{"id":6673,"date":"2023-12-16T18:25:42","date_gmt":"2023-12-16T16:25:42","guid":{"rendered":"https:\/\/eticaeconomia.it\/?p=6670"},"modified":"2023-12-16T18:25:42","modified_gmt":"2023-12-16T16:25:42","slug":"lidea-di-un-socialismo-liberale","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/eticaeconomia.it\/lidea-di-un-socialismo-liberale\/","title":{"rendered":"L’idea di un socialismo liberale*"},"content":{"rendered":"\n

Per la stragrande maggioranza, liberalismo e socialismo sono tra loro opposti ideologicamente e politicamente. Il socialismo \u00e8 considerato sinonimo di controllo statale della societ\u00e0, di propriet\u00e0 statale e di pianificazione centrale della produzione anzich\u00e9 di allocazione attraverso il mercato. Per la maggior parte delle persone, invece, il liberalismo \u00e8 sinonimo di autodeterminazione dell’individuo, primato del mercato e Stato limitato.<\/p>\n\n\n\n

I socialisti ritengono generalmente che i liberali siano insensibili alle disuguaglianze che l’economia di mercato genera e che attribuiscano troppa responsabilit\u00e0 all’individuo quando si tratta di affrontare i problemi sociali. I liberali, invece, ritengono che i socialisti sottovalutino i pericoli di un eccessivo potere statale, non prestino sufficiente attenzione ai diritti degli individui e ignorino la propensione alla crescita dell’economia di mercato.<\/p>\n\n\n\n

Carlo Rosselli. <\/strong>Storicamente, tuttavia, alcuni pensatori politici hanno sfidato e cercato di superare questa contrapposizione. Uno di questi \u00e8 Carlo Rosselli, che gi\u00e0 nel 1929 lanci\u00f2 il concetto di socialismo liberale.<\/p>\n\n\n\n

Rosselli<\/a>, che proveniva da una ricca famiglia ebraica, si iscrisse presto al Partito Socialista Italiano. Svilupp\u00f2 la sua critica al determinismo marxista dopo che la lotta di classe portata avanti dal partito nel 1919-20 – nel mezzo di una massiccia ondata di scioperi che furono causa di molta violenza e di molte occupazioni di fabbriche – port\u00f2 il Paese a una situazione vicina alla guerra civile, dalla quale uscirono trionfatori i fascisti di Benito Mussolini.<\/p>\n\n\n\n

Rosselli abbandon\u00f2 una promettente carriera accademica per unirsi al movimento antifascista e, dopo aver aiutato alcuni militanti a fuggire, fu detenuto in un campo di prigionia a Lipari, dove scrisse in segreto il suo unico libro,\u00a0Il socialismo liberale<\/em>.\u00a0Tradotto e pubblicato in inglese<\/a>\u00a0nel 1994, questo libro critica il partito per aver ignorato il fatto che la classe operaia era in minoranza e per aver dato alle forze reazionarie le motivazioni per quelle azioni politiche illegali che hanno portato alla vittoria del fascismo. Secondo il noto filosofo politico italiano Noberto Bobbio,\u00a0Il socialismo liberale<\/em>\u00a0divenne il “libretto rosso<\/a>” per lui e per molti altri del movimento di resistenza degli anni Trenta.<\/p>\n\n\n\n

Rosselli sosteneva che la lotta per il socialismo doveva essere inquadrata nella democrazia e nello Stato di diritto: la difesa dei diritti dell’individuo da parte del liberalismo era la base etica del socialismo. Condann\u00f2 la dittatura instaurata dai comunisti russi e la fissazione di Vladimir Lenin per l’esercizio burocratico del potere, a cui oppose un’economia basata sul decentramento e sulle cooperative autonome locali.<\/p>\n\n\n\n

Egli critic\u00f2 la strategia “classe contro classe” della Terza Internazionale sotto Josef Stalin, che accomunava i socialdemocratici (chiamati “socialfascisti”) al nemico, rendendo impossibile l’unit\u00e0 contro il fascismo. Invece della collettivizzazione forzata dell’agricoltura e della dittatura monopartitica di Stalin, Rosselli sosteneva riforme sociali strutturali che avrebbero aumentato la libert\u00e0 individuale nella societ\u00e0 civile.<\/p>\n\n\n\n

