ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 197/2023

15 Luglio 2023

Analisi delle proposte di legge sul salario minimo

Matteo Luccisano sintetizza i contenuti delle varie proposte di legge sul salario minimo presentate in tempi recenti, partendo da quella del 4 luglio 2023 unitariamente sottoscritta da Pd, M5s, SI, Azione, Europa verde e +Europa. Luccisano fornisce informazioni che permettono di comprendere quanto complessa sia la situazione. L’emendamento soppressivo della proposta unitaria, presentato dal Governo il 14 luglio, complica ulteriormente il quadro, poiché le precedenti proposte di legge sono state già depositate dai primi mesi del 2023.

Sono qui presentate, in sintesi, le iniziative di legge delle opposizioni per l’introduzione del salario minimo nell’ordinamento italiano. In particolare, è stata presentata alla Camera la proposta di legge del 4 luglio 2023, da parte di Pd, M5s, SI, Azione, Europa verde e +Europa. Il 14 luglio 2023 il Governo ha presentato un emendamento soppressivo di tale proposta. Il che complica ulteriormente il quadro, tenendo in considerazione che le precedenti proposte di legge sono state già depositate nei primi mesi del 2023. 

Proposta di legge presentata da Pd, M5s, SI, Azione, Europa verde e +Europa, denominata “Disposizioni per l’istituzione del salario minimo” (4 luglio 2023, sottoposta al successivo emendamento soppressivo da parte del governo – 14 luglio 20223)

Si parte dall’elaborazione giurisprudenziale del concetto di retribuzione proporzionata e sufficiente ex art. 36 Cost. Si definisce il campo e l’ambito di applicazione della proposta, che riguarda i rapporti di lavoro subordinato ex art. 2094 cod. civ., e i rapporti di collaborazione etero–or­ganizzati di cui all’art. 2, d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, mentre per coloro che prestano attività come collaboratori di un contratto di agenzia o in relazione ad un rapporto d’opera coordinato e continuativo prevalentemente personale e non di lavoro subordinato, o, ancora, effettuino prestazioni di natura intellettuale o manuale di cui all’art. 2222 cod. civ. il committente è tenuto a corrispondere un compenso proporzionato, avuto riguardo al tempo necessario per conseguirlo (art. 1). 

Si stabilisce che la retribuzione complessiva adeguata e sufficiente dovuta a tutti i lavoratori ai sensi dell’art. 36 Cost. è data dal “trattamento economico complessivo” (TEC), comprendente non solo i minimi tabellari, ma anche gli scatti di annualità, le retribuzioni aggiuntive e le indennità contrattuali fisse e continuative, previste dal contratto collettivo, sottoscritto per il settore di effettiva attività aziendale dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative, mentre il valore salariale minimo orario (detto anche trattamento economico minimo orario – TEM) è fissato in 9,00 euro lordi (art. 2), con concessione del termine fino al 15 novembre 2024 ai CCNL per l’adeguamento (art. 8). La legge di bilancio per il 2024 dovrà definire un beneficio temporaneo per accompagnare l’adeguamento al trattamento economico orario di 9,00 euro delle eventuali più basse retribuzioni previste dai CCNL (art. 7). È prevista una preferenza, in caso di più CCNL applicabili, per quelli stipulati dalle associazioni comparativamente più rappresentative. Si garantisce l’ultrattività dei contratti collettivi comparativamente più rappresentativi costituenti punto di riferimento per la garanzia ex art. 36 Cost. di fruizione del trattamento economico complessivo, che resta ferma anche dopo l’eventuale scadenza o disdetta del contratto collettivo (art. 4). 

È prevista la costituzione di una Commissione per l’aggiornamento del valore soglia del TEM, e per il controllo e monitoraggio sull’effettivo rispetto della retribuzione complessiva sufficiente ed adeguata alla qualità del lavoro prestato e sull’andamento della contrattazione collettiva nei vari settori (art. 5).

È istituito un procedimento giudiziario ad hoc per la repressione di condotte elusive della normativa, sulla falsa riga di quello ex art. 28, l. 20 maggio 1970 n. 300 in tema di repressione di comportamento antisindacale (art. 6).

Proposta di legge Orlando C. 432

Si parte dall’elaborazione giurisprudenziale del concetto di retribuzione proporzionata e sufficiente ex art. 36 Cost., per riconoscere nei CCNL la funzione di “autorità salariali”. Si estendono i minimi retributivi previsti dai CCNL più rappresentativi: i trattamenti economici complessivi minimi, previsti dai CCNL, costituiscono il parametro esterno di commisurazione per definire la proporzionalità e la sufficienza del trattamento economico da corrispondere ai lavoratori. Si intende contrastare le forme di competizione salariale al ribasso, rinviando alla retribuzione concordata nei CCNL firmati da associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative. 

