ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 206/2024

5 Gennaio 2024

Annalisa Cicerchia, Martina Caroleo ,

Poveri bambini. I numeri della deprivazione dei minori in Itali

Annalisa Cicerchia e Martina Caroleo basandosi su una nota diffusa di recente dall’Istat si propongono di documentare come vivono, nel nostro Paese, i bambini e i ragazzi a maggior rischio di povertà e esclusione sociale. Cicerchia e Caroleo riportano molti dati ma si soffermano in particolare su quelli relativi al rischio di esclusione sociale i quali rivelano una realtà pervasiva e subdola che, a loro parere, difficilmente può essere modificata dalla consueta strategia di erogazioni di denaro.

Come vivono i bambini e i ragazzi più a rischio di povertà e di esclusione sociale, nel nostro Paese? Qualche settimana fa, l’Istat ha diffuso una nota nella quale alcuni indicatori chiave della indagine annuale sul Reddito e le condizioni di vita delle famiglie vengono letti dal punto di vista dei minori di 16 anni.

Nel 2022, il rischio di povertà o esclusione sociale colpisce il 28,8% dei bambini e ragazzi di età inferiore a 16 anni, 4,4 punti percentuali più della popolazione considerata nel suo insieme. I minori che risiedono al Sud e nelle Isole sono più esposti a questo rischio (46,6%), rispetto a quelli del Centro (21,4%) e del Nord (18,3%). 

I minori di cittadinanza straniera mostrano un rischio di povertà o esclusione sociale pari al 41,5%, valore superiore di quasi 15 punti percentuali rispetto al dato dei coetanei di cittadinanza italiana (26,9%). Questa differenza raggiunge il suo massimo nel Mezzogiorno, dove quel rischio è pari, rispettivamente, all’ 89,2% e al 45,4%; nel Nord, il dato per i minori di cittadinanza straniera è in linea con quello nazionale (41,1%) mentre per i coetanei di cittadinanza italiana è molto contenuto (13,4%). 

Il rischio di povertà o esclusione sociale è un indicatore che dipende da tre fattori: il rischio di povertà, la grave deprivazione materiale e sociale e la bassa intensità lavorativa. Qui ci soffermiamo sui primi due.

Il rischio di povertà. Dal punto di vista statistico, il rischio di povertà è dato dalla percentuale di persone che vivono in famiglie con un reddito netto inferiore a una soglia, che nel 2022, anno al quale si riferiscono i dati, era fissata a 11.155 euro annui (930 euro al mese) per una famiglia di un solo componente adulto. Per famiglie di ampiezza e composizione diversa si calcola il reddito equivalente in base alla scala OECD modificata, che assegna peso 1 al primo adulto della famiglia, 0,5 ad ogni adulto aggiuntivo e 0,3 ad ogni componente minore di 14 anni. In base a questa scala, la soglia di povertà di una famiglia composta di due adulti e due bambini di 7 e 13 anni sarebbe di 23.425 euro circa (1.952 euro al mese), quella di una famiglia composta da due soli adulti di 14.286 (1.190 euro al mese).

Nel 2022, circa 2milioni 80mila minori di 16 anni (il 25,6%, un po’ più di uno su quattro) è a rischio di povertà in Italia. Nelle famiglie con un solo genitore si manifesta la situazione più critica, con un’incidenza del 33,6%. Ma dietro questo valore ci sono importanti differenze, perché, se il genitore è un uomo, la percentuale di rischio di povertà torna in linea con la media nazionale, mentre se è una donna sale al 35,1%.

La grave deprivazione materiale e sociale. Ai dati sulla deprivazione materiale e sociale specifica dei minori dovrebbe essere anteposta un’avvertenza simile a quella che si usa per sconsigliare la visione di un film al pubblico sensibile. Perché stringono il cuore.

In Italia, si parla di grave deprivazione materiale e sociale quando i segnali sono almeno tre, su una lista di 17, di cui 12 riguardano direttamente il minore e 5 la famiglia. 

