ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 213/2024

13 Aprile 2024

Il grado di alfabetizzazione finanziaria in Italia: alcune evidenze empiriche e implicazioni di policy

Paolo Carnazza presenta alcuni risultati sull’alfabetizzazione finanziaria dei giovani, degli adulti e degli imprenditori di microimprese basati su varie Indagini e ricerche recenti della Banca d’Italia. Carnazza discute, poi, alcuni possibili interventi per accrescere le competenze finanziarie, in particolare degli adulti, che potrebbero avere un impatto positivo sulla crescita economica e sull’imprenditorialità nonché favorire una maggiore consapevolezza nelle scelte di investimento e di gestione dei propri risparmi.

Da anni la Banca d’Italia svolge Indagini e ricerche sul grado di alfabetizzazione finanziaria nel nostro Paese. Tra le più recenti, una relativa al livello di conoscenza finanziaria e alle competenze digitali dei giovani tra i 18 e i 34 anni (Banca d’Italia, Indagini sulla alfabetizzazione finanziaria e le competenze di finanza digitale in Italia: giovani, Statistiche 29 gennaio 2024). L’Indagine ha coinvolto un campione di quasi 5.400 giovani, intervistati online (Computer Assisted Web Interview). Gli intervistati sono stati selezionati mediante un campionamento per quote che rispetta le proporzioni della popolazione ripartita per età e area geografica. L’età media degli intervistati è 26 anni. Il 45 per cento dei giovani risiede nelle regioni del Nord; il 19%, il 25% e l’11%, rispettivamente, in quelle del Centro, del Sud e delle isole. I risultati dipingono uno scenario abbastanza positivo: una discreta percentuale di intervistati evidenzia, infatti, di conoscere le variabili finanziarie più note riguardo in particolar modo al concetto di rendimento associato al rischio (78,4% delle risposte), ai mutui (70,8%), all’inflazione (65,3%). Difficoltà sono emerse relativamente al concetto di interesse composto espresso correttamente dal 30,1% dei giovani intervistati (Figura 1). 

Figura 1: Le conoscenze finanziarie dei giovani*

Fonte: Banca d’Italia, 29 gennaio 2024

I numeri riportati nella figura indicano le quote percentuali di risposte corrette alle domande relative ai concetti economici suindicati.

Da una seconda Indagine della Banca d’Italia sul grado di alfabetizzazione finanziaria svolta nel 2023 su un campione di poco meno di 5.000 individui di età compresa tra i 18 e i 79 anni residenti in Italia emerge invece uno scenario meno positivo (Banca d’Italia, Indagini sulla alfabetizzazione finanziaria e le competenze di finanza digitale in Italia: adulti, Statistiche 20 luglio 2023). In particolar modo, la conoscenza su temi di carattere finanziario, misurata da un indicatore complessivo che aggrega tre dimensioni: conoscenze, comportamenti e attitudini, è risultato pari a 10,6 su una scala da 0 a 20 evidenziando un lieve aumento rispetto al 2020 (10,2). Il livello di alfabetizzazione aumenta al crescere del titolo di studio: le persone con licenza media o inferiore hanno in media 9,5 punti mentre i diplomati e i laureati ottengono, rispettivamente, 11 e 11,8 punti. Da un confronto internazionale sul grado di alfabetizzazione finanziaria relativamente al 2020 (D’Alessio G. et al., L’alfabetizzazione finanziaria degli italiani: i risultati dell’Indagine della Banca d’Italia del 2020, Questioni di Economia e Finanza, N. 588, dicembre 2020), l’Italia risulta in 25esima posizione su 26 Paesi considerati (avanti alla sola Malta); il nostro Paese occupa una posizione leggermente migliore riguardo alle conoscenze (20esima) e più decisamente sulle attitudini (12esima) mentre è ultimo sui comportamenti. 