Dopo pi\u00f9 di due anni di prigionia, Rosselli riusc\u00ec a fuggire in Francia, dove cre\u00f2 il movimento “Giustizia e Libert\u00e0”, che ebbe un ruolo importante nell’opposizione al fascismo. Nel giugno 1937, insieme al\u00a0fratello Nello<\/a>, fu assassinato dai fascisti francesi nella localit\u00e0 termale di Bagnoles-de-l’Orne. Le indagini giudiziarie del dopoguerra dimostrarono che con ogni probabilit\u00e0 l’omicidio era avvenuto per conto di Mussolini. I funerali dei due fratelli a Parigi si trasformarono in una grande manifestazione antifascista, con oltre 100.000 partecipanti.<\/p>\n\n\n\n

Gustav M\u00f6ller.\u00a0<\/strong>In Svezia, un originale pensatore liberalsocialista fu Gustav M\u00f6ller. Leggendario politico socialdemocratico della “seconda generazione”, fu ministro degli Affari sociali dall’inizio degli anni Trenta al 1951 e pose le\u00a0fondamenta<\/a>\u00a0<\/a>dello Stato sociale universale svedese.<\/p>\n\n\n\n

Come Rosselli, M\u00f6ller provava orrore per gli effetti della politica di classe massimalista e rivoluzionaria, ai suoi occhi esemplificata dalla\u00a0guerra civile in Finlandia<\/a>, in cui il numero di morti, con le dovute proporzioni, fu almeno pari a quello della\u00a0guerra civile spagnola<\/a>\u00a0<\/a>del 1936-39. Nel 1918, M\u00f6ller fu inviato in Finlandia dal partito socialdemocratico come uno dei tre mediatori. Incontrando i leader dei socialdemocratici finlandesi, critic\u00f2 aspramente le violenze e gli abusi commessi dai rossi, sostenendo che ci\u00f2 significava che essi non avevano la “forza morale” per contrastare la reazione borghese. I suoi interlocutori, tuttavia,\u00a0rifiutarono<\/a>\u00a0le proposte di mediazione e scelsero di continuare la guerra di classe, che si concluse con un’amara sconfitta.<\/p>\n\n\n\n

M\u00f6ller trasse le stesse conclusioni di Rosselli dai conflitti di classe dell’Italia di allora: il movimento socialista non doveva allontanarsi di un millimetro dalla democrazia parlamentare e dallo Stato di diritto. Giunse anche alla conclusione che non era possibile costruire una strategia socialista contando solo sulla classe operaia, perch\u00e9 essa non era, n\u00e9 sarebbe diventata, maggioranza. Al contrario, la parte socialista avrebbe dovuto cercare alleanze pi\u00f9 ampie, come fecero i socialdemocratici svedesi con i contadini negli anni ’30 e successivamente con la classe media.<\/p>\n\n\n\n

M\u00f6ller era anche molto critico nei confronti della preferenza dei comunisti per un socialismo inteso come nazionalizzazione della produzione. In\u00a0un famoso discorso<\/a>\u00a0<\/a>al Congresso dei lavoratori scandinavi a Copenaghen nel 1920, a proposito del rapporto dello Stato con le imprese private, disse: “Non c’\u00e8 dubbio che quando realizzeremo questi grandi piani, dovremo anche risolvere il problema della burocrazia. Non serve a nulla creare uno Stato in cui i funzionari pubblici seduti nei loro uffici dirigono e controllano la produzione. Dobbiamo trovare altre soluzioni”.<\/p>\n\n\n\n

La sua principale idea era che la produzione fosse portata avanti da aziende autonome e autogestite, nei cui consigli di amministrazione dovevano sedere\u00a0\u00a0i dipendenti, i consumatori e i rappresentanti di interessi sociali pi\u00f9 ampi. L’intera responsabilit\u00e0 per lo sviluppo della produzione sarebbe spettata\u00a0“<\/a>all’azienda stessa<\/a>“,<\/a>\u00a0non a un organismo centrale di pianificazione.<\/p>\n\n\n\n

Sebbene la carriera politica di M\u00f6ller sia stata molto pi\u00f9 lunga di quella di Rosselli e il suo partito sia stato al potere, non molto della sua visione di un socialismo fondato sull’autogoverno delle imprese si realizz\u00f2, anche a causa della depressione economica e della guerra. Nel 1944 i socialdemocratici adottarono un nuovo programma ma M\u00f6ller critic\u00f2 aspramente quella che consider\u00f2 una diluizione dell’ordine socialista. Nel 1946, perse, con piccolo margine, le elezioni per la leadership del partito; la vittoria and\u00f2 a una generazione pi\u00f9 giovane che mise da parte il socialismo a favore di un forte stato sociale.<\/p>\n\n\n\n

