L’Agenda per la politica di coesione del post 2013

1.  Una politica place-based

In pieno svolgimento della politica di coesione 2007-2013, ad aprile di quest’anno[1], è stato presentato dalla Commissione europea il rapporto indipendente (più noto come Rapporto Barca[2]) sull’efficacia della politica di coesione (realizzato sulla base dell’esperienza dei precedenti periodi di programmazione, specie su quello ultimo del 2000-2006) e contenente una proposta di riforma per il periodo post 2013.

Il Rapporto parte da alcuni presupposti di base, su cui orientare un’azione di riforma della politica di coesione:

A.   c’è una evidenza molto forte, radicata nella teoria economia e nell’interpretazione politica dell’attuale processo di unificazione europea, che supporta l’azione dell’Unione ad allocare un’ampia quota del suo budget per la creazione di beni pubblici, secondo una strategia di sviluppo place-based (orientata a luoghi specifici), indirizzata a conseguire sia obiettivi economici che sociali;

B.   la politica di coesione fornisce le basi appropriate per implementare questa strategia, ma una riforma complessiva è necessaria per affrontare le sfide attuali;

C.   la riforma richiede l’adozione e la condivisione di un concetto forte di policy, una concentrazione su priorità di intervento, cambiamenti chiave nella governance, un nuovo compromesso politico ad alto livello ed un aggiustamento appropriato del processo di negoziazione del budget comunitario;

D.   gli attuali eventi economici e politici hanno accresciuto l’urgenza per dei cambiamenti: per cui, alcune delle proposte di riforma possono e dovrebbero essere anticipate nel presente periodo di programmazione 2007-2013.

 

“Il modello di policy è il punto di partenza per ogni cambiamento”, si sostiene nel Rapporto. Senza una discussione iniziale sulla comprensione della razionalità di una policy di sviluppo place-based, non ci possono essere significativi dibattiti sulla riforma. In particolare, nel Rapporto una policy place-based viene interpretata come una strategia di lungo termine finalizzata ad affrontare persistenti sottoutilizzazioni di risorse potenziali e ridurre fenomeni persistenti di esclusione sociale in luoghi specifici attraverso interventi esterni ed una governance multilivello. Questa strategia promuove l’offerta di beni e servizi integrati adatti ai contesti e sospinge cambiamenti istituzionali. L’intervento pubblico si fonda sulla conoscenza locale ed è verificabile e sottoposto a valutazione, e tiene conto delle connessioni tra luoghi differenti.

 

Il Rapporto ritiene che questa strategia è superiore rispetto a strategie alternative, che non rendono esplicito e cogente il rapporto con l’elemento territoriale, falliscono ad integrare servizi, ed assumono che lo Stato è detentore di tutta la conoscenza o dipende dalla scelta e dalla guida di pochi attori privati. Le lezioni derivanti dalla recente crisi rafforzano questo argomento.

2. Più efficacia della policy

Il Rapporto afferma i forti limiti di evidenza quantitativa disponibile sulla performance della politica di coesione. Gli studi econometrici finora realizzati, basati su dati macro sulla crescita e sui trasferimenti, mentre forniscono indicazioni specifiche, non forniscono alcuna generale risposta conclusiva sull’efficacia della policy. Questo è dovuto parzialmente ai problemi seri incontrati da ogni tentativo di isolare ad un livello macro gli effetti della politica di coesione da quelli di altri fattori, e parzialmente al fatto che gli studi esistenti hanno ampiamente analizzato l’effetto sulla convergenza, che non è una buona proxy degli obiettivi di policy.

Per maggiore chiarezza, inoltre, occorre esplicitare la distinzione tra interventi di policy finalizzati ad aumentare il reddito ed alla crescita (obiettivi di “efficienza” nella terminologia del Rapporto) e quelli orientati a ridurre le diseguaglianze (obiettivi di “inclusione sociale”).

Vi è anche una carenza di qualsiasi tentativo sistematico – a livello di UE e nazionale/regionale – di valutare se specifici interventi “funzionano”, attraverso l’uso di metodi avanzati di valutazione d’impatto, ed un poverissimo uso del sistema di indicatori di risultato e target.

Nonostante questi importanti limiti, l’evidenza quantitativa disponibile ed un ampio corpo di evidenza qualitativa portano a due conclusioni sull’attuale architettura della politica di coesione. Primo, la politica di coesione rappresenta la base più appropriata per implementare una strategia di sviluppo place-based sul territorio dell’UE. Secondo, la politica di coesione deve comunque essere sottoposta ad una riforma complessiva, per poter affrontare le sfide cui l’UE si trova di fronte.

