ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 217/2024

15 Giugno 2024

Il problema della casa, oltre il mercato della casa

Maurizio Franzini e Elisabetta Magnani riflettono sul problema abitativo che è sempre più preoccupante in molti paesi. Basandosi sui dati disponibili e soffermandosi in particolare sul caso australiano Franzini e Magnani sostengono che il problema va esaminato considerando congiuntamente il mercato del lavoro e quello della casa, e che il nodo cruciale è la quota crescente ed elevatissima di reddito che, per effetto di salari stagnanti e costo crescente della casa, i meno abbienti devono destinare alla casa.

I dati disponibili ci dicono che il problema abitativo sta diventando sempre più preoccupante. Questo non vale soltanto per il nostro paese dove si stima, ad esempio, che al di là delle difficoltà di accesso alla casa, la qualità della soluzione abitativa è largamente insufficiente per un milione e mezzo di famiglie. Problemi assai rilevanti si manifestano in tutta l’Unione Europea e anche in regioni extra-europee. Un paese sul quale ci soffermeremo, per utili confronti e per la grande quantità di dati aggiornati disponibili, è l’Australia.

È bene dire subito che, al di là di pur rilevanti specificità nazionali, il problema principale è la quota crescente di reddito che un rilevante segmento della popolazione deve destinare, in un modo o nell’altro, alla casa. Una quota che talvolta è così alta da portare allo sfratto, un fenomeno che in Italia è in aumento. Decisivo, al riguardo, è il differenziale – di recente pressoché ovunque negativo – tra crescita dei salari (specie dei più bassi) e crescita del costo dell’abitare. In sintesi, appaiono cruciali i rapporti tra mercato del lavoro e mercato della casa.

Iniziamo considerando il rapporto tra reddito disponibile e costo della casa (mutuo o canone di locazione), entrambi in termini reali. In Italia, in media, nel 2020 tale rapporto è stato pari a poco meno di ¼ (23%) e in Australia il dato è quasi altrettanto elevato: 20%. Secondo il rapporto OECD Better Life Index in molti paesi negli ultimi anni la divergenza tra costo della casa e reddito disponibile è aumentata. La Fig.1 illustra la situazione in Australia.

Fig. 1: Reddito reale disponibile pro capite e costo reale della casa – Australia 2009-2023

Nell’interpretare queste tendenze è utile tenere presenti le seguenti due circostanze. La prima circostanza, messa in evidenza dallo Statement on Monetary Policy della RBA del maggio 2023, riguarda il fatto che l’attuale processo inflazionistico è caratterizzato da profitti crescenti e salari reali mediamente in declino, un declino iniziato all’inizio del millennio ma acuitosi a partire dal 2020 quando il divario tra prezzi e salari si è allargato a dismisura, come illustra la Fig. 2.

Fig. 2: Differenza tra crescita dei salari e dei prezzi (consumo), Australia

La seconda circostanza riguarda la crescente importanza della case in locazione. Secondo l’ Australian Bureau of Statistics (ABS), la quota di famiglie che abitano in case di locazione anziché di proprietà tra il 1994–95 e il 2013–14 è aumentata dal 26% al 31%; inoltre, le famiglie che prendono in affitto case di proprietà da privati anziché da enti pubblici sono aumentate dal 18% al 26%.

Possiamo ora esaminare, con riferimento all’Australia, l’incidenza del costo della casa, distinguendo case di proprietà e in locazione, sul reddito disponibile, in particolare su quello di chi sta più in basso.

La Fig. 3 sintetizza i risultati principali che emergono da uno studio di ANZ, uno dei maggiori gruppi bancari australiani. Entrambi i riquadri mostrano che la quota di reddito assorbita dal costo della casa (di proprietà o in locazione) è notevolmente cresciuta negli ultimi anni. In particolare (si veda il riquadro di destra) la quota di reddito disponibile che il percettore del reddito mediano ha devoluto al pagamento del canone di locazione ha raggiunto all’inizio di quest’anno il valore record di 32,2%.

Ma il dato diventa impressionante se si considera il 25% più povero della popolazione (linea blù del riquadro di destra): si arriva, infatti, al 54%, per effetto di una crescita di circa 10 punti percentuali tra il 2020 e il 2024. E di certo i valori sono ancora più alti per chi occupa le posizioni peggiori all’interno di quel 25%.

Tutto ciò, naturalmente, riduce quanto resta per gli altri consumi, con ovvie conseguenze per il tenore di vita di molti.

Fig. 3: Quota di reddito da destinare al servizio di nuovi mutui (sx) o al canone di locazione (dx), Australia

La situazione è particolarmente grave nelle grandi città australiane. Secondo un recente rapporto di Anglicare la disponibilità di case in affitto nella area metropolitana di Sydney ha raggiunto un minimo storico nel 2024 e solo lo 0,2% di questi alloggi è economicamente accessibile a famiglie povere, quelle che ricevono sussidi governativi, siano essi pensioni minime, redditi da politiche attive del mercato del lavoro (JobSeeker), o famiglie che percepiscono il salario minimo. È infatti la fascia al di sotto del 25esimo percentile nella distribuzione del reddito, la più penalizzato nel mercato delle case in affitto, visto il declino del numero di case.

