{"id":7048,"date":"2024-02-14T18:37:12","date_gmt":"2024-02-14T16:37:12","guid":{"rendered":"https:\/\/eticaeconomia.it\/?p=7048"},"modified":"2024-02-14T18:37:13","modified_gmt":"2024-02-14T16:37:13","slug":"chi-ha-paura-della-patrimoniale","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/eticaeconomia.it\/chi-ha-paura-della-patrimoniale\/","title":{"rendered":"Chi ha paura della patrimoniale?"},"content":{"rendered":"\n

Uno spostamento del carico fiscale dal reddito al patrimonio \u00e8 stato sollecitato perfino da un gruppo di multimiliardari come i Patriotic Millionaires<\/a>. Non si tratta di un eccesso di filantropia ma, secondo questa associazione<\/a>, del riconoscimento che \u201cle patrimoniali potrebbero aumentare la stabilit\u00e0 economica<\/strong> e contribuire a sostenere una forza lavoro sana e istruita e una classe media di consumatori: in questo senso, gli imprenditori ricchi potrebbero beneficiare da tasse pi\u00f9 alte\u201d. <\/p>\n\n\n\n

Milton Friedman, in una nota lettera<\/a>, ha presentato vari argomenti contro le imposte patrimoniali, mentre i pregi di una imposta di questo tipo sono stati evidenziati anche recentemente da organismi ed economisti di diverso orientamento, come Oxfam<\/a>, Fabrizio Patriarca<\/a> e Fabio Marchetti<\/a>. Ultimamente \u00e8 tornata sull\u2019argomento anche l\u2019OECD, che nel suo ultimo Rapporto sull\u2019Italia<\/a>, per ridurre le disuguaglianze e migliorare l\u2019efficienza del sistema fiscale raccomanda un aumento delle imposte su eredit\u00e0 e propriet\u00e0, che attualmente sono molto inferiori alla media dei paesi pi\u00f9 sviluppati. Nonostante ci\u00f2, molte forze politiche che si dichiarano vicine agli interessi dei ceti popolari manifestano una forte avversione alle imposte patrimoniali e perfino al semplice riordino del catasto. <\/p>\n\n\n\n

Gli effetti dello spostamento dell\u2019imposizione dal reddito al patrimonio sul carico fiscale di ciascun contribuente dipendono dalle rispettive aliquote, ma \u00e8 chiaro che i contribuenti con un rapporto tra ricchezza e reddito pi\u00f9 elevato della media rischiano di pagare pi\u00f9 tasse con qualsiasi sistema di aliquote che lasci invariato il gettito fiscale complessivo. Tale rapporto \u00e8 dunque cruciale nel determinare la convenienza di una simile riforma fiscale per ciascun individuo. <\/p>\n\n\n\n

Un diverso mix tra le due basi imponibili pu\u00f2 avere effetti distributivi significativi perch\u00e9 la ricchezza accumulata (reale e finanziaria) non \u00e8 generalmente proporzionale al reddito familiare, e tantomeno a quello dichiarato al fisco. In particolare, contribuiscono a far divergere i due indicatori le eredit\u00e0 ricevute, gli anni di attivit\u00e0 e la possibilit\u00e0 di evadere parte del reddito, che \u00e8 maggiore di quella di occultare i cespiti patrimoniali. Proprio per questo, gli indici utilizzati per distribuire sussidi e benefici in base alla \u201cprova dei mezzi\u201d, come l\u2019ISEE, tengono conto sia del reddito che della ricchezza dei candidati, come evidenziato da FraGRa<\/a> e Giovanni Gallo<\/a>, nonostante i redditi abbiano la natura di un flusso periodico ed il patrimonio quella di un ammontare accumulato nel tempo.<\/p>\n\n\n\n