I primi si riferiscono all’impossibilità di permettersi; 

1) di sostituire gli abiti consumati con capi di abbigliamento nuovi; 

2) due paia di scarpe in buone condizioni per tutti i giorni; 

3) frutta fresca e verdura una volta al giorno; 

4) carne o pesce, o un equivalente vegetariano, almeno una volta al giorno; 

5) libri extrascolastici adatti all’età;

6) giochi da usare all’aria aperta (come bicicletta, pattini, ecc.); 

7) giochi da usare in casa (come costruzioni, giochi elettronici, giochi da tavolo, ecc.); 

8) regolare attività di svago fuori casa a pagamento (come andare in piscina, frequentare corsi extrascolastici, partecipare ad organizzazioni giovanili, ecc.); 

9) di festeggiare il compleanno, l’onomastico, gli eventi religiosi, ecc.; 

10)di invitare a volte gli amici per giocare e per fare merenda/spuntino/pranzo/cena;

11) di partecipare a gite scolastiche e ad eventi a pagamento organizzati dalla scuola; 

12) di trascorrere almeno una settimana di vacanza all’anno lontano da casa. 

I segnali che riguardano la famiglia sono:

13) non potersi permettere un’automobile; 

14) non potersi permettere una connessione internet utilizzabile a casa; 

15) non poter sostituire mobili danneggiati o fuori uso con altri in buono stato; 

16) essere in arretrato nel pagamento di bollette, affitto, mutuo o altro tipo di prestito;

17) non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione.

 Nel 2021, la quota di minori di 16 anni in condizione di deprivazione materiale e sociale era il 13,0% nella media Ue27 e il 13,5% in Italia. I paesi con le condizioni meno favorevoli per i minori di 16 anni erano; Romania (42,5%), Bulgaria (36,5%) e Grecia (33,9%); e quelli con i valori più bassi dell’indicatore: Slovenia (2,9%), Svezia (3,5%) e Finlandia (3,7%). Nel confronto europeo, l’Italia è invece in posizione nettamente favorevole per l’accesso alle cure mediche specialistiche, e anche alle cure dentistiche.

Nel nostro Paese, il valore medio nazionale della deprivazione materiale e sociale specifica dei minori di 16 anni è rimasto stabile fra il 2021 e il 2017. Questa stabilità è però solo apparente, perché nasconde andamenti diversi nel territorio. Nel Mezzogiorno l’indicatore è rimasto al 20,1%, molto più alto della media, senza miglioramenti degni di nota. È notevolmente migliorata la situazione al Centro Italia, dove l’incidenza della deprivazione materiale e sociale specifica è scesa al 5,7% (il valore più basso a livello nazionale) dall’11,7% del 2017. Invece sono peggiorate le condizioni di vita dei minori di 16 anni al Nord, con un aumento dell’indicatore dall’8,5% del 2017 all’11,9% del 2021.

Tra i ragazzi e le ragazze di 12 – 15 anni l’incidenza della deprivazione materiale e sociale specifica è più alta rispetto alle altre classi di età (14,8%, 12,9% nella classe di età 6-11 anni e 13,2% nella classe di età 0-5 anni). Il valore più basso si registra per i minori di età compresa tra i 6 e gli 11 anni (12,9%), in lieve miglioramento rispetto al 2017 (13,6%). Nella fascia di età dei bambini e delle bambine di età inferiore ai 6 anni, l’incidenza della deprivazione materiale e sociale specifica aumenta (da 12,2% del 2017 a 13,2% del 2021).

Di cosa sono più deprivati i minori? L’esame dettagliato della frequenza dei vari segnali di deprivazione e della quota di minori che ne presentano un numero elevato merita particolare attenzione. 

Tra i minori in condizione di deprivazione (13,5% del totale dei minori di 16 anni), il 35,1% mostra tre segnali di deprivazione, il 16,9% quattro, l’11,8% ne presenta cinque e il 21,6% un numero che varia tra nove e 17 (ovvero il numero massimo dei segnali considerati).

Nel 2021, così come nel 2017, il segnale di deprivazione osservato con maggior frequenza sia tra i minori deprivati sia sul totale dei minori è non potersi permettere per motivi economici di “sostituire mobili danneggiati con altri in buono stato” (88,6% dei minori deprivati e 23,0% del totale dei minori). Segue il non potersi permettere per motivi economici di trascorrere “almeno una settimana di vacanza all’anno lontano da casa” (81,3% e 16,9%,) e non potersi permettere, sempre per mancanza di soldi, di svolgere regolarmente “attività di svago fuori casa a pagamento” (58,4% e 9,1%).

