Permacultura, una cultura permanente sostenibile per il benessere dell’uomo

Francesca Della Giovampaola si occupa di permacultura, un sistema di progettazione di ecosistemi in equilibrio per soddisfare i bisogni dell’uomo. Dopo averne ricordato l’origine, Della Giovampaola illustra i principi etici su cui si basa la permacultura, fornisce informazioni sulla sua diffusione in Italia e nel mondo, e presenta alcuni esempi del metodo di lavoro di un permacultore. La sua conclusione è che l’utilizzo di questo metodo di progettazione consente di affrontare alcune delle crisi ambientali e sociali contemporanee.

Il concetto di permacultura venne elaborato in Tasmania negli anni ’70. La bellezza e ricchezza naturale dell’isola australiana furono d’ispirazione per Bill Mollison (docente presso l’Università della Tasmania di psicologia ambientale e bio-geografia) e per il suo allievo David Holmgren nell’elaborare le teorie di questa nuova disciplina. Il termine permacultura, in inglese “permaculture”, nasce dalla contrazione delle parole “permanent” e “agriculture”, ma anche “culture”, in quanto, specifica Mollison, «una cultura non può sopravvivere a lungo senza una base agricola sostenibile e un’etica dell’uso della terra ». In breve la permacultura è definita come un metodo di progettazione per la creazione di insediamenti umani sostenibili che ha lo scopo di creare sistemi ecologicamente ben strutturati ed economicamente produttivi, in grado di provvedere i propri fabbisogni, evitando ogni forma di sfruttamento e inquinamento e quindi sostenibili nel lungo periodo. Per elaborare una progettazione in permacultura sono necessarie numerose competenze tecniche, scientifiche e pratiche. Questa disciplina prende le distanze dalla scienza riduzionista a favore di un pensiero sistemico. «Il fondamento scientifico dei principi della progettazione in permacultura – scrive Holmgren – si trova nella moderna scienza dell’ecologia e, più in particolare, in quella branca dell’ecologia che si chiama ecologia dei sistemi».

La permacultura si basa su tre principi etici semplici da definire, ma complessi per la loro applicazione. Bill Mollison li riassume così: cura della terra, cura delle persone e investimento di tempo, denaro e materiali in eccedenza per realizzare i primi due obiettivi. David Holmgren, nella sua elaborazione della permacultura, specifica in modo diverso l’ultima delle tre etiche includendo il tema della decrescita. Per lui la terza etica consiste nello stabilire limiti al consumo e alla riproduzione e ridistribuire il surplus. Le tre etiche guidano l’elaborazione della teoria sulla permacultura e le fasi di realizzazione della sua applicazione pratica. «Espandendoli ulteriormente – scrive David Holmgren – i principi sono applicabili anche alla riorganizzazione della nostra vita in senso personale, economico, sociale e politico».

Dopo aver definito le etiche, gli ideatori della permacultura, hanno individuato i metodi da seguire per renderle concrete. Le elaborazioni teoriche che si sono susseguite nel tempo hanno portato alla definizioni di dodici principi, che Holmgren ha sintetizzato in altrettanti semplici consigli. Ogni progetto in permacultura parte dall’applicazione del primo principio che afferma “osserva e interagisci”. L’organizzazione del sistema prosegue tenendo in considerazione le altre undici asserzioni: raccogli e conserva energia, assicurati un raccolto, applica l’autoregolazione e accetta il feedback, usa e valorizza risorse e servizi rinnovabili, evita di produrre rifiuti, progetta dal modello al dettaglio, integra invece di separare, piccolo e lento è bello, usa e valorizza la diversità, usa e valorizza il margine e, infine, reagisci ai cambiamenti e usali in modo creativo. A ciascuna di queste locuzioni si legano approfondite analisi e ogni principio si applica utilizzando le conoscenze acquisite nei diversi ambiti del sapere. Alle moderne competenze scientifiche e tecnologiche la permacultura raccomanda di affiancare la saggezza dei metodi di coltivazione tradizionale e persino le conoscenze delle culture tribali indigene.

La spiegazione di ciascun principio richiederebbe numerose pagine. In questo articolo, ci soffermiamo su alcune implicazioni, utili per capire il metodo di lavoro del permacultore. L’osservazione della natura e la valutazione dei feedback costituiscono le basi di questo metodo. Nessun progetto può essere replicato in più luoghi diversi, in quanto le scelte migliori possono derivare soltanto da un’attenta osservazione delle peculiarità di ciascuna situazione. Una volta analizzato il contesto e intraprese le azioni, il progetto non si considera mai completato in quanto, solo in base alle risposte (i feedback) fornite dai diversi elementi in gioco, si potrà valutare la correttezza delle scelte. Ad ogni feedback corrisponde un aggiustamento del disegno di partenza, perciò in permacultura il processo di progettazione viene rappresentato con una figura circolare. Si parte dall’osservazione pura e semplice, per proseguire con l’analisi e la riflessione, successivamente si elabora il progetto e si passa all’azione. All’intervento segue una nuova fase di osservazione e il percorso si ripete all’infinito.

