ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 212/2024

27 Marzo 2024

Livello di sviluppo e disuguaglianza: l’ipotesi di Kuznets nelle province italiane

Lorenzo Benedetti analizza la relazione, da lungo tempo dibattuta, tra livello del Pil pro capite e diseguaglianza. Utilizzando i dati dei redditi italiani, su base provinciale, mostra come la relazione empirica tra queste due grandezze, sembra smentire la già ampiamente criticata curva di Kuznets – in base alla quale, raggiunta una certa soglia, la crescita del reddito si accompagnerebbe a una caduta della disuguaglianza – confermando, almeno in parte, le teorie più recenti che introducono una componente ciclica in questa relazione.

Nel 1955, l’economista Simon Kuznets, utilizzando dati riguardanti la crescita economica e le diseguaglianze nei diversi paesi rilevò come queste due grandezze fossero legate da una relazione ad “U rovesciata”. Misurando il livello del PIL procapite sull’asse orizzontale e le diseguaglianze su quello verticale, Kuznets osservò come, in una prima fase del processo di industrializzazione, le diseguaglianze tendevano ad aumentare, mentre queste diminuivano successivamente, una volta che la maggior parte dei lavoratori si era spostata verso impieghi maggiormente produttivi. 

Questa relazione, nota nella letteratura economica come “curva di Kuznets”, ed è stata per molto tempo un punto di riferimento per gli economisti interessati al legame tra sviluppo economico e diseguaglianze, tanto che nel 1971 Kuznets venne insignito con il premio Nobel. Le implicazioni della curva di Kuznets sono allettanti in quanto suggeriscono di non preoccuparsi troppo di una crescita delle disuguaglianze nel breve periodo, poiché nel lungo periodo il processo di crescita economica sarebbe in grado di creare prosperità e uguaglianza. Mentre il lavoro di Kuznets è principalmente empirico, nel 1976 Sherman Robinson formalizzò un modello teorico da cui si derivava la relazione ad “U rovesciata” e, dunque, una caduta delle disuguaglianze nella seconda fase dello sviluppo, ma soltanto in seguito all’intervento pubblico.

Negli anni più recenti, l’esistenza della relazione stabile a “U rovesciata” fra crescita e disuguaglianza rilevata da Kuznets è stata ampiamente criticata, per almeno due ordini di ragioni. In primo luogo, la stima di tale curva sarebbe distorta dalla presenza nell’analisi dei paesi dell’America Latina che rientrano nel gruppo di quelli a medio reddito e sono storicamente caratterizzati da livelli elevati di diseguaglianza. Quindi la curva non dipenderebbe da un’effettiva relazione dinamica fra le due variabili all’interno di uno stesso paese, ma discenderebbe meramente da differenze storiche nei livelli di disuguaglianza tra paesi. Cambiando i paesi inseriti nell’analisi, l’esistenza della curva di Kuznets scomparirebbe. In secondo luogo, le predizioni della curva non si conciliano con le evidenze empiriche registrate a partire dagli anni 1970 in poi. In questo periodo, le diseguaglianze sono aumentate nella maggior parte dei paesi sviluppati e la relazione ad U rovesciata evidenziata da Kuznets sembra aver smesso di manifestarsi.

Le teorie più recenti come lo Skill Bias Technological Change (SBTC) – che attribuiscono l’aumento delle disuguaglianze alla crescita del premio all’istruzione guidato dalla maggiore domanda di lavoratori high skilled, che sono complementari alle nuove tecnologie – suggeriscono come innovazione tecnologica e globalizzazione, pur accrescendo il reddito nazionale, stimolerebbero una nuova ondata di crescita della disuguaglianza.

Branko Milanovic ha provato a conciliare la recente tendenza crescente delle diseguaglianze con la teoria di Kuznets, suggerendo che la nuova fase crescente può essere interpretata come una nuova curva di Kuznets, successiva alla prima, a sua volta guidata dal progresso tecnologico e dalla globalizzazione. Quindi, secondo Milanovic, non vi sarebbe un’unica curva che descrive la relazione tra crescita economica e diseguaglianze, quanto una serie di curve che si susseguono, definite onde di Kuznets. Le diseguaglianze continuano, dunque, ad aumentare perché la maggior parte dei paesi non ha ancora raggiunto il picco di questa nuova curva.

Figura 1: Distribuzione dell’Indice di Gini e del Pil pro capite nelle provincie italiane

Tenendo a mente questi importanti riferimenti della letteratura, ho utilizzato dati relativi alle province italiane, per il periodo 2000-2018, al fine di stimare la relazione fra livello del Pil pro capite e diseguaglianza dei redditi, misurata attraverso il coefficiente di Gini.

