ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 212/2024

27 Marzo 2024

Quale futuro per l’Euro Digitale?

Andrea Barigazzi e Matteo Bursi riflettono sullo sviluppo delle Monete Digitali di Banca Centrale (MDBC), ed in particolare dell'Euro Digitale (ED). Gli autori si soffermano sugli aspetti più rilevanti della proposta di Regolamento della Commissione Europea e sostengono che il dibattito in corso evidenzia il potenziale impatto dell’ED sul settore bancario e sulla politica monetaria. Inoltre, ritengono che la decisione finale sul futuro dell’ED sarà a tutta evidenza politica ed influenzerà la sovranità euro-unitaria.

È più che ragionevole affermare che le Monete Digitali di Banca Centrale (MDBC) siano divenute negli ultimi anni uno dei principali temi di studio degli istituti di emissione di tutto il mondo. Come infatti dimostrato da più di un’analisi — si veda quanto elaborato dall’Atlantic Council Data Tracker o dal CBDC tracker — sono ormai pochi i Paesi economicamente sviluppati dove l’argomento non si sia affermato come oggetto di analisi e dibattito, con alcuni Stati che sono già arrivati ad emettere (anche solo in via sperimentale) una forma di denaro pubblica dematerializzata. Anche l’Unione Europea ha preso parte a questa “corsa” verso le MDBC con la BCE che, da un lato, ha annunciato l’avvio della preparation phase sull’Euro Digitale, e la Commissione Europea che, dall’altro, ha presentato una proposta di Regolamento sul tema. In tal senso, la decisione finale sull’emissione di una Moneta Digitale europea spetterà all’istituto di Francoforte, il quale dovrà però agire all’interno della cornice regolatoria definita dal legislatore UE. Tale progetto, che potrebbe giungere a “traguardo” nel 2026, presenta molteplici effetti positivi (tra i vari, Gnan e Masciandaro, 2018) ma, allo stesso tempo, porta con sé alcune criticità che meritano una valutazione attenta. In quest’ottica, il più importante effetto collaterale è associato alle possibili ricadute che uno strumento di tale natura potrebbe avere sul settore bancario e sulle operazioni da esso implementate: è infatti diffuso il timore che l’adozione massiccia della valuta digitale possa erodere significativamente i depositi bancari, deteriorando la situazione patrimoniale degli istituti di credito e inficiando, al contempo, la capacità di questi soggetti di erogare prestiti a cittadini ed imprese. 
Quest’ultima preoccupazione ha indotto le istituzioni dell’Unione a prevedere rilevanti limitazioni al design di un eventuale Euro Digitale: una scelta volta a tutelare la stabilità finanziaria ma che ridimensiona (probabilmente in maniera eccessiva) le potenzialità di questa innovazione. 

Mezzo di pagamento, non riserva di valore. Nel corso di una investigation phase durata 24 mesi (e conclusa nell’ottobre del 2023), la Banca Centrale Europea ha tenuto in debita considerazione il tema della stabilità finanziaria, evidenziando nei propri progress reports l’intenzione di prevenire, soprattutto nel breve termine, una fuga massiva di capitali dal settore bancario verso i depositi in Euro Digitale. Con questa finalità, l’istituto di Francoforte ha ipotizzato di introdurre holding limits per evitare che un’ingente mole di denaro transiti verso i “forzieri” dell’Eurosistema. In questo modo, i cittadini di Eurolandia sarebbero in grado di accumulare sui propri wallets in Moneta Digitale una quantità di fondi contenuta (3/5 000 euro), commisurata ai pagamenti mensili “ordinari”.          
Con la proposta di Regolamento del 28 giugno 2023, la Commissione Europea ha avallato l’impostazione della BCE, introducendo però ulteriori restrizioni che depotenzierebbero significativamente la funzione di riserva di valore dell’Euro Digitale. La Commissione, infatti, oltre a prevedere i suddetti limiti di detenzione — senza però definirli e lasciando la loro determinazione alla BCE — ha specificato che l’Euro Digitale non genererebbe interessi, in analogia con quanto contemplato dal Regolamento europeo sulle criptovalute  in merito alle cosiddette stablecoins. Alla base di tali disposizioni c’è l’argomento «che un uso illimitato dell’euro digitale come riserva di valore potrebbe mettere a repentaglio la stabilità finanziaria» e quindi l’assenza di tassi di rendimento sarebbe volta a caratterizzare lo strumento principalmente come un «mezzo di pagamento».        
Questo orientamento ha, inevitabilmente, suscitato un dibattito in dottrina (Monnet e Niepelt, 2023); da cui è emerso come questa configurazione sia incoerente con alcune delle più rilevanti motivazioni che stanno alla base dell’idea stessa di Moneta Digitale di Banca Centrale. Una delle principali “virtù” attribuite a questi strumenti è infatti quella di poter agevolare l’attuazione della politica monetaria e, di conseguenza, il perseguimento della stabilità dei prezzi (obiettivo primario attribuito alla BCE dai Trattati): con tassi di interesse applicati direttamente sui conti correnti di cittadini ed imprese, le decisioni della Banca Centrale avrebbero tempi di trasmissione nettamente inferiori rispetto all’attuale sistema, potendo “saltare” l’intermediazione bancaria e permettendo di raggiungere più rapidamente il target di inflazione. Rinunciando però alla possibilità di erogare interessi sui depositi, la Banca Centrale potrebbe impiegare l’Euro Digitale per finalità di carattere monetario soltanto ricorrendo ad operazioni non convenzionali — come il cosiddetto helicopter money — dovendosi comunque curare di non superare i massimali di detenzione sopra menzionati.       
Inoltre, l’assenza di interessi sui portafogli digitali eliminerebbe quel possibile effetto deterrente che una MDBC potrebbe avere nei confronti della formazione di “cartelli” all’interno del settore bancario. I rendimenti sui depositi in Euro Digitale, infatti, potrebbero rappresentare un floor al di sotto del quale gli istituti di credito non potrebbero scendere nella remunerazione dei depositi dei risparmiatori (che, per intenderci, avrebbe evitato la formazione di differenziali di rendimento tanto considerevoli come quelli osservati nei mesi passati in seguito all’innalzamento dei tassi da parte della BCE).  
Ciononostante, anche con queste caratteristiche, l’Euro Digitale continuerebbe a presentare elementi positivi: si tratterebbe di una forma di pagamento con costi di transazione nulli (o estremamente contenuti), accettata in tutta l’Unione Europea — visto anche il riconoscimento del corso legale contemplato nella proposta di Regolamento — e garantita da un soggetto estremamente solido come la Banca Centrale Europea. Questi aspetti, sulla carta sicuramente vantaggiosi, dovranno essere resi tangibili agli occhi dei cittadini europei, i quali, ragionevolmente, si interrogheranno sulla sostanziale differenza con altri servizi già ampiamente disponibili nel territorio europeo e spesso offerti a costi molto contenuti.