3. Dieci pilastri per una nuova governance

Il Rapporto individua una riforma della governance della politica di coesione basata su 10 pilastri:

 

1.     Una concentrazione innovativa sulle priorità fondamentali ed una cauta allocazione territoriale delle risorse

Il Rapporto individua una concentrazione del 55-65% dei fondi su 3-4 priorità fondamentali, con la quota che varia tra Stati membri e Regioni secondo i bisogni e le strategie, e comunque mantenendo l’attuale criterio di allocazione territoriale dei fondi, tra Regioni arretrate e non, e per la “cooperazione territoriale”.

La scelta delle priorità dovrebbe risultare da un dibattito politico ad alto livello, ma il Rapporto avanza già sei possibili obiettivi d’intervento: innovazione e cambiamenti climatici, con ampi obiettivi economici (“efficienza”); migrazioni ed infanzia, con un obiettivo preminentemente sociale (“inclusione sociale”) e skills ed invecchiamento demografico.

2.     Una nuova struttura strategica per la politica di coesione

Deve essere accresciuto il dialogo strategico tra la Commissione e gli Stati membri (Regioni), e basato su una Struttura Strategica di Sviluppo Europea, che individui le maggiori innovazioni di policy, ben delineati principi per le priorità ed un set di indicatori per valutare le performances.

3.     Una nuova relazione contrattuale, implementazione e reporting orientati ai risultati

Bisogna realizzare un nuovo tipo di accordo contrattuale (un Contratto Nazionale di Sviluppo Strategico) tra la Commissione e gli Stati membri, basato sui punti discussi sopra e focalizzato sulle performances e sui requisiti istituzionali per l’intervento, che copra tutte le risorse della politica di coesione e che specifichi obblighi verificabili, affiancato dalla preparazione di una Valutazione di Implementazione (dove richiesto) da parte della Commissione e di un Rapporto Strategico sui Risultati da parte degli Stati membri annualmente, a partire dal terzo anno.

4.     Una governance rafforzata per le priorità fondamentali

Necessita la fissazione di un set di condizionalità ex-ante da parte della Commissione sulle autorità istituzionali di ogni Stato membro, richiesta per perseguire le priorità fondamentali, ed un sistema per valutare i progressi nel rispetto dei targets.

5.     Promuovere spesa addizionale, innovativa e flessibile

Occorre un rafforzamento del principio di addizionalità attraverso il legame con il Patto di Stabilità e Crescita, ed un obbligo contrattuale sull’uso della policy atta a creare valore aggiunto, finalità per cui essa nasce ed opera, accompagnata da una valutazione. Inoltre va considerata l’opzione di implementare la regola della flessibilità della spesa sull’intero territorio piuttosto che a livello di programma.

6.     Promuovere la sperimentazione e mobilitare gli attori locali

Bisogna sviluppare un migliore bilanciamento tra il creare un incentivo per gli agenti locali a rischiare ed investire ed il prevenire che la policy sia “catturata” dai gruppi di interesse locali, attraverso una spinta alle sperimentazioni e ad un ruolo diretto della Commissione, basato sulla creazione di un piccolo fondo per azioni territoriali innovative e sul coinvolgimento di competenze internazionali sul livello locale.

7.    Promuovere il processo di apprendimento: un’azione verso la prospettiva della valutazione d’impatto

Vanno incoraggiati il disegno e l’implementazione di metodi controfattuali per valutare l’impatto degli interventi di policy e migliorare la comprensione di cosa funziona. Ciò richiede che la valutazione venga disegnata insieme all’intervento e per tale via avere poi un effetto disciplinante, focalizzando l’attenzione sugli obiettivi e sui criteri per la selezione dei beneficiari.

8.     Rifocalizzare e rafforzare il ruolo della Commissione come centro di competenza

Occorrono un significativo investimento in risorse umane e cambi organizzativi nei Direttorati Generali della Commissione che hanno totale responsabilità per la politica di coesione, unitamente ad un maggiore investimento nel miglioramento del coordinamento tra i Direttorati in carica per la politica di coesione.

9.     Affrontare le questioni del management finanziario e del controllo

La considerazione dei recenti cambiamenti introdotti in quest’area, e di ulteriori misure che potrebbero essere prese sulla base del dibattito corrente, consentiranno una maggiore efficienza, liberando maggiori risorse per investimenti aggiuntivi in risorse umane.

