La mobilità intergenerazionale nel mondo: risultati e limiti di un recente Rapporto della Banca Mondiale

Veronica Ballerini commenta un recente Rapporto della Banca Mondiale sulla mobilità economica intergenerazionale nel mondo, che si basa sul Global Database of Intergenerational Mobility, una nuova banca dati che offre una vastissima copertura geografica. Ballerini, dopo aver ricordato che il Rapporto presta molta attenzione alla mobilità intergenerazionale nell’istruzione, riassume i risultati empirici più rilevanti che in esso vengono presentati e avanza perplessità su alcuni aspetti metodologici del Rapporto.

Fair progress? Economic Mobility across Generations around the World è il nuovo volume della serie Equity and Development pubblicato di recente dalla Banca Mondiale.
Già il titolo, con l’espressione “Mobility across Generations”, indica che ci si occupa di due concetti distinti, anche se correlati, di mobilità intergenerazionale (ovvero di confronto tra le posizioni sociali dei genitori e dei figli): la mobilità assoluta e la mobilità relativa. Un indicatore di mobilità assoluta (verso l’alto) ci dice in che misura una generazione ha raggiunto uno standard di vita migliore rispetto a quello dei propri genitori; la mobilità relativa, invece, esprime il grado di dipendenza dello standard di vita di una generazione da quello dei propri genitori.
Nonostante quanto dichiarato dal titolo, già dalle prime pagine si evince che il concetto chiave intorno al quale si articola il lavoro non è tanto la mobilità economica, che viene solitamente misurata studiando l’associazione dei redditi di genitori e figli, quanto quella in istruzione. Quasi la totalità delle analisi empiriche presentate nel rapporto ha come oggetto, infatti, la mobilità intergenerazionale in istruzione (MIG). Gli autori spiegano esplicitamente la ragione di tale spostamento di focus: “Poiché l’istruzione è una dimensione chiave del progresso, la mobilità in istruzione è importante di per sé ed è un elemento essenziale per la mobilità economica, quando questa è intesa come mobilità nel benessere piuttosto che mobilità solo nel reddito”.

Una motivazione ancora più convincente la troviamo, però, qualche pagina più avanti, quando viene presentato il Global Database of Intergenerational Mobility (GDIM), costruito appositamente ai fini di questo rapporto. I dati, accessibili al pubblico, vantano una copertura geografica e longitudinale vastissima: le informazioni sulla scolarizzazione degli individui riguardano 148 paesi per la generazione nata negli anni ’80 (coprendo più del 95% della popolazione globale) e 111 paesi (circa l’87% della popolazione) per le generazioni nate tra gli anni ’40 e ’80.

Purtroppo, nonostante la mole considerevole, non è possibile definire ottima la qualità dei dati disponibili. La variabile istruzione viene, infatti, misurata principalmente in termini di livello; può assumere solo cinque valori, corrispondenti ad altrettanti raggruppamenti delle categorie della classificazione ISCED, che vanno da “nessun titolo” a “istruzione terziaria” (con cui si identificano indistintamente lauree triennali, magistrali, master post laurea e dottorati di ricerca). Una misura alternativa è data dal numero di anni di scolarizzazione. In entrambi i casi le variabili non consentono di fornire informazioni sulla qualità dell’istruzione e ciò può complicare il confronto nello spazio e nel tempo.
Il database raccoglie anche stime di mobilità nel reddito, in parte provenienti dalla letteratura esistente e in parte ottenute dagli autori tramite alcune tecniche econometriche di uso comune (descritte da Raitano sul Menabò), ma solo per un sottoinsieme di paesi, circa 70, di cui la maggior parte ad alto reddito, e solo per la generazione nata negli anni ’80. In confronto, l’ampia disponibilità di dati (seppur imperfetti) sulla scolarizzazione sembra giustificare uno spontaneo reindirizzamento dell’attenzione sulla mobilità in istruzione.
Dunque, estremamente ricco di dati, il rapporto della Banca Mondiale ci offre uno spaccato dei livelli di mobilità in istruzione, sia in termini assoluti che in termini relativi, nel mondo e nel tempo; di seguito vengono riportati alcuni dei risultati più rilevanti.

