Spesa pubblica e crescita economica

Gianluigi Nocella, nella scheda che pubblichiamo nuovamente sul Menabò, affronta una questione cruciale, spesso al centro di accesi dibattuti ma tutt’altro che semplice: l’influenza della spesa pubblica sulla crescita economica. Dopo aver ricordato i limiti di molte analisi empiriche di questa relazione, Nocella esamina attentamente alcuni dati e presenta diverse correlazioni che aiutano a comprendere l’effettiva influenza spesa pubblica sulla crescita.

L’obiettivo di questa scheda è presentare alcune semplici elaborazioni che consentano stabilire se vi sia relazione fra spesa pubblica e crescita economica, con l’obiettivo di valutare se, ed in quale direzione, variazioni della spesa pubblica possano costituire condizione necessaria e/o sufficiente per stimolare la crescita.

Da sei anni, ormai, gran parte delle economie sviluppate dell’occidente vive una condizione particolarmente allarmante: tassi di crescita sostanzialmente azzerati, quando non pesantemente negativi (come nel caso dei Paesi del sud dell’euro), disoccupazione crescente, sensibile peggioramento degli standard di vita per la maggior parte della popolazione, con conseguente aumento degli indici di povertà e disuguaglianza.

Le politiche perseguite sulle due sponde dell’oceano Atlantico non hanno avuto lo stesso segno, ma il dibattito che le ha accompagnate è stato identico e si è concentrato intorno agli stessi interrogativi. Gli interventi fiscali espansivi possono ridare slancio alla crescita? Oppure – specialmente in una crisi in cui il sistema creditizio, e quindi il debito delle relative controparti, hanno avuto un ruolo centrale – l’ulteriore indebitamento che ne deriverebbe non aggraverebbe la situazione? Inoltre, prescindendo dagli aspetti congiunturali, alti livelli di spesa pubblica rallentano la crescita?

Diversi studi empirici hanno provato a individuare una relazione causale tra spesa pubblica e crescita del prodotto. La maggior parte della teoria moderna predice effetti negativi sulla crescita, generalmente derivanti dalle distorsioni causate dall’imposizione fiscale necessaria a finanziare la spesa. Altre potenziali minacce alla crescita verrebbero dal mercato del lavoro, attraverso la pressione al rialzo sui salari del settore privato (a detrimento della profittabilità degli investimenti privati) generata dalla spesa per trasferimenti e per le retribuzioni dei dipendenti pubblici. Tuttavia, una stima econometrica di tali effetti attraverso approcci “neutrali” dal punto di vista teorico è praticamente impossibile. Questo spiega perché molti altri lavori in letteratura conducano a conclusioni opposte o dichiarino apertamente l’impossibilità (ampiamente giustificata dalla complessità dell’oggetto di studio) di trovare una relazione stabile nello spazio e nel tempo. Da questa constatazione discende la scelta di presentare, in questa sede, statistiche (quasi) esclusivamente descrittive, da usare come spunto di riflessione sul tema.

Di seguito si offre pertanto una panoramica sull’evoluzione congiunta della spesa pubblica e del tasso di crescita del Pil, facendo uso di dati provenienti dal database AMECO, per un gruppo di 16 paesi sviluppati [1. Belgio, Danimarca, Germania, Irlanda, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Olanda, Portogallo, Finlandia, Svezia, Regno Unito, Norvegia, Stati Uniti e Giappone.], osservati (ove non diversamente specificato) nel periodo 1980-2012.

Per iniziare, si presenta la “nuvola” dei punti relativi alle due misure più spesso prese in considerazione, ovvero il tasso di crescita reale ed il rapporto spesa/Pil, nei 16 Paesi, per ciascun anno dell’intervallo (figura 1) [2.I dati per la Germania sono disponibili dal 1991, per la Spagna dal 1995, per la Grecia dal 1988, per l’Irlanda dal 1985, per la Svezia dal 1993, per la Norvegia dal 1990].

