Uno dei pilastri fondamentali della politica economica, su cui si è particolarmente accentrata l’attenzione accademica e dei policy maker nei decenni più recenti, è costituito dalla politica monetaria. Nonostante la centralità della politica monetaria nella gestione dell’economica mondiale, a livello teorico rimangono in campo due impostazioni praticamente opposte sulla natura e sul governo della moneta, la teoria della moneta endogena e la teoria della moneta esogena.
Nell’ambito dell’economia mainstream, quella marginalista, vige sostanzialmente la teoria della moneta esogena, quella solitamente studiata in tutti i manuali di economia monetaria (per esempio: Begg, D., Dornbusch, R., e Fischer, S. (2005) Economia, McGraw-Hill; Abel, A.B., e Bernanke, B.S. (1994) Macroeconomia, Il Mulino; Romer, D. (2013) Short run fluctuations, University of California; ma anche il capitolo 4 dell’ultima edizione, la settima, di Macroeconomics (2017), Pearson, di Blanchard, che appare in contraddizione con quanto spiegato nel capitolo 5). Al contrario, la teoria della moneta endogena è uno degli elementi più caratteristici dell’economia post-keynesiana e del mondo della Modern Money Theory (MMT) (di cui si è recentemente occupato anche il Menabò), teoria quest’ultima che si è imposta all’attenzione del dibattito economico e politico, specialmente negli USA. Da notare che anche nell’impostazione marginalista wickselliana e dei suoi moderni epigoni è presente una concezione endogena della moneta.
Chiarire la natura endogena o esogena della moneta è fondamentale per comprendere il funzionamento basilare dell’economia e poter quindi intervenire su di essa in maniera efficace ed efficiente. Il recente libro Sei lezioni sulla moneta. La politica monetaria com’è e come viene raccontata (2021) di Sergio Cesaratto, che sarà presentato prossimamente in un evento della rete italiana post-keynesiana (IPKN), affronta proprio questo tema, spiegando le differenze tra le due teorie sulla moneta e cercando di confrontarle con la realtà bancaria e monetaria. In questo interessante libro, divulgativo ma scientificamente rigoroso, vengono toccate inoltre varie questioni molto attuali e di grande interesse come le criptovalute, il sistema TARGET2, la teoria MMT, il quantitative easing e la crisi dei debiti sovrani del 2010-2012. Le asperità che il lettore deve affrontare sono attenuate (almeno in parte) dall’escamotage di una lettrice che interloquisce con l’autore, espediente già impiegato nel precedente Sei lezioni di economia (2016).
Più nel dettaglio, nella prima lezione Cesaratto introduce al funzionamento del sistema bancario, screditando la visione tradizionale delle banche come “intermediarie del risparmio” e introducendo il concetto di “moneta endogena”. Nella seconda la visione del credito come creatura “ex nihilo” delle banche si lega a una moderna visione della politica monetaria condivisa da molti banchieri centrali, sebbene non dai libri di testo standard. Nella terza l’autore esamina i cambiamenti occorsi nella politica monetaria dopo la crisi finanziaria sino alla recente revisione da parte della BCE della propria strategia monetaria. La quarta lezione si occupa di evidenziare le contraddizioni più evidenti dell’esposizione della politica monetaria nei libri di testo. La quinta contestualizza i risultati delle lezioni precedenti nell’ambito del dibattito di teoria economica, in particolare quello fra economisti che si rifanno alle lezioni di Keynes, Kalecki e Sraffa con quelli di impostazione wickselliana. Nell’ultima lezione, infine, Cesaratto ritorna sul controverso ruolo che il sistema dei pagamenti TARGET2 ha svolto nella crisi europea e sulla vexata questio di cosa accadrebbe ai saldi finanziari registrati in TARGET2 se un paese uscisse dall’euro.
Uno degli aspetti più rilevanti di questo libro è che l’analisi e lo studio del funzionamento pratico del settore bancario contemporaneo portano l’autore a sostenere che la natura endogena della moneta sia un fatto, su cui è difficile discutere. Secondo Cesaratto tale fatto può tuttavia essere contestualizzato in maniera differente nell’ambito della visione marginalista wickselliana o di quella classico-keynesiana da lui sostenuta. L’interpretazione del funzionamento del sistema bancario legata all’idea della moneta endogena, infatti, si lega particolarmente bene all’impostazione economica del sovrappiù di ambito classico-keynesiano. Ma andiamo con ordine, provando a riassumere brevemente i fondamenti delle due teorie.
Nella teoria della moneta esogena la banca centrale, creando una certa quantità di moneta sotto forma di riserve bancarie, darebbe il via a un processo di generazione di prestiti e depositi bancari, il ben noto moltiplicatore monetario. Il valore del moltiplicatore monetario dipende dal coefficiente di riserva obbligatorio e dalla quantità di circolante (banconote) desiderata dal pubblico. Attraverso il controllo dell’offerta di riserve la banca centrale avrebbe così il controllo completo dell’offerta di moneta (circolante e depositi bancari). Aumentando o diminuendo la quantità di moneta, la banca centrale potrebbe inoltre controllarne anche il prezzo, cioè il tasso d’interesse.
