Menabò n. 221/2024

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Un nuovo modo di guardare al liberalismo

Elena Granaglia discute l’importanza del libro recente di M. Walzer, Che cosa significa essere liberali, che rileva un contributo trascurato, ma potente del liberalismo: quello di qualificare le diverse politiche sostantive che ciascuno e ciascuna può detenere. L’innovazione, in altri termini, è intendere il liberalismo, in una declinazione aggettivata, anziché come teoria compiuta. Avremo così un socialismo liberale, un femminismo liberale, un multiculturalismo liberale e si potrebbe tenere meglio conto dell’uguaglianza morale, della libertà e della complessità dell’azione collettiva.
Elena Granaglia discute l’importanza del libro recente di M. Walzer, Che cosa significa essere liberali, che rileva un contributo trascurato, ma potente del liberalismo: quello di qualificare le diverse politiche sostantive che ciascuno e ciascuna può detenere. L’innovazione, in altri termini, è intendere il liberalismo, in una declinazione aggettivata, anziché come teoria compiuta. Avremo così un socialismo liberale, un femminismo liberale, un multiculturalismo liberale e si potrebbe tenere meglio conto dell’uguaglianza morale, della libertà e della complessità dell’azione collettiva.
Pompeo Della Posta sostiene che la tesi contenuta nel recente rapporto di Enrico Letta sulla competitività in Unione Europea secondo cui occorre ‘protezione’ e non ‘protezionismo’ per l’UE, rischia di alimentare la contrapposizione fra blocchi. Secondo Della Posta sarebbe preferibile riconoscere i limiti della ricetta neoliberista seguita fino a poco tempo fa e perseguire una globalizzazione ‘illuminata’, praticando un protezionismo non unilaterale, concertato con i partner dell’Unione Europea attraverso un dialogo aperto.
Pompeo Della Posta sostiene che la tesi contenuta nel recente rapporto di Enrico Letta sulla competitività in Unione Europea secondo cui occorre ‘protezione’ e non ‘protezionismo’ per l’UE, rischia di alimentare la contrapposizione fra blocchi. Secondo Della Posta sarebbe preferibile riconoscere i limiti della ricetta neoliberista seguita fino a poco tempo fa e perseguire una globalizzazione ‘illuminata’, praticando un protezionismo non unilaterale, concertato con i partner dell’Unione Europea attraverso un dialogo aperto.
Peter Bofinger con riferimento alle recenti, ripetute prese di posizione a favore di una maggiore integrazione finanziaria all’interno dell’Unione Europea sostiene che il grado di integrazione già raggiunto è elevato e che non ci si possono attendere grandi risultati da un’eventuale ulteriore integrazione. Ad avviso di Bofinger il problema principale è la frammentazione a livello nazionale del mercato dei titoli di stato che segna uno svantaggio rispetto agli Stati Uniti ed è su questo che bisognerebbe intervenire.
Peter Bofinger con riferimento alle recenti, ripetute prese di posizione a favore di una maggiore integrazione finanziaria all’interno dell’Unione Europea sostiene che il grado di integrazione già raggiunto è elevato e che non ci si possono attendere grandi risultati da un’eventuale ulteriore integrazione. Ad avviso di Bofinger il problema principale è la frammentazione a livello nazionale del mercato dei titoli di stato che segna uno svantaggio rispetto agli Stati Uniti ed è su questo che bisognerebbe intervenire.
Valerio Leone Sciabolazza ragiona sull'apparente discrepanza fra il valore dei benefici che si possono ottenere dal sistema politico ed le spese limitate sostenute per influenzarlo e richiama l’attenzione sulle risorse, diverse dai contributi elettorali, che i donatori possono mettere a disposizione dei politici, quali, ad esempio, le connessioni sociali, i consigli strategici, e la visibilità mediatica. L’ipotesi è verificata esaminando cosa è accaduto nelle campagne elettorali degli Stati Uniti in seguito alla morte di un donatore.
Valerio Leone Sciabolazza ragiona sull'apparente discrepanza fra il valore dei benefici che si possono ottenere dal sistema politico ed le spese limitate sostenute per influenzarlo e richiama l’attenzione sulle risorse, diverse dai contributi elettorali, che i donatori possono mettere a disposizione dei politici, quali, ad esempio, le connessioni sociali, i consigli strategici, e la visibilità mediatica. L’ipotesi è verificata esaminando cosa è accaduto nelle campagne elettorali degli Stati Uniti in seguito alla morte di un donatore.

FOCUS

Nicola Caravaggio, Giuliano Resce e Agapito Emanuele Santangelo analizzano come i comuni italiani comunicano l'attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sui propri siti web. Utilizzando tecniche di web scraping, gli autori hanno monitorato le menzioni del PNRR tra il 2020 e il 2024, da cui emerge un aumento significativo nel 2024. Tuttavia, la comunicazione non è omogenea: esistono disparità tra Nord e Sud, con i comuni del Mezzogiorno che risultano meno attivi nella promozione del piano, per la diversa capacità amministrativa e di utilizzo e dei fondi.

FOCUS

Martina Carella e Paolo Carnazza esaminano il fenomeno della crescente partecipazione dei calciatori stranieri nei campionati europei focalizzandosi sul campionato italiano di serie A. Gli autori mettono in evidenza l’importanza dei vivai giovanili e sottolineano la necessità, in Italia, di seguire la filosofia delle principali scuole giovanili europee (in primis Olanda e Spagna) in base alla quale occorre formare al meglio i giovani talenti, perché siano pronti per l’esordio in prima squadra evitando di basarsi esclusivamente sul risultato finale.

FOCUS

Gaetano Proto confronta i dati pubblicati dall’Osservatorio INPS sull’Assegno di Inclusione (AdI) erogato a maggio 2024 con quelli sul Reddito di Cittadinanza (RdC) a regime (maggio 2023). Il confronto mostra che con la riforma è diminuito in modo sostanziale il numero dei nuclei e degli individui beneficiari ed è aumentato solo leggermente l’importo medio mensile. Tra le categorie di poveri tutelate dall’AdI, la condizione dei nuclei beneficiari con disabili migliora rispetto al RdC, mentre peggiora quella dei nuclei con minori.

CONTRAPPUNTI

Alessandro Arrighetti, Sergio De Nardis e Fabrizio Traù criticano la narrativa dominante secondo cui il settore manifatturiero sarebbe responsabile del declino dell’economia italiana, per la sua presunta incapacità strutturale di adattarsi ai cambiamenti tecnologici e organizzativi. Gli autori mostrano come l'interpretazione corrente si basi su erronei presupposti teorici e in particolare sull’idea che la crescita economica dipenda esclusivamente dall'aumento dell'efficienza allocativa delle risorse e dalla competitività di prezzo.

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