Il grafico non mostra una tendenza assolutamente marcata, ma– soprattutto guardando le osservazioni fuori dalla “nuvola” centrale – tra le due grandezze si intravede una relazione negativa. L’indice di correlazione [3. L’indice di correlazione varia fra -1 (massima correlazione negativa) e +1 (massima correlazione positiva).]  fra tasso di crescita e rapporto spesa/Pil, infatti, risulta pari a -0,30 (-0,24 se si considera il Pil procapite). C’è da considerare, però, un problema di “ricorsività” nella correlazione tra le due variabili: una delle due, infatti, ha l’altra al denominatore. Dunque, variazioni positive (negative) del Pil determinate da circostanze esogene (ovvero, da altre variabili non considerate), ferma restando la spesa, determinerebbero un’”artificiale” riduzione (aumento) del rapporto spesa/Pil, facendo emergere una relazione negativa tra le due grandezze.

Figura 1

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Per ovviare a questo problema, si prende in considerazione il livello della spesa in valore assoluto anziché in rapporto al Pil (figura 2), partendo dal valore della spesa pro capite in euro [4. Per i Paesi che non adottano la moneta unica, la serie è costruita mediante medie annuali del tasso di cambio; per i Paesi dell’area euro, prima dell’introduzione della divisa comune, si utilizza il cambio con l’Unità di Conto Europea (ECU). L’alternativa sarebbe quella di utilizzare il tasso di conversione utilizzato per il change-over (ad esempio, 1936,27 lire per euro in Italia). Le serie costruite secondo quest’ultimo criterio (National Currency – Euro-fixed) possono essere utilizzate per analisi che riguardino un solo paese o che considerino anni prossimi al 1999; per confronti internazionali di serie più lunghe, invece, l’impiego di tali valori risulta, generalmente, molto fuorviante, date le forti oscillazioni dei tassi di cambio nelle esperienze di quasi tutti i Paesi.] a prezzi correnti e deflazionandola tramite un indice coerente. L’associazione fra spesa e crescita economica si riduce ulteriormente rispetto a quanto visto in precedenza, dal momento che l’indice di correlazione tra la spesa reale pro capite e il tasso di crescita del Pil reale risulta pari a -0,15 (-0,17 guardando al Pil pro capite) [5. L’uso della spesa al netto degli interessi, anche nel caso del rapporto spesa/PIL, non altera significativamente i risultati esposti, determinando movimenti dell’indice di correlazione nell’ordine di 0,01 punti.].

Eliminando gli anni dal 2008 in poi, la correlazione si riduce a -0,086. Negli anni della crisi, infatti, nei Paesi appartenenti all’Unione Europea, il tasso di crescita della spesa reale procapite è stato in media dell’1%, rispetto a una media di circa il 2,2% circa nel periodo 1980-2007: non si può quindi dire che questo deciso rallentamento nella crescita della spesa abbia avuto effetti positivi sulla dinamica del Pil e ciò, come accennato sopra, è dovuto alla sostanziale indipendenza (almeno inizialmente) dello shock di crescita rispetto all’andamento della spesa pubblica.

Figura 2

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Se come indice della spesa, si considera il tasso di crescita della spesa reale procapite e non il suo livello, si osserva che i tassi di crescita della spesa e del Pil risultano sostanzialmente indipendenti: l’indice di correlazione fra le due variabili è, anzi, leggermente positivo (0,02; figura 3). Questo risultato resta valido anche considerando la variazione della spesa dell’anno precedente (in tal caso, l’indice di correlazione è pari a 0,01) o di due anni prima (0,006), per tenere conto del ritardo con cui gli effetti di variazioni della spesa posso ripercuotersi sui tassi di crescita del Pil.