Secondo la teoria della moneta endogena, invece, le banche creano moneta ogniqualvolta effettuano un prestito. Le banche infatti effettuano un prestito creando un deposito presso di sé a nome del richiedente il credito. I pagamenti avvengono nel pubblico trasferendo depositi (o loro frazioni) tra un conto e l’altro (cioè utilizzando passività delle banche); le banche a loro volta saldano i pagamenti tra loro muovendo riserve, cioè passività della banca centrale, nel conto che esse detengono presso la banca centrale stessa. Se una banca si trovasse a corto di riserve, avendo magari dovuto effettuare più pagamenti di quelli che ha ricevuto, essa ricorrerà normalmente al mercato interbancario, quello in cui le banche si scambiano riserve a brevissimo termine. Con mere politiche di annuncio del tasso “di policy” a cui offre riserve nelle aste periodiche (open mouth operations), la banca centrale riesce normalmente a influenzare il tasso interbancario a brevissimo termine, che diventa così la leva tramite cui essa influenza tutta la gamma dei tassi a più lungo termine. La banca centrale fissa anche un “corridoio” di oscillazione del tasso interbancario – il cui “soffitto” è costituito dai prestiti di riserve che la banca centrale concede in emergenza, mentre il “pavimento” dal tasso sulle riserve in eccesso detenute dalle banche.
Al tasso di interesse obiettivo la banca centrale offre al sistema bancario tutte le riserve che esso domanda. La banca centrale fissa cioè il pezzo delle riserve, me non ne fissa l’offerta. Se così non facesse la banca centrale creerebbe da un lato gravi danni al sistema dei pagamenti e dall’altro fallirebbe nel perseguimento del tasso di interesse obiettivo. Per esempio, se la banca centrale diminuisse motu proprio l’offerta di riserve, scarseggerebbe la liquidità per i pagamenti e la maggiore domanda di riserve nel mercato interbancario farebbe schizzare i tassi verso l’alto, al soffitto del “corridoio”, al di sopra del livello obiettivo.
In sostanza la teoria della moneta esogena prevede una catena logica di questo tipo:
base monetaria (riserve) -> credito -> depositi.
Mentre la teoria della moneta endogena è costituita da un’opposta catena:
crediti -> depositi -> riserve.
Effettivamente, la catena logica proposta dalla teoria della moneta endogena sembra una descrizione più corretta del funzionamento del moderno sistema bancario. Per esempio, prima di effettuare un credito le banche verificano le garanzie e l’affidabilità del cliente, non quanti depositi hanno in cassa da poter prestare; le riserve si muovono in effetti solamente fra i conti delle varie banche presso la banca centrale, il pubblico paga in contanti o trasferendo depositi, cioè passività delle banche (assegni, bonifici, carte di pagamento).
Nei fatti, molti banchieri centrali sembrano negare che il sistema bancario funzioni tramite il moltiplicatore dei depositi o la teoria della moneta esogena e confermano anzi la correttezza della teoria della moneta endogena (il che confermerebbe questa come un fatto).
Inoltre, la teoria della moneta endogena ha interessanti implicazioni nell’ambito dell’economia internazionale. Tra banche centrali i pagamenti avvengono in valuta “pregiata” (spesso dollari) e tra le banche centrali dell’eurozona tramite il sistema TARGET2. Proprio l’analisi di questo sistema di pagamenti tra banche centrali europee, porta Cesaratto a ritenere che la crisi europea del 2010-2012 sia stata sostanzialmente una crisi di bilancia dei pagamenti, sebbene l’esistenza stessa del sistema TARGET2 ne abbia mascherato la natura. Non avvenendo infatti i pagamenti tra banche centrali europee tramite valuta “pregiata”, ma solo tramite debiti e crediti annotati nel sistema TARGET2, quest’ultimo avrebbe permesso ai paesi in disavanzo di persistere nei disavanzi correnti, pagando con l’emissione di “passività TARGET2”. Naturalmente, prima che questo sia potuto accadere, le misure di austerità fiscale hanno riportato, all’inizio dello scorso decennio, i saldi correnti in equilibrio.
L’autore spiega inoltre come l’ipotetica uscita dall’euro di un paese con saldi TARGET2 negativi comporterebbe una perdita per i paesi europei creditori. Di qui, appunto, l’imposizione di austerità nello scorso decennio per ridurre il reddito e dunque le importazioni dei paesi debitori e ridimensionare l’esposizione di quelli creditori. Guardando al post-pandemia, Cesaratto non sposa posizioni avventuriste circa il futuro dell’Europa monetaria, sebbene rimanga relativamente pessimista sulle sue sorti.
Come si è visto, il dibattito intorno alla natura della moneta è attualissimo e coinvolge sia la teoria economica, sia le scelte politiche dei governi (si pensi alle influenze sulla sinistra del Partito Democratico statunitense, spesso rappresentata da Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez, nonché sulle politiche espansive del governo Biden). Inoltre, il progresso tecnologico e informatico pone oggi nuovi quesiti intorno a monete digitali, criptovalute, valute digitali delle banche centrali (CBDC), ecc. Avere una corretta e solida teoria monetaria è quindi fondamentale per affrontare le sfide economiche di questo secolo. E la solidità di una teoria non può che derivare dal confronto tra le differenti impostazioni e dalla verifica empirica. Un sistema economico in cui gli operatori delle banche centrali mettono in dubbio la teoria monetaria (ancora) più diffusa e accreditata in accademia suggerisce che molte scelte politiche sono ispirate da teorie e insegnamenti accademici dai precari fondamenti analitici. Ed è proprio il fiorire del dibattito e del confronto, facilitando la comprensione per il grande pubblico e per gli studenti dei primi anni di economia e scienze sociali di temi apparentemente complessi come la politica monetaria, come si fa nelle Lezioni sulla moneta, che potrebbe aiutare a portare le scelte politiche a un livello qualitativamente migliore e più affilato per affrontare le sfide che abbiamo davanti.