10. Rafforzare i checks and balances del sistema politico di alto livello

Bisogna puntare su un migliore dibattito politico di alto livello, che sia supportato dalle nuove informazioni disponibili sulla performance della politica di coesione, unitamente ad un rinnovato sistema di controlli ed equilibri (checks and balances) tra la Commissione, il Parlamento Europeo ed il Consiglio, e rafforzato dalla creazione di un “Consiglio formale per la politica di coesione”, che valuti decisioni e risultati e che rilasci raccomandazioni.

L’implementazione di questa riforma, sostiene il Rapporto, richiede un forte compromesso politico, che dovrà avere luogo già nel 2010. Ciò richiede inoltre che alcuni cambiamenti siano anticipati nel programma del periodo corrente e che la struttura del budget per la negoziazione sulla politica di coesione consenta simultanei accordi sulle risorse, la governance e gli obiettivi.

4. Conclusioni

Una valutazione dell’evoluzione della governance della politica di coesione, a partire dalla riforma del 1988, suggerisce che alcune debolezze sono il risultato di tentativi di limitare l’estensione della discrezione della Commissione sui fondi. Le “condizionalità” che governano i finanziamenti comunitari agli Stati membri ed alle Regioni – su monitoraggio e reporting, valutazione, performance ed altri requisiti istituzionali – sono stati spesso trasformati in “prescrizioni omogenee” soggette ad essere bypassate o giocate al ribasso da parte degli Stati membri. Questo, viene affermato nel Rapporto, rappresenta un errore.

Alcuni principi generali devono essere accordati a livello di UE, mentre gli Stati membri e le Regioni dovrebbero essere liberi di proporre come essi intendono applicare questi principi nell’implementazione della policy. La Commissione dovrebbe avere discrezionalità nel poter essere in disaccordo.

La condizionalità risultante da questa “negoziazione” dovrebbe essere incorporata nel contratto con il quale gli Stati membri e le Regioni hanno il diritto ad usare i fondi. L’attuale piano, in contrasto, rende possibili solo prescrizioni generali, che risultano essere, allo stesso tempo, ingombranti per gli Stati membri e le Regioni ed inefficaci nell’assicurare buone performances.

La struttura dell’attuale processo di negoziazione del budget, secondo il quale la governance e gli obiettivi della politica di coesione vengono decisi dopo che l’ammontare dei fondi e la loro allocazione sono stati accordati, ha contribuito grandemente a questa situazione.

L’attuale sequenza di eventi tende a disconnettere la discussione sui bilanci finanziari dalla discussione sull’uso dei fondi, dando agli Stati membri ed alle Regioni, così come anche al Parlamento Europeo, poco spazio per dibattere degli obiettivi di policy. Inoltre, problemi metodologici ed operativi hanno impedito sia un appropriato uso di indicatori e targets – per cui nessuna informazione comparativa è disponibile – che una soddisfacente analisi di “cosa funziona” in termini di impatto della policy, sottorappresentando notevolmente il dibattito politico e tecnico sui risultati in termini di benessere delle persone, sia a livello locale che di UE, mentre la maggior parte dell’attenzione si è concentrata piuttosto sull’assorbimento finanziario e sulle irregolarità. Questo contribuisce a far si che, una volta che il confronto finanziario è terminato, l’interesse del decision maker centrale negli Stati membri si affievolisce.

E’ evidente che il consenso politico e culturale decrescente sulla politica di coesione, manifestatosi nell’ultima decade, è stato influenzato dalla “compiacenza intellettuale” sul ruolo dei mercati. Tuttavia, è anche chiaro che, importanti problemi interni – legati alla debolezza del concetto di policy ed alla identificazione dei suoi obiettivi, difetti nella governance ed un serio fallimento in termini di capacità di focalizzazione sui risultati – impediscono la conduzione della politica di coesione.

Si conclude, affermando e rimarcando che, al fine di rilanciare la politica di coesione, in prospettiva per il post 2013 – ma già alcuni cambiamenti sono richiesti nel ciclo in corso 2007-2013 – sono pertanto necessari alcuni cambiamenti strategici fondamentali, tra cui principalmente l’adozione di un concetto di policy “forte” ed una riforma delle priorità e della governance. Viene richiesto inoltre un nuovo compromesso politico capace di dare al Parlamento Europeo, al Consiglio ed alla Commissione la determinazione ed il potere necessari ad approvare la riforma richiesta, ed agli Stati membri l’incentivo ad adottarla.


[1] Il Rapporto è stato presentato dalla Commissione Europea il 27 Aprile 2009.

[2] Il Rapporto è stato coordinato da Fabrizio Barca, il quale è attualmente dirigente generale presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ed ha guidato per diversi anni il Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e Coesione.

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