La disuguaglianza in Italia: le tendenze nascoste dagli indici sintetici

Vito Peragine esamina l’evoluzione della disuguaglianza personale e territoriale in Italia negli ultimi 25 anni utilizzando non gli usuali indici sintetici della disuguaglianza ma le curve di incidenza della crescita che permettono di guardare all’intera distribuzione e all’impatto delle variazioni del reddito sui diversi gruppi sociali. Peragine mostra, in particolare, come sia la crisi recente, sia, e ancora di più, quella dell’inizio degli anni ‘90, abbiano colpito maggiormente le famiglie più povere e i territori più poveri.

La recessione vissuta dal nostro paese negli ultimi anni, oltre ad un peggioramento generalizzato delle condizioni di vita, ha anche comportato delle modifiche nella distribuzione del reddito tra individui e aree del paese. Queste modifiche sono tuttavia poco evidenti se ci si limita ad osservare indici sintetici di disuguaglianza o di povertà: occorre guardare all’intera distribuzione e alla dinamica che ha interessato i diversi gruppi sociali.

Inoltre, per apprezzare le variazioni distributive verificatesi è utile allungare lo sguardo fino all’inizio degli anni novanta del secolo scorso, distinguendo tre periodi: la recessione recente (dal 2008 al 2014), il periodo di crescita stabile seppur modesta (dal 1995 al 2008), infine il periodo di crisi economica, fiscale e politica dell’inizio anni ’90 (dal 1990 al 1995).

La Figura 1 riporta le curve di incidenza della crescita relative ai tre periodi considerati. Per ogni percentile della popolazione, iniziando dalle famiglie più povere e passando via via a famiglie più ricche, la curva di incidenza della crescita indica la media annua della variazione percentuale del reddito equivalente per il periodo considerato. Ad esempio, un valore del -2% per le famiglie posizionate tra il secondo e il terzo quintile indica che nel periodo considerato tali famiglie hanno perso ogni anno, in media, il 2% del reddito di inizio periodo. Nel periodo complessivo (6 anni) la perdita sarà stata del 12% circa. In linea teorica, una curva piatta indica una crescita proporzionale, neutrale cioè sotto il profilo distributivo. La curva è costruita con i dati dell’Indagine sui Bilanci delle Famiglie della Banca d’Italia, e riporta i redditi familiari disponibili, equivalenti e indicizzati per permettere confronti nel tempo e tra famiglie di diversa composizione. L’uso dei redditi disponibili – sicuramente la variabile più idonea a misurare gli standard di vita delle famiglie – cattura evidentemente sia l’effetto di dinamiche di mercato sia quello delle politiche pubbliche di carattere distributivo. Occorre infine precisare che le curve sono costruite utilizzando dati “cross section” e non longitudinali: ogni punto è cioè ottenuto confrontando i redditi delle famiglie nella medesima posizione (percentile) ad inizio e fine periodo, e non i redditi di inizio e fine periodo di una stessa famiglia. E’ possibile, ed anzi probabile, che nel periodo considerato vi sia mobilità delle famiglie lungo la distribuzione del reddito e che dunque la curva della crescita confronti, in ogni punto, redditi di famiglie diverse.

Figura 1

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Household equivalized disposable income at constant prices of 2005. SHIW Historical Database (1977-2014), Bank of Italy.

La curva del primo periodo mostra un andamento ad U rovesciata: negli anni della recente crisi hanno perso maggiormente le code della distribuzione, e cioè le famiglie più povere – segnatamente i primi due decili – e, in maniera più ridotta, le famiglie più ricche. La fascia media, pur registrando una caduta di reddito, è stata relativamente meno colpita delle altre. Dietro queste dinamiche differenziate vi sono fattori economici e istituzionali diversi: la caduta dell’occupazione e l’assenza di uno strumento universale di sostegno al reddito sono i principali responsabili del peggioramento delle condizioni delle famiglie povere, mentre l’andamento (la caduta) dei redditi da capitale contribuisce a spiegare la caduta dei redditi elevati.

