ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 189/2023

14 Marzo 2023

La riforma delle pensioni in Germania:una soluzione di mercato?*

Fabian Mushövel e Nicholas Barr intervengono sulla proposta di introdurre un fondo sovrano in Germania per integrare il finanziamento del sistema pensionistico pubblico a ripartizione. Mushövel e Barr osservano, in particolare, che questa misura non sarebbe sufficiente a proteggere il sistema dai rischi derivanti dall’invecchiamento della popolazione e sottolineano come la sostenibilità finanziaria degli schemi previdenziali dipenda sempre, e in modo cruciale, dalla crescita della produzione nazionale.

Il mese scorso, il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, ha annunciato un’importante riforma del sistema pensionistico tedesco. Lindner propone di integrare il sistema a ripartizione con un grande fondo sovrano che investa in azioni, obbligazioni e materie prime, i cui rendimenti andrebbero a sostenere il sistema pensionistico. Di fronte a una società che invecchia rapidamente, Lindner cerca essenzialmente di allentare il contratto intergenerazionale, in base al quale a pagare le pensioni è una forza lavoro sempre più in difficoltà, edi sfruttare invece il potenziale dei mercati azionari.

Dato che i mercati finanziari possono produrre alti rendimenti nominali, molti troveranno attraente il suggerimento del leader del Partito Liberal-Democratico tedesco. La proposta, tuttavia, sembra ignorare la logica economica secondo cui, di fronte all’invecchiamento della popolazione, l’unico modo per mantenere le prestazioni attuali senza aumentare i contributi è aumentare il prodotto nazionale. 

Nel sistema tedesco, la popolazione in età lavorativa paga le pensioni correnti. Tuttavia, il numero di lavoratori si sta riducendo rispetto ai pensionati, rendendo il sistema sempre più costoso: nel 1991 c’erano quattro lavoratori per ogni pensionato, nel 2020 meno di tre e nel 2030 saranno meno di due. Non volendo tagliare lepensioni o aumentare i contributi, nel 2021 il governo ha fornito ai contribuenti sussidi per le pensioni pari a circa 100 miliardi di euro, ovvero il 30% della spesa pensionistica totale – una cifra destinata a crescere conl’invecchiamento della popolazione.

Allo scopo di alleviare questo massiccio impegno, Lindner ha inizialmente cercato di introdurre una Aktienrente (pensione azionaria), in base alla quale i lavoratori accumulano fondi individuali nel corso della loro vita lavorativa, come avviene ad esempio negli Stati Uniti. Questa idea è stata bocciata dai partner della coalizione socialdemocratica e verde, ma sembra che abbia avuto successo una sua versione attenuata, una Aktienrücklage (riserva azionaria), in cui i rendimenti delle attività finanziarie e di altro tipo detenute dal fondopermettono di ridurre sensibilmente il ricorso a risorse pubbliche e il deficit di bilancio. 

Finanziato con prestiti, il fondo verrebbe costituito nell’arco di 15 anni, con uno stanziamento iniziale di 10 miliardi di euro dal bilancio 2023.La gestione sarebbe pubblica, probabilmente sotto la responsabilità del Ministero delle Finanze, ma soggetta a regole severe per impedire le interferenze del governo.

Il fondo deve essere modellato sul fondo tedesco per lo smaltimento dei rifiuti nucleari, KENFO, che mira a produrre  rendimenti a lungo termine del 4,3%. Se ipotizziamo che i costi di prestito del governo tedesco simantengano al 2%, la riserva azionaria produrrebbe un rendimento netto annuo del 2,3%.

Secondo queste ipotesi, la riserva di 150 miliardi di euro prevista da Lindner avrebbe un rendimento medio annuo a lungo termine di 3,45 miliardi di euro, pari ad appena il 3,45% dell’attuale deficit di finanziamento delle pensioni. Per colmare l’intero gap di 100 miliardi di euro sarebbe necessario un fondo di circa 4,35 trilioni dieuro, molto più grande di qualsiasi fondo sovrano al mondo. Anche nell’ipotesi ragionevole che i suoi tassi di rendimento a lungo termine superino i costi di indebitamento del governo, il fondo proposto non sarebbe quindidi grande aiuto.

Consideriamo l’economia di base delle pensioni. I pensionati non sono interessati al denaro – pezzi di carta colorati con ritratti di eroi nazionali – ma ai consumi: cibo, riscaldamento, regali per i nipoti e così via. Tralasciando l’opzione irrealistica di immagazzinare fisicamente beni e servizi per il consumo futuro come uno scoiattolo durante gli anni di lavoro, l’unico modo in cui le persone possono continuare a consumare dopo la pensione è consumare beni e servizi prodotti dalla popolazione attiva. Pertanto, come chiarito da Barr, ciò che conta è la produzione nazionale e non la dimensione nominale dei crediti accumulati sui consumi. 

