ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 197/2023

15 Luglio 2023

Alloggi inaccessibili e inadeguati in Europa: i contenuti di un recente rapporto

Marta Capesciotti e Sofia Gualandi presentano i principali risultati di uno studio, pubblicato dall’Agenzia Eurofound, sui numerosi e variegati problemi legati all’abitare nei 27 Stati membri dell’Unione Europea. Dallo studio emergono similitudini e differenze tra i vari paesi e, nel complesso, una situazione con rilevanti e non positive ricadute socio-economiche sulla popolazione. Illustrando queste ricadute le autrici si soffermano anche sulle raccomandazioni per farvi fronte che vengono avanzate nello studio.

Il 30 Maggio 2023, Eurofound ha pubblicato il rapporto Unaffordable and inadequate housing in Europe’ conclusivo del progetto di ricerca ‘Affordable and adequate homes – The cost of and access to housing in Europe’. Lo studio verte sull’inaccessibilità degli alloggi in Europa, che costituisce motivo di preoccupazione poiché conduce in molti casi a condizioni abitative inadeguate, all’assenza di fissa dimora, all’insicurezza e instabilità abitativa e alla forte pressione finanziaria. Questi problemi incidono sulla salute e sul benessere delle persone, concorrendo ad alimentare condizioni di vita degradanti e ad aggravare le diseguaglianze economiche e sociali. Il rapporto di Eurofound, che offre una mappatura dei problemi legati all’abitare in Europa, nonché delle politiche per affrontarli, si basa su una pluralità di fonti: il sondaggio online di Eurofound ‘Living, working and COVID-19’, il dataset EU-SILC di EUROSTAT che raccoglie informazioni su un campione rappresentativo di individui e famiglie residenti nei paesi dell’UE e i contributi nazionali della rete dei corrispondenti di Eurofound, a cui la Fondazione Giacomo Brodolini (FGB) partecipa per l’Italia.

Il diritto alla casa costituisce una sfida cruciale del contesto politico attuale. La Piattaforma europea per la lotta contro la mancanza di fissa dimora (European Platform on Combatting Homelessness) mira a garantire che nessuno viva senza fissa dimora per mancanza di alloggi di emergenza, che nessuno viva in alloggi transitori o di emergenza più a lungo dello stretto necessario, che gli sfratti siano un’extrema ratio e che nessuno venga sfrattato senza l’offerta di un’alternativa abitativa adeguata. Osservando i trend attuali e prevedibili nei prossimi anni, il rapporto afferma che la situazione abitativa sarà influenzata da cambiamenti di lungo termine nel consumo e nella produzione di energia, derivanti dalla transizione verde, dall’aumento della digitalizzazione e dall’invecchiamento della popolazione. La pandemia ha reso lo smart working più comune, trasformando le case in luoghi di lavoro, mentre l’invasione russa dell’Ucraina ha creato la necessità di ospitare i rifugiati in numerosi paesi europei e ha causato un aumento dei costi energetici e delle bollette. Queste ed altre dinamiche mettono sotto stress il sistema abitativo in Europa.

Per quanto riguarda l’acquisto dell’abitazione, il trend in UE è declinante nell’ultimo decennio, a causa di un calo della domanda da parte dei giovani. La proprietà di un’abitazione è ovunque più diffusa tra le persone di età superiore ai 40 anni che tra quelle più giovani (18 – 40 anni), mentre si assiste a un aumento del numero di cittadini europei che vivono in affitto, concentrati nelle città e nelle periferie. La quota di reddito spesa annualmente per la casa dai proprietari è diminuita dal 18% nel 2010 al 16% nel 2019, mentre quella per l’affitto è aumentata dal 28% al 31%. Risulta inoltre che tra coloro che spendono almeno il 40% del proprio reddito per l’alloggio, il 60% ha difficoltà a mantenersi, ma anche tra le persone che spendono meno del 20% del proprio reddito per l’alloggio, il 42% ha ancora difficoltà economiche. È stato inoltre osservato che chi è proprietario di una casa ha mediamente un reddito più alto rispetto a chi vive in affitto e riporta un inferiore disagio abitativo. Tuttavia, nei 15 paesi con alte quote di proprietari senza mutuo, ovvero tutti i paesi post-comunisti e dell’Europa meridionale, inclusa l’Italia, tra il 10% e il 24% dei proprietari è a rischio di povertà, e molti non possono permettersi di mantenere la casa a una temperatura adeguata.

