ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 225/2024

13 Novembre 2024

La povertà mondiale, oltre le soglie 

Massimo Aprea prendendo spunto da un recente articolo di Max Roser sul New York Times riflette sulla povertà a livello internazionale. Dopo aver ricordato come viene definita la soglia della povertà internazionale, sottolinea che il suo livello (2.15$ al giorno) è da estrema deprivazione e mostra che utilizzando soglie più elevate (fino a giungere ai 30$ auspicati da Roser) il numero dei poveri a livello mondiale non diminuisce, come è accaduto per la soglia più bassa, ma cresce e ciò richiede di prestare attenzione alle disuguaglianze.

In un articolo apparso recentemente sul New York Times dal titolo “We Need a New Global Measure for Poverty” l’economista e filosofo Max Roser propone alcune interessanti riflessioni sulla definizione della povertà mondiale e sul benessere economico di chi non sarebbe povero secondo tale definizione. Prendendo spunto dal suo contributo, e dopo averne sintetizzato i contenuti principali, queste note si pongono un duplice obiettivo: in primo luogo ricordare brevemente la metodologia alla base del calcolo della soglia di povertà internazionale; in secondo luogo, verificare quanto i progressi fatti in termini di riduzione della povertà negli ultimi 40 anni siano sensibili al livello a cui viene fissata la soglia, approfittando per chiarire alcuni pregi e difetti della misura sia dal punto di vista economico che comunicativo.

Partiamo dal contributo che ispira queste note. L’argomentazione di Roser è molto semplice e diretta: il concetto di povertà mondiale, che identifica come poveri gli individui che vivono con meno di 2.15$ al giorno, ha avuto il merito di attirare l’attenzione sulle condizioni di povertà estrema dei più svantaggiati del pianeta. Tuttavia, basare gli sforzi diretti a ridurre la povertà unicamente su questo indicatore sarebbe un errore esiziale: se vivere con meno di 2.15$ al giorno identifica infatti una condizione ‘estrema’, vivere con poco di più di tale soglia rappresenta comunque una situazione di grave povertà. Per dirla con Roser “l’uso improprio di soglie di povertà basse come criterio per definire ciò che è sufficiente per una buona vita distorce la nostra percezione delle condizioni di vita delle persone. La realtà è che viviamo in un mondo in cui miliardi di persone faticano a pagare lo stretto necessario: tre miliardi di persone non possono permettersi una dieta sana. Tre miliardi e mezzo non hanno accesso ai servizi igienici. La maggior parte di loro vive con più di due o tre dollari al giorno, ma vive comunque in una profonda indigenza materiale”. La sua proposta ‘politica’ è dunque quella di valutare l’andamento della povertà anche in base a una soglia molto più elevata: 30$ al giorno. Tale soglia è ottenuta come media di alcune soglie di povertà nazionali di paesi ad alto reddito e tenendo conto anche delle proposte di redditi di cittadinanza universali. 

La differenza in termini di quadro generale fornito dalle due soglie – quella di povertà estrema e quella molto più alta proposta da Roser – è notevole: in base alla prima la quota della popolazione mondiale in povertà nel 2024 è quasi il 9% (692 milioni di persone); in base alla seconda, sarebbe l’83% (6,7 miliardi di persone).

Prima di interpretare questi dati, è utile riassumere brevemente la metodologia di calcolo dell’indicatore di povertà stimato dalla Banca Mondiale. Misurare la povertà, infatti, richiede sempre una serie di assunzioni teoriche e metodologiche che, nel loro insieme, restituiscono la prospettiva dalla quale si osserva e misura il fenomeno. L’indicatore di povertà mondiale al quale ci riferiamo in questo articolo vuole avere un’interpretazione molto semplice ma è il frutto di assunzioni metodologiche molto complesse. 

In sintesi, un individuo, ovunque risieda nel mondo, è considerato povero se le risorse a sua disposizione sono inferiori a 2.15 dollari internazionali al giorno. Ma per capire meglio il senso dell’indicatore occorre chiarire alcuni termini di tale definizione. In primo luogo, il significato di ‘risorse’; poi quello di dollari internazionali; infine, occorre chiedersi perché il valore della soglia sia fissato a 2.15 dollari internazionali.

Per quanto riguarda le risorse prese in considerazione, queste vengono rilevate mediante indagini campionarie ad hoc. In alcuni paesi si prende in considerazione il reddito e in altri il consumo a seconda della precisione con cui tali dimensioni possono essere osservate nei diversi contesti. Nei paesi più poveri si tende a privilegiare il consumo, inclusivo di fitti imputati e beni autoprodotti. Tali risorse, rilevate a livello familiare, vengono poi divise per il numero dei componenti del nucleo per passare alla dimensione individuale: non vengono dunque considerate eventuali economie di scala derivanti dal vivere insieme e si assume che le risorse vengano divise equamente tra i vari membri. 

Per poter essere confrontate con una soglia di povertà unica in tutto il mondo, le risorse individuali così ottenute devono essere rese comparabili nel tempo e fra paesi. Per farlo, ai dati campionari vengono applicati due tipi di ‘correzioni’: innanzitutto, per tenere conto della variazione dei prezzi interni nel corso del tempo, le risorse economiche individuali vengono espresse in termini dei prezzi di un dato anno indice (attualmente il 2017); in secondo luogo, per tenere conto del diverso valore delle valute nazionali e, allo stesso tempo, del diverso costo di alcuni beni essenziali nei vari paesi, vengono trasformate in dollari internazionali applicando un fattore di conversione denominato parità di potere d’acquisto (PPP in inglese).