Ad oggi i Paesi in via di sviluppo presentano mediamente una minore mobilità generale rispetto alle economie sviluppate.

In termini di mobilità relativa, misurata attraverso il coefficiente di una regressione che esprime il livello di istruzione dei figli in funzione di quello dei genitori, i due gruppi di economie si rincorrono come Achille e la tartaruga: il gap è causato principalmente dall’aumento del livello di mobilità ad un tasso molto più elevato nei Paesi sviluppati (Achille) che nelle economie in via di sviluppo (la tartaruga), in cui la situazione risulta essere decisamente più stagnante [Figura 1].

Il quadro non migliora se passiamo ad una misura di mobilità quartile-based, attraverso cui si misura la probabilità per i figli di raggiungere un determinato quartile della distribuzione di istruzione, dato la loro posizione di partenza. In una società con massima mobilità relativa, un individuo nato da genitori poco istruiti avrebbe il 25% di probabilità di raggiungere il quartile più istruito della propria generazione. Va notato che fra i 50paesi con performances peggiori rispetto a questo indicatore, 46 sono in via di sviluppo [Figura 2].

Figura 1 – Persistenza intergenerazionale in istruzione (mobilità relativa) – una maggiore persistenza indica una minore mobilità

Figura 2 – Quota di individui nati da genitori appartenenti alla metà meno istruita della popolazione e che hanno raggiunto il quartile più istruito della propria generazione

Tuttavia, anche queste misure non sono scevre da problemi; a causa della mancanza di granularità dei dati, legata al fatto che soprattutto nelle economie sviluppate una fetta sempre più ampia di individui tende a raggiungere la categoria più alta di istruzione (che, ricordiamo, include indistintamente i diversi tipi di laurea, i master post laurea, i dottorati), emerge una difficoltà oggettiva nel suddividere il campione in quartili. La tecnica adottata dagli autori del volume per ovviare a questo problema è semplicemente una classificazione (discutibilmente) casuale di individui che, a causa di un addensamento della popolazione in una data categoria, non sono esattamente distinti in quartili diversi (ad esempio, se il 35% della popolazione ha almeno la laurea triennale, 10/35 di questi sono attribuiti, in via casuale, al quartile inferiore).

Guardando agli indicatori di mobilità assoluta – che misurano il livello di istruzione raggiunto dai figli tenendo conto di quello dei genitori, senza tener conto di una possibile crescita del livello medio di istruzione da una generazione all’altra– , risulta invece evidente una certa convergenza tra i due gruppi di Paesi a partire dalla generazione degli anni ’60 [Figura 3]. Purtroppo, nel complesso ciò sembra dovuto perlopiù ad una diminuzione della mobilità assoluta nelle economie ad alto reddito piuttosto che ad un aumento in quelle in via di sviluppo, in cui si è osservato uno stallo.

La convergenza viene meno se, anziché la mobilità fra generazioni, ci concentriamo sul livello di istruzione di una popolazione [Figura 4]: in media, la quota di individui dell’ultima generazione con livello di istruzione massimo nelle economie in via di sviluppo è la stessa di quella degli anni ’40 nelle high-income economies. Unica nota positiva, la costante riduzione del gap tra uomini e donne che, nei paesi sviluppati, hanno addirittura registrato performances migliori rispetto ai propri coetanei maschi.

