ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 214/2024

28 Aprile 2024

Lo “spettro” del XXI secolo: l’imposta patrimoniale (seconda parte) 

Ruggero Paladini nella seconda parte del suo articolo delinea gli aspetti comuni a tutte le imposte patrimoniali; discute gli obiettivi dell’ imposta patrimoniale, a cominciare da quello di una più che giustificata redistribuzione della ricchezza e quindi del reddito. Si sofferma, poi, sulle differenze rispetto alle imposte sui redditi da capitale e spiega perché l’imposta sul valore patrimoniale risulta più efficiente. Infine enuncia alcuni problemi dell’imposta: dal rischio di occultamento della ricchezza all’effetto psicologico del termine “patrimonio”.

Nella prima parte di questo articolo, pubblicata sullo scorso numero del Menabòabbiamo esaminato la situazione della tassazione dei patrimoni con particolare riferimento ai paesi Europei. In questa seconda parte esaminiamo le caratteristiche comuni alle diverse imposte patrimoniali e i problemi che esse pongono.

Caratteristiche comuni delle wealth tax. Le imposte patrimoniali presentano caratteristiche comuni, come l’unità impositiva che è su base individuale; nel caso di coppie conviventi (a volte si parla di coniugi) il livello esente vale per entrambi i soggetti; ad esempio una coppia in Spagna, con un patrimonio di 1,4 milioni, diviso a metà, non verseranno alcuna imposta grazie alla detrazione che spetta ad entrambi. Le persone residenti devono dichiarare tutti i loro beni ovunque essi siano, mentre i non residenti sono tassati solo sui beni che possiedono nel paese.

Per la valutazione degli immobili vengono usati tre criteri, scegliendo, in linea di massima, il maggiore dei tre: prezzo di acquisizione, valore di mercato asseverato dal fisco, valore catastale (oggetto di rivalutazioni periodiche ma in genere inferiore al secondo).                   Per quanto riguarda i beni connessi con un’attività d’impresa, essi sono valutati al valore risultante dalle scritture contabili. In assenza di contabilità, i beni o diritti sono valutati secondo le norme specifiche applicabili a seconda della loro natura. I depositi bancari sono valutati al saldo maggiore tra quello al 31 dicembre e quello medio dell’ultimo trimestre. Per i titoli quotati il criterio di valutazione è il prezzo medio di quotazione dell’ultimo periodo (spesso il trimestre). I finanziamenti o diritti di credito non quotati sono considerati al loro valore nominale. 

Quanto alle imprese non quotate, o anche individuali, esistono due diverse possibilità: se la società interessata è stata sottoposta a revisione contabile con esito positivo, si fa riferimento al valore contabile netto delle azioni, senza tenere conto ai altri criteri come quelli che seguono. Se la società non è stata sottoposta a revisione contabile o se il rapporto di revisione contabile non è stato senza riserve, si prende in considerazione il maggiore tra i tre seguenti valori: a) capitale sociale; b) valore netto contabile; c) l’importo risultante dalla capitalizzazione, ad un dato tasso d’interesse, della media degli utili realizzati negli ultimi tre anni. Per le assicurazioni sulla vita si guarda al valore di riscatto nell’anno in cui si calcola l’imposta. 

 Per i mezzi di trasporto il criterio di valutazione è il valore di mercato (spesso esiste un elenco ufficiale rilasciato dall’amministrazione). Le opere d’arte e di antiquariato e i gioielli (se non esenti) sono valutate al valore di mercato o sulla base del valore dell’assicurazione. I debiti, se adeguatamente documentati, sono considerati al loro valore nominale, quindi è deducibile il capitale, ma non gli interessi In alcuni paesi la stima annuale dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è considerata un debito e pertanto è deducibile. 

Per quanto riguarda la struttura dell’imposta abbiamo sempre un livello di patrimonio esente (una not tax area) con una o più aliquote, spesso due e in qualche caso (come nel Cantone di Zurigo) tre. Un caso particolare è quello della struttura della IFI francese che presenta una peculiarità: i valori immobiliari fino a 1,3 milioni di euro sono esentati, al di sopra di questa cifra sono previsti sei scaglioni con le seguenti aliquote: 0 fino a 800.000, 0,5% da 800 mila a 1,3 milioni, e successivamente altre quattro fino a 1,5% sopra i 10 milioni. Pertanto, quando il valore complessivo supera, anche di un euro, 1,3 milioni, il valore iniziale dell’imposta è 2.500 euro (0,5% di 500 mila).  

