore delle attività reali è tornato a crescere dopo la crisi, senza però superare i livelli precedenti il 2007; al contrario la ricchezza finanziaria ha raggiunto il livello massimo nel periodo osservato.
Le consistenti variazioni negli stock di ricchezza evidenziati dal rapporto impongono un’attenta riflessione sulle conseguenze distributive di tale fenomeno. Come noto, infatti, la distribuzione delle attività finanziarie e reali è fortemente sperequata. A tale proposito, il rapporto del Credit Suisse include, per la prima volta, un intero capitolo dedicato allo studio della disuguaglianza della ricchezza, analizzandone gli andamenti e le determinanti di breve e lungo periodo.
L’ampia disponibilità di dati ha, infatti, permesso la costruzione di serie storiche della distribuzione della ricchezza in tutti i Paesi a partire dal 2000. Misurando la disuguaglianza attraverso la quota di ricchezza nazionale detenuta dal decile e dal percentile più ricco, dal rapporto emergono dei dati molto interessanti. Mentre nel periodo 2000-2007 la disuguaglianza risultava in diminuzione in ogni area del mondo, ma con la rilevante eccezione di Cina e India, il trend si è invertito a partire dal 2007, da quando, cioè, la concentrazione della ricchezza appare ovunque in crescita. Analogamente, nel periodo 2000-2007 la disuguaglianza è aumentata in 12 paesi e diminuita in 34; al contrario, tra il 2007-2014, la disuguaglianza appare aumentata in 35 paesi e diminuita in 11.
È molto probabile che questo cambiamento sia legato alla variazione prima negativa e poi positiva, dopo il 2007, della percentuale di attività finanziarie incluse nei portafogli individuali. Infatti, la composizione del portafoglio varia in modo sistematico in base al livello della ricchezza, con una concentrazione delle attività finanziarie al vertice della distribuzione. Di conseguenza, un apprezzamento nel mercato azionario tende a favorire gli individui più ricchi e a determinare, nel breve periodo, una crescita della disuguaglianza, com’è accaduto dopo la crisi. Il processo si autoalimenta pericolosamente, come evidenziato nel Rapporto: un aumento della disuguaglianza fornisce maggiori risorse da investire ai più ricchi. Ciò determina una riduzione dei tassi di interesse e un aumento dei prezzi delle attività con conseguenti ulteriori guadagni per i top wealth.
Non può, invece, essere stabilito nessun chiaro legame con il livello di sviluppo economico visto che si osservano variazioni, di segno positivo e negativo, nei livelli della disuguaglianza sia nei paesi sviluppati sia in quelli emergenti.
Il rapporto si conclude con una previsione sulle tendenze nei prossimi cinque anni. che non contempla alcun cambiamento rispetto agli andamenti attuali: la ricchezza mondiale dovrebbe continuare a crescere a ritmi sostenuti fino a raggiungere i 369.000 miliardi di dollari e la quota della ricchezza mondiale detenuta dalle economie emergenti dovrebbe aumentare dall’attuale 11,4% al 26%. Il fenomeno di catching up dovrebbe favorire soprattutto la classe media, con la conseguente contrazione della quota di persone che detengono una ricchezza inferiore a 10.000 dollari. In particolare, si prevede che nel 2019 sarà cinese il 45% dei 401 milioni di adulti con una ricchezza compresa tra i 10.000 e i 100.000 dollari. A sperimentare la crescita più elevata, generando quindi un presumibile aggravamento della disuguaglianza, saranno però gli individui milionari, per lo più europei e statunitensi, il cui numero si prevede aumenterà dagli attuali 35 a circa 53 milioni.