I congedi parentali rappresentano uno strumento di conciliazione vita-lavoro di particolare importanza, poiché essi permettono ai genitori che lavorano di prendersi cura dei propri figli nei primi anni di vita. La disciplina del congedo parentale per i lavoratori dipendenti (D. Lgs. n. 151/2001- T.U. sulla maternità e paternità), vigente nel nostro paese, prevede che a ciascun genitore lavoratore sia riconosciuta la facoltà di astenersi dal lavoro, nei primi 12 anni di vita del bambino, con un limite complessivo massimo tra i genitori di 10 mesi (elevabili a 11 nel caso in cui il padre fruisca di congedo parentale per un periodo non inferiore a 3 mesi). Il periodo indennizzabile è pari ad un massimo di 9 mesi e ogni genitore ha diritto a tre mesi di congedo indennizzato che non possono essere trasferiti all’altro genitore. Negli ultimi anni, una serie di interventi legislativi ha migliorato significativamente le condizioni economiche per i genitori che desiderano usufruire del congedo parentale. La legge di bilancio del 2023 ha aumentato l’indennità dal 30% all’80% della retribuzione per una delle tre mensilità spettanti a ciascun genitore e quella del 2024 ha disposto che per il 2024 la copertura economica all’80% si estenda ad un’ulteriore mensilità, mentre per il 2025 la copertura per la seconda mensilità sarà del 60%. Queste misure, che mirano a sostenere le famiglie nel bilanciare lavoro e vita privata, sono fruibili entro il sesto anno di vita del figlio o entro sei anni dall’ingresso del minore in famiglia nel caso di adozione o affidamento, e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età. Il mese indennizzato all’80% è utilizzabile alternativamente dai genitori, e può essere suddiviso tra madre e padre oppure fruito interamente da uno solo di loro.
L’aumento dell’indennità per il congedo parentale può essere utile non solo a favorire il bilanciamento tra vita lavorativa e familiare, ma anche per incentivare l’uso del congedo parentale da parte dei padri, poiché la penalizzazione per la famiglia, in caso di uso da parte del genitore con il reddito maggiore, si riduce notevolmente. E’, quindi, interessante andare ad esaminare come le famiglie italiane hanno reagito a queste modifiche.
L’analisi dell’impatto della misura. Data la loro recente introduzione, è possibile esaminare solo l’effetto dei cambiamenti introdotti dalla legge di bilancio del 2023 per i lavoratori dipendenti, sia del settore privato che pubblico, che concludono il congedo di maternità o di paternità dopo il 31 dicembre 2022. A tale scopo abbiamo confrontato il ricorso allo strumento per madri e padri che hanno concluso il congedo di maternità/paternità nei 3 mesi immediatamente precedenti al 31 dicembre del 2022 (quindi, per definizione normativa non-trattati dalla riforma) e nei 3 mesi immediatamente successivi (Trattati dalla riforma). Più nello specifico abbiamo costruito un indicatore che tiene conto sia del comportamento della madre che del padre in termini di ricorso al congedo parentale nei 12 mesi successivi alla nascita del figlio.
Madri. Come si può notare dalla Tabella riportata di seguito, il 53,68% delle madri nel gruppo dei non-trattati ha usato nel primo anno di vita del figlio/a il congedo parentale, mentre questa percentuale sale al 57,45% per le madri nel gruppo trattato, cioè degli aventi diritto all’incremento di indennità. Si osserva, quindi, un aumento nel take-up del congedo parentale da parte delle madri di 3.77 punti percentuali, che corrisponde ad un aumento di circa il 7%. Risultati simili si riscontrano (circa +6 punti percentuali) anche utilizzando un approccio di Regression Discontinuity.
L’incremento dell’indennità ha incentivato, quindi, un numero maggiore di madri a usufruire del congedo parentale, con un impatto significativo anche se non drastico.
Padri. Un impatto significativo si riscontra anche sull’utilizzo del congedo parentale da parte dei padri. Nel gruppo non influenzato dalla riforma, solo il 3,29% dei padri ha usufruito del congedo parentale durante il primo anno di vita del figlio, mentre questa percentuale sale al 4,11% nel gruppo che può beneficiare della maggiore generosità del congedo. Si tratta di una variazione di 0.82 punti percentuali che, dato l’esiguo ricorso da parte dei padri allo strumento in esame, si traduce in un aumento di circa il 24% nel loro take-up. L’effetto è più piccolo (una differenza di 0.65 punti percentuali) se confrontiamo il ricorso allo strumento da parte dei padri considerando il gruppo di coloro che hanno concluso il congedo di maternità/paternità un mese prima e dopo il 31 dicembre del 2022 piuttosto che considerando coloro che lo hanno concluso tre mesi prima e dopo. Inoltre, le stime diventano imprecise se si usano tecniche econometriche più sofisticate piuttosto che il semplice confronto delle medie. La maggiore imprecisione nelle stime riguardanti il take up dei padri può dipendere dal fatto che in questo caso stiamo considerando valori medi molto piccoli. D’altra parte, un effetto non statisticamente significativo è in linea con quanto emerge anche da altre analisi che mostrano come nei primi anni di vita del figlio l’uso del congedo parentale da parte dei padri sia scarsamente reattivo alle condizioni economiche che caratterizzano lo strumento. Pertanto, per comprendere se anche i padri sono incentivati ad un maggior utilizzo del congedo grazie alle più favorevoli condizioni economiche bisognerà aspettare qualche anno quando sarà possibile verificare l’effetto su padri con figli più grandi.
In conclusione, le stime suggeriscono che l’aumento all’80% dell’indennità di congedo parentale per un mese ha indotto un maggior numero di madri a far ricorso allo strumento nel primo anno di vita del bambino, mentre la reazione dei padri è più incerta. È importante sottolineare che si tratta di un’analisi di breve periodo e che effetti ulteriori si potranno riscontrare negli anni successivi di vita del bambino (si ricorda che il congedo parentale con indennità all’80% può essere utilizzato fino ai sei anni di vita del beneficiario). Nonostante ciò, poiché il bisogno di cure è maggiore nelle prime fasi di vita del bambino, riteniamo che i risultati di questa analisi possono considerarsi indicativi del successo della misura nel sostenere i bisogni di conciliazione tra le esigenze della vita privata e lavorativa delle famiglie con figli; ma resta da vedere se sarà sufficiente a incentivare un numero significativamente maggiore di padri a usufruire del congedo parentale e, quindi, a rendere più equa la distribuzione dei carichi familiari. Ulteriori progressi saranno possibili se la disparità di genere nel mercato del lavoro verrà superata e se le norme di genere diventeranno man mano meno tradizionali.
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