Supponiamo che un’ipotetica forza lavoro di 100 persone vada in pensione e, a causa del calo delle nascite, venga sostituita da una forza lavoro di 50 persone. Se i 50 non sono più produttivi dei loro predecessori, i contributi dovranno essere raddoppiati o le pensioni dimezzate, o qualche combinazione delle due cose. Quindi il test di ogni riforma consiste nell’aumento della produzione nazionale. Le politiche a questo scopo solitamente aumentano la produttività di ciascun lavoratore investendo in un capitale fisico maggiore e migliore (ad esempio i robot) e nel suo “capitale umano” (istruzione e formazione) e/o aumentano le dimensioni della forza lavoro innalzando l’età pensionabile, accrescendo l’occupazione femminile e favorendo l’immigrazione.

La questione centrale della proposta di Lindner è quindi se aumenta la produttività o la forza lavoro. La risposta sembra essere positiva se il fondo porta a un aumento netto degli investimenti produttivi migliorandol’accesso delle imprese al capitale – un grande “se”, però, dato il buon funzionamento dei mercati finanziaritedeschi e il fatto che il fondo dovrebbe investire in attività quotate in borsa.

Inoltre, questa risposta deve essere temperata in un Paese come la Germania, perché gli investimenti nei mercati azionari finanziati dal debito rischiano di escludere gli investimenti pubblici produttivi, dato che la Schuldenbremse (il freno al debito) sancita dalla Costituzione vieta essenzialmente i deficit strutturali. Per continuare ad accumulare la riserva azionaria di Lindner, i futuri governi potrebbero essere costretti a tagliare le politiche di investimento sociale che aumenterebbero la produttività dei lavoratori (ad esempio finanziando la formazione) o la crescita della forza lavoro (ad esempio estendendo l’istruzione materna), politiche i cui benefici si moltiplicano lungo tutto l’arco della vita. Anche se attraverso una ginnastica legalistica la riserva azionaria fosse dichiarata una transazione finanziaria (secondo le regole fiscali tedesche esente dal freno al debito), sarebbe questo l’uso più produttivo di somme così ingenti?

A prima vista, la proposta di Lindner assomiglia al fondo sovrano che ha avuto successo in Norvegia. I due casi,tuttavia, sono molto diversi. Il fondo Lindner deve essere finanziato con il debito pubblico, con il rischio che un maggiore indebitamento pubblico aumenti il tasso di interesse e quindi l’onere del futuro pagamento degli interessi sul debito. Il rischio di escludere gli investimenti futuri è quindi reale, indipendentemente dalle regole fiscali tedesche. Il fondo norvegese, accumulato principalmente grazie alle entrate petrolifere, non correquesto rischio. 

Più in generale, ovviamente, qualsiasi riforma che abbia l’obiettivo di aumentare la produzione di fronte all’incombente catastrofe climatica, e con le economie avanzate che già vivono al di sopra delle possibilità planetarie, deve essere guardata con occhio critico. In realtà, un argomento più forte a favore del Fondo Lindner sarebbe il suo potenziale ruolo nel finanziamento della transizione verso un’economia verde, attraversol’inclusione di linee guida forti nei termini di riferimento del Fondo. Questo argomento dovrebbe interessare i gestori di fondi, perché gli investimenti in combustibili fossili rischiano di diventare attività “incagliate”. Finora, tuttavia, non ci sono stati sforzi per trasformare la riserva azionaria in un veicolo per accelerare la transizioneverde.

Oltre all’argomento degli investimenti verdi, esistono altri modi per riequilibrare il finanziamento delle pensioni in Germania. Tra questi, l’innalzamento dell’età pensionabile, come sta avvenendo in molti Paesi, anche se con delle eccezioni, come dimostra la resistenza in Francia  alla proposta di innalzare l’età pensionabile da62 a 64 anni.

Di fronte all’aumento dei costi delle pensioni, i governi potrebbero tagliare le prestazioni o aumentare i contributi per la popolazione in età lavorativa o aumentare la tassazione in generale, tutte soluzionipoliticamente difficili. L’unica altra direzione politica è quella di aumentare la produzione in misura sufficiente apagare ai pensionati quanto promesso senza aumentare le tasse o i contributi.

Come molti altri suggerimenti di questo tipo, la proposta di Lindner si concentra sul finanziamento delle pensioni piuttosto che sulla produzione. Un ottimista sosterrebbe che la proposta potrebbe essere utile, ma in termini economici sarebbe solo marginalmente vantaggiosa. Un punto di vista più critico è che, pur apparendoeconomicamente sensata, essa non farebbe altro che dare un calcio al barattolo. Infine, in un’ottica cinica, si può osservare che un politico del partito più orientato al mercato della Germania mira a dirottare verso i mercati finanziari privati fondi che il governo potrebbe utilizzare per investimenti sociali.


* Questo articolo è stato originariamente pubblicato inglese su Social Europe (www.socialeruope.eu) il 7 febbraio 2023.

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