La letteratura da tempo esplora forme di uguaglianza di opportunità che considerano il ruolo delle circostanze, delle capacità e delle azioni personali, enfatizzando la responsabilità dei comportamenti di ciascun individuo. L’uguaglianza assume tratti di legittimità o illegittimità in base alla distinzione tra circostanze, sulle quali l’individuo non ha controllo, e responsabilità, su cui ha invece il dominio. Per esempio, il background familiare e il genere sono circostanze che sfuggono al controllo dell’individuo ma che incidono significativamente sul suo percorso di vita. D’altro canto, si tende a far rientrare le scelte personali, come il numero di ore di studio, nella responsabilità individuale. Tuttavia, queste scelte non sono del tutto autonome, poiché sono fortemente influenzate dal background familiare e anche da fattori legati al caso.
La distinzione tra queste due dimensioni è cruciale per costruire una società più giusta. Come insegnava John Rawls, la giustizia va intesa come equità, prevedendo la creazione di un ordine sociale giusto in cui ogni individuo abbia l’opportunità di realizzare pienamente il proprio potenziale. Questo ideale, sebbene nobile, si scontra con la realtà quotidiana, dove le circostanze personali spesso determinano il destino di una persona più delle sue capacità o dei suoi sforzi. La sfida, quindi, è trovare un equilibrio tra riconoscere le differenze individuali e garantire che queste differenze non diventino barriere insormontabili.
“L’uguaglianza consiste nel trattare ugualmente ciò che è uguale e in modo disuguale ciò che è disuguale” ci ricorda Aristotele. Questo principio può essere applicato all’uguaglianza di opportunità, riconoscendo che le persone partono da punti di partenza diversi e che un trattamento uniforme non sempre porta a risultati equi. Dobbiamo considerare le circostanze di ogni individuo e adattare le politiche, di conseguenza, perché solo così possiamo sperare di costruire una società veramente giusta e inclusiva.
All’interno di questa cornice teorica, si inserisce l’indagine Domani (Im)possibili pubblicata da Save the Children, che si propone di studiare il fenomeno della povertà minorile considerando non solo gli aspetti economici o il contesto familiare, ma anche l’influenza di fattori secondari sulla trasmissione intergenerazionale della povertà. Questi fattori includono credenze, preferenze, aspirazioni e aspettative degli individui. La particolarità di questa ricerca è proprio l’analisi di come le condizioni di povertà tra i/le minori influenzino la formazione delle loro idee, aspirazioni e aspettative per il futuro.
Solo il 54,7% dei minori in svantaggio socioeconomico crede di poter realizzare i propri desideri nella vita, mentre solo il 59,5% pensa di poter seguire le proprie inclinazioni. In confronto, rispettivamente il 74,9% e il 77,8% dei minori con condizioni socioeconomiche più favorevoli condividono queste speranze. Il divario fra i minori provenienti da contesti socioeconomici diversi si conferma guardando alle aspirazioni e alle aspettative riferite agli studi universitari. Il 43,4% dei giovani intervistati in condizione di deprivazione materiale desidera frequentare l’università – contro il 60,7% dei non deprivati –, ma solo il 35,9% pensa che ci andrà davvero, rispetto al 57,1% dei minori in migliori condizioni socioeconomiche.
L’indagine introduce elementi di complessità che potrebbero agevolare la comprensione dei meccanismi alla base delle disuguaglianze di opportunità e la stessa distinzione fra circostanze e responsabilità. La povertà influenza invisibilmente le aspirazioni – dimensione ideale delle proprie realizzazioni – e, ancor di più, le aspettative – dimensione razionale. Emerge, dunque, un legame indiretto tra condizioni materiali di partenza e percorsi di vita. La percezione delle proprie circostanze induce ad una “autolimitazione” ossia le barriere culturali e sociali impongono limiti invisibili che frenano l’aspirazione verso mete più alte. Inoltre, il divario fra chi proviene da background svantaggiati e avvantaggiati si amplia quando dalle aspirazioni si passa alle aspettative e i giovani in condizioni di privazione materiale dimostrano aspettative significativamente inferiori rispetto ai loro coetanei in condizioni più favorevoli.
