ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 201/2023

14 Ottobre 2023

Una proposta olivettiana 5.0: progetti sociotecnici e patti per il lavoro per sviluppare organizzazioni e lavori di qualità*

Federico Butera presenta I principali contenuti del suo ultimo (39°) libro (Disegnare l'Italia.Politiche e progetti per organizzazioni e lavori di qualità. Egea 2023) che si propone di spiegare, basandosi su esperienze di successo, un solido impianto teorico e buone pratiche gestionali e tecnologiche, come sviluppare nuove forme di stabili strutture sociotecniche robuste e flessibili centrate sui processi e sull’innovazione, che superino i modelli burocratici e taylor-fordisti e che potenzino la dimensione di istituzioni economiche e sociali.delle organizzazioni.

Sono passati oltre cinquanta anni da quando nel 1972 uscì il mio libro I frantumi ricomposti. Ideologia e struttura nel declino del taylorismo in America, che nasceva dall’esigenza di avviare un percorso  di riprogettazione post-tayloristica del lavoro e dell’organizzazione nell’industria italiana. Le isole di produzione della Olivetti di cui mi stavo occupando e che superavano le lunghe catene di montaggio con fasi di un minuto da Tempi Moderni, non erano un caso isolato. In tutto il mondo iniziava una ricerca e una sperimentazione per andare oltre il taylor-fordismo cha aveva dominato il secolo. 

Oggi in frantumi non è più il lavoro delle mansioni parcellari dell’industria, ma l’intero sistema del lavoro: mansioni, mestieri, professioni nel loro complesso non hanno più un modello e un sistema di regolazione. Il lavoro è in generale svalorizzato e sembra diventato conseguenza di qualcosa d’altro: delle nuove tecnologie, della finanziarizzazione dell’economia, della globalizzazione della produzione e dei mercati, delle norme di diritto del lavoro. La scarsa qualità di gran parte dei lavori operativi e intellettuali è l’effetto di questa svalorizzazione. La soddisfazione di chi ha un lavoro è ai livelli minimi. Un gran numero di persone soprattutto giovani un lavoro non lo hanno neppure.

Riprogettare i lavori, soprattutto, è oggi più urgente di quanto lo fosse nel 1972. Sviluppare su larga scala lavori che creano valore: questa è l’emergenza delle economie europee e italiana. Rimuovere vincoli e fornire incentivi alle imprese, alle pubbliche amministrazioni, al terzo settore, al lavoro autonomo dovrebbe essere l’oggetto principale delle politiche pubbliche: ossia modifiche normative, fiscalità, politiche attive del lavoro, formazione e altro. Ma soprattutto azioni di supporto ai cantieri di riprogettazione del lavoro, dell’organizzazione, delle tecnologie. Per potere realizzare una politica che contrasti il degrado e la frammentazione attuale. è importante oltre alla dimensione micro (cosa è il lavoro e come è organizzato nell’impresa) anche il quadro macro (come si genera il valore e come lo si distribuisce) 

Ma perché queste misure abbiano effetto sul livello e la qualità dell’occupazione bisogna rispondere a due domande chiave che riguardano la natura del lavoro e i processi con cui il lavoro va progettato:

  • quali organizzazioni e quali lavori si vogliono e si possono sviluppare? La burocrazia weberiana, l’impresa chandleriana, le occupazioni industriali del taylor-fordismo non esistono più. What next, cosa ci sarà dopo? E soprattutto che cosa noi vogliamo che ci sia?
  • attraverso quali percorsi e quali progetti di job and organization design verranno disegnati i nuovi lavori e le nuove organizzazioni? Organigrammi e mansionari emanati dagli uffici organizzazione, contrattazioni sui tempi e cottimi non sono più efficaci. Quali allora le nuove metodologie e i processi sociali partecipati per progettare i contenuti delle organizzazioni, le tecnologie e il lavoro? Chi prenderà parte a questi processi e come?

