In un contributo precedente pubblicato sul Menabò ci eravamo soffermati sulla scuola primaria e secondaria il cui compito “non dovrebbe essere quello di creare competenze bensì, prevalentemente, quello di fare emergere le attitudini individuali dei propri studenti che, spesso, si rivelano fortemente condizionate dal contesto sociale nei quali crescono”. Nel contempo, un’altra importante finalità della scuola dovrebbe essere quella di generare un impulso verso una migliore conoscenza e comprensione del sistema economico e sociale e, più in generale, educare ai principi della convivenza; obiettivi, questi ultimi, ancora più importanti da raggiungere in una società multi-etnica che richiede, a sua volta, “sia da parte degli operatori sia da parte di coloro che governano i processi educativi, competenza, lungimiranza e professionalità” (A. Panebianco, “Il ruolo che merita la scuola”, Corriere della Sera, 26 agosto 2024).
Per il raggiungimento di questo secondo compito, apprezzabili appaiono le Nuove Linee Guida del Ministro dell’istruzione e del merito di inizio agosto di quest’anno riguardo l’insegnamento dell’educazione civica volta, in particolar modo, a valorizzare i principi fondamentali come la responsabilità individuale e la solidarietà promuovendo la cultura d’impresa e l’importanza dell’iniziativa economica privata, l’educazione del rispetto per i beni pubblici e per il ricchissimo patrimonio culturale del nostro Paese, l’educazione finanziaria, l’utilizzo responsabile dei dispositivi elettronici, la conoscenza della Costituzione. Piccoli, timidi segnali che sembrano andare, come scrivevo nell’articolo citato in apertura, verso una “scuola, fondata sulla conoscenza dell’uomo, di quel che è stato, è e sarà, sull’autorevolezza pregna dell’importanza del ruolo che riveste, in cui il merito, l’equità, il rispetto, la gratitudine, la capacità di immedesimazione nell’altro, la volontà di vivere per e con gli altri, accompagnino sempre le azioni individuali e si trasmettano così, come forza costruttiva, al futuro cittadino”.
Riguardo l’utilizzo di dispositivi digitali, è da segnalare in particolare una circolare del Ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara (di inizio luglio 2024) che vieta alle scuole di infanzia fino alle secondarie di secondo grado l’uso dello smartphone a scopo didattico, salvo i casi in cui lo stesso sia previsto dal Piano educativo individualizzato o dal Piano didattico personalizzato, come supporto, rispettivamente, agli alunni con disabilità o con disturbi specifici di apprendimento ovvero per documentate e oggettive condizioni personali. Tuttavia, altri dispositivi digitali, quali Pc e Tablet, potranno essere utilizzati per fini didattici, sotto la guida dei docenti. Inoltre, la circolare sottolinea che il ricorso alla didattica digitale e la sua valorizzazione restano fermi, così come l’impegno a rendere edotti gli studenti sul corretto ed equilibrato uso delle nuove tecnologie, dei telefoni cellulari e dei social e sui relativi rischi.
In particolar modo, essa indica che “al fine di sostenere, fin dai primi anni della scuola primaria e proseguendo nella scuola secondaria di primo grado, lo sviluppo della responsabilità degli alunni nella gestione dei propri compiti dosando, al contempo, il ricorso alla tecnologia, si raccomanda di accompagnare la notazione sul registro elettronico delle attività da svolgere a casa con la notazione giornaliera su diari/agende personali.” A fronte di tali indicazioni, le istituzioni scolastiche del primo ciclo di istruzione dovranno aggiornare i propri regolamenti e il patto di corresponsabilità educativa, anche prevedendo specifiche sanzioni disciplinari per gli alunni che dovessero disattendere il divieto di utilizzo in classe dello smartphone.
La principale motivazione della circolare è legata alla preoccupazione per l’impatto negativo che l’uso eccessivo dei cellulari può avere sul naturale sviluppo cognitivo dei ragazzi. Vari studi internazionali, citati nella stessa circolare, hanno messo in evidenza che un elevato utilizzo dei cellulari in classe, anche a scopo educativo e didattico, può incidere negativamente sull’apprendimento degli alunni. Il Rapporto Unesco 2023 (Global education monitoring report 2023: technology in education: a tool on whose terms?) ha indicato che i dati delle valutazioni internazionali su larga scala, come quelli forniti dall’Ocse-Pisa 2022 (Volume II, Learning during – and from – disruption) mettono in luce un legame negativo tra l’uso eccessivo dei dispositivi digitali e il rendimento degli studenti. Inoltre, il Rapporto Ocse ha evidenziato come gli smartphone siano fonte di distrazione per gli studenti che lo usano con maggior frequenza a scuola, facendo diminuire il livello di attenzione, in particolare durante le lezioni di matematica. Infine, da una recente ricerca dell’Università Bocconi è emerso che il 23% degli studenti usa abitualmente il proprio smartphone durante le lezioni per copiare i compiti, chattare, guardare video, giocare (A. Cangini, “Meno smartphone, più carta e penna”, Il Corriere della Sera, 26 agosto 2024).
