Politiche di sostegno al reddito in Germania durante l’emergenza COVID-19: poteva andare peggio, ma anche molto meglio

Giulia Borri e Emanuela Struffolino presentano le misure di sostegno al reddito introdotte in Germania durante l'emergenza Covid-19, mettendone in evidenza luci e ombre. In particolare si soffermano sulla definizione della platea di potenziali beneficiari, sull’ambivalenza della combinazione di diversi strumenti, nonchè sulla copertura effettiva del bisogno di individui e famiglie, e sostengono che la maggior parte delle misure mirano al sostegno delle grandi aziende e dei consumi cosicchè, malgrado la generosità degli stanziamenti, rischiano di restare scoperte le fasce piú deboli della popolazione.

Fin da marzo, la Germania ha mostrato notevoli differenze nella gestione dell’emergenza COVID-19 dal punto di vista del tracciamento e il contenimento dei contagi – una strategia, questa, che insieme alla maggiore (anche se in pericolo in un recentissimo passato) disponibilità di letti di terapia intensiva ha probabilmente contributo anche al minor numero di morti – rispetto a Francia, Italia, Spagna e Regno Unito. In questo articolo, ci occupiamo in particolare della risposta di policy per il sostegno al reddito di lavoratrici e lavoratori dipendenti, autonomi e piccoli (e piccolissimi) imprenditori, e famiglie con figli durante le diverse fasi del lockdown. La Germania ha fatto ricorso a misure di sostegno al reddito già esistenti estendendole in parte, rendendole più flessibili, semplificandone l’accesso.

Per comprendere il caso tedesco, sono necessarie due premesse. La prima riguarda le cosiddette riforme Hartz (2002-2005) che hanno di fatto combinato le politiche del lavoro, le politiche sociali, e le politiche di sostegno al reddito: dunque, la distinzione che vale per altri paesi tra sussidi monetari e non monetari in natura o legati al sistema delle politiche sociali non vale per la Germania. Di fatto se un individuo non è inabile al lavoro e soddisfa i criteri (ad esempio aver lavorato almeno 365 giorni con versamento di tutti i contributi previdenziali), è preso in carico dall’agenzia per il lavoro (Agentur für Arbeit) ed è beneficiario di un sussidio di disoccupazione (Arbeitslosengeld I). Quest’ultimo può essere affiancato dall’erogazione di un reddito minimo (Arbeitslosengeld II, meglio conosciuto come Hartz IV) qualora non sia di per sé sufficiente a coprire tutte le spese. Al termine dell’erogazione del sussidio di disoccupazione se l’individuo è ancora disoccupato o il reddito non è sufficiente a coprire tutte le spese, la competenza passa al Jobcenter, che eroga il reddito minimo di cui sopra. Il secondo elemento da tenere presente, è che ci sono due attori che agiscono contemporaneamente: lo stato federale (Bund) e il governo statale (Land). In generale, il primo decide le misure e i secondi disegnano e finanziano la misura in parte o completamente: se il 50.1% del finanziamento arriva dalle tasse versate allo stato federale, si seguono i regolamenti dello stato federale e viceversa. Questo è rilevante per la tassazione dei redditi aggiuntivi percepiti tramite le misure, che è sua volta rilevante per come i sussidi COVID-19 sono tassati quando i beneficiari ricevono già altri aiuti.

Per i liberi professionisti, i piccoli imprenditori e autonomi è stato introdotto un trasferimento economico immediato corrisposto una tantum (Soforthilfe). Il fine di questo intervento non è dare un sostegno al reddito in senso stretto, ma tenere in vita le (piccole e medie) imprese. Lo stato federale ha stanziato un fondo di 50 miliardi tramite l’Istituto per la ricostruzione (la nostra Cassa Depositi e Prestiti). I beneficiari un massimo di cinque o dieci dipendenti (equivalenti a 40 ore di lavoro settimanali) ricevono, rispettivamente, un sussidio una tantum della durata di tre mesi (marzo-giugno 2020) fino a 9.000 e 15.000 euro. A questo bando federale, si aggiunge quello dei diversi governi statali, che cercano di dirigere gli aiuti alle categorie più esposte sul territorio: ad esempio lo stato di Berlino ha aperto un bando per supportare il settore cultura e spettacolo). I requisiti, per entrambe le linee di finanziamento (federale e statale), prevedono l’esistenza dell’attività a febbraio 2020 e l’assenza di debiti nel 2019.