Le informazioni sui redditi, utilizzate per calcolare il coefficiente – rilasciate, nella sezione Open Data, dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – si basano sulle dichiarazioni fiscali di tutti i contribuenti presentate all’Agenzia delle entrate. Il Pil pro capite, approssima il livello di sviluppo economico nelle diverse provincie, mentre il coefficiente di Gini misura le diseguaglianze reddituali tra gli individui in una data provincia.

La figura 1 mostra la distribuzione sul territorio italiano del PIL pro capite e dell’indice di Gini, negli anni 2000 e 2018. Possiamo notare che nei due periodi considerati l’indice di Gini sembra essere aumentato, in particolare nel sud Italia, dove diverse provincie si attestano su valori maggiori di 0,44. Anche il PIL pro capite ha seguito la stessa tendenza, sia nelle provincie del sud che nel centro-nord, sebbene il gap tra queste due aree nelle due variabili considerate rimanga evidente in entrambi i periodi. 

Nella figura 2 vengono riportate sul piano cartesiano le osservazioni relative alle provincie italiane (per tutti gli anni), divise tra centro-nord e sud-isole. Come si può facilmente notare, il sud Italia presenta sistematicamente livelli inferiori di PIL pro capite, mentre il livello della diseguaglianze è comparabile fra le due macroaree. La curva stimata sembra ben rappresentare, nella prima parte, la relazione ad U rovesciata trovata da Kuznets, ed è interamente guidata dalle provincie del sud Italia che, come detto, hanno un minor reddito pro capite. Tuttavia, incrementando ulteriormente il PIL pro capite – ovvero spostandoci verso le province del Centro-Nord –le diseguaglianze tendono nuovamente ad aumentare, disegnando quella che potrebbe essere interpretata come la fase iniziale di una nuova curva di Kuznets.

Figura 2: Diagramma di dispersione

Per meglio valutare la forma della relazione fra livello del Pil e la disuguaglianza dei redditi, si sono condotte alcune stime econometriche panel “a effetti fissi provinciali”, controllando per alcune caratteristiche delle province ( come i tassi di occupazione) e tendendo conto delle interdipendenze tra unità geograficamente vicine. Il modello così costruito permette di distinguere gli effetti diretti, ovvero la variazione nelle diseguaglianze in una data provincia indotta da una crescita del Pil, e gli effetti indiretti, legati a quanto accade nelle provincie vicine. 

Le stime mostrano che un incremento nel Pil pro capite in una determinata provincia è associato a una riduzione della diseguaglianza nella provincia stessa, ma contribuisce ad accrescere – anche se con un effetto di minore intensità – la dispersione dei redditi nelle provincie vicine. 

Dai coefficienti stimati si ottiene conferma econometrica all’evidenza descritta nella figura 2. Si rileva infatti che nelle provincie del sud Italia la relazione assume la forma di una parabola con la concavità rivolta verso il basso, come prescritto da Kuzents. Al contrario, in quelle più ricche del del centro-nord la curva viene ribaltata su sé stessa. La crescita economica ha, quindi, un effetto opposto nelle due macroaree considerate anche in ragione del diverso livello di sviluppo economico da cui queste partono. 

Per quanto concerne la relazione fra tassi di occupazione e disuguaglianze, si rileva che queste ultime aumentano al crescere dell’occupazione. Distinguendo le macro-aree, si nota però che la relazione positiva fra occupazione e disuguaglianza si registra nel solo Centro-Nord, mentre nel Sud Italia – dove un aumento occupazionale può favorire la crescita del numero di percettori di reddito nei nuclei familiari meno abbienti – l’aumento dell’occupazione si associa a una riduzione della diseguaglianza.

In conclusione, l’analisi qui descritta rileva che la relazione a là Kuznets ad ‘U rovesciata’ vale nel territorio italiano solo quando il focus è sulle province a minor livello di reddito pro capite (ovvero, quelle del Mezzogiorno). Il Centro-Nord si trova invece in una fase diversa, in ragione del maggior livello del Pil pro capite: all’aumentare del reddito, la disuguaglianza tende infatti a crescere nelle province di tale area. Questi risultati sono in linea con l’idea che anziché da un’unica curva, la relazione fra sviluppo economico e disuguaglianza possa essere meglio rappresentata da una serie di onde di Kuznets e le recenti tendenze all’aumento della disuguaglianza nei paesi a più alto reddito potrebbero essere rappresentative di una nuova fase di crescita di questa relazione. E, se questo fosse vero, non potremmo, dunque, affidarci alla crescita economica per sperare di ridurre le disuguaglianze, ma servirebbero nuove, e più incisive, politiche pubbliche predistributive e redistributive. 

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