ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 197/2023

15 Luglio 2023

La misura dell’inflazione e l’indice dei prezzi al consumo armonizzato (IPCA) 

Federico Polidoro osserva che la recente, rapida ascesa dell’inflazione, sostenuta dall’aumento dei prezzi dei beni energetici, ha contagiato molti comparti merceologici come risulta dall’indice dei prezzi al consumo armonizzato (IPCA), calcolato da Istat e Eurostat, e ha messo a dura prova i modelli previsivi, incluso quello per la stima dell’IPCA al netto dei beni energetici importati (IPCANEI) che è un riferimento per la contrattazione collettiva. E’, dunque, importante rendere questo indicatore più rispondente ad andamenti eccezionali dell’inflazione come quelli recenti.

Dopo la crisi economica del 2020 scatenata dalla pandemia dovuta al diffondersi del Covid, con le sue gravi conseguenze sociali, la seconda parte del 2021 ha visto riaffacciarsi l’inflazione che ha attanagliato, con tassi di crescita dei prezzi al consumo via via piú ampi non soltanto le principali economie, e quindi tutti i paesi europei, ma praticamente il mondo intero. 

Nel 2022 l’inflazione ha raggiunto nella zona Euro e in Italia vette che da decenni non si sperimentavano (Figura 1). 

Figura 1: indice dei prezzi al consumo armonizzato (IPCA) e IPCA al netto dei beni energetici (base 2015=100). Zona euro e Italia. Gennaio 2016 – giugno 2023 (a). Indici e variazioni percentuali tendenziali

Fonte: elaborazioni su dati Eurostat

  • Stima preliminare

Dopo aver registrato variazioni tendenziali mensili negative nella parte finale del 2020 (che si é chiuso con una flessione dei prezzi al consumo in media d’anno, nel nostro paese) e dopo essere tornata in territorio positivo all’inizio del 2021, l’inflazione, misurata dall’IPCA, é salita fino a giungere a dicembre dello stesso anno al +5,0% nella zona euro e al +4,2% in Italia, accelerando poi la sua corsa nel 2022. Solo nella parte finale dello scorso anno ha iniziato a rallentare, confermando questa evoluzione nei primi mesi del 2023 con l’eccezione della breve risalita di aprile. Le stime preliminari di giugno 2023 sembrano confermare con chiarezza questa tendenza.

A innescare questa dinamica sono stati soprattutto i beni energetici, sospinti dallo scoppio della guerra in Ucraina, e i cui prezzi al consumo hanno registrato tassi di crescita superiori al +40% nella zona Euro intorno alla parte centrale dello scorso anno e addirittura sopra al +60% in Italia nell’ultimo trimestre del 2022.

Data la natura trasversale all’intero sistema produttivo dei beni energetici, la ripida crescita dei loro prezzi si ériversata, contagiandole, sulle diverse filiere, colpendo in particolare quelle che ne fanno maggiore utilizzo nelle diverse fasi, giungendo a influenzare in modo sempre piú marcato i prezzi finali nell’ultima fase della commercializzazione dei prodotti, quando vengono acquistati dalle famiglie. 

Questa dinamica é sintetizzata dall’andamento dell’IPCA considerato al netto dei beni energetici nel loro complesso (depurando così la crescita dei prezzi al consumo da una delle componenti volatili, tradizionalmente espunta dal computo dell’inflazione, insieme con gli alimentari non lavorati per giungere così a calcolare la cosiddetta core inflation, che rappresenta un indicatore monitorato con grande attenzione dalle Banche centrali e dalla stessa Commissione europea). 

Da una parte, infatti, le variazioni tendenziali dell’IPCA riferito a tutti i prodotti, dopo aver intrecciato fino all’inizio del 2021 il loro profilo temporale con quello della variazioni dell’IPCA al netto degli energetici, iniziano a distaccarsene subito dopo, registrando gap via via crescenti. 

Dall’altra parte, peró, sebbene inferiori a quelli dell’indice generale, i tassi di crescita dell’inflazione al netto dei beni energetici, raggiungono valori mai visti nella storia ultraventennale dell’IPCA, portandosi tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 sopra al +7% nella zona Euro e tra il +6 e 7% in Italia.

Questi andamenti della seconda parte del 2022 hanno spinto in alto anche la variazioni medie annuali, che sono riassunte nella Figura 2. 

Figura 2: Indice dei prezzi al consumo armonizzato (IPCA) e IPCA al netto dei beni energetici (base 2015=100). Zona euro e Italia. 2017 – 2023. Indici medi annuali (a) e variazioni percentuali 

Fonte: elaborazioni su dati Eurostat.

  • Per il 2023 periodo gennaio – giugno

L’IPCA al netto degli energetici lo scorso anno é cresciuto in media del +4,5% in Italia, del +5,1% nella zona Euro e continua a registrare aumenti robusti nella media dei primi sei mesi dell’anno in corso.

