Negli ultimi anni la sfiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche, governi nazionali in primis, è diventato un fenomeno tanto dilagante quanto preoccupante per i suoi effetti negativi sulla solidità del contratto sociale. La fiducia nelle istituzioni pubbliche, infatti, spinge i cittadini a riconoscere e accettare la validità delle regole del Paese in cui vivono. Soprattutto in periodi di crisi come quelle sperimentate da molti paesi negli ultimi decenni (dalla crisi finanziaria a quella sanitaria legata alla pandemia), la scarsa propensione a fidarsi delle istituzioni può trasformarsi in un ostacolo all’attuazione delle politiche pubbliche e, di conseguenza, può compromettere l’efficacia dell’azione governativa e diminuire il sostegno ai valori della democrazia. Al fine di arginare questi pericoli diventa quindi fondamentale identificare le cause della sfiducia nelle istituzioni pubbliche.
In un recente articolo, abbiamo ipotizzato che le disuguaglianze economiche possano essere annoverate tra le principali determinanti della sfiducia istituzionale nelle moderne economie avanzate. Come emerge dalle figure 1 e 2, infatti, l’andamento della fiducia nelle istituzioni pubbliche è stato accompagnato da crescenti livelli di disuguaglianza di reddito registrati in molti paesi negli ultimi due decenni. Incrociando i dati dell’Eurobarometro con l’indagine sulle condizioni di reddito e di vita dell’Unione europea (EU-SILC) in 28 paesi tra il 2003 e il 2019, e utilizzando le tecniche econometriche di stima per analisi cross-country, abbiamo rilevato come la fiducia nelle istituzioni pubbliche, misurata attraverso la percentuale di individui che tendono a credere nel governo nazionale, si riduca all’aumentare delle disuguaglianze economiche, misurata dall’indice di Gini applicato alla distribuzione del reddito equivalente disponibile delle famiglie.
Figura 1: Fiducia nelle istituzioni pubbliche e disuguaglianza dei redditi nei paesi UE (2003-2019)
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Eurobarometer and EU-SILC.
Figura 2: Fiducia nel governo nazionale (sinistra) e disuguaglianza dei redditi (destra) (valori medi nel periodo 2003-2019)
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Eurobarometro e EU-SILC.
Sono almeno due le possibili spiegazioni di questi risultati. In primo luogo, livelli elevati di disuguaglianza del reddito sono percepiti come l’esito di politiche pubbliche non soddisfacenti per gran parte della collettività. Esse favoriscono la diffusione del timore di vivere in una società ingiusta, soprattutto durante periodi di grande incertezza macroeconomica come i tempi attuali. Molti cittadini sono quindi indotti a, per così dire, ‘punire’ i governi nazionali esprimendo un forte sentimento di sfiducia verso questi ultimi. In secondo luogo, fidarsi delle istituzioni pubbliche diventa difficile poiché queste sono viste come un luogo elitario che tende a difendere gli interessi dei più potenti a danno dei segmenti più svantaggiati della popolazione. In entrambi i casi risulta comunque evidente come la presenza di elevate disuguaglianze economiche aumenti, nel complesso, la sensazione di distanza tra i cittadini-elettori e i decisori politici attuatori delle politiche pubbliche.
E, proprio pensando a questa sensazione, ci siamo chieste se esista un modo per mitigare l’effetto negativo della disuguaglianza del reddito sul grado di fiducia nei governi nazionali e lo abbiamo individuato nel grado di diffusione dell’interazione digitale tra cittadini e settore pubblico.
A tale proposito, la letteratura recente suggerisce come l’adozione di diversi strumenti per migliorare la trasparenza del settore pubblico, in particolare social media, siti web e app del governo, induca i cittadini a considerare un’istituzione governativa maggiormente affidabile. In maniera simile, emergono anche effetti positivi della comunicazione digitale sul grado di fiducia in una classica relazione Principale-Agente, dove il cittadino è il Principale e il decisore politico è l’Agente. L’interazione online, infatti, rende più trasparente l’azione del governo nell’adempimento del proprio ruolo. Soprattutto, l’utilizzo di procedure telematiche identiche per tutti potrebbe favorire la percezione della parità di trattamento da parte dei cittadini e ciò potrebbe limitare l’impatto negativo della disuguaglianza sulla fiducia nelle istituzioni pubbliche.
