ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 188/2023

26 Febbraio 2023

Luigi Lodovico Pasinetti: il grande economista italiano che ha fatto discutere il mondo*

Sebastiano Nerozzi ripercorre alcuni tratti del percorso intellettuale e scientifico di Luigi Pasinetti (1930-2023), richiamando l’originalità dei suoi contributi, la sua critica alla teoria neoclassica della crescita e della distribuzione, la sua proposta di un modello di crescita multisettoriale in grado di tenere conto dell’evoluzione della domanda e del progresso tecnologico. Nerozzi richiama anche le sue posizioni metodologiche e di politica economica in tema di disoccupazione, finanziarizzazione e diseguaglianze.

Si è spento il 31 gennaio, all’età di 92 anni, Luigi Lodovico Pasinetti, professore emerito dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Accademico dei Lincei e uno dei più importanti economisti italiani. I suoi contributi alla teoria del valore, della distribuzione del reddito e dello sviluppo economico sono stati al centro di ampi dibattiti che lo hanno visto confrontarsi, spesso con successo, con i più importanti economisti del XX secolo, molti dei quali insigniti del premio Nobel: da Paul Samuelson, a Robert Solow, a Franco Modigliani, a James Meade, a John Hicks, al giovane Joseph Stiglitz. 

Nato a Zanica (BG) il 12 settembre 1930 in una famiglia di modeste origini, Luigi era il primo di quattro figli. Diplomatosi ragioniere, trovò lavoro a Milano come contabile. Affascinato dalle lezioni di economia matematica che si tenevano in Università Cattolica, si iscrisse alla facoltà di Economia e Commercio frequentando i corsi serali e laureandosi a pieni voti, con una tesi scritta sotto la supervisione di Francesco Vito e Siro Lombardini. La sua formazione ebbe una decisa svolta quando, grazie a una serie di borse di studio, Pasinetti poté continuare gli studi prima a Cambridge in Inghilterra, poi ad Harvard, in seguito a Oxford e poi di nuovo a Cambridge dove conseguì il dottorato, sotto la supervisione di Richard Goodwin. 

Quando Pasinetti vi giunse nel 1956, Cambridge era una straordinaria fucina di ricerca economica, con gli allievi diretti di Keynes (Joan Robinson, Richard Kahn, Nicholas Kaldor) impegnati a sviluppare le idee del maestro, estendendole all’analisi dinamica di lungo periodo. A Cambridge Pasinetti incontrò una figura fondamentale per il suo percorso: Piero Sraffa, economista e intellettuale antifascista, che in quegli anni, dopo aver curato l’Opera Omnia di David Ricardo, stava preparando il suo Produzione di merci a mezzo di merci. In questo ambiente intellettuale così denso di idee radicali e innovative, Pasinetti si sentì subito a casa, diventando fellow del King’s College, dove rimase per molti anni, intervallati dall’insegnamento presso l’Università Cattolica e i viaggi di ricerca in varie parti del mondo. Nel 1976 Pasinetti rientrò stabilmente all’Università Cattolica Milano, nella Facoltà di Economia della quale divenne preside nel triennio 1980-1983. Presidente della Società Italiana degli Economisti, e della European Society for the History of Economic Thought, membro della Pontifica Accademia delle Scienze e dell’Accademia dei Lincei, Pasinetti ebbe un ruolo propulsivo nella fondazione della Facoltà di Economia di Bergamo e dell’Università di Lugano. Ritiratosi nel 2003 dall’insegnamento, ha continuato a portare avanti le sue ricerche e a partecipare alla vita dell’Università Cattolica, ricevendo il titolo di Emerito nel 2018.

Dal punto di vista teorico, Pasinetti lascia un’eredità grandiosa ma non facile da raccogliere. Una parte non piccola dei suoi successi derivano dalla sua critica acutissima e caparbia ai fondamenti della teoria neoclassica dei prezzi e del capitale. Infatti, dopo aver elaborato una elegantissima nonché rigorosa formulazione matematica del modello di Ricardo, Pasinetti partecipò da protagonista al cosiddetto “dibattito fra le due Cambridge”. In questo contesto Pasinetti riuscì a dimostrare che la relazione fra il capitale impiegato e il saggio di profitto non ha nessuna somiglianza con una funzione di domanda e ciò rende impossibile la determinazione dei profitti, e di conseguenza dei salari, come frutto dell’incontro tra domanda e offerta. 