Tendenze simili sono in atto anche nell’Unione Europea. In media, nel 2022, quasi il 20% del reddito disponibile serviva a coprire i costi della casa, con picchi in Grecia (34,2% e Germania (24,5%). Limitandosi a coloro il cui reddito disponibile è al di sotto del 60% del reddito mediano (la tipica soglia della povertà relativa), la Fig. 4 mostra come il rapporto tra reddito disponibile e spesa per la casa sia salito al 38% nell’Unione Europea. In Italia è circa il 30%. I paesi con i valori più alti sono la Grecia (61%) e la Danimarca (54%). È di interesse che si tratti di due paesi sotto molti aspetti diversi. La spiegazione porta al punto menzionato in precedenza: contano i rapporti tra mercato del lavoro e mercato della casa e anche se il primo consente redditi più elevati il secondo può rendere questi ultimi insufficienti per tenere bassa la quota di reddito da impegnare per soddisfare il bisogno di abitare.

Fig. 4: Costo della casa come quota del reddito di disponibile di chi ha un reddito inferiore al 60% della mediana, 2022

Fonte: Eurostat, Housing in Europe, 2022

È, dunque, importante considerare simultaneamente il mercato del lavoro e quello della casa, tenendo conto anche delle caratteristiche del processo di crescita. Ad esempio, un processo di crescita che determini contemporaneamente più disuguaglianza nei redditi e più concentrazione geografica dell’attività economica – come è avvenuto in anni recenti in molte parti del globo e come abbiamo documentato in un precedente contributo sul Menabò può contribuire ad acuire il problema dell’abitare. Questo è quanto sostengono G. Galster e K.O. Lee (“Housing affordability: a framing, synthesis of research and policy, and future directions”, International Journal of Urban Sciences, 2021)e non solo per l’Australia. I due fenomeni si integrano nel peggiorare il tenore di vita di chi sta già peggio: i prezzi delle case crescono (per la concentrazione dell’attività economica) mentre i salari stagnano o addirittura declinano.

Dal canto suo, M. B. Aalbers (“The Great Moderation, the Great Excess and the global housing crisis”, International Journal of Housing Policy, 2015) sostiene che nel contesto di un modello neoliberista di mercato del lavoro (flessibile, precario e de-regolato) l’acuirsi della crisi del lavoro soprattutto dopo la crisi finanziaria globale ha innescato dinamiche sul mercato della casa che hanno portato all’attuale crisi, la prima “global housing crisis” nel senso che mai prima d’ora si era assistito ad una crisi della casa così diffusa a livello globale. Aalbers ritiene che quello che molti hanno definito un periodo di ‘great moderation’ sia in realtà stato un periodo di eccessi in molti contesti, inclusi il mercato del lavoro e quello della casa.

La questione è complessa e meriterebbe di essere approfondita. Ma al di là dei nessi causali appare indiscutibile che le dinamiche nel mercato del lavoro e quelle nel mercato della casa sono state tali da determinare un forte peggioramento nel tenore di vita di chi occupa i gradini più bassi della scala de redditi. E per cercare di porre rimedio a questa situazione occorre considerare (ed affrontare) in modo congiunto i problemi che interessano quei due mercati.

Agire dal lato dell’offerta di case è certamente importante e vi sono molte utili misure da adottare. Le esperienze in varie aree del mondo da prendere a riferimento non mancano. Ma occorre agire anche sulle capacità di accedere alle abitazioni, la quale – sempre con particolare riferimento ai più poveri – potrebbe ulteriormente indebolirsi, e quindi vanificare l’effetto delle politiche di offerta. Tutto ciò si può fare con politiche redistributive che si concretizzano in sussidi ma sarebbe assai meglio, e anche per altre ragioni, utilizzare politiche pre-distributive; soprattutto con politiche che innalzino i salari guadagnati nel mercato dai lavoratori più deboli ma eventualmente anche con politiche di regolamentazione dei canoni di locazione che si traducono in una riduzione delle rendite dei proprietari e in un maggiore reddito disponibile, al netto dei costi della casa, per gli affittuari.

Pochi giorni fa M. Vestager vicepresidente esecutiva uscente della Commissione Europea e capo dell’Antitrust comunitario, mostrando sensibilità per il problema di cui abbiamo trattato, ha affermato: “Dobbiamo continuare a garantire che i mercati funzionino per le persone e soddisfino i bisogni fondamentali dei cittadini europei”. Ed ha menzionato gli alloggi a prezzi accessibili. Ma quanto si è appena detto porta a integrare questa affermazione: non solo alloggi a prezzi accessibili ma anche salari adeguati per permettere a tutti di accedervi – e al tempo stesso e più in generale per contrastare il lavoro povero. Muoversi in questa prospettiva vuole anche dire, come si è già sostenuto sul Menabò, considerare decisivo, per vivere una vita dignitosa e quindi per non essere realmente in povertà, il reddito di cui si può disporre dopo aver soddisfatto dignitosamente bisogni essenziali, come è quello della casa.

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