Una questione per la (buona) politica. Non c’è da sorprendersi che negli ultimi mesi le banche private abbiano intensificato le loro attività di lobbying presso le istituzioni dell’Unione Europea, cercando di influenzare le caratteristiche di un futuro Euro Digitale (sul punto, l’articolo di Follow the Money). Tale “pressione” è destinata a proseguire anche negli anni a venire e le ragioni alla base di questo sforzo sono, sotto un certo profilo, anche comprensibili: come già detto, la disintermediazione bancaria può infatti innescare effetti collaterali che, per esempio, possono portare ad una drastica riduzione del capitale erogabile sotto forma di prestiti verso cittadini ed imprese (posto che la BCE, per il momento, non prevede di svolgere verso questi soggetti attività creditizia con i fondi raccolti con la propria MDBC). Tuttavia, la soluzione proposta dalla Commissione Europea sembra eccessiva rispetto agli obiettivi prefissati, limitando a priori le potenzialità di uno strumento innovativo la cui influenza sull’economia rimane ampiamente da esplorare. In aggiunta, è ragionevole ipotizzare che l’ostracismo del settore bancario nei confronti di questo strumento sia principalmente dettato dall’interesse a difendere una rendita di posizione. 

Questa critica sembra essere condivisa anche dalla BCE che, in un’opinione pubblicata lo scorso 31 ottobre in merito alla proposta di Regolamento della Commissione Europea, pur confermando la sua intenzione di salvaguardare la stabilità finanziaria, ha contestato l’idea di precludere a priori la possibilità di corrispondere interessi sui depositi, risultando impossibile escludere che in uno scenario futuro tale remunerazione possa risultare utile (e forse necessaria) per mantenere la stabilità dei prezzi. Allo stesso tempo, Francoforte ha sottolineato come sia irrealizzabile dal punto di vista giuridico subordinare preventivamente la politica monetaria alla stabilità finanziaria, data la missione affidata alla Banca Centrale Europea dal diritto originario dell’Unione (Bursi, 2023).

La proposta di Regolamento sull’Euro Digitale segue la procedura legislativa ordinaria e, in questo senso, Consiglio dell’Unione Europea e Parlamento hanno dunque lo stesso peso decisionale. Ad oggi, sono emerse alcune prese di posizione all’interno dell’Eurocamera — come quella “scettica” del gruppo dei conservatori ECR, a cui aderisce il partito di maggioranza della nostra coalizione di Governo. Tuttavia, la questione non sembra ancora occupare una posizione centrale nell’agenda politica europea. È auspicabile che tale “inerzia” venga superata nei prossimi mesi, considerata l’importanza, anche politica, della questione: dall’Euro Digitale possono derivare effetti determinanti sul rapporto fra entità statuale e mercato e dal successo di questo strumento —inevitabilmente condizionato dal suo design — dipende la possibilità per l’Unione di dotarsi di una forma di pagamento autenticamente europea, cruciale per rafforzare l’ancora debole sovranità (non solo economica) euro-unitaria.     
Alla luce di tutto ciò, l’Euro Digitale non dovrà rimanere un tema confinato a discussioni accademiche e alla cosiddetta Brussels bubble. Decisioni politiche sulla materia sono necessarie, confidando però che il dibattito non debordi verso argomenti tanto pretestuosi quanto svincolati dalla realtà: l’esempio statunitense — con il partito Repubblicano che si è schierato contro il Dollaro Digitale parlando di un potenziale pervasivo controllo statale sulla vita dei cittadini — non è certo promettente.         
          

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