ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 213/2024

13 Aprile 2024

Le ombre lunghe della guerra fredda sul nostro presente

Massimiliano Massimiliani ricorda che alla fine del 2023 si è celebrato il 50° anniversario sia del colpo di stato cileno sia della Guerra in Medio Oriente ed è morto Kissinger protagonista delle vicende dell’epoca. Tra cooperazione globale e repressione locale, diplomazia e cinismo, Kissinger incarna le ambiguità degli anni della guerra fredda. La sua eredità e gli eventi del 1973 ci interrogano ancora oggi sul ruolo delle superpotenze, sulla fragile pace imposta dalla distensione e sulla ricerca di un futuro più giusto.

A seguito degli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre 2023, si è molto parlato del 50° anniversario della Guerra dell’Ottobre 1973 di Egitto e Siria contro Israele. Nei giorni che hanno preceduto questi drammatici eventi si è celebrato anche un altro 50° anniversario, quello del Golpe del Generale Augusto Pinochet contro il Presidente Salvador Allende avvenuto l’11 settembre 1973. Inoltre, pochi giorni dopo, il 29 novembre del 2023 è morto a 100 anni uno dei più influenti, discussi e controversi decisori politici della seconda metà del XX secolo, Henry Kissinger. Un uomo che ha contribuito primario alla politica estera USA e a dare forma al mondo in cui viviamo oggi e che è stato uno dei protagonisti più importanti in entrambi gli eventi. Queste tre date tonde possono essere utili per evidenziare alcuni dati interessanti e forse utili per comprendere alcune dinamiche contemporanee. Questo articolo si avvarrà ampiamente di fonti primarie degli archivi USA messe a disposizione  dal prezioso lavoro di analisi e pubblicazione del sito National Security Archive, il più grande centro di giornalismo investigativo, istituto di ricerca sugli affari internazionali, biblioteca e archivio di documenti statunitensi declassificati.

Pur essendo Cile, Israele e Palestina, così lontani geograficamente, sono legati da un filo rosso ed hanno condizionato profondamente anche la nostra storia e memoria. Non sempre gli analisti collegano i due eventi, così temporalmente vicini, che si verificano nel pieno delle politiche di distensione, avviate da Kennedy e Krusciov dopo la crisi dei missili di Cuba e continuate da Nixon, e il suo consigliere Kissinger, con l’URSS di Breznev. 

Le politiche della distensione avevano come obiettivo primario quello di favorire il dialogo tra le superpotenze per evitare uno stallo nucleare senza uscita. All’inizio degli anni ‘70, l’ingresso della Cina nell’ONU, il nuovo dialogo est-ovest e la conclusione degli accordi di pace in Europa e l’avvio della soluzione del conflitto in Indocina disinnescarono alcuni dei conflitti più caldi che avevano segnato gli anni del dopoguerra (cfr. G. Caredda, Le politiche della distensione 1959-1972, Carocci, 2006) 

Questa nuova intesa tra le superpotenze, però, non permise quasi mai maggiori spazi per cambiamenti di direzione politica all’interno dei singoli Stati nelle rispettive aree di influenza. Nonostante le grandi speranze suscitate nei contemporanei, infatti, all’epoca passò in secondo piano il senso di “stabilizzazione conservatrice che il gruppo dirigente brezneviano e l’amministrazione Nixon impartivano concordemente al processo.” (cfr. C. Pinzani, “L’Italia nel Mondo Bipolare”, in Storia dell’Italia Repubblicana, vol. 2, t. 1, Einaudi, 1995). 

Se, pertanto, le politiche della distensione generarono alcuni effetti positivi soprattutto in Europa ed Asia, ciò non avvenne in Medio Oriente (ma neanche in Sud America e in gran parte dell’Africa subsahariana). Sotto l’egida di queste politiche, infatti, dall’inizio degli anni ‘70 si assiste alla sconfitta ed alla ritirata dei movimenti progressisti di liberazione dei popoli coloniali che erano esplosi negli anni ‘50 e ‘60. Da un lato, il Sud America venne investito da un’ondata di Colpi di Stato militari che piegarono le forze democratiche e rivoluzionarie; dall’altro, in Medio Oriente le monarchie e i regimi militari si impegnarono a combattere le opposizioni di sinistra e qualsiasi potenziale minaccia democratica, non esitando anche a giocare contro di loro la carta dell’emergente fondamentalismo islamico.

I due accadimenti di 50 anni fa ci aiutano a capire meglio la dinamica delle politiche di distensione, la natura e le finalità delle relazioni tra USA ed URSS. La tragica fine dell’esperimento cileno di costruzione del socialismo per vie legali sconvolse la società politica e civile democratica in tutto il mondo. In Italia, nei giorni successivi al colpo militare ci fu una mobilitazione in solidarietà con il popolo cileno di tutto l’arco costituzionale: istituzioni, partiti, organizzazioni sociali. La gravità di quei fatti e le analogie con la situazione italiana spinsero Enrico Berlinguer a pubblicare su Rinascitai tre famosi articoli che avviarono la strategia del compromesso storico, di cui conosciamo il tragico epilogo. 