Le riflessioni sull’abitare legate all’età vanno calate in un contesto in cui, in ben 20 Stati membri, più di quattro persone su cinque tra i 18 e i 24 anni vivono con i genitori. La situazione delle persone tra i 25 e i 34 anni varia maggiormente da un Pese all’altro. Sebbene queste differenze siano difficili da interpretare, perché spesso legate a molteplici determinanti, le variazioni nel tempo appaiono eloquenti: l’età in cui almeno il 50% degli europei lascia la casa dei genitori è aumentata da 26 a 28 anni tra il 2007 e il 2019, mentre tra il 2010 e il 2019, Spagna, Croazia, Italia, Cipro, Belgio, Grecia e Irlanda hanno fatto registrare il maggiore aumento di persone tra 25 e 34 anni che vivono ancora con i genitori (+6 punti percentuali).

Nel mercato degli affitti privati, i locatari si trovano in una situazione precaria rispetto a coloro che beneficiano di altre solazioni abitative: a livello europeo, il 46% di loro rischia di dover lasciare il proprio alloggio nel giro di pochi mesi (in media tre) a causa dell’instabilità economica e riscontra problemi di inefficienza energetica. In tutti gli Stati membri le persone nella metà inferiore della distribuzione del reddito sono meno soddisfatte della loro situazione abitativa rispetto a quelle con reddito nella metà superiore. Inoltre, gli abitanti trovano problematica la scarsa efficienza energetica della propria abitazione e l’accesso insufficiente ai trasporti pubblici, soprattutto nelle zone rurali. Le caratteristiche degli alloggi e delle aree circostanti hanno acquisito maggiore importanza durante la pandemia. Per i lavoratori beneficiari dello smart working, risultano rilevanti una buona connessione Internet e uno spazio adeguato, così come la vicinanza di aree verdi. L’accesso ai trasporti pubblici e alle infrastrutture che facilitano l’uso della bicicletta, degli spostamenti a piedi e delle sedie a rotelle è diventato più importante, in particolare per le donne e le persone con difficoltà economiche.

Quanto alle soluzioni di Edilizia Residenziale Pubblica, sia gli Stati membri con il maggior numero di alloggi che quelli con meno alloggi disponibili prevedono un sistema di liste d’attesa. Mentre in alcuni paesi il diritto all’alloggio in questo tipo di sistemazione viene verificato solo in fase di ingresso, in altri paesi viene monitorato regolarmente, e ai titolari può essere imposto di lasciare l’alloggio o pagare un affitto più alto se il loro reddito aumenta. Guardando all’Italia, dove la gestione è demandata a Regioni ed Enti locali, la maggior parte delle case popolari è attualmente abitata soprattutto da piccoli nuclei familiari, spesso pensionati, a discapito dei più giovani e dei migranti extracomunitari, che popolano in misura maggiore le attuali liste d’attesa.

Al contempo, circa tre quarti degli Stati membri hanno messo in atto programmi sul modello di Housing First, offrendo alloggi, spesso condivisi, alle persone senza fissa dimora, a volte a condizione che esse partecipino col proprio lavoro alla cura dei medesimi servizi. Tuttavia, risulta che pochi programmi di Housing First in Europa abbiano la capacità di ospitare più dell’1% della popolazione senza fissa dimora. Si noti che sette Stati membri menzionano il problema dei senza fissa dimora nei propri PNRR, e cinque di questi (Grecia, Italia, Polonia, Spagna e Svezia) propongono soluzioni di ‘Housing First’. Secondo lo studio, le iniziative italiane attive risultano ancora di dimensione molto limitata.

Per quanto concerne gli strumenti di supporto economico per il pagamento dell’affitto, la quota di nuclei familiari che ricevono sussidi per l’affitto è particolarmente elevata in Francia (21%), nei Paesi Bassi (18%) e in Finlandia (14%), mentre è inferiore al 2%, in Belgio, Cipro, Estonia, Lituania e Romania. Quanto all’Italia, sono stati negli anni mobilitati diversi tipi di strumenti per soggetti a basso reddito, come rimborsi di parte delle spese di affitto (Fondo Nazionale per il Sostegno all’Accesso alle Abitazioni in Locazione) o detrazioni fiscali utilizzate per sovvenzionare i relativi costi (Bonus Affitto). A livello UE, fasce di popolazione che necessiterebbero di sussidi e che tuttavia non ne beneficiano includono, ad esempio, locatari senza contratti regolari, persone senza un indirizzo stabile, inquilini di appartamenti condivisi, migranti, e persone con redditi appena superiori alla soglia, molto bassa, fissata per beneficiare del diritto al sussidio.