Tuttavia, in questo caso prevalse lo scetticismo liberale di M\u00f6ller nei confronti del governo centrale e dell’esercizio dell’autorit\u00e0 statale. Il sistema di assicurazione sanitaria da lui lanciato sarebbe stato gestito da casse mutue sanitarie elette a livello locale e l’assicurazione contro la disoccupazione da casse sindacali. Anche per offrire sostegno finanziario alle piccole imprese negli anni ’30, M\u00f6ller si affid\u00f2 alle associazioni imprenditoriali regionali piuttosto che all’Ente Nazionale per il Commercio. Si potrebbero aggiungere molti altri esempi del suo impegno a non fare ricorso alla mano forte del potere burocratico statale.<\/p>\n\n\n\n

Propriet\u00e0 = controllo?\u00a0<\/strong>C’\u00e8 qualcosa oggi che corrisponde all’unione di liberalismo e socialismo nello spirito “M\u00f6ller-Rosselli”? Se per socialismo si intende limitare o addirittura eliminare il potere di chi ha la propriet\u00e0 del capitale sulla produzione, allora s\u00ec: in molti Paesi, sempre pi\u00f9 imprese sono\u00a0di propriet\u00e0 e\/o controllate<\/a>\u00a0da coloro che vi lavorano.<\/p>\n\n\n\n

Come ha dimostrato <\/a>[M12]<\/a> l’economista americano David Ellerman, sia il marxismo che il capitalismo si fondano sull’idea errata che la propriet\u00e0 del capitale sia ci\u00f2 che in un’economia di mercato d\u00e0 potere nella sfera della produzione. Il capitale assume (cio\u00e8 impiega) manodopera e i proprietari del capitale controllano l’azienda. Ma in un’economia di mercato i lavoratori possono affittare (cio\u00e8 prendere in prestito) il capitale necessario all’azienda e quindi sono loro ad avere il potere nella produzione. Non \u00e8 quindi la propriet\u00e0 del capitale in s\u00e9 a determinare le relazioni di potere all’interno di un’azienda, ma il modo in cui viene costruito il “contratto di affitto” tra capitale e lavoro – chi assume chi o cosa. Questa teoria contrattuale del potere stravolge ci\u00f2 che sia la destra che la sinistra pensano del potere e del capitale.<\/p>\n\n\n\n

\u00c8 sorprendente che pi\u00f9 di un secolo di pensiero socialista\u00a0non abbia affrontato l’idea<\/a>\u00a0che i proprietari dei “mezzi di produzione” hanno il diritto di comando nei “rapporti di produzione”. La nazionalizzazione, la pianificazione centrale e, in Svezia, il progetto (fallito) dei “fondi per i salariati<\/a>” non hanno messo in discussione questo principio su cui si basa il capitalismo: la propriet\u00e0 del capitale dovrebbe dare ai proprietari – siano essi singoli magnati, istituzioni finanziarie, pianificatori centrali o leader sindacali – il diritto di comando nel processo produttivo. In effetti, questo \u00e8 un bell’esempio di ci\u00f2 che Antonio Gramsci chiamava “egemonia” borghese.<\/p>\n\n\n\n

Due dei pi\u00f9 autorevoli teorici della democrazia liberale, Robert Dahl e John Rawls, hanno assunto posizioni simili a quelle di Rosselli e M\u00f6ller. In John Rawls: Reticent Socialist<\/em>, William Edmundson mostra che negli ultimi scritti di Rawls non sosteneva pi\u00f9 la sua precedente idea che il “capitalismo del benessere” fosse compatibile con le sue note idee di giustizia sociale. Al contrario, egli indicava come prerequisiti il “socialismo liberale” e\/o la “democrazia proprietaria”. Per quanto riguarda Dahl, nel suo libro del 1989 Democracy and its Critics<\/em> si riferiva esplicitamente a Ellerman, sostenendo che non c’era motivo per cui i liberali dovessero astenersi dal perseguire la democrazia anche nella sfera lavorativa<\/a>[M15]<\/a> .<\/p>\n\n\n\n

