ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 212/2024

27 Marzo 2024

I commercianti migranti nella variegata dinamicità del centro storico di Napoli

Antonia Arena e Giovanni Laino riportano i principali dati emersi da un’indagine sul campo diretta a rilevare varie caratteristiche dei minimarket che, nel centro storico di Napoli, sono di proprietà o sono gestiti da cittadini stranieri e sostengono che la presenza di queste attività testimonia da un lato che nel centro storico di Napoli sono in corso rilevanti cambiamenti e, dall’altro, che il tessuto storico è poroso alle popolazioni migranti e all’integrazione interculturale.

Il rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2023, pubblicato dal Centro studi e ricerche IDOS, conferma che la Campania è tra le regioni italiane più attrattive per l’imprenditoria straniera e che il commercio costituisce il comparto in cui opera più della metà delle imprese gestite da immigrati (52,1%).

La diffusione di attività commerciali di cui sono titolari cittadini provenienti da Paesi extra UE costituisce un’evidenza sempre più rilevante nel tessuto urbano del centro storico di Napoli. In quest’area, i Quartieri Spagnoli rappresentano storicamente un melting pot in cui caratteristiche morfologiche ed edilizie favoriscono la convivenza di gruppi variegati per estrazione sociale, ceto, reddito. In questo tessuto trovano spazio per abitare e lavorare anche varie componenti di popolazioni straniere.

Fattori che favoriscono la stratificazione sociale, rilevanti dal punto di vista urbanistico, sono la multifunzionalità – all’alta densità residenziale si accosta un’ampia e diversificata offerta di servizi e funzioni come commercio, artigianato, istruzione, sanità, uffici – la presenza o prossimità a reti di trasporto pubblico di superfice e su ferro che assicurano il collegamento con altre parti della città, ma anche con l’area metropolitana. Sotto il profilo edilizio rileva, nella zona, la disponibilità di alloggi di taglie e valori differenti – dagli attici, agli appartamenti nobiliari oggetto di conservazione o di frazionamenti, ai numerosi bassi(abitazioni di bassa qualità ai piani terra) – con un patrimonio immobiliare che quindi è in grado di soddisfare una domanda variegata, favorendo così una tradizionale duratura commistione sociale che si può rilevare anche all’interno di singoli isolati.

In una ricerca condotta sul campo nel 2021 (sui cui esiti si rimanda agli articoli di Laino, Abbamonte, Arena e Pacelli, in Territorio 100, 2023), sono state rilevate 51 attività per la vendita di beni alimentari di uso quotidiano (di seguito definiti anche minimarket), in una porzione di circa 1 kmq del centro antico – che si estende da via Nardones a via Salvator Rosa intercettando i Quartieri Spagnoli, la Pignasecca e l’area dei Ventaglieri. Le attività commerciali di proprietà o gestite da cittadini stranieri testimoniano, da una parte la trasformazione in atto nel centro storico della città anche per effetto di fenomeni di dimensioni globali come la turistificazione (Laino, Quartieri Spagnoli. Note da quaranta anni di lavoro dell’Associazione, 2018), dall’altra la graduale e costante radicalizzazione di presenze di stranieri in un tessuto che appare – storicamente – poroso e aperto all’integrazione anche interculturale.

L’analisi delle dinamiche dei cambi di destinazione d’uso dei locali delle attività rilevate, messe in relazione con la nazionalità dei proprietari, la tipologia d’uso precedente e la longevità delle attività, rivela la perdita di attività a forte specializzazione nel tessuto storico di Napoli e invita a definire una traiettoria tipologica e temporale di avvicendamento delle attività commerciali in una porzione nel centro di Napoli.

I titolari delle attività rilevate sono cittadini prevalentemente provenienti da paesi dell’Asia meridionale: Pakistan, Sri Lanka e Bangladesh rappresentano rispettivamente il 49%, il 24% e il 20% del campione.

Le dinamiche delle destinazioni d’uso dei locali testimoniano i processi di sostituzione e perdita di specializzazione commerciale nel tessuto indagato. Infatti, solo in due casi le attività commerciali hanno occupato locali dismessi e solo in un caso l’apertura di un minimarket è conseguenza di un cambio di destinazione d’uso, da residenziale a commerciale, avvenuto all’incirca una quindicina di anni prima. Nei restanti casi, in circa la metà del campione, si registrano processi di sostituzione nella titolarità delle attività in continuità di settore tipologico di vendita: nella maggior parte dei casi si tratta di avvicendamenti tra connazionali, mentre nel 41% si riscontra la sostituzione di titolari napoletani con una prevalenza di subentri di pakistani.