Per comprendere meglio le ragioni della opposizione alle imposte sul patrimonio \u00e8 utile analizzare i dati sulla distribuzione delle due basi imponibili (ricchezza e reddito) elaborati periodicamente per l\u2019Italia dalla Banca d\u2019Italia<\/a>(ultimamente in collaborazione con l\u2019Istat). Questa indagine \u00e8 una delle poche fonti integrate di dati individuali su reddito e patrimonio delle famiglie italiane disponibili pubblicamente, anche se \u00e8 notoriamente soggetta a vari errori di misura<\/a>, dovuti alle mancate risposte (soprattutto tra le famiglie pi\u00f9 abbuenti e tra i residenti delle grandi citt\u00e0 e del Nord) e alla sotto-dichiarazione di varie grandezze (almeno il 20% in meno del valore l\u2019abitazione principale; una diffusa sottovalutazione delle poste finanziarie; una forte sottostima dei redditi da lavoro autonomo e da capitale). I dati derivano dalle dichiarazioni degli intervistati (circa 16.000 individui appartenenti a 7000 famiglie ogni anno) e non sono del tutto coerenti con quelli dei conti patrimoniali aggregati per settori istituzionali elaborati dall\u2019Istat<\/a>, che sfruttano anche informazioni amministrative e stime statistiche che non sono diffuse a livello individuale. L\u2019indagine della Banca d\u2019Italia prevede solo correzioni marginali della sottodicharazione, ed in questo lavoro anche il reddito ante tasse \u00e8 stato stimato a partire da quello netto rilevato nell\u2019indagine tramite tecniche di regressione senza introdurre nessuna correzione per evasione ed elusione. Pertanto i dati disponibili consentono al massimo di valutare l\u2019effetto di una variazione del mix tra imposizione sul reddito e sul patrimonio rispetto alla situazione attuale, senza ipotizzare alcuna riduzione del tax gap connessa ad un diverso sistema di prelievo. Sebbene i dati disponibili pi\u00f9 recenti si riferiscano al 2020, \u00e8 opportuno esaminare quelli rilevati nel 2016, ossia prima che la pandemia di Covid 19 sconvolgesse i bilanci delle famiglie.<\/p>\n\n\n\n

Considerando le diverse fasce di reddito, la tabella 1 mostra che il rapporto tra ricchezza e reddito raggiunge il valore massimo (prossimo a 5) per le famiglie appartenenti al ceto medio (pi\u00f9 precisamente quelle che rientrano nel terzo quinto dei percettori di reddito) e diminuisce lievemente per le fasce superiori. Ci\u00f2 \u00e8 contrario a quanto ci si potrebbe aspettare ipotizzando che la propensione al risparmio dei pi\u00f9 ricchi sia pi\u00f9 alta e quindi la loro capacit\u00e0 di accumulazione sia proporzionalmente maggiore. Questo andamento del rapporto si riscontra anche tra i percettori di redditi meno esposti all\u2019elusione ed evasione fiscale, ovvero le famiglie che non possiedono altri immobili oltre a quello in cui abitano e in cui il maggiore percettore \u00e8 un lavoratore dipendente o pensionato. Il rapporto tra ricchezza e reddito \u00e8 molto simile per le famiglie appartenenti al quinto di reddito pi\u00f9 elevato, a prescindere all\u2019origine dei loro proventi. Una imposta patrimoniale indifferenziata pu\u00f2 risultare poco progressiva, se non regressiva (sempre in base alle dichiarazioni fiscali), tra le famiglie dei tre quintili superiori, soprattutto se titolari di redditi diversi da salari e pensioni.<\/p>\n\n\n\n

Disaggregando i dati per et\u00e0 del capofamiglia, si rileva che il rapporto tra ricchezza e reddito aumenta con l\u2019et\u00e0, conformemente alle attese (perch\u00e9 gli anziani hanno avuto pi\u00f9 tempo per accumulare riserve), con una progressione pi\u00f9 rapida della media per i percettori di introiti pi\u00f9 facili da accertare (dal 50 al 480 per cento, contro una variazione complessiva dal 180 al 540 per cento). Questa differenza potrebbe essere spiegata, oltre che da fenomeni di sotto-dichiarazione pi\u00f9 diffusi tra autonomi, imprenditori e percettori di redditi da capitale, anche da una dotazione iniziale di capitali proporzionalmente maggiore per queste categorie, associata probabilmente al valore del circolante e delle immobilizzazioni tecniche (molte delle quali ereditate) indispensabili per condurre un\u2019impresa o una attivit\u00e0 autonoma. Infatti si evidenziano differenze molto significative nel rapporto tra ricchezza e reddito a seconda della principale fonte di sostentamento della famiglia. In particolare, il rapporto \u00e8 pi\u00f9 elevato tra i lavoratori autonomi, i professionisti ed i pensionati e scende di circa tre volte passando da queste categorie agli operai. <\/p>\n\n\n\n