La curva della crescita consente di spiegare l’apparente paradosso tra la dinamica degli indici sintetici di disuguaglianza, i quali, infatti, risultano piuttosto stabili per il periodo considerato, e la caduta di reddito registrato tra le famiglie più povere.

La seconda curva, riferita al lungo periodo che va da metà degli anni ’90 del secolo scorso fino all’inizio della crisi, mostra un andamento debolmente progressivo: in particolare i primi due decili hanno registrato l’aumento percentuale più significativo, mentre il resto della distribuzione non ha registrato modifiche di rilievo.

Di segno decisamente opposto, e quindi regressivo, l’impatto distributivo della crisi economica e fiscale degli anni ’90: la terza curva nella Figura 1 mostra un andamento fortemente crescente, ad indicare che la caduta di reddito è stata maggiore per le famiglie a reddito più basso, e minore per famiglie a reddito via via più elevato. Come è noto, in questo periodo gli indici sintetici di disuguaglianza mostrano un aumento significativo, per poi mostrare una certa stabilità nel periodo successivo. Molto si è scritto sulla crisi di quegli anni: da un punto di vista distributivo pare plausibile ipotizzare che le politiche di stabilizzazione del debito (in particolare la c.d. “manovra Amato”) abbiano avuto un impatto fortemente regressivo, che non è mai più stato recuperato negli anni seguenti.

Proviamo ora ad incrociare la dinamica della distribuzione personale dei redditi con la prospettiva territoriale: la figura 2 mostra le curve di incidenza della crescita distinguendo tra il Mezzogiorno e il Nord del Paese.

Si tenga a mente che la curva di incidenza della crescita consente di confrontare la dinamica distributiva delle due aree del paese, e non le distribuzioni di partenza; infatti, in corrispondenza di ogni punto sull’asse orizzontale, il reddito di partenza, rispetto al quale si studia la variazione, è nel Mezzogiorno sensibilmente più basso che nel Centro-Nord.

La fase 2008-2010 mostra un andamento regressivo in entrambe le circoscrizioni, e tuttavia al Sud la caduta dei redditi è stata più regressiva che al Nord. In particolare la crisi del 10% più povero della popolazione è stata più severa al Sud, dove già le famiglie partono con un reddito medio più basso. La caduta dei redditi nella coda alta è invece principalmente concentrata al Nord. Dati più aggiornati ci consentiranno in futuro di distinguere tra gli effetti della crisi internazionale del 2008, che ha sicuramente colpito tutte le aree del paese, e gli effetti di più lungo periodo che investono il Mezzogiorno.

Il lungo periodo che va dal 1995 al 2008 si conferma di crescita per entrambe le circoscrizioni, con una singolare e interessante differenza: la crescita appare sensibilmente progressiva al sud, in cui i redditi del 50% più povero della popolazione registrano i maggiori incrementi, mentre risulta proporzionale o debolmente regressiva per il Centro Nord. Dal confronto emerge anche una sostanziale stabilità dei divari territoriali nel reddito disponibile medio.

Durante la crisi di inizio anni ’90 invece l’andamento regressivo già evidenziato per l’intera distribuzione nazionale (Figura 1) si conferma all’interno delle due circoscrizioni ed appare anzi più marcato per il Mezzogiorno. Inoltre, la curva del mezzogiorno giace sempre al di sotto di quella del Centro Nord. Il periodo 1991-1995 ha dunque avuto il peggior impatto distributivo anche dal punto di vista delle disuguaglianze territoriali, oltre che di quelle personali.

L’analisi svolta ci consente di cogliere tutti i limiti degli studi distributivi basati esclusivamente sugli indici sintetici: occorre guardare all’intera distribuzione e alla maniera in cui un dato processo di crescita o di crisi si distribuisce tra i diversi gruppi sociali. I dati qui presentati mostrano come sia la crisi recente, sia, e in maniera più incisiva, la crisi della prima metà degli anni novanta, abbiano colpito maggiormente le parti più deboli del paese: le famiglie più povere e i territori più poveri.

Figura 2

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