Infine, la soglia di povertà internazionale – quella dei 2.15$ PPP al giorno – è ottenuta come mediana delle soglie di povertà nazionali armonizzate di 28 paesi a basso reddito secondo la classificazione della Banca Mondiale. Il principio è dunque che le condizioni nei paesi più poveri debbano essere prese come punto di riferimento per valutare la povertà mondiale. Una delle conseguenze di questa scelta metodologica è che il tipo di povertà identificata è davvero ‘estrema’ in termini di tenore di vita e che, di conseguenza, la sua incidenza sia quasi nulla nei paesi a maggiore sviluppo economico. Per monitorare l’andamento della povertà in tali contesti più avvantaggiati, la Banca Mondiale calcola due soglie aggiuntive più elevate basandosi sulla stessa metodologia della soglia di povertà internazionale, ma prendendo come riferimento per calcolarne l’altezza, nel primo caso, i paesi a reddito medio-basso e, nel secondo, quelli a reddito medio-alto. Le soglie così ottenute sono, rispettivamente, di 3.65$ e 6.85$ al giorno.

Una volta compreso meglio il livello davvero estremo di deprivazione corrispondente alla soglia internazionale di povertà di 2.15$ al giorno, possiamo verificare cosa cambierebbe con soglie via via più elevate. L’idea alla base dell’esercizio riguarda il ruolo della disuguaglianza. Come già evidenziato sul Menabò, infatti, a causa della disuguaglianza, usare una soglia internazionale anche leggermente più elevata può fare una grande differenza sia in termini statici – in ogni dato punto del tempo – sia in termini dinamici. 

Il perché è intuitivo: se, ad esempio, la distribuzione delle risorse economiche si concentra intorno alla soglia di povertà, anche un piccolo spostamento in avanti della soglia rischia di far scivolare in povertà un gran numero di persone. Allo stesso modo, se la crescita del reddito si distribuisce in modo diseguale, l’andamento della povertà sarà diverso in base alla soglia presa in considerazione. Si noti, inoltre, che il concetto di disuguaglianza che rileva a questo proposito riguarda sia la distribuzione delle risorse all’interno dei paesi, sia quella tra paesi. Tale distinzione non viene tuttavia considerata in modo dettagliato in queste note.

La Figura 1 riproduce i risultati del confronto di cui si è appena detto. Il grafico a sinistra mostra l’andamento del numero di persone in povertà nel mondo tra il 1981 e il 2024 secondo quattro diverse soglie, mentre il grafico a destra mostra gli stessi dati ma in termini di incidenza – ossia tenendo conto dell’incremento della popolazione (molto forte per i paesi più poveri nel periodo considerato). Le quattro soglie prese in considerazione sono: quella standard di 2.15$ al giorno, quella di 3.65$ al giorno riferita al tenore di vita dei paesi a reddito medio-basso, una soglia di 15$ al giorno, e, infine, la soglia ‘provocatoria’ di 30$ al giorno proposta da Roser. La scelta della soglia di 15$ è dovuta alla sua prossimità al valore di 13$ al giorno che in letteratura è stimato come sufficientemente elevato da prevenire future (ri)cadute in povertà. I dati utilizzati sono tutti pubblicamente disponibili sul sito della Banca Mondiale.

Fonte: elaborazioni su dati Banca Mondiale

Dal grafico di sinistra, come accennato in apertura, emerge che il numero di persone in povertà estrema nel mondo si è ridotto notevolmente dai circa 2 miliardi del 1981 ai 692 milioni di oggi. L’incremento è tuttavia meno marcato considerando una soglia solo marginalmente più elevata (di 3.65$ al giorno) e, al contrario, il numero di persone che vivono con meno di 15 dollari al giorno è notevolmente aumentato (da circa 3.5 a circa 5.5 miliardi). Il dato è, prevedibilmente, ancora più netto se si considera la soglia ‘elevata’ proposta da Roser. In termini di incidenza, invece, la povertà registra una caduta per ognuna delle soglie prese in considerazione. La caduta è tuttavia molto meno marcata per le soglie più elevate e l’incidenza della povertà rimane elevatissima: oltre il 20% della popolazione mondiale vive con meno di 3.65$ al giorno mentre, per dirla con Roser, chiunque abbia risorse superiori a 30$ al giorno si trova nel 17% più fortunato della terra.

Cosa ci dicono questi dati? L’aspetto più rilevante, nell’opinione di chi scrive, è che occorre grande cautela nel celebrare le conquiste in termini di riduzione della povertà degli ultimi 30-40 anni. Il modello di sviluppo che è stato in grado di far uscire 1,3 miliardi di persone dalla povertà estrema è lo stesso che ‘costringe’ un quinto della popolazione mondiale a vivere con meno di 4 dollari internazionali al giorno e che fa accumulare ai più avvantaggiati del pianeta ricchezze sempre più ‘inaudite’. Il semplice esercizio condotto in queste note è un modo per gettare luce sulla complessità delle dinamiche socioeconomiche a livello mondiale e per chiarire, d’accordo con Roser, che considerare i risultati degli ultimi anni un successo è un grave errore. 

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