Il 37% dei casi ha visto un cambiamento sia della titolarità che del tipo di merce venduta. Nei tre casi di alternanza di titolarità straniera le destinazioni d’uso precedenti erano legate alla ristorazione in loco o da asporto e al settore dei servizi tecnologici, nello specifico un internet point. Questi cambi di destinazione d’uso avvenuti tutti in tempi recenti (massimo tre anni prima del rilievo) possono essere interpretati – con la giusta considerazione dei rapporti di scala e di incidenza – come indici di modifica della domanda: il mercato dei servizi informatici, la cui offerta è stata per un lasso di tempo considerevole appannaggio di cittadini stranieri, ha visto una progressiva contrazione per la diffusione delle reti cablate e della fibra in ogni parte della città con costi contenuti; mentre l’offerta di ristorazione, legata attualmente a una domanda turistica, vede rafforzarsi il comparto napoletano che fa della cucina un brand anche di esportazione. Benché limitati nel numero, i locali dove si preparano cibi tipici come il kebab, segnalano la presenza di attività gestite da stranieri anche in questa filiera.

Per quanto riguarda le sostituzioni di altre attività di titolarità italiana, i dati testimoniano un processo di perdita di specializzazione, varietà e ricchezza del tessuto commerciale. Infatti, delle sedici attività italiane cessate, alcune erano legate al settore alimentare specializzato – pescheria, macelleria, pasticceria, altre appartenevano a settori artigianali che spaziano dalla fotografia, all’elettronica o dal meccanico al parrucchiere, passando per il commercio specifico e settoriale legato all’abbigliamento per la danza o ai giocattoli.

L’apertura di minimarket rispecchia, per il comparto alimentare, la scelta strategica di accorpamento della varietà dell’offerta per rispondere a una domanda che concentra nello spazio e talvolta dilata nel tempo post-lavoro, la spesa quotidiana; in questi casi la flessibilità degli orari di apertura risponde meglio alle esigenze della domanda, anche turistica. La diversificazione di prodotti sopperisce anche all’assenza della grande distribuzione, che per ragioni morfologiche non trova spazio nel centro antico di Napoli; infine, i minimarket sono in grado di riprodurre le dinamiche tipiche della piccola distribuzione del commercio di vicinato quali la consegna a domicilio o il microcredito. La presenza di minimarket, per il comparto artigiano, invece, testimonia la perdita di specializzazione manifatturiera e tradizionale.

In sintesi, i dati raccolti sui cambi di titolarità delle attività, mostrano che i cittadini stranieri subentrano agli italiani complessivamente in più del 50% del campione.

Per quanto riguarda la temporalità, per le attività che hanno conosciuto un cambio solo nella titolarità, i passaggi di proprietà più numerosi (con un’incidenza pressoché uguale tra stranieri e italiani) si sono avuti intorno al 2018, altri dal 2012 e solo due nel 2020.

Per le attività che hanno visto avvicendamenti sia nella tipologia di settore di vendita che nella titolarità la differenza si nota osservando i passaggi di nazionalità dei titolari: come anticipato, infatti, gli avvicendamenti tra stranieri si sono avuti a partire dal 2017; invece, i subentri di stranieri avvenuti in sedici delle attività rilevate si registrano in un caso più di 10 anni fa (l’ex fotografo), nella maggior parte dei casi dal 2020, per i restanti casi il 13% dal 2012, il 25% dal 2015 e il 19% dal 2018.

I dati sulle dinamiche temporali di avvio delle attività registrano che il processo di perdita di titolarità italiana è in atto da più di un decennio e che ad esso si accompagna la perdita di specializzazione in particolare per il settore artigianale.

Di contro, gli avvicendamenti più ravvicinati nel tempo tra cittadini stranieri nella titolarità di attività testimoniamo una vivacità delle dinamiche di lavoro – ed è ipotizzabile di vita – delle popolazioni migranti presenti nel centro storico della città. Il fitto di un locale commerciale e l’avvio di una attività autonoma sembrano costituire, in alcuni casi, una tappa del processo di progressiva stabilizzazione di prime e seconde generazioni di migranti. I titolari delle attività hanno, infatti, in larga maggioranza esperienze precedenti nell’ambulantato – lavoro più precario e meno redditizio – o, in un paio di casi, gestiscono attività avviate da genitori, residenti da tempo in Italia, per offrire loro una prospettiva di lavoro e garantire stabilità.

Nel complesso, dal 2015 circa è in corso una trasformazione costante – e in accelerazione dal 2018 – che fa emergere e rende visibile la dinamicità del tessuto storico di Napoli, che conferma il suo milieu poroso aperto alla stratificazione sociale e all’integrazione, favorita dalle consuetudini quotidiane che si generano per ragioni di lavoro.

In sintesi, l’indagine offre dati per sostenere che è in atto una lenta progressiva rilevante trasformazione del paesaggio commerciale – e antropico – dei Quartieri Spagnoli, con una tendenziale polarizzazione: chiusura di esercizi commerciali specializzati, drastica riduzione di negozi gestiti da napoletani con merci più costose e diffusione della rete commerciale di prossimità per merce mediamente più economica. Questo, accanto ad una progressiva significativa crescita della presenza di stranieri nei bassi.

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