L’uso continuo, spesso senza limiti, dei telefoni cellulari fin dall’infanzia e nella preadolescenza incide negativamente sul naturale sviluppo cognitivo, determinando perdita di concentrazione e di memoria, carenza di riflessione, diminuzione della capacità dialettica, di spirito critico e di adattabilità. Secondo un recente lavoro, in particolar modo, sarebbero quattro i danni fondamentali attribuibili all’uso eccessivo dei dispositivi digitali: deprivazione sociale, privazione del sonno, frammentazione dell’attenzione, dipendenza (J. Haidt, La generazione ansiosa – Come i social hanno rovinato i nostri figli, Rizzoli, 2024).
Più specificatamente, come evidenziato nel lavoro di Haidt sintetizzando i principali risultati di una ricerca condotta negli Stati Uniti, quando gli adolescenti sono passati all’uso degli smartphone (nel primo decennio del secolo corrente), il tempo con gli amici si è ridotto drasticamente crollando da 122 minuti al giorno nel 2012 a 67 minuti nel 2019. Contemporaneamente, il sonno degli adolescenti è peggiorato sia in quantità che in qualità: studi longitudinali hanno messo in evidenza che è venuto prima l’uso del cellulare e, successivamente, è arrivata la privazione del sonno che, a sua volta, ha condotto alla depressione, ansia, irritabilità, deficit cognitivi e difficoltà di apprendimento.
Altro effetto negativo è attribuibile alla frammentazione dell’attenzione: “gli smartphone sono Kryptonite per l’attenzione. Molti adolescenti ricevono centinaia di notifiche ogni giorno, vale a dire che raramente hanno cinque o dieci minuti per pensare senza interruzioni” (J. Haidt, opera citata). Last but not least, il quarto danno fondamentale legato all’utilizzo eccessivo degli smartphone è la dipendenza; è emerso da molti studi che “molti adolescenti hanno sviluppato dipendenze comportamentali molto simili a quelle causate dal gioco con le slot-machine, con profonde conseguenze per il loro benessere, lo sviluppo sociale e la famiglia (J. Haidt, opera citata).
La circolare del Ministro Valditara sembrerebbe sconfessare quanto dichiarato dal precedente Ministro dell’istruzione, Valeria Fedeli, che, nel gennaio 2018, in occasione della “Tre giorni per il Piano Nazionale Scuola Digitale” aveva invece evidenziato l’importanza dell’uso degli smartphone nelle classi per fini didattici predisponendo successivamente un Decalogo per l’utilizzo dei media a scuola, a cui però non è seguita alcuna nota di accompagnamento, che desse indicazioni di carattere operativo. In particolar modo, il Decalogo conteneva alcuni suggerimenti, rimasti generici, volti a spingere la scuola a “promuovere le condizioni strutturali per l’uso delle tecnologie digitali”, ad accogliere e promuovere lo sviluppo del digitale nella didattica”, a stabilire un’alleanza educativa con le famiglie.”
La circolare è stata criticata da Andrea Gavosto (Direttore della Fondazione Agnelli) sul Sole 24 Ore, Il digitale ben utilizzato, aiuta l’apprendimento, 26 luglio 2024: “semplificazioni e divieti non aiutano a fare crescere gli apprendimenti, nel senso di responsabilità degli studenti. Meglio lasciare che siano gli insegnanti a decidere su come, quando e quanto utilizzare gli strumenti digitali a scuola. Insegnanti – meglio formati non solo sulle nuove tecnologie, ma soprattutto sulle strategie di innovazione didattica – possono contrastare i rischi di distrazione del digitale a scuola, sfruttandone le grandi risorse didattiche.”