In base a queste evidenze, l\u2019opposizione ad uno spostamento del carico fiscale sul patrimonio sarebbe socialmente trasversale e diffusa tra i diversi gruppi di contribuenti. Infatti, come si \u00e8 visto, una imposta di questo tipo inciderebbe significativamente sul reddito dichiarato da tre quinti dei percettori di redditi pi\u00f9 elevati. Inoltre colpirebbe, oltre ad autonomi, imprenditori e professionisti, ma anche alcune categorie che generalmente sono considerate pi\u00f9 fedeli al fisco, come il ceto medio (che comprende gran parte degli impiegati, quadri e dirigenti) e gli anziani di ogni categoria. Risulterebbero invece favoriti i giovani (indipendentemente dalla loro condizione professionale), gli operai e gli appartenenti al primo quinto di reddito, particolarmente se non dichiarano altri introiti oltre a quello principale. Sarebbe dunque modesto il consenso politico indispensabile per attuare una riforma fiscale di questo tipo. In ogni caso, il carattere puramente dichiarativo dei dati dell\u2019indagine della Banca d\u2019Italia rende ardua qualsiasi valutazione sull\u2019equit\u00e0 e l\u2019efficienza di simili misure.<\/p>\n\n\n\n

In effetti, tutte le proposte di introduzione di una imposta patrimoniale prevedono varie soglie di esenzione e la promessa di contestuali sgravi delle imposte sul reddito (garantendo la parit\u00e0 del gettito complessivo), tali da aggregare maggiori consensi. Ad esempio, la tabella 2 suggerisce che alcune resistenze contro una patrimoniale generalizzata possono essere attenuate escludendo dalla base imponibile l\u2019abitazione di propriet\u00e0, che invece in Italia \u00e8 proprio uno dei principali cespiti soggetti a tributi di tipo patrimoniale ed a tariffe proporzionali al valore degli immobili (come TASI, TARI e imposte sulle transazioni). Prevedendo una simile franchigia, una imposta patrimoniale avrebbe una incidenza abbastanza progressiva sul reddito dichiarato per entrambe le categorie di contribuenti considerate, con un sensibile inasprimento per le fasce dei contribuenti pi\u00f9 abbienti. In linea di principio, ci\u00f2 consentirebbe di preservare il carattere progressivo dell\u2019imposizione personale anche adottando una aliquota unica sia sul reddito che sul patrimonio. Si attenuerebbe anche il rischio di penalizzare anziani e pensionati, mentre continuerebbero a subire un possibile aumento del carico fiscale imprenditori, professionisti e lavoratori autonomi, ovvero le categorie presumibilmente pi\u00f9 esposte al rischio di evasione ed elusione. Tra le categorie che riportano un pi\u00f9 elevato rapporto tra ricchezza (al netto della franchigia) e reddito figurano anche i capofamiglia vicini alla pensione, ma presumibilmente ancora in attivit\u00e0 (tra 55 e 64 anni), soprattutto se non svolgono un lavoro dipendente.<\/p>\n\n\n\n

Senza alcuna franchigia, una imposta patrimoniale sulla ricchezza lorda coinvolgerebbe virtualmente tutte le famiglie di ogni categoria. La percentuale delle famiglie che possiedono altri asset oltre alla casa di abitazione \u00e8 infatti abbastanza elevata ed \u00e8 omogenea tra le diverse categorie, pertanto il fronte dei contribuenti ostili ad una imposta patrimoniale resterebbe ampio e trasversale anche escludendo l\u2019abitazione principale dalla base imponibile. La tabella 3 mostra che, anche precedendo questa esenzione, la quota di famiglie tenuta a versare qualche imposta sul patrimonio non scenderebbe in media al di sotto del 72%, e quindi potrebbe ancora suscitare la diffidenza di un\u2019ampia maggioranza dei contribuenti nonostante la garanzia di sconti sulla tassazione del reddito. La percentuale di famiglie coinvolte supera il 40% anche tra quelle che rientrano nel quinto pi\u00f9 povero (in base ai redditi dichiarati) e sale fino a sfiorare il 95% tra i pi\u00f9 abbienti. Le resistenze sarebbero pi\u00f9 deboli solo tra i giovani e gli operai, che risulterebbero comunque soggetti all\u2019imposta in oltre la met\u00e0 dei casi. <\/p>\n\n\n\n