Obiettivo dell’imposta sulle grandi ricchezze. Ovviamente, ça va sans dire, il primo obiettivo della wealth tax sui grandi ricchi è quello di correggere una distribuzione diseguale della ricchezza che è andata crescendo negli ultimi decenni. Vale la pena di citare il sommario di un recente lavoro di ricercatori dell’OCSE, l’istituzione che, come abbiamo visto, non è troppo entusiasta di una imposta generale sui grandi patrimoni.: “Si mostra che i redditi da dividendi e le plusvalenze sono generalmente soggetti a aliquote fiscali effettive inferiori rispetto ai redditi da lavoro a livello personale (…) Il divario (…) varia da paese a paese e in alcuni cresce con i livelli di reddito. Il documento evidenzia che il trattamento fiscale differenziale dei redditi da lavoro e da capitale può incidere sull’efficienza e sull’equità del sistema fiscale” (D. Hourani, B. Millar-Powell, S. Perret e A. Ramm, “The taxation of labour vs. capital income. A focus on high earners”, OECD Taxation Working Papers 28-08-2023)

Recenti studi sull’Italia (D. Guzzardi, E. Palagi, A. Roventini, A. Santoro, “Reconstructing Income Inequality in Italy: New Evidence and Tax Policy Implications from Distributional National Accounts”, Journal of the European Economic Association, 2023) confermano che al crescere del reddito complessivo la quota dei redditi da patrimonio aumenta progressivamente. Poiché le aliquote su tali redditi sono mediamente più basse (sui titoli di Stato gli interessi sono tassati al 26% e i capital gain al 12,5%, l’imposta sostitutiva sugli affitti è del 21% o del 10% sui canoni concordati) rispetto ad aliquote Irpef del 35 e 43% (secondo e terzo scaglione), il sistema fiscale nel suo insieme è progressivo fino al top 5% dei redditieri e poi diviene regressivo.

Nel discorso al G20 di Zucman lo studioso afferma che l’obiettivo dovrebbe essere “garantire che gli individui con un patrimonio molto elevato paghino ogni anno almeno l’equivalente del 2% (per esempio) del loro patrimonio in imposte sul reddito”. Il Global Tax Evasion Report 2024 (al quale ha contribuito lo stesso Zucman) ha stimato che la ricchezza complessiva di 2.500 miliardari sia poco meno di 13 trilioni di dollari (4,7 miliardi a testa). Nell’insieme le imposte versate da questo gruppo sono 44 miliardi, cioè lo 0,35% della ricchezza; pertanto aggiungendo l’1,65%, cioè 214 miliardi, si arriverebbe ad un prelievo complessivo del 2%.La proposta non è operativa, ma serve per rendersi conto dell’entità delle risorse in gioco. Secondo Piketty, ad esempio, l’ esenzione dovrebbe riguardare solamente il primo milione di euro.

Ma l’imposta patrimoniale, oltre che essere un prelievo sul “top 0,1%” può costituire un’alternativa alle imposte su redditi patrimoniali, per le ragioni che vengono ora esposte. 

Altri obiettivi di un’imposta patrimoniale. Sembrerebbe che tassare il reddito da capitale o il capitale non faccia differenza: se un’obbligazione che vale 100 dà un reddito di 4, un’imposta del 30% su 4 equivale ad un’imposta sul valore di 1,2%. Il rapporto tra le due aliquote è uguale al rendimento dell’obbligazione, il 4%.

Ma consideriamo un risparmiatore italiano che negli anni scorsi, nel periodo del quantitative easing, abbia investito in obbligazioni a lunga (10 o più anni) con un rendimento basso; con l’arrivo dell’inflazione, dal 2022 il valore delle obbligazioni ha subito una forte caduta; ma le cedole nominali sono rimaste invariate. Quindi ad aliquote invariate si pagherebbe lo stesso sugli interessi e meno sul capitale.

Consideriamo adesso due azioni che hanno lo stesso valore, ma offrono rendimenti diversi (come somma di dividendi e capital gain) perché sono diversamente rischiose. L’imposta sul reddito inciderebbe anche sulla componente di remunerazione del rischio, mentre l’imposta patrimoniale, avendo come base imponibile direttamente il valore, non ha questo difetto. 

Ovviamente l’imposta sul valore patrimoniale dovrebbe essere in grado di determinare con sufficiente accuratezza il valore del bene. Per i titoli quotati la cosa è facile; per gli immobili dovrebbero essere usati più criteri, come in effetti avviene nei paesi che hanno la wealth tax, o anche la property tax. Certamente la nostra IMU è lontana anni luce dall’essere un’imposta equa che tassa i valori di mercato degli immobili. 

Il tema potrebbe essere approfondito, ma questi accenni sono sufficienti per dare l’idea generale. Si può aggiungere che un’imposta generale sul patrimonio permette di strutturare il desiderato grado di progressività, cosa ben difficile con imposte distinte sui redditi da capitale. 

I problemi dell’imposta patrimonialeL’imposta sulle grandi ricchezze contenuta nel Global Tax Evasion Report è concepita a livello internazionale ma non si pretende che venga adottata dai tutti i paesi delle Nazioni Unite. Basterebbe un sottoinsieme come quello rappresentato dai paesi dell’UE o dai paesi anglosassoni, dove esistono metodi di valutazione delle attività patrimoniali tali per cui un global minimum standard potrebbe essere raggiunto, come è già avvenuto con la minimum tax per le società multinazionali; della quale si apprezza l’ampia partecipazione dei paesi ma si critica l’aliquota (15%) ritenuta, giustamente, troppo bassa.