Sulla base di questo quadro teorico, abbiamo utilizzato la percentuale di cittadini di età compresa tra 16 e 74 anni che hanno avuto almeno un contatto con le autorità pubbliche via Internet nei 12 mesi precedenti come variabile per misurare il grado di interazione digitale tra individui e settore pubblico. Dalla nostra analisi si rileva che un maggior livello di connessioni digitali tra cittadini e settore pubblico aiuta a ridurre l’effetto negativo della disuguaglianza economica sulla fiducia nei governi. Aumentando le relazioni digitali con l’amministrazione pubblica, è probabile che migliori la trasparenza delle procedure e dei meccanismi pubblici, inducendo gli individui a sentirsi trattati in modo eguale e a evitare di interpretare le persistenti disuguaglianze come risultato esclusivo della scarsa performance governativa. In aggiunta, la diffusione dell’interazione digitale con il settore pubblico potrebbe istruire i cittadini circa le azioni concretamente intraprese dal governo nazionale. Spesso, il cittadino non è a conoscenza delle molteplici iniziative promosse dalle diverse amministrazioni pubbliche per migliorare il benessere delle persone e della collettività nel suo complesso. Si tratta di un gap informativo che può essere facilmente colmato con l’utilizzo delle nuove tecnologie di comunicazione, anche nel settore pubblico, oltre a quello privato.
La relazione digitale tra cittadini e settore pubblico potrebbe anche contribuire a ridurre le differenze socioeconomiche tra diversi gruppi demografici. Questo potrebbe valere particolarmente per gli individui più vulnerabili della società. In particolare, avere accesso a un set più ampio di informazioni, reso possibile attraverso l’interazione online, potrebbe ridurre la sensazione di distanza e indebolire lo svantaggio dovuto, ad esempio, a disuguaglianze legate a diversi livelli di istruzione. In questo contesto, governi che curino e favoriscano questo nuovo tipo di interazione con il settore pubblico potrebbero risultare anche più attenti rispetto alle diverse forme di disuguaglianza, contribuendo a cambiare la sensazione di sfiducia nelle istituzioni pubbliche in presenza di esistenti disparità socioeconomiche.
Come mostriamo nell’articolo prima richiamato, l’interazione digitale mitiga l’impatto negativo della disuguaglianza di reddito sulla fiducia istituzionale, specialmente quando tale interazione coinvolge le persone meno istruite e quelle disoccupate. Proprio perché queste categorie di individui sono quelle che spesso sopportano il peso delle disuguaglianze economiche, esse tendono a fidarsi sempre meno di chi li rappresenta e di chi li governa. La possibilità di sfruttare l’interazione online con il settore pubblico diventa uno strumento di emancipazione per questi gruppi sociali. Non solo, tale strumento può essere efficacemente utilizzato per compensare la differenza negli esiti tra individui appartenenti a diverse classi sociali.
Ne emerge un ruolo chiave della digitalizzazione del settore pubblico e, soprattutto, dell’interazione online con le autorità pubbliche al fine di rinvigorire il rapporto di fiducia tra governanti e governati. L’importanza del cambiamento tecnologico come fattore in grado di incidere sulle dinamiche distributive con esiti che possono operare in modo cumulativo, compensarsi o variare a seconda delle caratteristiche strutturali, istituzionali e macroeconomiche era già stato messo in evidenza sul Menabò. Quello che aggiunge il nostro lavoro è la possibilità che, proprio grazie al cambiamento tecnologico inteso come e-relationship tra cittadini e governi, si possano attuare politiche di redistribuzione ancora più efficaci, indirizzate a gruppi sociali specifici in grado di far emergere le proprie necessità anche attraverso l’interazione digitale con il settore pubblico, recuperando un sentimento di fiducia nelle istituzioni e nei decisori pubblici. Queste implicazioni sono rilevanti soprattutto alla luce della recente esperienza pandemica che, ad esempio in Italia, ha contributo a esacerbare le disuguaglianze esistenti e ha indebolito la forza del sistema di istruzione che rappresenta, da sempre, uno dei fattori promotori della mobilità intergenerazionale e della giustizia sociale.
Più in generale, la digitalizzazione del settore pubblico rappresenta un obiettivo fondamentale da includere nell’agenda dei governi nazionali, chiamati dall’opinione pubblica a soddisfare standard di accountability e di trasparenza sempre più elevati ed a erogare beni e servizi pubblici attraverso nuovi strumenti tecnologici. In questo contesto, la componente M1C1 “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA” all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede risorse per avviare il processo di transizione digitale della Pubblica Amministrazione (PA). Questo processo di trasformazione della PA potrà renderla più semplice per cittadini e imprese, riducendo tempi e costi di adempimenti e procedure amministrative, rafforzandone il comparto infrastrutturale digitale, contribuendo potenzialmente alla creazione di nuovi posti di lavoro. In definitiva, oltre a portare benefici reali e duraturi a enti e a cittadini migliorando l’efficienza del sistema Paese, la transizione digitale della PA può giocare un ruolo anche in termini di equità, facilitando le iniziative del governo in grado di ridurre la disuguaglianza e, soprattutto, andando a ridurre la distanza istituzionale percepita dai gruppi più vulnerabili della società anche in linea con il recente approccio della politica di coesione digitale, e-cohesion,promosso dalla Commissione Europea.