Un secondo contributo di rilievo fu l’estensione della teoria Keynesiana della distribuzione del reddito proposta da Kaldor in un articolo del 1956: secondo questo approccio, il mantenimento nel tempo dell’equilibrio macroeconomico di piena occupazione deriva da variazioni nella distribuzione del reddito fra capitalisti e lavoratori (ognuno con la sua propensione al risparmio) e non tanto da cambiamenti delle tecniche produttive associate a variazioni dei prezzi dei fattori, come supposto dalla teoria della crescita neoclassica di Solow e Swan, ancora oggi alla base dell’insegnamento della disciplina in tutto il mondo. 

Un terzo contributo fondamentale, elaborato all’interno della sua tesi di dottorato e raffinato in molte opere successive, è la costruzione di un modello di crescita multisettoriale capace di rappresentare la dinamica strutturale dei sistemi economici. L’interesse e l’originalità del modello di Pasinetti derivano dal fatto che l’andamento macroeconomico complessivo viene derivato all’interno di un sistema disaggregato per settori, mostrando come l’evoluzione del progresso tecnologico, delle abitudini di spesa dei consumatori, della produttività del lavoro, della distribuzione del reddito fra diversi gruppi sociali e dei profitti fra diversi settori condizionano il sentiero di sviluppo di un’economia. Dal modello di Pasinetti emerge immediatamente come il sistema capitalista produca spontaneamente carenza di domanda e ampi fenomeni di disoccupazione tecnologica. Per Pasinetti, questi squilibri non possono essere risolti, se non in piccola misura, attraverso i meccanismi di aggiustamento dei prezzi e da una riduzione generalizzata dei salari. Per avvicinarsi alla piena occupazione è necessario un insieme più ampio di meccanismi di aggiustamento, con misure volte ad accelerare i processi di riallocazione delle risorse fra i diversi settori produttivi, formare i lavoratori e renderli capaci di assorbire le innovazioni e il cambiamento tecnologico. In secondo luogo, occorre un intervento deliberato da parte dei policy makers per indirizzare i flussi di reddito tra i diversi settori e compensare, a livello aggregato, le carenze di domanda effettiva.

L’intento di Pasinetti, in tutta la sua vita, è stato quello di avvicinare la teoria economica alla realtà delle moderne società industriali, confutando l’idea che gli spontaneismi di mercato bastassero a ottenere risultati socialmente desiderabili e a evitare ampi fenomeni di disoccupazione involontaria. Di particolare attualità, alla luce anche dell’odierno processo di revisione, furono le prese di posizione di Pasinetti in merito ai parametri di Maastricht, che egli criticò in un celebre articolo del 1998 dal provocatorio titolo “The myth (or folly) of the 3% deficit/GDP Maastricht parameter”, nel quale dimostrava l’arbitrarietà dei ratios allora stabiliti e la loro inconsistenza ai fini di una effettiva stabilizzazione dei debiti pubblici europei. In occasione della crisi del 2007-2008, Pasinetti ha levato ancora la sua voce per mostrare come la crisi finanziaria affondasse le sue radici in una profonda crisi teorica, dovuta all’eccessiva fiducia nella capacità allocativa e compensativa dei mercati finanziari, e all’abuso di modelli e teoremi di dubbia cogenza logica e rilevanza pratica. Ancor più egli metteva il dito sull’importanza di una distribuzione del reddito sempre più iniqua nel determinare l’instabilità del sistema, fattore che per decenni era stato largamente ignorato e quasi espunto dalla teoria economica standard. Con l’insegnamento, questa “visione preanalitica” dell’economia è stata trasmessa a diverse generazioni di allievi, molti dei quali – dopo aver frequentato le sue lezioni a Milano e a Cambridge – hanno proseguito la carriera accademica, seguendo percorsi intellettuali talvolta diversi da quello originario, che hanno comunque arricchito il dibattito nella professione. Anche in questo l’insegnamento di Pasinetti è stato fecondo. 

Oggi il pensiero di Pasinetti rimane una sfida lanciata agli economisti perché sappiano sondare con appropriati strumenti di analisi, innovativi e liberi da indebite semplificazioni, i grandi problemi economici del nostro tempo. 


* Questo articolo esce in contemporanea su lavoce.info (www.lavoce.info)

Schede e storico autori