Si è fiduciosi che il rischio di evasione, o elusione, possa essere contenuto anche attraverso il miglioramento di quel sistema di scambio automatico multilaterale tra le istituzioni finanziarie che è già nato, e che è noto come Common Reporting Standard (negli USA FATCA). L’obiezione che l’imposta potrebbe creare problemi di liquidità viene dismessa come non realistica, in quanto vi sarebbe tempo a sufficienza per provvedere. L’imposta poi, essendo diretta allo 0,01% o poco più dei cittadini, dovrebbe essere accolta positivamente dalla grande maggioranza di essi. 

Quale potrebbe essere il gettito di un’imposta sui grandi patrimoni in Italia, supponendo che lo stesso tipo d’imposta venga introdotta anche nei paesi dell’UE e nei paesi anglosassoni, in modo da evitare trasferimenti di residenza e/o di ricchezza? Va tenuto presente che la distribuzione della ricchezza è molto concentrata; secondo gli ultimi dati della Banca d’Italia per il 2022 (“I conti distributivi sulla ricchezza delle famiglie: metodi e prime evidenze”, gennaio 2024) l’indice di Gini è del 70%, la media è  di 387.000 euro e la mediana di 158.000. Il top 5% delle famiglie possiede il 46% della ricchezza mentre il 50% più povero l’8%. Se si tassassero i (circa) 40.000 soggetti con patrimonio superiore a 5 milioni, con un’imposta ad una sola aliquota del 2% e una deduzione di 5 milioni, il gettito dovrebbe essere di (circa) 7 miliardi.   

Un’imposta patrimoniale, che assorba le imposte reali sui redditi da capitale esistenti, non avrebbe il vantaggio del consenso o quanto meno della indifferenza di gran parte della popolazione. Dovrebbe essere coinvolta almeno la metà dei contribuenti, e questo significa che la deduzione individuale dovrebbe essere la mediana della distribuzione della ricchezza, che è nettamente inferiore alla media. Per esempio in Italia nel 2022 la mediana è di 159.000 euro mentre la media si colloca a 358.000. Ovviamente un’imposta sul patrimonio, avente caratteri di progressività, con contestuale eliminazione delle imposte sui redditi patrimoniali, sposterebbe il peso fiscale sulle fasce medio-alte (compreso il famoso 0,1%) avvantaggiando, secondo stime attendibili, tra il 60 e il 67 dei contribuenti. 

Tuttavia il termine “imposta sul patrimonio” crea un allarme istintivo in coloro che hanno una casa di proprietà o qualche attività finanziaria. Per quanto riguarda il nostro paese si potrebbe parlare di imposta “sui redditi da capitale” alla olandese. Ma c’è da temere la contrarietà dei giuristi, non tanto per l’imputazione di un rendimento nozionale sugli immobili, visto che l’impostazione catastale è basata su un approccio di questo tipo; la difficoltà riguarderebbe il valore della casa d’abitazione. Difficoltà non giuridica, perché non si tratterebbe dell’IMU, ma ovviamente connessa alla percezione dei contribuenti. Per quanto riguarda invece la parte mobiliare, la nostra tradizione giuridica è orientata alla imposizione di redditi effettivi e realizzati; basti pensare alla forte resistenza ad accettare l’idea della tassazione sul maturato, invece sostenuta dagli economisti.  

Un altro problema è quello del valore delle piccole imprese; in teoria esso è dato da ciò che il titolare potrebbe ricavare dalla cessione dell’attività. Ma si tratta di stime degli esperti del settore, sui quali l’agenzia delle Entrate non potrebbe basarsi. I criteri usati nei paesi che hanno una wealth tax (citati nel par. 4) in genere sottovalutano il valore potenziale, non cogliendo la componente rappresentata dall’avviamento. A meno che esso sia derivato, cioè oggetto di un’acquisto iscritto in bilancio tra i beni immateriali; ma ciò si veririca solo per una piccola parte delle imprese. Forse per questo motivo, oltre che per evitare trasferimenti di residenza, in Olanda il Box 2 tassa i redditi di coloro che hanno quote azionarie superiori al 5% del capitale sociale con la stessa aliquota del 31% che vale per il Box 3.

Per parafrasare un detto di oltre un secolo fa, la strada per l’imposta sul patrimonio non è diritta come la prospettiva Nevskij; tuttavia la versione di wealth tax sulle grandi ricchezze ha qualche chance di essere varata in un non lontano futuro. La Spagna ed il Cantone di Zurigo hanno già realizzato due versioni di tale imposta, mostrando che non è necessario avere un consenso generalizzato tra i paesi per procedere, anche se una decisione a livello di Unione Europea avrebbe un altro significato. L’assorbimento nell’imposta patrimoniale delle varie imposte sul reddito sconta sicuramente tempi più lunghi.  

Schede e storico autori