Si fa riferimento ai trattamenti economici complessivi (TEC), per alludere all’intera retribuzione spettante ai lavoratori, una volta che viene loro applicato uno specifico contratto collettivo. Per “retribuzione complessiva proporzionata e sufficiente” si intende il complessivo trattamento economico corrisposto ai lavoratori, che deve comunque essere non inferiore a quello previsto dal CCNL stipulato dalle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività prevalentemente svolta dal datore di lavoro (art. 2, co. 1). 

Si prevede l’istituzione di una commissione interistituzionale (art. 2, co. 5) per l’individuazione del TEC, in caso di mancata definizione nel CCNL o di mancato stipula di un accordo interconfederale ad hoc. In ogni caso il trattamento economico minimo corrisposto ai lavoratori non può essere inferiore a 9,5 euro all’ora, al lordo degli oneri contributivi e previdenziali (art. 2, co. 7).

Proposta di legge Serracchiani C. 210

Si estendono i minimi retributivi previsti dai CCNL più rappresentativi: i trattamenti economici complessivi minimi, previsti dai CCNL, costituiscono il parametro esterno di commisurazione per definire la proporzionalità e la sufficienza del trattamento economico da corrispondere ai lavoratori. Tale trattamento economico complessivo, stabilito dai CCNL più rappresentativi, si applica a tutti i lavoratori del settore di riferimento, ovunque impiegati nel territorio nazionale (art. 1, co. 2). Per quei settori produttivi non coperti dalla contrattazione collettiva, il salario minimo è fissato annualmente con decreto interministeriale, d’intesa con conferenza Stato-Regioni, e sentito il CNEL e le parti sociali, tenuto conto dei livelli retributivi vigenti nei settori affini (art. 1, co. 3). È prevista la sanzione per i datori di lavoro che violano tale articolo, oltre al risarcimento del danno economico patito dai lavoratori (art. 1, co. 4).

Proposta di legge Laus C. 216 

Mira ad una attuazione, per via legislativa, del diritto ad una giusta retribuzione previsto dall’art. 36 Cost.: la rappre­sentatività delle parti stipulanti opera come parametro per individua­re la contrattazione collettiva attuativa del disposto costituzionale, seguendo l’impostazione di C. Cost. 26 marzo 2015, n. 51, che individua nella contrattazione collettiva sottoscritta dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni datoriali più rappresentative un parametro esterno ed indiretto di commisurazione della retribuzione sufficiente e proporzionata. 

Recepisce in norma di legge il principio secondo cui, ai fini della determinazione della giusta retribuzione ai sensi dell’art. 36 Cost., si deve far riferimento ai CCNL stipulati dalle organizzazioni sindacali e dalle as­sociazioni datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel settore (art. 1 co. 1). Il trattamento minimo tabellare stabilito dal Ccnl, pertanto, deve trovare applicazione a tutti i lavoratori del settore, ovunque impiegati sul territorio nazionale (art. 1 co. 2).

Negli ambiti di attività non coperti dai CCNL, viene istituito il salario mini­mo di garanzia, ossia il trattamento economico minimo che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore a cui si applica la disciplina del lavoro subordinato — e, quindi, anche alle collaborazioni etero–organizzate — se­condo gli importi e le modalità determinati da una apposita «Commissione paritetica per la rappresentanza e la contrattazione collettiva» (art. 1, co. 3). Tale Commissione — entro diciotto mesi dalla propria costitu­zione, tenendo conto degli accordi interconfederali in materia — deve definire gli ambiti della contrattazione collettiva nazionale (con l’obiettivo di ridurne il numero), i criteri di individuazione dei CCNL comparativamente più rappresen­tativi in ogni ambito, i criteri di misurazione e certificazione delle associazioni datoriali e delle organizzazioni sindacali, la titolarità e l’efficacia soggettiva della contrattazione collettiva nazionale e decentrata, i rapporti tra i diversi livelli contrattuali in un’ottica di coordinamento, il salario minimo di garanzia per gli ambiti di attività non co­perti da contrattazione collettiva, nonché i criteri per il suo aggiornamento (art. 2 co. 6). 

