ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 217/2024

15 Giugno 2024

Profitti bancari e politica monetaria restrittiva

Riccardo Zolea discute gli effetti della politica monetaria restrittiva della BCE degli ultimi due anni sui bilanci bancari, ricordando che nel 2023 le banche hanno realizzato profitti estremamente elevati legati proprio alle politiche monetarie della BCE. Dopo aver illustrato la relazione tra abbondanza di liquidità, rialzo dei tassi d'interesse e concentrazione nel sistema bancario, Zolea richiama l’attenzione su alcuni elementi critici dal punto di vista dell'equità e delle disuguaglianze.

Da qualche giorno è stata pubblicata la Relazione del Governatore della Banca d’Italia sul 2023. I dati della Relazione confermano quanto si andava annunciando già da fine 2023, e cioè un aumento dei profitti bancari di entità piuttosto considerevole. A questo aumento dei profitti corrisponde inoltre l’aumento del tasso di profitto bancario (o “saggio”, riprendendo la terminologia dell’economia classica). Il volume dei profitti, di per sé, è infatti poco significativo e va confrontato con il capitale investito per comprendere se un investimento sia stato vantaggioso o meno. Per determinare empiricamente il tasso del profitto del settore bancario un indice molto appropriato è costituito dal ROE (Return On Equity), cioè l’utile (al netto o al lordo delle imposte) diviso per il capitale proprio. Infatti, a differenza di altre tipologie di imprese, il capitale di debito del settore bancario (come le obbligazioni bancarie) è più assimilabile alla raccolta dei depositi che non alla funzione di garanzia svolta dal capitale proprio. Considerando anche che i regolamenti bancari impongono che il capitale proprio sia pari ad una certa percentuale dell’attivo ponderato per il rischio (circa il 10%), sostanzialmente nel settore bancario solamente il capitale proprio svolge la funzione abitualmente svolta dal capitale nel suo complesso (proprio e di debito). L’andamento del ROE delle banche italiane è mostrato in Figura 1.

Figura 1

Fonte: elaborazione propria su dati Banca d’Italia (segnalazioni di vigilanza consolidate per i gruppi bancari e individuali per le banche non appartenenti a gruppi). Valori in percentuale. Il dato riguardante il 2023 è provvisorio. Il ROE al netto delle componenti straordinarie è calcolato escludendo dall’utile netto le svalutazioni riclassificate tra gli avviamenti.

Nel 2023 il ROE tocca il 15%, un livello considerevolmente superiore a quelli degli anni precedenti (questo primato rimane tale anche considerando il periodo precedente alla crisi del 2008). In Figura 2 si scompone il conto economico bancario aggregato.

Figura 2

Fonte: elaborazione propria su dati Banca d’Italia (segnalazioni di vigilanza consolidate per i gruppi bancari e individuali per le banche non appartenenti a gruppi). I valori sono espressi in rapporto al capitale medio, mostrando il contributo di ciascuna voce al ROE. Il dato riguardante il 2023 è provvisorio.

È chiaro che l’origine dell’aumento della profittabilità bancaria può essere individuata nel margine d’interesse, mentre le commissioni nette e gli altri ricavi mostrano un leggero calo e le altre voci di bilancio rimangono grosso modo costanti. Da rilevare la riduzione in valore assoluto delle rettifiche di valore su crediti, il che equivale sostanzialmente a una riduzione dei costi. Tra il 2012 (crisi dei debiti sovrani) e il 2016 infatti i crediti deteriorati sono aumentati sensibilmente, stabilizzandosi solamente nel 2018. Cosa spiega invece l’aumento del margine d’interesse?

Nel 2022 la Banca Centrale Europea (BCE) ha alzato i tassi d’interesse di riferimento per contrastare l’inflazione facendo così aumentare anche i tassi bancari (proprio pochi giorni fa, il 6 giugno 2024, la BCE ha però ridotto di 25 punti base i tassi di riferimento, che rimangono comunque ancora elevati). Da sottolineare che in questi casi la politica monetaria produce effetti con un certo ritardo temporale e che l’inflazione ha cominciato a calare già a fine 2022, mostrando dunque una certa inadeguatezza e inopportunità della politica restrittiva della BCE (Oltre le banche centrali, Saraceno F. (2023), Roma: LUISS University Press). Tuttavia, l’aumento dei tassi bancari, di per sé, non basta a spiegare l’aumento della profittabilità bancaria. Il margine d’interesse è costituito infatti dalla differenza tra i guadagni derivanti dai tassi attivi sui prestiti effettuati*(ad esempio i mutui) e i costi dovuti ai tassi passivi sulla raccolta (ad esempio i conti correnti). Se dunque è aumentato il margine d’interesse, la differenza tra questi due aggregati è aumentata. E infatti le banche hanno aumentato i tassi sui prestiti, senza aumentare proporzionalmente quelli sui depositi, come si può vedere in Figura 3. Questo effetto della politica monetaria è abbastanza comune, ma in questo caso è particolarmente forte.

Figura 3

Fonte: elaborazione propria su dati Banca d’Italia – Base dati statistica. Differenza tra “Tassi d’interesse armonizzati – prestiti alle società non finanziarie – consistenze” e “Tassi d’interesse armonizzati – depositi – società non finanziarie e famiglie – consistenze”. Valori in percentuale.

