Il PNRR, su cui è caduto un governo e su cui è poi nato il governo di Mario Draghi, il 22 giugno è stato approvato dagli organi comunitari e l’Italia ha ricevuto i complimenti di Ursula von der Leyden. Un successo importante per il governo, per il Parlamento, per le forze politiche. Inizia ora la fase della attuazione del Piano. Come diceva Churchill “ Fare strategie è facile, il difficile è la realizzazione”. Per l’Italia, per le Regioni, per le Città, per il sistema economico e sociale, per i cittadini, la battaglia vera comincia ora.
Il Premier Mario Draghi, all’insediamento aveva annunciato di voler lavorare per arrivare a presentare ad aprile un PNRR ben fatto, da presentare in Parlamento alla sua estesa maggioranza in Parlamento e poi all’Unione Europea. Ed infatti il 9 aprile ha annunciato il modello di un piano “in forte discontinuità in molte aree rispetto al piano precedente e in continuità in altre aree dove non aveva nessun motivo di essere in discontinuità “. Il modello prevede due livelli. Il primo, nazionale, ha scelto l’impianto del Piano, supervisiona la sua attuazione ed è responsabile dell’invio delle richieste di pagamento alla Commissione Europea. Il secondo livello è quello delle amministrazioni responsabili dei singoli investimenti: Regioni, Città metropolitane ed enti locali dovranno inviare i rendiconti alla struttura di coordinamento centrale.
Marco Leonardi, capo del Dipartimento per la programmazione economica di Palazzo Chigi, ha dichiarato «Adesso tutti i ministeri devono prepararsi per gestire i vari passaggi della fase esecutiva del piano, in modo che i tempi vengano rispettati. L’Italia è stata sempre debole proprio nell’implementazione.».
La Commissione Europea, nella proposta al Consiglio europeo di approvazione del PNRR italiano, ha formulato una chiara raccomandazione al Governo italiano: “Per garantire la responsabilizzazione dei soggetti interessati, è fondamentale coinvolgere tutte le autorità locali e tutti i portatori di interessi, tra cui le parti sociali, durante l’intera esecuzione degli investimenti e delle riforme inclusi nel piano”.
Su questa linea si muove il DL 70/2021 intitolato ‘Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e Semplificazioni’, che all’art 6 recita “Nell’ambito di un protocollo d’intesa nazionale tra il Governo e le parti sociali più rappresentative, ciascuna amministrazione titolare di interventi previsti nel PNRR prevede lo svolgimento di periodici tavoli di settore e territoriali finalizzati e continui sui progetti di investimento e sulle ricadute economiche e sociali…”.
La consultazione strutturata fra Amministrazioni centrali e territoriali e parti sociali propone una modalità di concertazione non inedita che non può che essere vista con favore. La magnitudo della sfida per uscire dalla crisi e per costruire una Italia migliore richiederà un ulteriore strumento: quello di patti liberamente stipulati fra soggetti pubblici, soggetti privati, parti sociali per condividere le strategie e favorire la convergenza nella esecuzione del PNRR. In questo percorso di attuazione, una lunga marcia che durerà anni, andranno affrontati tre formidabili problemi: a) il cambiamento dei sistemi produttivi; b) le riforme e riorganizzazione della scuola, della sanità, della giustizia e in generale delle Pubbliche Amministrazioni; c) i processi di utilizzazione e rendicontazione delle ingenti risorse del PNRR.
a) Il primo, più complesso, problema è che Next Generation EU mira a suscitare un profondo cambiamento nei sistemi produttivi, che sarà l’esito non solo dell’ uso appropriato dei finanziamenti ma anche degli investimenti privati e del potenziamento delle capacità di innovazione di tutti gli stakeholder dell’”Italia delle organizzazioni” (L’Italia che compete. L’Italian Way of Doing Industry, a cura di F. Butera e G. De Michelis Franco Angeli, 2011 ).
