In tutti i paesi chi cresce in condizioni di povertà ha una maggiore probabilità di rimanere povero anche in età adulta. Ma la persistenza della povertà fra genitori e figli è in alcuni paesi più alta che in altri. Prendendo spunto dai risultati di uno studio a cui ho contribuito, in corso di pubblicazione su Nature Human Behaviour, in questo contributo si indagano i motivi di queste differenze con riferimento a cinque paesi ad alto reddito: Stati Uniti, Australia, Danimarca, Germania e Regno Unito. I nostri risultati rivelano differenze sorprendenti tra i diversi paesi per quanto riguarda il modo in cui la povertà infantile si trasmette all’età adulta e i meccanismi che sono alla base di queste differenze.
Le nostre analisi confermano che la povertà infantile è ovunque un forte fattore predittivo della povertà adulta, ma mostrano anche che la forza dei suoi effetti varia significativamente tra i cinque paesi considerati. Negli Stati Uniti, ad esempio, la persistenza della povertà è particolarmente grave: crescere in condizioni di povertà è associato a una probabilità superiore di 43 punti percentuali di essere poveri da adulti rispetto a chi non cresce in povertà. Si tratta di un valore quattro volte superiore a quello della Danimarca e della Germania e due volte superiore a quello dell’Australia e del Regno Unito.
Nella nostra ricerca indaghiamo quali siano i fattori responsabili di queste differenze, ponendo l’attenzione sul contesto familiare, su fattori di mediazione dell’influenza socio-familiare (istruzione e occupazione ottenuta dai figli in età adulta), sugli effetti del vicinato, sulla discriminazione razziale, e sul ruolo redistributivo svolto dal sistema fiscale e di welfare. A questo proposito, anticipiamo che l’elevata persistenza della povertà negli Stati Uniti deriva da due fattori principali: la debolezza dell’assicurazione fornita dal sistema fiscale e dai trasferimenti e un’ampia penalizzazione della povertà residua (a parità, dunque, degli altri fattori richiamati prima, in particolare dell’istruzione), che risente di aspetti non osservati nell’analisi empirica come la salute, la ricchezza o l’accesso a servizi essenziali, in primis l’assistenza sanitaria.
In maggior dettaglio, il nostro studio scompone l’indicatore di persistenza intergenerazionale della povertà in quattro componenti: contesto familiare, fattori medianti dell’influenza parentale sulle prospettive dei figli (istruzione, occupazione e struttura familiare), imposte e trasferimenti e un residuo che mostra l’intensità dell’associazione fra povertà infantile e da adulti, a parità degli altri tre fattori considerati.
In tutti i paesi, il contesto familiare e i mediatori influenzano la persistenza della povertà, ma la misura in cui i sistemi fiscali e di welfare mitigano i rischi di povertà differisce notevolmente fra essi. In Danimarca e Germania, uno Stato sociale forte contribuisce a ridurre la persistenza della povertà garantendo che, anche quando gli individui non raggiungono alti livelli di istruzione o occupazione, lo Stato intervenga per evitare che cadano in povertà. Al contrario, il sistema fiscale e di trasferimenti degli Stati Uniti fornisce un sostegno molto minore, contribuendo alla maggiore persistenza della povertà nel Paese.
A tale proposito, basti pensare che mentre in Danimarca il sistema fiscale e di welfare riduce il rischio di persistenza intergenerazionale della povertà di quasi 10 punti percentuali, negli Stati Uniti tale sistema contribuisce in misura quasi irrilevante a ridurre la persistenza della povertà, lasciando una sostanziale penalizzazione residua per chi cresce in povertà – a parità, dunque, di tutti gli altri fattori – che segnala il ruolo rilevante nel processo di trasmissione intergenerazionale della povertà svolto da altri fattori, come lo scarso accesso all’assistenza sanitaria o un’accumulazione di hard e soft skills di minor valore.