La concorrenza tra banche non ha dunque spinto verso l’alto il tasso sui depositi e la ragione è che le banche non hanno al momento necessità di attrarre liquidità e di farsi concorrenza a questo scopo. Anche dopo la fine delle operazioni di quantitative easing (denominato in maniera più precisa Asset Purchase Programmes, APP) le banche europee rimangono in possesso di un grande ammontare di liquidità che hanno ottenuto negli ultimi anni in cambio di titoli dalla BCE. Inoltre, dalle privatizzazioni degli anni ’90, il settore bancario italiano è sempre più concentrato e non stupisce che la concorrenza nella raccolta sia a dir poco viscosa. Venuta meno la concorrenza, le banche praticamente decidono il prezzo dell’output (i prestiti) e dell’input (i depositi) e ottengono così un tasso di profitto assai elevato.

Come notano De Grauwe e Ji (2023), inoltre, le banche europee (e dunque anche quelle italiane) hanno un ulteriore vantaggio. In precedenza, cardine della politica della BCE era il tasso di rifinanziamento principale e un sistema definito a corridoio: la BCE controllava infatti il tasso a cui prestava e riceveva riserve sul mercato overnight e le banche si prestavano tra loro riserve nel mercato interbancario a un tasso oscillante tra i due margini (altrimenti era più conveniente rivolgersi alla banca centrale stessa). Inoltre, la BCE concedeva liquidità in cambio di titoli con una scadenza maggiore (una settimana) tramite le operazioni di rifinanziamento principale. In una situazione di abbondanza di liquidità questi meccanismi perdono rilevanza, poiché le banche hanno già la liquidità di cui necessitano e non ne richiedono altra né alla banca centrale né nel mercato interbancario (si veda anche Cesaratto, 2023). Assume dunque particolare importanza il tasso a cui la banca centrale remunera i depositi presso di sé (sistema a pavimento). Aumentando il tasso a cui le banche depositano in sicurezza riserve presso la BCE, aumenta anche il tasso sui prestiti che le banche elargiscono ai clienti: per prestare al pubblico, con un certo livello di rischio maggiore rispetto a depositare presso la banca centrale stessa, le banche chiedono tassi più alti e così la politica monetaria restrittiva della BCE si trasmette all’economia. Ne risulta però che la BCE sta remunerando le riserve bancarie ad un tasso molto alto, con diversi miliardi di utili assicurati al sistema bancario (De Grauwe e Ji stimano addirittura oltre 150 miliardi annui). Praticamente questo meccanismo determina un sussidio per il sistema bancario europeo, che si traduce in minori “profitti” per la banca centrale (se si può parlare di profitti per un’istituzione come la banca centrale) e minori entrate per i Paesi dell’eurozona, “azionisti” della BCE.

In una fase storica in cui i salari reali italiani, già diminuiti negli ultimi 30 anni, sono stati ulteriormente ridotti dalla fiammata inflazionistica (L’inflazione in Italia. Cause, conseguenze, politiche; a cura di Pianta M. (2023), Roma: Carocci), l’aumento dei profitti del settore bancario dovuto all’aumento del margine di interesse (a sua volta legato anche alla mancanza di concorrenza) e a sussidi pubblici implica effetti distributivi particolarmente iniqui. Infatti, se il settore bancario ottiene maggiori profitti, il salario reale è ulteriormente ridotto: da un lato le imprese possono infatti traslare questi maggiori costi sui prezzi, dall’altro i lavoratori subiscono sia l’aumento dei prezzi, sia l’aumento del tasso d’interesse su mutui e credito al consumo.

Mentre De Grauwe e Ji (2023) propongono delle soluzioni “tecniche” volte ad evitare di sussidiare le banche, cioè stabilire una quota più o meno grande di riserve presso la BCE che sia remunerata a tasso zero, molti Paesi europei hanno introdotto o rafforzato le imposte sui profitti bancari. Esemplare il caso della Spagna, che è riuscita a tassare efficacemente i profitti di banche ed imprese energetiche. Tuttavia, in Italia il Governo Meloni ha varato un’imposta sugli “extraprofitti” del settore bancario particolarmente arzigogolata che ha ottenuto un gettito irrisorio.

Da un lato sono senz’altro apprezzabili le proposte di De Grauwe e Ji, come pure l’idea di aumentare le imposte sui profitti (magari con una formulazione legislativa sensibilmente più efficace e mordace), specialmente in presenza di disuguaglianze crescenti, dall’altro è importante considerare anche la possibilità di modifiche più strutturali del settore bancario: di fronte alla sostanziale assenza di concorrenza si potrebbe intervenire con una maggiore regolamentazione di settore, obbligando le banche ad aumentare il tasso sui depositi (le raccomandazioni della Banca d’Italia non vincolanti restano sostanzialmente lettera morta), oppure con l’utilizzo di banche pubbliche di proprietà dello Stato che tutelino le famiglie lavoratrici e ristabiliscano la concorrenza bancaria, aumentando i tassi sui depositi e prestando a tassi agevolati a categorie sociali da tutelare (si ricorda inoltre il ruolo svolto da banche etiche e credito cooperativo).

Discorso a parte riguarda l’opportunità e lo scopo della scelta di aumentare i tassi d’interesse di riferimento in risposta alla crisi inflattiva, decisione basata su teorie monetariste che nel conflitto distributivo colpiscono sistematicamente il lavoro.


* I crediti deteriorati riducono il valore della posta all’attivo e direi che sono considerati nelle rettifiche di valore su crediti.

di valore su crediti.

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