b) Il secondo grande problema sarà costituito dalle riforme e dalla riorganizzazione dell’apparato pubblico: la scuola, la sanità, la giustizia, le Pubbliche Amministrazioni. Non solo perché l’Unione Europea le esige ma perché sono condizioni per il successo degli investimenti del PNRR. In Italia la disoccupazione giovanile, i NEET, la dispersione scolastica sono le più alte d’Europa; e siamo nella penultima posizione per titolari di formazione terziaria. Rimettere al centro e riorganizzare la scuola è una priorità e una finestra di opportunità in questo momento ( F. Butera Il libro verde della Pubblica Istruzione, Prefazione di Luigi Berlinguer, Franco Angeli, 1999; P. Bianchi Lo specchio della scuola, Il Mulino, 2020). La sanità di fronte alla pandemia ha mostrato grandi fragilità, compensate in parte dall’ eccellenza del sistema professionale sanitario. La giustizia civile è fra le più lente d’Europa (oltre quella più complessa della giustizia penale), costa oltre il 1,5 del PIL e scoraggia gli investimenti stranieri. Oltre la riforma occorre riprendere il percorso della riorganizzazione partecipata degli uffici giudiziari (F. Butera Tribunali capaci di cambiare, in Harvard Business Review, Novembre 2013; GIUSTIZIA 2030 Un libro bianco per la giustizia ed il suo futuro, Febbraio 2021), Amministrazioni Centrali e territoriali afflitte da labirinto normativo e dalla minaccia dei controlli amministrativi e penali, scarsamente orientate ai servizi, vanno rese più efficaci e efficienti: oltre le riforme sono possibili programmi integrati di riorganizzazione come quelli previsti dal DL 80/2021 (F.Butera Reinventing Governement, in A. Farazmand (ed.), Global Encyclopedia of Public Administration, Public Policy, and Governance, Springer International Publishing, 2018; F.Butera, P. Bianchi, F.R. Frieri Emergenza e piani di sviluppo. un’occasione per innovare la pubblica amministrazione, in Sviluppo& Organizzazione, n 293, 2020 ).
c) Il terzo ma formidabile problema a scadenza immediata di cui tutti oggi giustamente si preoccupano, è l’utilizzazione e rendicontazione delle ingenti risorse del PNRR. Boeri e Perotti, segnalando la bassa capacità di spesa delle Pubbliche Amministrazioni (in media meno del 50% dei fondi stanziati), avevano rilevato che con il PNRR le cose possono ancora peggiorare per le dimensioni economiche senza precedenti e include in gran parte acquisti di beni e servizi, con le complicazioni delle gare d’appalto, dei ricorsi e altro.
Programmi di rigenerazione del sistema produttivo; riforme e riorganizzazione dell’apparato pubblico; metodi di utilizzazione, gestione e rendicontazione delle risorse comunitarie richiederanno l’attivazione di formidabili energie tecniche, sociali, culturali, sia a livello centrale che a livello territoriale, che l’Italia possieda ma che vanno incoraggiate con forme in grado di coniugare autonomia e organizzazione: potenziando ecosistemi e reti interorganizzative, affrontando la “questione organizzativa” dell’Italia delle organizzazioni ineguali e a più velocità, che ci costa il deficit di produttività e di efficienza amministrativa nelle classifiche europee.
In una parola, occorrerà tutti insieme affrontare l'”ultimo miglio” del PNRR. L’”ultimo miglio” non consiste quindi solo in processi decentrati di attuazione e di monitoraggio ma soprattutto nell’attivazione fin dalla fase iniziale di capacità propositive e di patti fra soggetti pubblici (amministrazioni, centri di ricerca, università, scuole) e soggetti privati (grandi, medie, piccole imprese, organizzazioni del terzo settore, professioni, associazioni), attori sul territorio in rapporto continuo con il livello nazionale e europeo, potenziando la pubblica amministrazione con percorsi di “gestione del cambiamento mission driven”. In questo percorso l’execution è tutto: tempi, misura e controllo degli obiettivi, adeguamento delle risorse materiali organizzative culturali delle Pubbliche amministrazioni e dei privati, efficacia e efficienza organizzativa, sviluppo della formazione e altro.