L’analisi di Save the Children induce pertanto a riflettere su un aspetto spesso trascurato nell’ambito dell’uguaglianza di opportunità: il legame tra circostanze e impegno individuale. La ricerca dimostra come questa distinzione, sebbene utile, possa risultare fuorviante quando si considera la complessità delle vite umane. L’uguaglianza di opportunità contrappone tradizionalmente l’impegno individuale alle circostanze esterne, separandole nettamente. L’impegno dipende dalla volontà e dalle azioni del singolo, mentre le circostanze sono fattori esterni che influenzano le possibilità di successo. L’individuo, perciò, ha responsabilità sull’impegno che, a sua volta, legittima un certo livello di disuguaglianza.
Tuttavia, questa logica potrebbe vacillare se le circostanze influenzassero l’impegno stesso attraverso aspirazioni e aspettative. La ricerca di Save the Children suggerisce che l’impegno e le circostanze non possono essere considerati isolatamente. Le circostanze socioeconomiche influenzano le aspirazioni che, a loro volta, medieranno l’impegno dagli individui nel perseguire determinati obiettivi. Perciò, un giovane proveniente da un contesto di povertà potrebbe avere aspirazioni più limitate perché le sue circostanze non gli hanno fornito i modelli di ruolo o le risorse necessarie per sviluppare la sua capacità di aspirare.
La ricerca di Save the Children conferma proprio come la capacità di aspirare sia una abilità distribuita in modo diseguale (Appadurai, “The capacity to aspire: Culture and the terms of recognition”, in Culture and public action: A cross-disciplinary dialogue on development policy, a cura di V. Rao e M. Walton. Stanford University Press, 2004). Questa abilità non è innata e individuale, ma può essere sviluppata e allenata attraverso l’esperienza e le interazioni con gli ambienti sociali, culturali ed economici. La presenza di reti sociali di supporto e l’opportunità di accesso alle risorse può rinforzare la motivazione, fornendo i mezzi per perseguire le proprie aspirazioni. La capacità di aspirare include l’abilità di apprendere dai fallimenti e dalle difficoltà, adattare le aspirazioni di fronte alle sfide, e perseverare verso i propri obiettivi. Fornisce un quadro per immaginare possibilità alternative, stabilire obiettivi e concepire un futuro migliore, guidando gli sforzi e le azioni verso i risultati desiderati.
La capacità di aspirare assume quindi un ruolo cruciale, fungendo da ponte tra le circostanze e l’impegno. Essa agisce come una base cognitiva ed emotiva che alimenta la motivazione degli individui e, di conseguenza, il loro impegno. Tutto ciò è testimoniato da diversi studi che dimostrano una correlazione tra aspirazioni giovanili e risultati nella vita adulta (cfr. Favara (2017), Ross (2019), Guyon e Huillery (2021)). A parità di competenze cognitive e non cognitive, le aspirazioni appaiono predire il numero di anni di istruzione completati. Inoltre, gli studenti svantaggiati mostrano una minore consapevolezza dei percorsi educativi migliori e sottovalutano le proprie capacità accademiche rispetto ai loro coetanei più fortunati.
Per concludere, il concetto di uguaglianza di opportunità deve rimanere flessibile e continuare ad accogliere nuove complessità emergenti. In questo contesto, la ricerca di Save the Children conferma l’importanza di guardare ad aspirazioni e aspettative al fine di promuovere uno sviluppo ottimale delle capacità tra minori e adolescenti.
Bisogna porre le aspirazioni e le aspettative al centro del discorso pubblico, in modo da sviluppare politiche adeguate. In particolare, Fruttero et al. (2021) studiano il contesto entro cui le aspirazioni assumono un ruolo determinante per i comportamenti futuri. Le aspirazioni individuali aumentano con lo sviluppo economico quando la disuguaglianza è modesta e la mobilità sociale è elevata. Tuttavia, quando la disuguaglianza è alta e la mobilità sociale è bassa, le aspirazioni possono trasformarsi in frustrazione. Elevare le aspirazioni delle persone senza offrire loro le opportunità per realizzarle può, dunque, causare frustrazione e aggravare la loro situazione (Muller et al., 2024). Gli interventi efficaci rivolti alle persone intrappolate nella povertà, con limitate opportunità e aspirazioni, devono affrontare entrambi questi aspetti simultaneamente.