Una ricerca della Banca d’Italia condotta nella primavera del 2021 (D’Ignazio A. et al., Micro entrepreneurs’ financial and digital competences during the pandemic in Italy, Questioni di Economia e Finanza, Occasional Papers N. 724, October 2022) ha approfondito il tema sul grado di alfabetizzazione finanziaria attraverso un’Indagine su un campione rappresentativo di imprenditori di microimprese al fine di valutarne il livello di competenze finanziarie e digitali e per verificare se queste competenze svolgano o meno un ruolo di rilievo nell’affrontare shock inaspettati come quello innescato dal Covid-19. I risultati indicano che la quota di imprenditori italiani dotati di adeguate competenze finanziarie è piuttosto bassa (circa il 37%). Dal confronto internazionale sembra emergere, tuttavia, uno scenario meno negativo; l’Italia si colloca infatti al terzo posto, dopo Portogallo e Spagna, per il grado di alfabetizzazione finanziaria (indicatore che, come abbiamo suindicato, aggrega tre dimensioni: conoscenze, comportamenti e attitudini) e al quinto posto (dopo Spagna, Germania, Francia e Portogallo) per il livello di conoscenza finanziaria. Ritornando alla ricerca condotta dalla Banca d’Italia e incrociando i vari dati, emerge che l’alfabetizzazione finanziaria è particolarmente bassa tra gli imprenditori con scarsa istruzione e per le imprese più piccole. La ricerca mostra una solida e positiva correlazione tra l’alfabetizzazione finanziaria delle microimprese e la loro capacità di far fronte agli effetti degli shock esterni: gli imprenditori con una più solida conoscenza sui temi finanziari hanno sperimentato un impatto meno negativo della crisi pandemica e sulla liquidità delle proprie imprese. Tra i possibili fattori esplicativi di questa maggiore resilienza, emerge che l’alfabetizzazione finanziaria è correlata a un maggiore uso di Aiuti statali emessi durante la pandemia. Inoltre, lo studio evidenzia una significativa relazione positiva tra gli imprenditori con un elevato grado di conoscenze finanziarie e una maggiore propensione verso i processi di transizione ambientale e tecnologica. Sul grado di resilienza agli shock esterni e sull’elevata propensione alla transizione green e digitale, al di là delle competenze finanziarie, possono avere inciso positivamente altre cause tra cui le ingenti misure a favore delle imprese adottate negli ultimi anni (sia per fronteggiare la crisi pandemica che per sostenere – con i vari Piani Nazionali 4.0 – la transizione green e digitale) e l’elevato dinamismo evidenziato dalle piccole imprese tra il 2018 e il 2022 (ISTAT, Rapporto sulla competitività dei settori produttivi, marzo 2024). 

Interessanti risultati emergono anche da un’altra ricerca della Banca d’Italia (Lamboglia S. et al., Financial knowledge and career aspirations among the young: a route to entrepreneurship, Questioni di Economia e Finanza, Occasional Papers N. 838, March 2024) che, utilizzando i dati raccolti nel 2023 su un campione rappresentativo di individui di età compresa tra i 18 e i 34 anni, ha inteso esplorare l’impatto del grado di alfabetizzazione finanziaria sulle aspirazioni di carriere dei giovani. I risultati dello studio sono incontrovertibili. Analizzando le varie aspirazioni, il 38% dei giovani vorrebbe avviare un’attività imprenditoriale in futuro, mentre l’11% dichiara di non saperlo. La distribuzione è quasi equamente suddivisa tra le restanti risposte negative mentre l’11% dichiara di essere soddisfatto del proprio lavoro (Figura 2). 

Figura 2: Risposte (in %) al quesito: nel futuro vuoi diventare un imprenditore?

Lamboglia S. et al., March 2024

Incrociando il grado di alfabetizzazione finanziaria e le intenzioni imprenditoriali, la ricerca mostra che coloro che aspirano a diventare imprenditori hanno un livello più elevato di conoscenze in campo finanziario; inoltre emerge l’esistenza di una correlazione negativa tra ambizioni professionali incerte e conoscenze finanziarie: coloro che dichiarano di non sapere se vorrebbero avviare un’attività imprenditoriale sono quelli caratterizzati da un livello di alfabetizzazione più basso. 

In sintesi, dall’analisi dei diversi studi anche nell’ottica di un confronto internazionale, emerge uno scenario di luci e ombre: le competenze finanziarie dei giovani sembrano essere abbastanza soddisfacenti mentre – riguardo al grado di alfabetizzazione finanziaria degli adulti – l’Italia occupa le ultime posizioni. Relativamente alle competenze finanziarie i microimprenditori italiani si collocano invece ai primi posti.