Allora questa è la proposta: la rigorosa gestione economico-finanziaria policentrica del PNNR nel modello presentato dal Premier e dal suo governo può essere rafforzata da Patti Territoriali o Patti per il lavoro , ossia l’assunzione condivisa di proposte e impegni, di programmi di lavoro, di metodi da parte di soggetti pubblici e privati che operano nell’interesse proprio e del bene comune. Questo è un compito delle forze pubbliche e private e delle parti sociali delle macro Regioni come il “Pentagono dello sviluppo italiano” (Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna); delle singole Regioni, come l’Emilia-Romagna, il Veneto, la Puglia, la Sardegna e altre; delle Città metropolitane come Milano, Bologna, Firenze, Venezia, Pesaro e altre; le aree omogenee come il Canavese, l’Agordino ecc.
La Fondazione Irso ha condotto e pubblicato una ricerca sul Patto per il Lavoro della Regione Emilia-Romagna (P.Bianchi, F. Butera, G.De Michelis, P. Perulli, F.Seghezzi, G. Scarano Coesione e innovazione. Il Patto per il lavoro dell’Emilia Romagna Il Mulino, 2020 ) che ha aumentato il valore aggiunto della produzione, l’occupazione, ha dimezzato la disoccupazione, ha generato investimenti in tecnologie avanzate.
Il Patto fu sottoscritto da 50 soggetti pubblici e privati: governo regionale, enti locali, associazioni imprenditoriali e sindacali, università e scuole, in sintonia con governo nazionale e Europa. Non fu un contratto o un tavolo di concertazione, non fu un negoziato sulla distribuzione delle risorse pubbliche ma un Patto impegnativo per far convergere strategie e azioni dei sottoscrittori.
Nella ricerca, abbiamo individuato in questo un esempio di quella forma di governance partecipata già proposta dagli studiosi nordeuropei (R. Rhodes Understanding governance. Policy networks. Open University Press, 1997) e un metodo generalizzabile che integra strategia e esecuzione.
Nella nostra ricerca abbiamo rilevato un metodo basato su sette approcci e strumentazioni adottabili dalle Regioni, aree territoriali, città e forse anche piattaforme produttive, indipendentemente dalle loro peculiarità : a) stipula di un patto fra le istituzioni del territorio e i suoi corpi; b) condivisione di strategie di valorizzazione del sistema produttivo verso le fasi a più alto valore aggiunto delle catene del valore e verso la riorganizzazione delle strutture; c) definizione di obiettivi condivisi di creazione di valore aggiunto e di creazione di lavoro di qualità, specificabili in parametri misurabili e costantemente monitorati; d) finalizzazione a tali obiettivi degli investimenti pubblici e privati; e) condivisione di un approccio integrato di politiche pubbliche, che definiremo come all-government-approach, che integri interventi su capitale umano, innovazione, territorio, welfare, superando le consolidate segregazioni organizzative della macchina amministrativa; f) organizzazione per realizzare il patto, che abbiamo definito performing community; g) attivazione di un programma di change management mission driven della stessa amministrazione, ossia trainata da obiettivi di rilievo per la comunità territoriale.
Si tratta ora di vedere se e chi attiverà Patti del Lavoro rendendo così il PNRR uno sforzo rigoroso di condivisione e innovazione e una opportunità di democrazia economica e sociale. Il Presidente della Conferenza delle Regioni e il Presidente dell’Associazione Nazionale, presenti nella Cabina di Regia prevista dal DL 70/2021, dei Comuni potrebbero forse far propria questa proposta e svilupparla prendendo come riferimento i molti casi già realizzati in Italia.
*Questo articolo si basa sul primo paragrafo del saggio “Investimenti e riforme: governance policentrica del PNRR e Patti Territoriali “ in corso di stampa su Rivista elettronica di diritto, economia, management che fa seguito ad altri lavori sul tema, tra cui; F.Butera, P. Bianchi, G. De Michelis, P. Perulli L’“ultimo miglio” per l’attuazione del Next Generation Plan: i patti per il lavoro come approccio e come metodo per innovare la scuola, la Pubblica Amministrazione, il sistema produttivo, in Astrid Rassegna n 330, 2020 e in Quaderni di Rassegna Sindacale, 2-3.