Anche alla luce del profondo shock di (quasi) tutta la sinistra mondiale per i tragici fatti del Cile, è doloroso, e forse sorprendente, ricordare che proprio negli ultimi giorni del conflitto arabo-israeliano, appena poco più di un mese dopo il Golpe di Pinochet  —mentre i golpisti cileni erano ancora impegnati ad eliminare fisicamente tutti i quadri politici democratici e di sinistra ancora rimasti nel Paese— uno dei registi della destabilizzazione in Cile, il Segretario di Stato H. Kissinger, il 20 ottobre era volato a Mosca, su pressante richiesta dei sovietici, per negoziare una via di uscita dalla guerra che era in corso in Medio Oriente. Si noti che gli USA non hanno ancora pubblicato tutti i documenti sul Golpe in Cile. Su National Security Archive si trova una rassegna di quelli disponibili. Significativa a riguardo una telefonata tra Nixon e Kissinger del 16 settembre 1973. 

La Guerra dell’ottobre 1973 (chiamata anche dello Yom Kippur o del Ramadan dalle diverse parti) dopo un iniziale successo per l’attacco a sorpresa di Egitto e Siria, stava volgendo a favore degli israeliani. Questa guerra era scoppiata tra Stati rivali che le due superpotenze, in una gara di cinica generosità, avevano pesantemente armato negli anni precedenti e che, in questo gioco di dominio e supremazia, continuavano a rifornire nello stesso momento in cui cercavano insieme una via di uscita dal conflitto. L’accordo fu raggiunto in due giorni di serrati colloqui Breznev-Kissinger, con la presentazione di una richiesta congiunta per il cessate il fuoco al Consiglio di sicurezza dell’ONU del 22 ottobre n. 338, la prima risoluzione del C.S. dell’Onu votata dal 1946 da USA e URSS in una situazione di crisi (che fu seguita il 23 ottobre dalla n. 339, simile nella sostanza). 

Ma il pericolo non era ancora finito. Il 22 ottobre, dopo aver trovato l’accordo con i sovietici, Kissinger volò da Mosca a Tel Aviv per informare gli israeliani dei termini dell’intesa e delle garanzie su cessate il fuoco e scambio dei prigionieri. In quelle ore, l’esercito israeliano -dopo l’umiliante sconfitta iniziale che tutti i giornali ci hanno ricordato nei giorni passati, confrontandola con la debacle dell’esercito e dei servizi israeliani negli attacchi del 7 ottobre 2023- aveva ripreso l’iniziativa, era in marcia sulla via di Damasco e stava puntando ad accerchiare la Terza Armata egiziana vicino al canale di Suez. 

Lo stesso giorno, prima di riprendere l’aereo da Tel Aviv, Kissinger, di fatto, incoraggiò Golda Meir (in quel momento premier israeliana) a proseguire l’offensiva: “Non farò violente proteste da Washington, se qualcosa succede, durante la notte, mentre sono in volo.” (citato in R. Khalidi, Sowing Crisis. The Cold War and the American Dominance in the Middle East, Beacon Press, 2009, National Security Archive, Document n. 54).

Di fronte al proseguimento dell’offensiva israeliana, i sovietici mossero mezzi, truppe di paracadutisti e testate atomiche tattiche per dimostrare la loro volontà di difendere gli “alleati” arabi. Il 25 ottobre, per stanare il bluff sovietico, gli USA risposero alzando l’allerta nucleare a livello DefCon 3, il grado più alto in tempo di pace, minacciando Breznev di “conseguenze incalcolabili” in caso di azioni unilaterali e non concordate (in realtà, Nixon, in quei giorni sopraffatto dal caso Watergate, non vide la lettera indirizzata a Breznev). Il giorno stesso fu votata la risoluzione n. 340 del C.S. dell’ONU, che pose fine alle ostilità (cessate definitivamente solo due giorni dopo) e fece rientrare quella che fu la più seria minaccia di scontro nucleare dopo la crisi dei missili di Cuba (cfr. R. Khalidi, cit.)

La guerra dell’Ottobre 1973 ci dimostra come nonostante le politiche di distensione, o forse anche a causa di queste, si potesse passare nel giro di poche ore, da una stretta collaborazione per risolvere una crisi non voluta, ma generata anche dalle rispettive condotte, con grande cordialità e brindisi per celebrare un voto storico congiunto al C.S. all’ONU, a reciproche minacce di guerra nucleare. 