Da sottolineare è anche l’enorme disparità within developing countries: se da un lato la quota della generazione nata negli anni ’80 che ha studiato più dei genitori è stata del 12% in Paesi come Guinea e Sudan, in Malaysia e Thailandia ha raggiunto l’80%. L’elemento discriminante sembra essere il grado di vulnerabilità socio-economica dei Paesi, che in gran parte è legata ai conflitti in corso [Figura 5].
Anche per la mobilità assoluta, va sottolineata una discutibile scelta metodologica da parte degli autori del rapporto. La MIG assoluta è misurata come percentuale di individui che abbiano raggiunto un livello di istruzione maggiore rispetto a quello del genitore più istruito. Tra questi individui, per la maggior parte delle analisi vengono esclusi quelli i cui genitori hanno raggiunto il livello di istruzione terziario. Non si tiene, dunque, conto nelle analisi della quota di laureati figli di laureati. Questa è certamente una scelta discutibile, poiché, così facendo, si perde una parte importante di informazione, maggiore quanto più avanzata è l’economia.

Figura 3 – Quota di adulti con livello di istruzione maggiore di quello dei propri genitori (mobilità assoluta). Sono esclusi gli individui i cui genitori possiedono un’istruzione terziaria

Figura 4 – Quota di popolazione con istruzione terziaria

Figura 5 – Mobilità di sette economie colpite da fragilità, conflitti e violenza (FCV) a confronto con la mobilità media delle economie in via di sviluppo

Il rapporto della Banca Mondiale dedica poi un intero capitolo al legame tra mobilità intergenerazionale in istruzione e nel reddito. In questo caso, alcuni fattori ci spingono a ritenere i risultati raggiunti meno affidabili di quelli riassunti finora; ne citiamo due. Primo, le stime della mobilità intergenerazionale nel reddito sono soggette per costruzione alla validità di discutibili ipotesi metodologiche che per ragioni di spazio non possiamo discutere in questa sede. Secondo, la stragrande maggioranza delle stime di MIG nel reddito sono basate su coppie padri-figli (maschi); le stime di MIG in istruzione sono invece il frutto di dati su figli maschi e femmine, su madri e padri. Differendo la popolazione di riferimento, è possibile che la stima della correlazione tra le due potrebbe risulti in qualche modo distorta. Per evitare di rendere la lettura oltremodo noiosa, non discuteremo in questa sede le tecniche adoperate per stimare la relazione tra MIG nel reddito e in istruzione; qui si è scelto di riportare solo risultati puramente descrittivi. In particolare, quelli che seguono sono funzionali al confronto delle distribuzioni, da un punto di vista geografico, di mobilità nel reddito e in istruzione [Figura 6]. A tale proposito va osservato che nella maggior parte dei paesi la mobilità in istruzione e quella nel reddito sono simili (si noti però che tale risultato non fornisce informazioni sul livello della mobilità).

Figura 6 – Mobilità intergenerazionale nell’istruzione e nel reddito.

Di reale interesse è invece la parte del rapporto che presenta una rassegna della letteratura economica più recente in tema di mobilità in istruzione e del ruolo svolto dall’influenza del mercato del lavoro e delle politiche fiscali su tale mobilità. Il messaggio principale è che quando le distorsioni del mercato del lavoro inibiscono la traduzione della MIG in istruzione in MIG nei redditi, la relazione tra i due tipi di mobilità di indebolisce e diventa più difficile monetizzare gli investimenti in capitale umano. Spesa pubblica e maggiore tassazione sui redditi più alti possono invece favorire una maggiore MIG in istruzione e una maggiore uguaglianza di opportunità.

In conclusione, da un punto di vista descrittivo, il lavoro è interessante e ricco di spunti. Anche se non di eccellente qualità, i dati a disposizione sono molti e disponibili sul web, perciò il rapporto della Banca Mondiale e la nuova banca dati associata si prestano anche come materiale di supporto per ricerche ulteriori. D’altro canto, l’analisi inferenziale ha delle zone d’ombra su cui solo ulteriori studi potranno fare nuova luce. Una proposta sarebbe quella di ridefinire la variabile istruzione in termini diversi dal mero livello di istruzione o dagli anni di scolarizzazione, o quantomeno offrire una classificazione più dettagliata dei livelli di istruzione considerati.

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