Sembra che la globalizzazione, la terziarizzazione, le nuove tecnologie, la crisi economica stiano sgretolando i posti di lavoro e le organizzazioni quali li abbiamo ereditati dalla seconda rivoluzione industriale. Sembra che tutto «si stia sciogliendo nell’aria»: modi di produzione di beni e servizi che vengono rivoluzionati, mercati che scompaiono, imprese che chiudono, altre che aprono e hanno diffusione planetaria, Pubbliche Amministrazioni che sopravvivono malgrado siano manifestamente inefficienti, posti di lavoro che vengono eliminati, professioni che vengono rivoluzionate ma non si cosa sono e molto altro. Si diffonde l’idea di un’inarrestabile società liquida, di una riduzione e un impoverimento delle classi medie, di un’inevitabile polarizzazione fra super ricchi e nuove povertà. Sembra inevitabile che le imprese debbano subire un grado elevato di instabilità e vulnerabilità, che ci siano sempre minore quantità di lavoro e qualità decrescente. Da qui all’idea della fine del lavoro, di una jobless society, il passo è breve.

Vi sono cinque principali emergenze che affliggono l’Italia, fra loro fortemente interconnesse: la scarsa quota di lavoratori qualificati rispetto all’Europa[†], il degrado di molte aree del lavoro scarsamente qualificato, la scadente configurazione anche di molti lavori qualificati, la qualità mediocrissima dell’organizzazione di molte imprese, la disperante organizzazione di gran parte delle PA. E su tutto una gestione inadeguata delle persone.

Affermare che, in questo quadro di gravi incertezze, sia possibile sviluppare organizzazioni e lavori di qualità può apparire un’utopia o un’ingenuità? 

Con dati ed esempi tratti dall’ultimo mezzo secolo, che come detto ha visto il progressivo ma non definitivo declino del taylor-fordismo, nel libro emerge che nelle migliori organizzazioni private e pubbliche (chiamiamole organizzazioni leader, organizzazioni champion) si è sviluppato un amplissimo repertorio di forme nuove di organizzazione e di lavoro in grado di creare valore e di assicurare prosperità alle organizzazioni e alle comunità e un’alta qualità della vita, animate da lavoratori e manager qualificati e motivati: esse però non si sono diffuse quanto e come potevano in modo da rispondere ai crescenti bisogni di produttività del sistema Paese e di generazione di lavori di qualità. E inoltre non hanno dato luogo a un nuovo sistema di regolazione dell’economia e della società di cui istituzioni, strutture intermedie, soggetti collettivi possano avvalersi per fronteggiare un tasso di cambiamento infinitamente maggiore di quello delle precedenti rivoluzioni industriali. E soprattutto non   hanno creato condizioni diffuse di crescita umana e professionale e di soddisfazione del lavoro.

È ora necessario – e possibile – progettare organizzazioni e lavori di nuova concezione e gestirle in modo che generino efficienza e innovazione e qualità della vita delle persone. E si possono – e si devono – trovare nuovi meccanismi di regolazione sociale in un mondo che resterà altamente turbolento. Come e dove? Attraverso a) cantieri partecipati nelle singole imprese e Pubbliche Amministrazioni e attraverso b) politiche pubblichecentrate sul lavoro e dotate di investimenti e di programmi specifici

a) Cosa sono i cantieri? Le singole imprese, Pubbliche Amministrazioni, organizzazioni del terzo settore possono adottare su larga scala una “sociotecnica 5.0” già sviluppata dalle organizzazioni migliori, in grado di assicurare la transizione ‘green’ e ‘digital’ e di promuovere al contempo prosperità alle imprese, alle PA, alle comunità, un’alta qualità della vita alle persone e una marcata sostenibilità ambientale e sociale. 