Il progetto del permacultore tiene conto delle energie del sistema. Vanno considerate tutte le energie disponibili, come il sole, il vento, l’acqua e il lavoro dell’uomo. Una buona progettazione dovrebbe consentire il massimo sfruttamento di quelle rinnovabili, in modo da risparmiare fatica all’uomo e ridurre al minimo, e progressivamente a zero, l’utilizzo delle risorse fossili non rinnovabili. Prendiamo ad esempio l’acqua, risorsa fondamentale per l’esistenza stessa della vita. Nella progettazione in permacultura si considerano tutte le forme in cui l’acqua è presente nell’ambiente di riferimento, dall’umidità notturna, fino agli scarichi delle abitazioni. Lo scopo è utilizzarla completamente, senza spreco di energia. Quindi non solo l’acqua dovrà essere inclusa in un ciclo che la valorizzi ad ogni passaggio, ma tale ciclo dovrà compiersi, il più possibile, seguendo in naturale movimento dell’acqua, senza utilizzare ad esempio pompe a motore che implichino il consumo di altre forme di energia. La permacultura parte proprio dal presupposto che lo sviluppo e l’arricchimento dell’umanità (o di parte di essa) dipendano dallo sfruttamento del petrolio, risorsa in esaurimento. Per non assistere al peggioramento delle condizioni di vita di gran parte delle persone, propone di progettare insediamenti che soddisfino i bisogni dell’uomo anche in assenza di energie fossili.

La permacultura, nata in ambito universitario, si è diffusa nel corso di oltre quarant’anni in tutto il mondo. Numerose le esperienze portate avanti nei cinque continenti, di cui sono disponibili varie mappe. In molte università i metodi della permacultura costituiscono materia di insegnamento. Ma il principale canale con il quale le conoscenze di base della permacultura si sono diffuse restano i corsi, chiamati PDC (Permaculture Design Certificate Course), codificati dallo stesso Bill Mollison nel 1984, della durata minima di 72 ore, spesso concentrate in due settimane intensive di lezioni ed esperienze pratiche. La frequenza di uno di questi corsi è il prerequisito indispensabile per avviare il percorso di “apprendimento attivo” al termine del quale si può acquisire la qualifica, riconosciuta legalmente solo in alcuni Paesi, di Progettista in Permacultura. In Italia esistono due organizzazioni riconosciute a livello internazionale che organizzano corsi e formano nuovi progettisti: l’Accademia Italiana di Permacultura e l’Istituto Italiano di Permacultura. Da alcuni anni a Bolsena, comune laziale affacciato sull’omonimo lago, nel mese di settembre si svolge il Festival di Permacultura, che fa incontrare le diverse realtà italiane e offre una vetrina per far conoscere le applicazioni di questo sistema di progettazione. Nel 2016 a Bolsena si è tenuta la Convergenza Europea di Permacultura (EUPC), evento organizzato ogni due anni in un Paese del vecchio continente e che, per la prima volta, ha avuto sede in Italia. Esperti di permacultura e materie correlate di tutta Europa vi hanno condiviso saperi, esperienze e progetti.

Di fronte alle emergenze del pianeta, dal riscaldamento climatico all’esaurimento delle risorse petrolifere, dalla progressiva desertificazione ai danni provocati all’ambiente da agricoltura e allevamento intensivi, dall’esplosione demografica alla crisi economica, la permacultura offre diversi spunti di riflessione e soluzioni pratiche per affrontare i cambiamenti. Oltre alle tecniche da applicare nella coltivazione, nell’allevamento e nella costruzione, i permacultori prestano attenzione agli altri elementi che contribuiscono alla buona riuscita dei progetti. Il più importante dei quali sono tutte le persone a vario titolo coinvolte. Per questo vengono esplorate le potenzialità della comunicazione e processi decisionali che siano il più inclusivi possibile. Una delle regole non scritte della permacultura è “nessuno escluso”. Anche l’individuo isolato che si oppone al progetto, va ascoltato e non lasciato fuori dal piano finale.

La permacultura sta affascinando molti giovani che, di fronte alle difficoltà generate da una società frenetica e poco attenta alle esigenze degli individui, pensano di dedicarsi a un mestiere in via di estinzione nei Paesi occidentali, quello di contadino. Anche se motivati e ben consapevoli degli ostacoli, la strada per loro non è semplice. L’agricoltura è guidata dalle stesse regole della grande industria, entrambe favoriscono la concentrazione della ricchezza e la massimizzazione del profitto a scapito di altri valori. Un’azienda agricola che applica la permacultura dispone di margini molto scarsi per produrre un reddito adeguato. La valutazione economica cambierebbe se nel bilancio si potessero inserire voci come “qualità della vita”, “salubrità dell’ambiente di lavoro” o “conservazione della fertilità del suolo e della biodiversità”. Anche se non mancano gli esempi di successo, è da ipotizzare che la permacultura, nel suo più ampio significato di cultura permanente sostenibile, potrà svilupparsi solo di pari-passo con una riorganizzazione dell’attuale sistema economico.

Concludiamo con una citazione del padre della permacultura Bill Mollison che non vede insuperabili le difficoltà che rallentano lo sviluppo di una cultura permanente: «Nonostante i problemi del mondo siano sempre più complessi – sostiene – le soluzioni restano di una semplicità imbarazzante».

Schede e storico autori