Va anche sottolineato che, sebbene i tassi di povertà infantile differiscano tra i paesi del nostro studio, la persistenza della povertà non appare strettamente legata al livello di povertà infantile. Ad esempio, il Regno Unito ha un tasso di povertà infantile più alto (15,6%) della Germania (4,7%), ma non emergono fra questi due paesi differenze sostanziali nella persistenza della povertà. Ciò segnala che fattori diversi dai livelli di povertà infantile influenzano la probabilità di sfuggire alla povertà in età adulta. Negli Stati Uniti, il tasso di povertà infantile è il più alto (18,6%), e la sua persistenza in età adulta è molto più pronunciata di quanto si osserva negli altri paesi.
La nostra analisi mostra anche che, in tutti i paesi. l’occupazione è il mediatore più significativo della povertà intergenerazionale. Avere un lavoro a tempo pieno è fortemente associato a tassi di povertà più bassi in età adulta, anche per coloro che sono cresciuti in povertà. Anche l’istruzione svolge un ruolo di riduzione della persistenza della povertà. Il ruolo dell’istruzione come fattore di mitigazione della correlazione fra povertà infantile e in età adulta appare comunque minore di quanto si osserva più in generale rispetto alla mobilità intergenerazionale di reddito. Anche la struttura familiare da adulti (essere sposati o convivere con un partner con alta istruzione) contribuisce a ridurre la persistenza della povertà. L’importanza della struttura familiare differisce però fra i paesi.
Dal nostro studio gli Stati Uniti emergono, dunque, come un modello anomalo. Come accennato, quel paese si distingue non solo per la debolezza del suo sistema fiscale e di trasferimenti, ma anche per l’ampia penalizzazione residua della povertà, ovvero la parte della relazione fra povertà da giovani e da adulti che resta non spiegata dopo aver tenuto conto del contesto familiare, dei mediatori, delle tasse e dei trasferimenti. Per individuare i meccanismi che determinano questo residuo, abbiamo introdotto nell’analisi ulteriori fattori come la salute, la ricchezza, l’appartenenza a sindacati e l’essere stati in carcere. Tuttavia, anche tenendo conto di queste variabili la correlazione residua fra povertà da giovani e da adulti si riduce solo marginalmente. Ciò suggerisce che le conseguenze della povertà infantile negli Stati Uniti sono particolarmente gravi e operano attraverso meccanismi difficilmente osservabili e che il nostro studio non ha potuto cogliere appieno.
Abbiamo anche valutato se gli effetti di vicinato o la discriminazione razziale possano spiegare l’alto tasso di persistenza della povertà negli Stati Uniti. Mentre i neri americani sperimentano livelli più elevati di povertà infantile, la persistenza della povertà è simile per i neri e i bianchi americani. Allo stesso modo, le differenze fra contee statunitensi nella mobilità di reddito rilevate da altri studi non spiegano completamente l’elevata persistenza della povertà negli Stati Uniti. Anche nelle contee ad alta mobilità di reddito, la persistenza intergenerazionale della povertà rimane più alta che negli altri quattro paesi considerati nel nostro studio.
Le implicazioni di policy dei nostri risultati appaiono rilevanti, soprattutto per gli Stati Uniti. Ridurre la persistenza della povertà negli Stati Uniti richiede infatti il rafforzamento della rete di sicurezza sociale. Secondo le nostre stime, se gli Stati Uniti adottassero il sistema fiscale e di trasferimenti del Regno Unito, il tasso di persistenza della povertà in quel paese si ridurrebbe di oltre un terzo, da 0,43 a 0,28. Ciò mitigherebbe significativamente la trasmissione intergenerazionale della povertà e avvicinerebbe gli Stati Uniti a paesi come l’Australia e il Regno Unito.
Tuttavia, i nostri risultati suggeriscono anche che concentrarsi esclusivamente sui trasferimenti di reddito è insufficiente. Sebbene uno Stato sociale più forte contribuisca a ridurre la persistenza della povertà, l’ampia penalizzazione della povertà residua negli Stati Uniti indica che altri fattori, come l’accesso all’assistenza sanitaria, a un’istruzione di qualità e a un’abitazione stabile, svolgono un ruolo cruciale nel modellare la trasmissione intergenerazionale della povertà. Per ridurre efficacemente la persistenza della povertà, i politici devono adottare una strategia ad ampio raggio che tenga conto di tutte le sfide che le famiglie a basso reddito devono affrontare.