La sociotecnica 5.0 consiste nella adozione integrata delle tecnologie digitali abilitanti e di un’“Intelligenza artificiale giusta ossia quella che genera crescita per tutti e non disoccupazione; nello sviluppo di infrastrutture tecniche ed economiche degli ecosistemi e delle reti organizzative governate; nel potenziamento delle organizzazioni reali animate da team eccellenti; nel favorire la diffusione di ruoli aperti e professioni a larga banda; nella formazione continua; nella tendenziale professionalizzazione di tutti. Il tutto, senza dimenticare la promozione e il supporto a programmi e progetti partecipativi nelle singole organizzazioni private e pubbliche.

b) Programmi di politiche pubbliche sono quelli che incentivino e supportino questi cantieri. Ciò è necessario e possibile. Lo avevano fatto Roosevelt con il New Deal in USA, De Gasperi con la ricostruzione postbellica in Italia, Schimdt con la Mitbestimung in Germania, Clinton e Gore con il programma Reinventing Government in USA. Lo ha fatto negli scorsi anni la Regione Emilia Romagna con il Patto per il lavoro e per il clima.

Il mio ultimo (39°) libro (Disegnare l’Italia.Politiche e progetti per organizzazioni e lavori di qualità. Egea 2023) non si aggiunge ai numerosi (e pregevoli) testi su come organizzare bene. Esso spiega invece come sviluppare nuove forme di stabili strutture sociotecniche robuste e flessibili centrate sui processi e sull’innovazione, che superino i modelli burocratici e taylor-fordisti fondati su organigrammi e procedure che hanno dominato nel secolo scorso e che sono ancora una latente eredità. Un percorso basato su esperienze di successo e su un solido impianto teorico – con la condivisione di mezzo secolo di progressi nelle teorie organizzative – e su tecniche concrete come quelle adottate dalle buone pratiche gestionali e tecnologiche. In una parola per costruire organizzazioni che potenzino la loro dimensione di istituzioni economiche e sociali.

In questa proposta, il governo, il mondo universitario, i rappresentanti dell’economia e delle parti sociali sono invitati ad assumere la questione organizzativa non come l’“intendenza che seguirà” ma per attivare atti puntuali nelle rispettive sfere di competenza che abbiano come oggetto specifiche politiche di promozione e siano dotate di investimenti e di programmi specifici di medio e lungo periodo. 

A differenza di altre ere di innovazione tecnologica ed economica, oggi è difficile individuare masse di lavoratori coesi nel difendere i loro interessi e nel rivendicare cambiamenti nella configurazione micro e macro del lavoro. Ma esistono invece soggetti individuali e collettivi che hanno unn peso straordinario nel progettare e gestire tali cambiamenti: li chiamo architetti delle nuove organizzazioni e dei nuovi lavori .

 Il mio libro contiene proposte di politiche micro-macro per passare dal dire al fare e una cassetta degli attrezzi per tutti gli architetti delle nuove organizzazioni e dei nuovi lavori che operano nelle imprese, nelle PA, nelle università e negli organi di governo. 

Essi sono quelli che operano sia nelle realtà di punta sia in quelle più fragili: imprenditori, manager, membri delle istituzioni, amministratori pubblici, docenti, ricercatori, sindacalisti, gruppi di lavoratori. Soggetti che nella loro pratica professionale – mentre gestiscono e tentano di innovare le realtà in cui operano – sviluppano anche nuovi modelli di organizzazione, di tecnologia, di lavoro. Essi sono anche in grado di inspirare o aggregare più ampie quote di lavoratori attraverso processi di partecipazione individuale (far parte di progetti di cambiamento) e collettivi (montare e attuare patti per il lavoro a livello territoriale o nazionale). Occorre diffondere su larga scala le lezioni dei loro progetti riusciti, come nell’Ottocento era avvenuto con le Amministrazioni di Maria Teresa d’Austria e nel secolo scorso con le fabbriche della Toyota, con la Scuola di via Panisperna o i laboratori della Nasa, potenziando il “senso di sé” di questi “architetti” come classe innovatrice del Paese.


* Questo articolo sintetizza le tesi principali sostenute nel mio recente libro titolo Disegnare l’Italia.Politiche e progetti per organizzazioni e lavori di qualità. Egea 2023.

[†]  Nel 2022, in tutta l’UE erano impiegate circa 80 milioni di persone altamente qualificate, pari al 44,2% del numero totale di persone occupate di età compresa tra 25 e 64 anni. L’Italia registra una media inferiore a quella europea. https://ec.europa.eu/eurostat/en/web/products-eurostat-news/w/DDN-20231004-1

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