A nostro parere, invece, la circolare del Ministro Valditara è condivisibile e non rappresenta un ritorno al passato né tantomeno una demonizzazione del processo di digitalizzazione che sta condizionando, non sempre positivamente, la nostra vita. Estremizzando il divieto dell’utilizzo del cellulare a scuola contenuto nella circolare, si dovrebbe anche invitare gli studenti a depositare in armadietti o contenitori chiusi qualsiasi dispositivo in grado di inviare o ricevere messaggi. Ciò avrebbe effetti positivi come confermato da uno studio americano: i ricercatori hanno condotto alcuni studenti universitari in laboratorio e, selezionandoli a caso, hanno detto loro di: a) lasciare la borsa e il telefono nella sala d’ingresso fuori dal lavoratorio; b) portare con sé il telefono in tasca o nella borsa; c) mettere il telefono sul tavolo accanto. Hanno poi chiesto agli studenti di eseguire alcuni test di memoria e di intelligenza, ad esempio risolvere problemi matematici. La ricerca ha condotto a risultati incontrovertibili: le prestazioni erano risultate migliori quando il telefono era lasciato nell’altra stanza, peggiori quando il telefono era visibile, una via di mezzo quando il telefono era in tasca. Questi risultati sono stati confermati da altre ricerche (J. Haidt, opera citata).
In sintesi, l’uso degli smartphone a scuola (ma potremmo aggiungere anche la loro presenza in aula) ha sicuramente effetti negativi; l’eliminazione (anche fisica) dei vari dispositivi digitali durante l’orario delle lezioni potrebbe così elevare il livello di attenzione, incoraggiare la lettura su carta, la scrittura a mano e l’esercizio della memoria. Attività, queste, sempre più rare. Molti ragazzi, oggi, non riescono a tenere correttamente una penna in mano, non prendono appunti, leggono poco (soprattutto sul cartaceo) e molto velocemente, non sanno che cosa significhi fare un riassunto né sono in grado di confrontarsi criticamente su un argomento. Mancano spesso di creatività, di fantasia, di curiosità.
In questo contesto, non si può prescindere dal rapporto che gli insegnanti stabiliscono con le famiglie dei loro alunni. Nel rispetto della circolare, ad esempio, i genitori dovrebbero proibire (o, per lo meno, limitare) l’utilizzo dei cellulari ai propri figli almeno fino all’età di 14/15 anni. Il rapporto di collaborazione tra la scuola e le famiglie dovrebbe, in realtà, costituire un riferimento cruciale per lo studente durante l’intero percorso scolastico: ”se un impegno preso con l’insegnante a scuola verrà puntualmente adempiuto anche grazie all’attenzione dei genitori, o una giusta punizione data in famiglia sarà approvata a scuola dal maestro, si contribuirà ad apportare equilibrio, chiarezza e coerenza nell’educazione: la collaborazione tra chi ha a cuore la formazione del bambino rende estremamente più efficace l’azione pedagogica” (L.M. Olivieri – a cura di – Dall’immagine al concetto – Esperienze didattiche nella scuola materna e primaria, Tilopa, 2001). Soffermandoci in particolare sullo smartphone, diventerebbe allora inutile il divieto di un suo utilizzo a scuola se i genitori dovessero utilizzarlo, spesso anche durante il pranzo, permettendo ai propri figli di farne uso liberamente!
Ben venga infine una profonda riflessione su questo tema come evidenziato in un recente articolo (M. Gui, Smartphone a scuola, dibattito da aprire, Corriere della Sera, 30 luglio 2024), che dovrebbe essere accompagnata da “momenti di confronto con esperti e operatori, per discutere le tante domande aperte – anche legate alle mutate posizioni istituzionali – intorno alla digitalizzazione della vita dei minori.” Tale confronto dovrebbe, però, riguardare non tanto quali “siano i contenuti e le esperienze più adatte per preparare oggi gli studenti a gestire in modo fruttuoso la loro futura vita di connessione permanente” quanto e, soprattutto, soffermarsi sulle principali finalità che dovrebbero essere perseguite dalla scuola (in particolar modo la scuola di infanzia fino alle secondarie di secondo grado) che dovrebbero essere quelle di fare emergere nei giovani le proprie capacità individuali e di spingerli verso una maggiore conoscenza e comprensione del sistema economico e sociale e dei principi della convivenza e della tolleranza.
Ma non solo: la scuola avrebbe bisogno di un mutamento radicale, di un progetto di ampio respiro: “l’istruzione è un ambito strategico che però ormai da tempo non funziona come dovrebbe, preda di interessi corporativi e di pregiudizi ideologici che le hanno fatto perdere il senso della propria identità e dei suoi veri scopi, antichi e nuovi. L’istruzione, dalla scuola all’università, è dunque il terreno ideale per un grande progetto, non solo e tanto di riforma, quanto di vera e propria rinascita nazionale” (E. Galli Della Loggia, “La scuola richiede una svolta”, Corriere della Sera, 13 settembre 2024).