Queste dinamiche hanno largamente spiazzato gli analisti e i policy maker che, pur prevedendo una ripresa dell’inflazione, non avevano valutato che sarebbe stata di questa ampiezza determinando un vero e proprio surriscaldmento della crescita dei prezzi al consumo che sta erodendo in modo sostanziale il potere d’acquisto delle famiglie oltre a mettere in grave difficioltá il sistema produttivo.

A questo riguardo vale la pena tornare alle previsioni economiche d’autunno della Commissione europea; allora si stimava che l’inflazione nella zona euro avrebbe raggiunto il picco del +2,4 % nel 2021, per poi scendere al +2,2 % nel 2022 e al +1,4 % nel 2023 (in base a una valutazione degli andamenti dei prezzi dell’energia in graduale stabilizzazione). In quel momento, sebbene le tensioni internazionali si stessero cumulando, ancora non aveva preso il via l’invasione russa dell’Ucraina. Nelle previsioni di primavera 2022, quando le spinte al rialzo dei prezzi dei beni energetici (e non solo) a seguito dell’esplosione del conflitto si erano ormai dispiegate, la Commissione, pur modificando sostanzaialmente gli scenari previsivi, stimava un’inflazione poco sopra al +6% nel 2022 (é stata poi del +8,4%). 

É in questo contesto, quindi, che vanno lette le stime dell’IPCA al netto degli energetici importati (IPCANEI) prodotte e diffuse dall’Istat nella parte finale della primavera di ogni anno. L’IPCANEI è considerato il riferimento per la contrattazione collettiva dall’Accordo quadro tra le parti sociali per la riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009. Analogamente al quadro previsionale dei principali analisti e della stessa Commissione eruopea, le stime di questo indicatore per il 2022 effettuate nel 2021 non incorporavano (perché non prevedibili né previste in quella entitá) la spinta alla crescita dei prezzi che sarebbe venuta al resto dei prodotti dalla febbre inflazionistica dei beni energetici. É infatti a giugno del 2022 che la stima dell’IPCANEI viene rivista dal +1% al +4,7%. Ciononostante lo strappo registrato dai prezzi dei beni energetici (inclusi quelli non importati) nella seconda parte dell’anno ha determinato uno scarto tra l’IPCANEI poi effettivamente misurato (+6,6%) e quello previsto di 1,9 punti percentuali. 

Come é possibile evincere da alcuni dei dati prima ricordati, gap di ampiezza simili si sono registrati in quasi tutte le previsioni dell’inflazione degli ultimi due anni rispetto al dato finale effettivamente misurato. La specifica rilevanza di questo gap nel caso dell’IPCANEI é evidente, considerato il ruolo di riferimento che svolge per le decisioni relative agli adeguamenti contrattuali e giá ricordato in precedenza. Lo scenario dell’inflazione di questi ultimi anni ha messo a dura prova i modelli previsivi piú robusti, incluso quello dell’Istat. A questo riguardo va detto che proprio in una nota di giugno del 2022 l’Istat da una parte è tornato a illustrare il modello per la stima dell’IPCANEI, renendo noto il cambiamento dell’indicatore di riferimento utilizzato per i prezzi dei beni importati (che non é piú rappresentato dal prezzo del petrolio espresso come media tra la quotazione Brent e WTI ma da un indicatore tratto dai prezzi all’importazione), dall’altra ha evidenziato come “l’eccezionale aumento dei prezzi dei beni energetici importati, avviatosi a partire da aprile 2021, cui è seguito qualche mese dopo un andamento analogo dell’IPCA energia, ha determinato un progressivo indebolimento della relazione stimata”, rendendo necessario utilizzare con cautela le variazioni previste in quel momento per l’IPCANEI e richiamando l’utilitá di un ulteriore confronto con le parti sociali per una revisione concordata della metodologia.

Non é la prima volta che le previsioni dell’inflazione vengono riviste in misura significativa e questo, come noto, sembra dovuto alla natura intrinseca del fenomeno soggetto a shock esogeni spesso difficili da mettere nei radar dei modelli anche per orizzonti temporali di breve o medio termine. La soluzione su cui appare preferibile aprire un confronto, riguarda presumibilmente la frequenza di rilascio dell’IPCANEI che se piú alta di quella annuale, potrebbe aiutare a ragionare piú efficamente sugli scenari prossimi e futuri dell’inflazione e quindi sulle scelte che derivano dalle previsioni che ne vengono fatte (a maggior ragione quando le tensioni sui prezzi al consumo sono cosí acute), minimizzando le criticitá e i problemi che si possono determinare nei rinnovi contrattuali e che si sono manifestati nelle recenti tornate. 

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