Si potrebbe registrare un consenso maggiore limitando la patrimoniale a chi possiede attivit\u00e0 reali e finanziarie (inclusa l\u2019abitazione di propriet\u00e0 e al lordo delle passivit\u00e0) per oltre 480 mila euro, che corrisponde alla soglia superata solo dal 10% delle famiglie pi\u00f9 ricche nel 2016. L\u2019ultima colonna della tabella 3, infatti, mostra che in questo caso verrebbero coinvolte solo quote marginali degli appartenenti ai primi tre quinti di reddito; tra l\u201911 e il 13% delle famiglie con persona di riferimento over 45; tra il 24 e il 35% dei lavoratori autonomi, imprenditori e professionisti. Verrebbe dunque accentuato il carattere progressivo dell\u2019imposta e si escluderebbe la maggior parte delle famiglie, che potrebbero dunque aspettarsi soprattutto una riduzione dell\u2019incidenza complessiva delle imposte pagate attualmente sul reddito dichiarato. Per altro salirebbe significativamente la pressione fiscale sul patrimonio imponibile residuo necessaria a garantire l\u2019invarianza del gettito. Non \u00e8 certo se ci\u00f2 renderebbe pi\u00f9 equo ed efficiente il sistema fiscale, visto che molti evasori<\/a> si annidano proprio tra i contribuenti appartenenti ai primi quinti del reddito dichiarato, tuttavia una soglia di esenzione cos\u00ec elevata renderebbe meno indigesta anche per questi ultimi una riforma che potrebbe contribuire alla riduzione di evasione ed elusione.<\/p>\n\n\n\n

Il consenso (informato) sulle riforme fiscali \u00e8 strettamente collegato a quello sull\u2019ammontare e la composizione della spesa pubblica, quindi non basta ridurre le imposte per costruirlo ed ha poco senso proporre riforme che non riguardino allo stesso tempo sia le entrate che le uscite della PA. Esistono anche\u00a0evidenze<\/a>\u00a0che una pressione fiscale pi\u00f9 elevata pu\u00f2 aumentare il benessere complessivo e la capacit\u00e0 di risparmio delle famiglie attraverso la fornitura di servizi pubblici (come sanit\u00e0, istruzione e trasporti collettivi) a costi potenzialmente inferiori a quelli di mercato. I risultati precedenti, tuttavia, suggeriscono che uno spostamento del carico fiscale dal reddito al patrimonio lordo, di per s\u00e9, non pu\u00f2 contare su un consenso politico abbastanza largo se la base imponibile comprende l\u2019intero ammontare della ricchezza detenuta dalle famiglie e perfino se si esclude solo il valore dell\u2019abitazione di propriet\u00e0. Una soglia di esenzione molto alta avrebbe maggiori probabilit\u00e0 di convincere la maggior parte dei contribuenti a pagare almeno una parte delle imposte in base alla propria ricchezza piuttosto che al reddito (dichiarato). Tuttavia \u00e8 inevitabile che una operazione di questo tipo comporterebbe vantaggi solo per alcune famiglie (probabilmente la maggioranza) compensati da aggravi, anche ingenti, su altre. L\u2019intera operazione richiede dunque una lunga fase di negoziazione e probabilmente un mutamento degli equilibri politici.<\/p>\n\n\n\n

Tabella 1 – Ricchezza complessiva in percentuale del reddito lordo dichiarato<\/em><\/p>\n\n\n

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\"\"<\/a><\/figure><\/div>\n\n\n

(*) Esclusi i percettori di redditi immobiliari o altri proventi.<\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Enrico D\u2019Elia si occupa di imposte patrimoniali e riflette sulla possibilit\u00e0 che esse, modificando la base imponibile, colpiscano oltre agli evasori anche i pensionati ed il ceto medio, sui quali la pressione fiscale \u00e8 gi\u00e0 elevata. 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