ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 182/2022

14 Novembre 2022

L’approvazione dell’Assegno Unico e Universale per i figli: attori e snodi

Ilaria Madama e Eugenia Mercuri ragionano sull’Assegno Unico e Universale per i Figli, la prima misura a carattere universalistico nella storia delle politiche per le famiglie italiane, e sostengono che la sua approvazione, trasversale a tutte le forze politiche in campo, è stata possibile grazie a un “accordo ambiguo” in cui i diversi schieramenti hanno sostenuto la misura da posizioni diverse: pro-nataliste a destra, per la riduzione delle disuguaglianze a sinistra.

L’Assegno Unico e Universale per i Figli (AUUF), entrato in vigore il 1° marzo 2022 con possibilità di presentare domanda da gennaio 2022, è la prima misura contenuta nel Family Act a essere attuata. Esso rappresenta un’importante innovazione nel campo delle politiche per le famiglie in Italia e anche per questo appare utile e interessante esaminare l’iter che ha portato alla sua approvazione. È questo il principale obiettivo di queste note, dopo una breve descrizione delle principali caratteristiche dello strumento e le aspettative sui suoi effetti. 

Obiettivo dell’AUUF, fin dalla sua prima definizione, è razionalizzare e ridurre la storica frammentazione degli interventi a sostegno del costo economico dei figli: la situazione previgente, infatti, era costituita da una costellazione di misure coesistenti, la maggioranza delle quali sottoposte a prova dei mezzi e di impianto categoriale (Assegno al nucleo familiare, Assegno ai nuclei con almeno 3 figli minori, Assegno di natalità o “Bonus bebè”, Assegni di maternità dello Stato e dei comuni, Bonus asilo nido), con la sola eccezione del Premio alla nascita o “Bonus mamma domani”, universale ma lump sum. Tutte questi trasferimenti diretti, escluso il Bonus asilo nido, e le detrazioni fiscali per figli a carico vengono assorbite e sostituite dall’AUUF, che diventa dunque il primo strumento a carattere universalistico nella storia delle politiche per le famiglie in Italia. Nelle intenzioni dei legislatori, l’AUUF è inoltre chiamato a contribuire a diverse finalità, da quella redistributiva, in relazione al contrasto delle disuguaglianze e in particolare della povertà minorile, a quella demografica, come incentivo alla natalità nel quadro di una più ampia riforma sistemica delle politiche di conciliazione fra famiglia e lavoro. 

L’AUUF è destinato a tutte le famiglie con figli a carico, ha finanziamento fiscale e viene corrisposto mensilmente per ogni figlio dal settimo mese di gravidanza fino al compimento del diciottesimo anno di età, con importi inferiori per ogni figlio a carico maggiorenne fino al ventunesimo anno di età. Il beneficio prevede inoltre alcune maggiorazioni, nello specifico: per figli disabili anche di età superiore ai 21 anni; per nuclei familiari con 3 o più figli e con 4 o più figli (in questo caso si tratta di un importo forfettario); per madri under 21 e per nuclei con due percettori di reddito. Infine, l’AUUF è compatibile con il Reddito di Cittadinanza, i percettori del quale ricevono l’assegno in sostituzione della quota di RdC legata ai figli a carico.

Per quello che riguarda gli effetti attesi, nel corso dell’iter di approvazione della legge sono state prodotte diverse stime degli effetti distributivi dell’AUUF nelle varie versioni che sono state proposte della riforma, fino al testo approvato. Tali stime, seppure effettuate con metodi e modelli di simulazione differenti, giungono a simili conclusioni: oltre ai vantaggi previsti per i lavoratori autonomi, i disoccupati e gli incapienti, esclusi dalle misure previgenti, un assegno progressivo rappresenterebbe un miglioramento per la maggioranza dei nuclei con figli minori e porterebbe a una riduzione dell’indice di disuguaglianza di Gini e del rischio di povertà delle famiglie e dei minori. Allo stesso tempo, però, una parte di famiglie – in particolare quelle di lavoratori dipendenti con figli maggiorenni a carico, percettori di ANF, che si collocano nelle posizioni medio-basse della distribuzione delle fasce ISEE – vedrebbero decurtato il proprio reddito disponibile, nonostante la prevista clausola di salvaguardia. 

Nei primi mesi del 2022 l’avvio della misura è stato accolto positivamente per via del suo carattere di universalità e come primo passo verso una riforma strutturale delle politiche per le famiglie, anche se sono state messe in evidenza le criticità legate ai nuclei svantaggiati dalla riforma – per quanto poco numerosi– e i dubbi effetti su natalità e occupazione femminile (Biagetti et al. 2022Saraceno 2022).

In merito agli effetti distributivi della riforma, alcune analisi hanno messo in luce che oltre a raggiungere nuclei esclusi dalle misure previgenti, la misura comporterebbe un incremento medio del reddito familiare di circa il 3% per il 77% circa dei figli interessati; inoltre, più della metà delle risorse complessive sarebbe allocata ai nuclei con due figli (UPB 2022). Risulta anche che il beneficio medio più elevato si avrebbe nelle famiglie con più di tre figli mentre quello più contenuto si registrerebbe nelle famiglie con un solo figlio (il 34,4% del totale) e nei nuclei con patrimonio rilevante ai fini ISEE. Dal punto di vista della progressività, la stima prodotta dal Dipartimento delle Finanze (De Rosa et al. 2022) evidenzia come il décalage dell’importo, previsto dalla misura, permetterebbe comunque ai redditi medio-alti di conservare un beneficio, a differenza del precedente Assegno al Nucleo Familiare (ANF, che era basato sul reddito familiare e non sull’ISEE). Considerato insieme alla riforma dell’Irpef, l’AUUF è destinato a portare un beneficio medio elevato– dell’11,6% del reddito lordo circa– per il primo decimo di reddito equivalente, per ridursi in maniera graduale nei decimi successivi in virtù della sua progressività. Quindi, si ridurrebbero significativamente le disuguaglianze di reddito disponibile tra le famiglie: l’indice di Gini si ridurrebbe dell’1,65% e l’effetto redistributivo sarebbe maggiore nelle regioni del Sud.