Gli studi svolti dalla Banca d’Italia hanno importanti implicazioni di policy: emerge, innanzitutto, la necessità di aumentare il grado di alfabetizzazione finanziaria tra gli adulti, in particolare tra le classi più anziane, volto soprattutto a far conoscere le diverse possibilità di investimento del proprio risparmio (la cui propensione è generalmente più elevata tra queste ultime classi di età) e delle relazioni intercorrenti (spesso di non facile comprensione) tra il rendimento e il rischio di ogni investimento. Altrettanto importante è adottare una serie di misure volte ad accrescere ulteriormente la conoscenza finanziaria tra i più giovani: interessanti, al riguardo, alcune recenti iniziative adottate dalla Banca d’Italia nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro attraverso la realizzazione di corsi finalizzati all’educazione finanziaria, alla circolazione monetaria e ai principali strumenti di pagamento. Sulla base di un’Indagine svolta con la somministrazione di un questionario a 6 mila studenti è emerso un tasso di gradimento da parte del 95% dei partecipanti e, in generale, “un miglioramento di alcune competenze trasversali dei partecipanti (soprattutto nel lavoro di gruppo, nella ricerca di fonti informative attendibili e nel parlare in pubblico), della capacità di svolgere riflessioni sul proprio orientamento negli studi e nel lavoro e dei loro livelli di alfabetizzazione finanziaria e di conoscenza delle funzioni istituzionali della Banca” (Cantarini G., et al., Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento: l’esperienza della Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza, Occasional Papers, N.837, marzo 2024). Fondamentale sarà impartire educazione finanziaria fin da piccoli; come sottolineato da Luigi Conte (Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consulenti Finanziari) “per traslare i singoli comportamenti finanziari in un’ottica di medio-lungo termine valida anche per il sostegno dell’economia, è fondamentale accrescere il livello di educazione finanziaria di tutti i cittadini, a partire dai primi anni di scuola, al fine di favorire maggiore consapevolezza nelle scelte di investimento e di gestione dei propri risparmi” (Petrucciani G., Più istruiti si investe meglio. Ecco il primo buon consiglio, Corriere della Sera – L’Economia, 18 marzo 2024). 

Come importante sarebbe la realizzazione di corsi di educazione finanziaria nelle scuole all’interno dei corsi di educazione civica previsti da una Legge del 2019 (Carnazza G., Carnevali E., Italiani in deficit di educazione finanziaria, La Voce, 2 marzo 2023) o migliorare le competenze matematiche, considerate fondamentali per acquisire un migliore bagaglio in materia finanziaria (Paladino G., Alfabetizzazione finanziaria: le parole per misurarla, La Voce, 4 aprile 2022). Recependo queste necessità, la Legge 21 del 5 marzo 2024 (cosiddetta Legge Capitali), all’art. 25, prevede l’insegnamento dell’educazione finanziaria nei curricula scolastici degli studenti italiani (l’Italia era l’unico Paese OCSE a non prevedere questi corsi all’interno delle scuole) da aggiungere ai corsi di educazione civica previsti dalla citata Legge del 2019. 

Questo tipo di iniziative, da consolidare ed estendere sul territorio, potrebbe così guidare i giovani a pianificare le loro future carriere, a fare chiarezza sul loro futuro professionale e a desiderare maggiormente di aspirare a diventare imprenditori (aspirazione che appare più forte, come emerso dalla ricerca della Banca d’Italia, da parte dei giovani in possesso di un più elevato bagaglio di conoscenze in campo finanziario). Contemporaneamente, si dovrebbero adottare misure a favore dei lavoratori autonomi e degli imprenditori di microimprese per il rafforzamento delle competenze finanziarie che potrebbe avere un impatto significativo sulla loro capacità di prendere decisioni finanziarie più appropriate. Più in generale, queste misure potrebbero contribuire alla crescita economica e alla stabilità finanziaria. Investire in formazione sarà sempre più importante sia per i lavoratori per contribuire a ridurre l’elevato mismatch tra la domanda e l’offerta di lavoro attribuibile prevalentemente agli effetti della Rivoluzione Tecnologica 4.0 sia per gli imprenditori. Riguardo alla classe imprenditoriale, in particolar modo, la formazione dovrebbe riguardare non soltanto le hard skills (legate a competenze di carattere tecnologico, digitale e finanziario, spesso soggette a rapida obsolescenza ) ma anche e, soprattutto, le competenze trasversali o soft skills (come la flessibilità, la creatività, la capacità di leadership, la risoluzione di problemi) che giocheranno un ruolo sempre più importante in uno scenario caratterizzato da un elevato grado di incertezza e di complessità.

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