Le aziende possedute o gestite dai dipendenti attraverso un processo democratico sono state\u00a0studiate per quattro decenni<\/a>: conseguono ottimi risultati finanziari, pagano stipendi pi\u00f9 alti ed \u00e8 maggiore il numero di dipendenti soddisfatti. Inoltre, esse contrastano la crescente disuguaglianza economica offrendo ai dipendenti una quota del rendimento del capitale, spesso sotto forma di\u00a0pensioni pi\u00f9 elevate<\/a>.<\/p>\n\n\n\n

Paradossalmente, queste aziende sono\u00a0molto pi\u00f9 comuni<\/a> negli Stati Uniti “supercapitalisti” e nella Gran Bretagna a controllo conservatore che nella Svezia socialdemocratica. Ci\u00f2 \u00e8 dovuto alla legislazione che consente ai dipendenti, tramite una fondazione, di acquistare la propria azienda con i suoi profitti futuri come garanzia finanziaria. I\u00a0Programmi di Azionariato dei Dipendenti<\/a>\u00a0(ESOP) non richiedono quindi che i dipendenti rischino il proprio denaro quando rilevano l’azienda. Negli Stati Uniti e ora anche nel Regno Unito, questo processo \u00e8 facilitato da norme fiscali favorevoli e da opportunit\u00e0 di accesso a prestiti governativi.<\/p>\n\n\n\n

\u00c8 interessante notare che questa democrazia economica attraverso la propriet\u00e0 della forza lavoro \u00e8 sostenuta sia dai Repubblicani che dai Democratici, un’affermazione significativa dell’egemonia gramsciana sul versante dei progressisti. Quasi dieci milioni di dipendenti lavorano oggi in 7.000 aziende di questo tipo negli Stati Uniti, di cui pi\u00f9 di 4.000 hanno il fondo ESOP come proprietario di maggioranza.\u00a0Una politica simile<\/a>\u00a0<\/a>\u00e8 stata introdotta nel Regno Unito nel 2014 e pi\u00f9 di 500.000 dipendenti lavorano ora in circa 1.700 societ\u00e0 EOB (Employment Ownership Business). Questo tipo di “socialismo liberale” sembra pi\u00f9 comune nelle aziende ad alta tecnologia, dove la risorsa pi\u00f9 importante non \u00e8 il capitale fornito dai proprietari, ma piuttosto la competenza, la creativit\u00e0 e l’impegno dei dipendenti.<\/p>\n\n\n\n

Prendere sul serio la democrazia.\u00a0<\/strong>Dal punto di vista politico, il socialismo liberale si differenzia dal liberalismo standard perch\u00e9 prende sul serio la disuguaglianza economica e la democrazia economica. Un liberalismo che fosse stato anche socialista avrebbe potuto evitare la disastrosa\u00a0deviazione neoliberista<\/a>\u00a0<\/a>degli ultimi quattro decenni. Esso si differenzia dalla socialdemocrazia per il fatto che prende sul serio anche il socialismo, inteso come diritto dei lavoratori a\u00a0governare le proprie aziende<\/a>. Un tale riconoscimento da parte del movimento socialista nella sua interezza, un secolo fa, avrebbe impedito il suo dirottamento per effetto dell’alleanza del potere statale con la “gestione da parte di un solo uomo”, che Lenin sposava con la stessa passione del sostenitore statunitense del “management scientifico”, Frederick Taylor.<\/p>\n\n\n\n

Lungi dall’essere un ossimoro, il socialismo liberale rappresenta una sinergia tra i due grandi filoni politici illuministi, che per troppo tempo hanno corso su binari divergenti, con danno per entrambi. Come sosteneva Rosselli, il socialismo \u00e8 l’idea di libert\u00e0 del liberalismo portata al suo logico compimento. <\/p>\n\n\n\n


\n\n\n\n

* Questo articolo \u00e8 stato originariamente pubblicato in inglese su Social Europe (www.socialeurope.eu<\/a>) l\u201911 dicembre 2023<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Bo Rothstein argomenta che liberalismo e socialismo, erroneamente contrapposti, possono essere riconciliati. Riferendosi a Carlo Rosselli e Gustav M\u00f6ller che poco meno di un secolo fa, in Italia e Svezia, si impegnarono a elaborare una posizione liberal-socialista, Rothstein sostiene che \u00e8 essenziale riconoscere il diritto dei lavoratori a partecipare al governo dell\u2019
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