Il processo che ha portato all’approvazione dell’AUUF ha avuto luogo nel periodo della pandemia e, quindi, di crescenti difficoltà a conciliare lavoro e famiglia. A tali difficoltà si è tentato inizialmente di dare risposta con misure transitorie di dubbia efficacia. L’approvazione dell’AUUF rappresenta un esito interessante sotto il profilo di policy, per la sua portata path-shifting rispetto alla struttura di politica pubblica esistente; ma esso rappresenta anche un puzzle interpretativo, in ragione del consenso trasversale che ne ha segnato l’approvazione. Le politiche per le famiglie, infatti, più di altre politiche, hanno la caratteristica di incorporare visioni normative e frame interpretativi impliciti, in relazione alle rappresentazioni dei ruoli di genere all’interno della famiglia e della forma delle solidarietà fra le generazioni. Si tratta, dunque, di questioni che si prestano a generare conflitti divisivi fra forze politiche che hanno posizioni e preferenze differenti su questi temi, come dimostra la storia del nostro paese. 

La ricostruzione dell’iter di approvazione dell’AUUF, fatta attraverso un’analisi documentale di tutti i resoconti delle discussioni parlamentari, in Commissione e in Assemblea, alla Camera e al Senato, delle proposte di legge e dei decreti legislativi relativi all’AUUF della XVII legislatura, ci permette di avanzare alcune riflessioni intorno agli attori politici coinvolti e agli snodi cruciali del processo di policy making.

L’AUUF ha avuto origine nel disegno di legge proposto da Graziano Delrio, deputato del PD, nel giugno 2018; poco tempo dopo, nell’autunno 2019, altre due proposte di assegno universale per i figli sono state depositate dallo schieramento di centrodestra, una a firma Gelmini (all’epoca in Forza Italia) e l’altra presentata da Alessandra Locatelli della Lega (già Ministra della disabilità e famiglia nel governo Conte I). Queste tre proposte, in parte simili in parte differenti, contengono già alcuni dei punti che, nell’iter di discussione e approvazione della misura, hanno rappresentato snodi cruciali. Se, infatti, tutte le proposte di legge convergono sull’obiettivo principale dell’assegno, ossia il sostegno alla natalità, la proposta Delrio prevedeva una progressività per la quale gli importi erano destinati ad azzerarsi per redditi superiori ai 100.000€, mentre secondo quelle delle due esponenti del centrodestra la misura avrebbe dovuto avere un importo flat e il limite di azzeramento era fissato a 70.000€ di ISEE nella proposta Gelmini e a 95.000€ in quella Locatelli. 

Queste tre proposte iniziali rispecchiano i posizionamenti dei principali partiti, così come sono emerse anche nelle discussioni in Commissione. La proposta del PD si pone esplicitamente l’obiettivo di contrastare la denatalità, ma vorrebbe anche favorire la redistribuzione delle risorse fra le famiglie in senso verticale. Infatti, si intendeva affermare un principio di universalità ma anche di progressività degli importi, modulati sulla base – originariamente – del reddito più alto all’interno del nucleo familiare. Le proposte dei due partiti di destra, invece, pur condividendo convintamente l’obiettivo di sostenere la natalità, mostrano una diversa concezione dell’equità verticale in quanto, all’interno di un impianto universalistico, suggeriscono che l’assegno sia in somma fissa e non decrescente con il reddito, sulla base dell’argomento che questa progressività sarebbe penalizzante per il ceto medio.

Le discussioni nelle commissioni parlamentari e nelle sedute assembleari che si sono succedute nei tre anni trascorsi dalla proposta Delrio alla promulgazione del decreto legislativo 230/2021, con il quale l’AUUF entra in vigore, si sono sviluppate lungo due direttrici: quella della finalità principale della misura, e quella delle sue caratteristiche strutturali.Sull’asse delle finalità generali le posizioni sono apparse fin da subito profondamente eterogenee, con i partiti di centro-destra e di destra che hanno insistito in particolare sull’effetto pro-natalità della riforma, anche in ottica sciovinista, mentre i partiti di centro-sinistra si sono mostrati più interessati alla progressività degli importi e quindi agli effetti redistributivi. Nonostante queste divergenze, la misura ha ricevuto un appoggio trasversale da tutti gli schieramenti e ciò è avvenuto in parte per il generale favore al rafforzamento del sostegno alle famiglie con figli e in parte perché, come in un “accordo ambiguo”, gli attori hanno sostenuto la riforma sulla base di obiettivi e valori diversi.

In conclusione, va ricordato che l’analisi del dibattito parlamentare ha altresì permesso di cogliere come la riforma sia stata in ogni caso interpretata da tutte le forze in campo come il primo tassello di una riforma che deve necessariamente essere più ampia e dare sostegno alle famiglie anche in altri ambiti. In questa prospettiva, la questione dei congedi e quella dei servizi dell’infanzia, entrambe imprescindibili per modernizzare il modello italiano, possono facilmente generare conflitti più aspri in termini di posizioni valoriali. E su di esse potrebbe rivelarsi molto difficile trovare un accordo, seppur ambiguo. 

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