Nel caso delle lavoratrici e i lavoratori dipendenti, lo strumento principale attivato è la possibilità da parte del datore di lavoro di richiedere l’indennità di orario di lavoro ridotto (Verbesserter Zugang zur Kurzarbeit), simile alla nostra cassa integrazione. La misura è erogata al datore di lavoro ed è finanziata dal governo federale, che paga i contributi di previdenza sociale per il periodo di copertura (fino a un massimo di 12 mesi). Questa integrazione al reddito (attualmente valida fino al 31 dicembre 2020) è destinata a lavoratori che hanno perso almeno il 10% del reddito, estendendo così la platea dei possibili beneficiari, poiché la misura è normalmente destinata alle imprese che vedono la loro domanda di lavoro diminuire di almeno un terzo. L’integrazione copre fino al 60% del salario netto pre-pandemia per i primi tre mesi. Tra il quarto e il sesto mese, la copertura sale al 70% e tra il settimo e il dodicesimo mese all’80% (in entrambi i casi solo se il salario netto si è ridotto di più del 50%). Tutti gli scaglioni prevedono un incremento di 7 punti percentuali se ci sono figli a carico. Occorre menzionare due importanti novità nella misura rispetto alla sua formulazione standard (utilizzata, ad esempio durante la crisi del 2008): l’accessibilità anche agli interinali e non solo ai dipendenti tempo indeterminato e temporanei, e l’assenza di prerequisiti in termini di ore effettivamente lavorate nei mesi precedenti all’attivazione. Questo positivo allargamento della platea di potenziali beneficiari si accompagna, però, ad una copertura differenziata tra settori, poiché la contrattazione collettiva – che interessa solo alcuni (forti) settori del mercato del lavoro – ha permesso di aumentare la percentuale del salario pre-pandemia corrisposto (arrivando fino al 78-95% per Volkswagen, al 80-97% per il settore metalmeccanico e industrie elettriche, al 90% per il settore chimico). Al momento (giugno 2020), l’Agenzia federale per il lavoro stima che 2.35 milioni di persone hanno avuto accesso alla misura.

Per quanto riguarda individui singoli o nuclei familiari, il “pacchetto per la protezione sociale” (Sozialschutz-Paket) include due misure principali attivate tra marzo e aprile 2020. La prima è una modifica temporanea del reddito minimo (Arbeitslosengeld II) attiva, per ora,fino al 30 giugno 2020 (che per semplicità chiamiamo Harz IV-COVID). Ne può fare richiesta chi è in ristrettezze economiche perché ha perso il lavoro (sono inclusi lavoratrici e lavoratori autonomi temporaneamente senza committenze ma che non cercano lavoro in senso stretto). Le modifiche riguardano tra le altre cose: l’uso di moduli semplificati, la sospensione delle sanzioni (per tutti – anche quelli beneficiari del reddito minimo tradizionale), la sospensione della verifica del patrimonio per i primi sei mesi di erogazione (generalmente primo scoglio per l’accesso al reddito minimo tradizionale). Posto che riteniamo che le misure per contrastare la povertà non possano limitarsi all’erogazione del reddito minimo, notiamo un forte limite nel fatto che la quota del reddito minimo non sia stata aumentata: le famiglie povere prima della pandemia non hanno avuto accesso a risorse extra che gli permettessero di rispondere a bisogni contingenti legati alla pandemia stessa, ad esempio l’acquisto di un computer o un tablet per la didattica a distanza.

La seconda misura è un sussidio di emergenza per i bambini (Notfall Kinderzuschlag), che estende l’accesso (al momento fino al 30 settembre 2020) a un sussidio già esistente (Kinderzuschlag). Quest’ultimo di solito è disponibile a certe condizioni per sostenere le famiglie (coppie o genitori single) a basso reddito (fino a 185 euro a bambino, se ci sono più bambini viene pagato un forfait). La modifica prevede l’accesso in base al reddito che i genitori hanno avuto nell’ultimo mese (mentre normalmente son considerati gli ultimi 6 mesi) e una sospensione della verifica del patrimonio. Questo sussidio mostra i limiti della misura di cui è l’estensione rispetto alle soglie di accesso che svantaggiano i nuclei monogenitoriali: il reddito del nucleo deve essere inferiore a 900 euro lordi per coppia di genitori, ma inferiore a 600 euro lordi nuclei monogenitoriali (generalmente donne con figli). È stato inoltre deciso di erogare 300 euro una tantum per ogni bambino cui spetta il c.d. Kindergeld, ma i figli di persone di stati terzi con permesso di soggiorno umanitario o limitato nel tempo che non possono accedere al mercato del lavoro restano esclusi.

Ambivalenze e questioni aperte

Le misure presentate mostrano molte ombre, in particolare rispetto alla platea di potenziali beneficiari, all’ambivalenza della combinazione di diversi strumenti, e alla copertura effettiva del bisogno di individui e famiglie.