Figura 3

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Alle evidenze descrittive esposte sin qui si può aggiungere quanto emerge da alcune semplici stime econometriche (basate su specificazioni del modello probabilmente “troppo parsimoniose”) condotte tramite regressioni panel del tasso di crescita del Pil sulle diverse misure della spesa pubblica viste sopra, utilizzando stimatori con effetti fissi (ovvero valutando l’effetto della variazione della spesa sulla crescita all’interno di ciascun paese). I risultati possono essere riassunti come segue.

Se nella regressione si considera come variabile indipendente il rapporto spesa/Pil, la stima segnala una relazione fra spesa e crescita negativa e statisticamente significativa, di valore pari a -0,019: ceteris paribus, l’aumento di un punto del rapporto spesa/PIL determinerebbe una diminuzione di 0,2 punti percentuali del tasso di crescita.

Tuttavia, i risultati di tale esercizio non appaiono particolarmente robusti dal momento che è molto interessante notare che, calcolando, per ogni anno, la media aritmetica del tasso di crescita reale nei tre anni seguenti e regredendo questa variabile sul rapporto spesa/Pil, il coefficiente della regressione diventa assolutamente non significativo e leggermente positivo, ancorché praticamente pari a zero. Inoltre, se lo stesso esercizio viene ripetuto per gli anni dal 1980 al 2007, il parametro resta positivo ma torna ad essere molto significativo. Ciò vorrebbe dire che l’aumento di un punto del rapporto spesa/Pil ha effetti positivi sulla media del tasso di crescita dei tre anni successivi (la incrementerebbe di circa 0,07 punti percentuali). Calcolando, invece, per ogni anno la media del tasso di crescita reale dei tre anni precedenti, la regressione di tale variabile sul rapporto spesa/Pil dà valori negativi e molto significativi: un punto di Pil di spesa in più in t determinerebbe la diminuzione dello 0,2 % del tasso di crescita medio tra t-3 e t-1. Al netto di riflessioni piuttosto complicate sull’abilità degli operatori di formare aspettative sul futuro, tali risultati danno un segnale particolarmente forte del problema di causalità inversa che si pone nell’attribuire al rapporto spesa/Pil le cattive performances di crescita di un Paese.

Inserendo nelle regressioni la spesa pro capite reale, anziché il rapporto spesa/Pil, si ricava un parametro ancora significativo e di segno negativo, ma di limitatissima entità. Da tale parametro si evincerebbe, infatti, che l’aumento di 60 miliardi di euro di spesa pubblica (ovvero, oltre 4 punti di Pil), determinerebbe un rallentamento del tasso di crescita di circa 0,37 punti percentuali. Considerando, invece, come variabile indipendente il tasso di crescita della spesa, il coefficiente stimato risulta positivo, ma molto piccolo in valore assoluto e statisticamente del tutto non significativo.

In buona sostanza, l’evidenza richiamata in questa scheda mostra che stabilire una relazione stabile tra spesa pubblica e crescita economica risulta molto difficile. L’uso del rapporto spesa/Pil nell’effettuare valutazioni di questo tipo, presenta – per costruzione – delle controindicazioni da non trascurare, come chiarito proponendo misure alternative della spesa pubblica. Se si usano queste ultime, si ottengono risultati sull’associazione fra spesa e crescita differenti per direzione e intensità da quelli che emergono considerando la relazione fra crescita del Pil e rapporto spesa/Pil.

Infine, va ricordato come un’eventuale associazione negativa fra spesa e crescita possa risentire della fase di sviluppo dei paesi. E’ infatti naturale – almeno entro certi limiti – che i paesi dove i livelli di reddito procapite sono oggi piuttosto alti (come sono quelli considerati nel nostro campione) abbiano sperimentato, durante la fase del cosiddetto catching-up, tassi di crescita piuttosto rapidi a fronte di livelli di spesa pubblica abbastanza contenuti in rapporto al Pil, destinati a crescere, alla fine del processo di convergenza, per un (fisiologico) effetto congiunto di adeguamento dei sistemi di welfare ai migliorati standard di vita e di rallentamento dei tassi di crescita.

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