Quanto alle politiche di sostegno all’acquisto della casa in UE, in linea generale, queste tendono a favorire maggiormente le famiglie a reddito elevato, nonché a privilegiare mutui più elevati, incoraggiando indirettamente un aumento dei prezzi del mercato immobiliare e mettendo le persone a rischio di sovraindebitamento. Per l’Italia, lo studio cita misure che prevedono tassi di interesse agevolati per l’accensione di mutui (Fondo di Garanzia per i Mutui per Acquisto e Ristrutturazione Prima Casa) rivolte ai giovani e ad altre categorie svantaggiate, nonché misure che permettono la sospensione del pagamento delle rate del mutuo (Fondo di Solidarietà per la Sospensione delle Rate Mutui Prima Casa) rivolte a persone in difficoltà economica per perdita o riduzione dell’orario di lavoro.

Il rapporto di Eurofound si conclude con alcune raccomandazioni rivolte agli Stati membri. In primis, i locatari privati con redditi bassi necessitano di maggiore supporto. Se in diversi Stati membri i controlli sui prezzi degli affitti svolgono un ruolo importante nel proteggerli dai rincari, questi controlli non dovrebbero creare disparità a svantaggio dei nuovi locatari, né disincentivare i locatari di lunga data a trasferirsi. L’attenzione dovrebbe rivolgersi ai soggetti vulnerabili, con particolare attenzione a quelli colpiti dal costo della vita che aumenta più velocemente del reddito e che faticano a sostenere i costi degli affitti e i rincari energetici. Con il corrente aumento dei tassi di interesse, i proprietari di casa con mutui a tasso variabile, in difficoltà per gli aumenti delle rate, dovrebbero essere maggiormente tutelati. Per evitare di privare di sostegno abitativo le persone con redditi appena superiori a una certa soglia, sarebbero necessarie alternative alle rigide soglie di reddito fissate ex lege per l’accesso ai sussidi. Per prevenire gli sfratti o facilitare traslochi in alloggi a prezzi accessibili, gli strumenti di sostegno dovrebbero essere attivati automaticamente al momento dell’emissione dell’avviso di sfratto o addirittura in fase precedente, all’emergere delle prime difficoltà di pagamento dei canoni. Questo è particolarmente rilevante in momenti di crisi come quella della pandemia da COVID-19, durante la quale in Italia, ad esempio, il legislatore ha disposto un blocco degli sfratti nella seconda metà del 2021 nonché un sussidio ai locatari o ai titolari di mutui a rischio di sfratto per morosità involontaria causata da diminuzione del reddito, tramite il Fondo Morosità Incolpevole. 

Sussistono differenze significative tra gli Stati membri quanto alle prestazioni per l’edilizia residenziale pubblica. In questo ambito, è necessario un monitoraggio più costante dell’allocazione degli alloggi, per identificare eventuali gruppi discriminati ai quali garantire un tempestivo sostegno. Le disuguaglianze tra i locatari di alloggi popolari e le persone in lista d’attesa possono essere affrontate fornendo sostegno finanziario commisurato alle situazioni individuali o prevedendo sussidi a chi alloggia in altri tipi di abitazione, nonché migliorando il patrimonio di edilizia popolare per aumentarne la disponibilità – rinnovando e ristrutturando gli alloggi in cattive condizioni e costruendone di nuovi. 

Parallelamente, le esperienze di ‘Housing First’ per le persone senza fissa dimora dovrebbero moltiplicarsi, offrendo alloggi indipendenti, stabili e non condizionati all’impegno nei servizi di supporto. Altre misure generali di sicurezza sociale, come il reddito minimo e l’accesso gratuito o a basso costo a servizi quali l’istruzione e l’assistenza sanitaria, sono fondamentali per assicurare la disponibilità economica necessaria all’accesso all’alloggio. Inoltre, quando si interviene sull’adeguatezza abitativa, dovrebbero essere considerate le esigenze attuali e future degli abitanti, calando l’abitazione nel suo contesto, nei suoi aspetti fisici, sociali e di servizio alla persona, con particolare attenzione all’efficientamento energetico e ai trasporti pubblici, così contribuendo a un minor impatto economico e ambientale.

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