È previsto che il CNEL, in cooperazione con l’INPS, aggiorni la nu­merazione dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro depositati e archi­viati presso lo stesso CNEL, attribuendo un codice alfanumerico — c.d. “codice CCNL” — a ciascun contratto o accordo collettivo (art. 3 co. 1). Tale codice viene integrato dall’INPS nella procedura relativa alla denuncia retributiva e contributiva mensile (flusso Uniemens) nella quale il datore di lavoro è tenuto a indicare per ciascuna posizione professionale il codice CCNL riferibile al con­tratto o accordo collettivo applicato.

Proposta di legge Conte C. 306 

Mira ad una attuazione, per via legislativa, del diritto ad una giusta retribuzione previsto dall’art. 36 Cost.: la rappre­sentatività delle parti stipulanti opera come parametro per individua­re la contrattazione collettiva attuativa del disposto costituzionale, seguendo l’impostazione di C. Cost. 26 marzo 2015, n. 51, che individua nella contrattazione collettiva sottoscritta dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni datoriali più rappresentative un parametro esterno ed indiretto di commisurazione della retribuzione sufficiente e proporzionata. Prevede due strumenti (l’estensione dei contratti col­lettivi e la fissazione di un salario minimo legale) tra loro incompatibili che ope­rano contemporaneamente. 

La definizione di “retribuzione complessiva proporzionata e sufficiente” è contenuta nell’art. 2 co. 1 che considera tale il trattamento economico com­plessivo, non inferiore a quello previsto dal CCNL in vigore per il settore in cui opera l’impresa, stipulato dalle associazioni datoriali e dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il cui ambito di applicazione sia maggiormente connesso e obiettivamente vicino, in senso qualitativo, all’attività effettivamente esercitata dal datore di lavoro. 

Il trattamento economico minimo orario come definito dal CCNL non può, comunque, essere inferiore a 9 euro lordi: è mantenuta la convivenza tra il salario minimo legale ed il rinvio quale parametro alla contrattazione collettiva. In presenza di più CCNL applicabili, si stabilisce che il trat­tamento economico complessivo che costituisce retribuzione proporzionata e sufficiente non può essere inferiore a quello previsto dal CCNL stipulato dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria merceologico-produttiva. In ogni caso, il trattamento economico minimo orario definito dal CCNL “preva­lente” non può essere inferiore all’importo di 9 euro lordi (art. 3 co. 1). 

È prevista l’istituzio­ne, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di una apposita Commissione a cui compete la valutazione in merito all’aggiornamento del valore soglia del trattamento economico minimo orario, il monitoraggio del rispetto della retribuzione complessiva proporzionata e sufficiente, nonché l’individuazione dei Ccnl “prevalenti”. 

Proposta di legge Fratoianni e Mari C. 141

Mira ad una attuazione, per via legislativa, del diritto ad una giusta retribuzione previsto dall’art. 36 Cost.: la rappre­sentatività delle parti stipulanti opera come parametro per individua­re la contrattazione collettiva attuativa del disposto costituzionale, seguendo l’impostazione di C. Cost. 26 marzo 2015, n. 51, che individua nella contrattazione collettiva sottoscritta dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni datoriali più rappresentative un parametro esterno ed indiretto di commisurazione della retribuzione sufficiente e proporzionata.

Prevede due strumenti (l’estensione dei contratti col­lettivi e la fissazione di un salario minimo legale) tra loro incompatibili che ope­rano contemporaneamente. Il trattamento economico minimo orario come definito dal CCNL non può, comunque, essere inferiore a 10 euro lordi: è mantenuta la convivenza tra il salario minimo legale ed il rinvio quale parametro alla contrattazione collettiva.

Proposta di legge Richetti C. 1053

Al fine di salvaguardare il disposto dell’art. 36 Cost., viene stabilita la retribuzione oraria minima non al di sotto di 9 euro, col monitoraggio e aggiornamento da parte della «Commissione per l’aggiornamento della retribuzione oraria minima» (art. 2, co. 3), e sanzioni amministrative pecuniarie in caso di violazioni da parte dei datori di lavoro (art. 7). Si prevede il compito per le parti sociali di provvedere all’aggiornamento dei CCNL per adeguarsi a quanto previsto dalla norma. 

L’ambito di applicazione soggettivo di tali norme riguarda i rapporti di lavoro a cui si applica la disciplina del lavoro subordinato, comprese le collaborazioni etero–organizzate e quelle occasionali, nonché “tutti i rapporti di lavoro la cui retribuzione è stabilita su base oraria” (art. 3). 

Si dispone che i premi di risultato/produttività, entro il limite annuo di seimila euro lordi, nonché gli incrementi retributivi corrisposti ai lavoratori sulla base della contrattazione decentrata, non concorrono alla formazione del reddito imponibile (art. 5).

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