Non potersi permettere di “invitare gli amici per giocare” è il quinto item più frequente (16,5%) tra i minori di famiglie straniere, mentre per i coetanei di famiglie italiane è all’ottavo posto (2,0%). Viceversa per questi ultimi non potersi permettere “una connessione internet a casa” rappresenta il sesto item in ordine di frequenza, quando per i coetanei di famiglie stranieri si trova all’undicesimo posto.

L’incapacità da parte della famiglia di sostenere le spese per un pasto proteico al giorno oppure l’incapacità di affrontare le spese per comprare il cibo necessario delinea una condizione di deprivazione alimentare, che interessa il 5,9% dei minori di 16 anni (6,2% nel Nord, 2,5% nel Centro e 7,6% nel Mezzogiorno). La fascia di età 6-11 anni mostra il più alto tasso di deprivazione alimentare (6,3%), che per i bambini più piccoli (fino a 5 anni) e per i ragazzi tra i 12 e i 15 anni si ferma al 5,7%.

I dati tradotti nella vita. Il nostro Welfare, come quello dei Paesi europei mediterranei affonda ancora saldamente le proprie radici nella famiglia. Appare subito evidente perciò il cortocircuito che si crea nel tentativo di dare una risposta efficace al problema dei bambini in stato di deprivazione economica. A questo va aggiunto anche che il problema della povertà stato affrontato seguendo un modello “caritatevole” particolarmente legato alla tradizione cattolica del nostro paese. Alle mancanze dello Stato hanno supplito in maniera consistente la Chiesa e le associazioni benefiche volontaristiche (che non sempre riescono a garantire alti livelli di professionalità). Basti pensare alle Opere Pie negli anni subito successivi all’Unità, alla regolamentazione degli istituti pubblici di assistenza e beneficenza (IPAB) a fine ‘800 e le evoluzioni normative che li hanno portati prima ad essere coordinati dallo Stato e poi, nel 2003, ad essere trasformati in persone giuridiche di diritto privato. In alternativa, l’intervento più facile e immediato, ma anche meno risolutivo che da sempre (anche tuttora) è stato privilegiato dallo Stato è quello dei sussidi: erogare periodicamente somme di denaro alle famiglie che rientrano in certe soglie di reddito. 

Dal 2019 anche noi abbiamo una misura di reddito minimo recentemente riformata che però era ed ancora di più sarà soggetta a forti condizionalità riguardo al lavoro che scaturiscono anche dall’idea che la povertà sia nella gran parte dei casi responsabilità individuale.

È chiaro che i dati che abbiamo appena esposto ci parlano di problemi che non sono risolvibili con sussidi e erogazioni monetarie in generale; infatti, occorre una risposta articolata che preveda, soprattutto, l’offerta di servizi. Per permettere ai bambini indigenti di poter crescere con le stesse possibilità di quelli in stato di benessere servono, ad esempio, progetti che combattano la dispersione scolastica. Per far questo bisognerebbe, ancor prima, rendere la scuola pubblica un posto accessibile a tutti e che proponga in maniera universale le attività. A questo proposito il punto 11 e 14 dell’elenco mettono in luce le disparità che si possono creare. 

Oltre alla dispersione scolastica, sarebbe importante prevedere Centri di aggregazione giovanile che propongano attività extra scolastiche e che mettano a disposizione dei bambini plessi in cui potersi incontrare, giocare e fare sport. 

Sarebbe utile una presa in carico del nucleo familiare indigente con un’ottica di prevenzione. Invece, pur con differenze territoriali, sono molto, troppo frequenti gli accessi ai servizi quando ormai le situazioni sono incancrenite ed emergenziali. 

I servizi sociali territoriali sono in costante affanno e i professionisti che ci lavorano sono sempre in numero troppo ridotto per poter rispondere in maniera puntuale e veloce a tutte le richieste.

Sarebbe volontà delle autrici chiudere questo articolo con parole di fondata speranza nel superamento della drammatica situazione che emerge dai dati esposti, ma a impedirlo è, soprattutto, la sensazione che le politiche sociali che incidono direttamente sulle opportunità dei minori siano ancora viste come poco utili politicamente, e certamente meno utili delle erogazioni monetarie che creano maggiore consenso anche perché sembrano assicurare risultati immediati. Ma i risultati importanti da raggiungere non sono alla portata delle erogazioni monetarie. 

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