Inoltre, l’evidente mancanza di interesse e di solidarietà internazionalista da parte dei sovietici per ciò che era accaduto pochi giorni prima in Cile, sembra confermare che USA e URSS usarono le politiche della distensione anche come uno strumento per stabilizzare lo scenario internazionale e prendersi cura delle rispettive sfere di influenza, lasciandosi ragionevoli spazi di competizione internazionale in alcune aree. In questa fase della guerra fredda, il Medio Oriente, a causa della sua vicinanza geografica con il lato sud dell’Unione Sovietica e per la sua straordinaria ricchezza di idrocarburi, è stato territorio più pesantemente armato ed in cui lo scontro tra potenze regionali è stato maggiore. Purtroppo in quest’area geografica, le due superpotenze sono sempre state più interessate ad affermare la propria egemonia e peso strategico nell’area piuttosto che a raggiungere soluzioni per una pace giusta e duratura. Proprio in questo passaggio storico, l’azione di Kissinger fu indirizzata a far diventare gli USA un attore centrale per la gestione dello Status del Medio Oriente, sia per il suo sostegno diretto ad Israele sia per le nuove relazioni che andava tessendo con gli Stati arabi primo tra tutti l’Egitto, che anche prima della guerra aveva iniziato ad allentare i suoi legami con i sovietici. Proprio nei colloqui avuti a Mosca, Breznev si era platealmente lamentato con Kissinger per la condotta dei suoi alleati arabi e, soprattutto, per il fatto che l’URSS non era stata avvertita preventivamente dell’attacco di Ottobre.

Per concludere, non tutti i documenti sul Cile sono stati ancora declassificati. Il testo di  una telefonata nella tarda mattinata del 16 settembre 1973 tra il Presidente Nixon ed il Segretario di Stato Kissinger di cui, di seguito vengono riportati ampi stralci tradotti, è utile per capire l’atteggiamento ed il pensiero dei massimi dirigenti del campo occidentale: 

Kissinger: […] la cosa cilena si sta consolidando e chiaramente i giornali piangono perché un governo filocomunista è stato rovesciato. 

Presidente Nixon:  Da non crederci, vero? 

K: Cioè, invece di celebrare… nel periodo di Eisenhower saremmo stati eroi.

N: Beh, non lo abbiamo fatto -come sai- la nostra mano non si vede su questo.

K: Non l’abbiamo fatto. Cioè, li abbiamo aiutati… creato le migliori condizioni possibili (??)

N: Questo è giusto. E questo è come deve essere detto. Ma ascolta, finché la gente è preoccupata, fammi dire che non devono beversi queste stronzate dai Liberal su questo.

K: Assolutamente no.

N: Loro sanno che è un governo pro-comunista, e di questo si tratta.

K: Esatto. E pro-Castro.

N: Bene, era la cosa principale. Dimentica il pro-comunismo. Era un governo completamente anti americano

[…]

N: No, non lasciare che i giornali piangano su questo.

K: Oh no, non mi da fastidio. Te lo sto solo riportando…

N: Si, me lo stai riportando perché è la tipica merda con cui lottiamo.

K: E l’incredibile schifosa ipocrisia.

N: Lo sappiamo.

K: Di questa gente. Quando è il Sud Africa, se non li rovesciamo allora fanno l’inferno!

N: Si, giusto.

[…]

K: Ma per il resto le cose sono abbastanza calme. I cinesi stanno facendo un rumore molto amichevole. Penso che stiano solo aspettando per la mia conferma di fare una proposta. 

Questi eventi ci ricordano che la distensione non fu un’epoca di pace e cooperazione incondizionate. Le sfere d’influenza, gli interessi geopolitici e la lotta per l’egemonia continuarono a dettare le azioni delle superpotenze, spesso a discapito dei principi democratici e dei diritti umani. Le guerre successive in Medio Oriente, le tensioni tra Russia e Occidente e i dibattiti sul ruolo degli Stati Uniti nel mondo mostrano che l’eredità della distensione e degli eventi del 1973 è ancora viva e pulsante. La comprensione di questo periodo storico complesso rimane fondamentale per affrontare le sfide del presente e costruire un futuro più pacifico e giusto.

Nell’era bipolare, le relazioni internazionali erano forse più semplici da gestire, ma già fuori dal controllo diretto delle superpotenze. Oggi, nel mondo multipolare e post-globalizzato, la difficoltà di gestire i conflitti da parte delle potenze egemoni e dei loro clienti sempre più autonomi è sempre più evidente.

A differenza degli anni ’70, oggi viviamo una guerra aperta in Europa orientale,  un conflitto in Medio Oriente che si è fatto più profondo e complesso ed una crescente tensione nei rapporti con la Cina. In questo scenario, gli attori locali acquistano sempre maggiore autonomia di manovra e peso strategico, anche se i principali fornitori di armi rimangono più o meno gli stessi.

Nonostante tutto rispetto a 50 anni fa, di fronte al cinismo e alla responsabilità dei decisori politici, e nonostante la crisi delle democrazie liberali e la fine dei loro partiti politici organizzati, possiamo registrare una consapevolezza più diffusa nella società civile e nell’opinione pubblica. Anche se stiamo vivendo nella peggiore e più pericolosa crisi geopolitica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, la speranza che le forze migliori delle società civili, non solo nei paesi occidentali, possano trovare la forza di organizzare nuove e più forti forme di democrazia, non è ancora finita.

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