Il sussidio Hartz IV-COVID può essere richiesto da cittadini tedeschi, cittadini UE se lavorano attualmente in Germania, se hanno lavorato in Germania per almeno 6 mesi, o se sono registrati in un comune tedesco da almeno 5 anni. I requisiti sono più stringenti per i cittadini di stati terzi che non sono in possesso di un preciso tipo di permesso di soggiorno. Coloro che hanno un mini-job (fino a 450 euro di salario senza contributi di previdenza sociale) possono sempre ricevere sussidio Hartz IV standard ma non l’indennità per orario ridotto (Kurzarbeitergeld). La stessa cosa vale per i transfrontalieri/immigrati che lavorano in Germania ma per un datore di lavoro non tedesco: ad esempio, un polacco che lavora in Germania nelle costruzioni/settore edile, può ricevere indennità per orario ridotto se il suo datore di lavoro è tedesco (e gli paga l’assicurazione sanitaria e i contributi) ma in molti casi lavoratori nell’edilizia sono assunti da aziende polacche che operano in Germania.

In molti casi lo scarto tra disegno e implementazione delle misure è andato a scapito di lavoratrici e lavoratori. A Berlino, ad esempio, la valutazione del patrimonio per accedere a Hartz IV-COVID è stata comunque implementata in molti casi, perché i Jobcenter hanno sfruttato un interstizio lasciato scoperto dalla legge che regola l’Hartz IV-COVID (formalmente l’accesso alla misura vale per 12 mesi – e non solo 6 come Hartz IV-COVID prevede). I richiedenti hanno dunque dovuto produrre la documentazione relativo al loro stato patrimoniale, rischiando di restare esclusi dalla misura. Simile il caso del Soforthilfe che è stato sì corrisposto rapidamente, ma è stato restituito da molti perché non poteva essere utilizzato per spese di prima necessità (ad esempio l’affitto).

Infine, non solo Hartz IV-COVID e indennità di orario di lavoro ridotto sono stati erogati con forti ritardi (anche di un mese) ma il sistema nel suo complesso mostra molte ambiguità qualora le misure debbano (per necessità oggettive dei richiedenti) essere combinate. Ad esempio, una lavoratrice part-time dipendente che guadagnava 600 euro netti al mese e il cui datore fa richiesta dell’indennità di lavoro a orario ridotto (60% di quei 600 euro), molto probabilmente non riceve abbastanza per coprire tutte le spese (affitto, assistenza sanitaria…). In teoria, questa lavoratrice è idonea all’Hartz IV-COVID ma il Jobcenter considererà l’indennità di lavoro a orario ridotto come reddito e dunque abbasserà la quota del sussidio Hartz IV-COVID (i primi 100 euro da altri redditi rimangono al lavoratore, da 101 a 1000 vengono trattenuti dal Jobcenter). Anche se la lavoratrice in questione riceverà due forme di sostegno, con grande probabilità rimarrà sotto la soglia di povertà.

Contrariamente allo slogan presente a grandi caratteri sul sito del Ministero delle Finanze “Programmi multi-milionari per assistere tutta la Germania”, di fatto sono stati “lasciati indietro” – cioè dove erano prima del COVID-19 o anche “più indietro” – coloro che erano già ad altissimo rischio di povertà ed esclusione sociale: disoccupati che ricevono Hartz IV, stagionali, pensionati titolari di pensioni di base, rifugiati e richiedenti asilo, senza fissa dimora. Ci preme sottolineare che, come in altri paesi europei, il lockdown delle attività produttive ha seguito il criterio della systemrelevanz (importanza per il sistema): tuttavia, il fatto che settori “importanti” come quello agricolo, della macellazione, o dell’assistenza domiciliare siano anche quelli in cui lavoratrici e lavoratori (spesso immigrati) hanno pochissime tutele (se non inesistenti) e in cui si è verificato un mancato ottemperamento delle misure di protezione sanitaria ha sollevato numerose critiche che mettono in luce mancanze strutturali nelle tutele delle fasce più deboli.

Mentre scriviamo, il pacchetto varato dalla Grande Coalizione attualmente al governo e chiamato “Garantire la prosperità, rafforzare la redditività futura” è nel mezzo del suo iter parlamentare. I 130 miliardi del pacchetto prevedono una forte riduzione dell’IVA a valere fino 31 dicembre 2020 (dal 19 percento al 16 percento e per l’aliquota ridotta dal 7 percento al 5 percento); l’aumento della quota pagata dal governo federale dei costi per l’alloggio dei bisognosi, la compensazione parziale delle perdite fiscali locali e per il trasporto pubblico locale e il settore sanitario; sovvenzioni a settori innovativi e la riduzione dei costi dell’elettricità. L’unica misura esplicitamente migliorativa per le famiglie è un pagamento una tantum di 300 euro per bambino che viene raddoppiato per i genitori single. In altre parole, molte misure per sostenere i consumi, poche prospettive per migliorare le condizioni di vita di chi tanto quei consumi non se li può permettere – pandemia o non pandemia.

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