ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 203/2023

14 Novembre 2023

Chiara Giovinazzo, Barbara Luppi, Fabrizio Patriarca,

Buoni amici e cattivi maestri. Canali informativi e divario di genere negli STEM.

Chiara Giovinazzo, Barbara Luppi e Fabrizio Patriarca dopo aver approfondito il ruolo dei condizionamenti sociali, culturali e degli stereotipi nel determinare il divario di genere nelle materie STEM, presentano i risultati di un loro recente studio dal quale emerge l’importanza dell’orientamento scolastico nel ridurre meccanismi auto-segreganti nella scelta dei percorsi di studio ed il ruolo dei docenti nonché di studenti ed ex studenti universitari come modelli anti stereotipi di prossimità.

La scelta del percorso universitario è una determinante fondamentale delle future possibilità lavorative e retributive individuali. Nonostante la crescente partecipazione femminile all’istruzione terziaria in tutto il mondo, le scelte dei percorsi universitari di giovani uomini e donne si confermano profondamente diverse: le studentesse tendono a preferire indirizzi a prevalenza umanistica e sociale, mentre gli studenti si iscrivono con maggiore frequenza ad indirizzi scientifici e quantitativi.

Scopo di queste note è presentare alcuni dati sul divario di genere nella formazione universitaria e di indicare, sulla base di una nostra indagine, le possibili cause di fondo di tale fenomeno. 

Secondo il Global Gender Gap Report 2023 del World Economic Forum, che raccoglie dati sulla parità di genere in 146 Paesi a partire dal 2006, il divario di genere nella scelta dei percorsi STEM (Science, technology, engineering e mathematics) persiste e si riflette in modo strutturale sulle prospettive occupazionali in quanto questi offrono migliori opportunità di inserimento lavorativo e accesso a professioni con retribuzioni mediamente più alte. 

Tale divario rafforza, come in un circolo vizioso, quello occupazionale: le giovani donne, scegliendo indirizzi di studio in ambito umanistico, si auto-segregano in professioni meno pagate e con minore possibilità di crescita professionale.

La fotografia della situazione italiana rispecchia quella a livello mondiale. Per quanto riguarda i percorsi universitari, nonostante le laureate siano più numerose dei laureati, solo un terzo del totale delle studentesse e degli studenti laureati triennali in discipline STEM sono donne. La presenza femminile si riduce poi ulteriormente nei percorsi magistrali: solo il 22,4% dei laureati magistrali in ambito ICT è donna, il 29,4% negli indirizzi ingegneristici.

Le politiche pubbliche sia a livello nazionale che europeo, con la Strategia per la Parità di Genere 2020-2025 dell’Unione Europea, partono dal riconoscimento della necessità di colmare questo divario nell’ istruzione, allo scopo di innescare un circolo virtuoso e contribuire così alla riduzione della disparità retributiva tra uomini e donne. Molte sono le iniziative volte a stimolare la partecipazione femminile nei settori STEM, incluse le esperienze formative e i festival della scienza in cui le giovani donne sono incoraggiate a partecipare attivamente e diversi progetti specifici all’interno del programma Erasmus. Tuttavia, il divario permane e si riduce più lentamente rispetto alle aspettative dei policy makers. Diventa quindi fondamentale analizzare in profondità le determinanti del divario di genere nelle scelte del campo di studi e i canali di influenza che sostengono l’auto-segregazione femminile in settori umanistici e sociali o in ruoli minoritari.

Una prima strada, spesso battuta (e altrettanto spesso confutata) per trovare fondamento anche ad altri divari di genere, è quella delle differenze biologiche secondo cui le donne sarebbero meno portate degli uomini in matematica, per questo razionalmente tenderebbero a preferire percorsi di studio diversi. A supporto di questa spiegazione starebbe l’evidenza di una differenza tra uomini e donne in test che misurano abilità matematiche. Effettivamente, secondo il Programma Internazionale per la Valutazione degli Studenti (PISA), il divario di genere in matematica è persistente nei paesi occidentali ed in Italia è particolarmente ampio. Tale risultato è confermato dai dati INVALSI: i risultati delle ragazze in matematica sono sistematicamente peggiori di quelli dei ragazzi, Tuttavia, si nota che il divario tende ad aggravarsi con l’età degli studenti (Contini et al., “The gender gap in mathematics achievement: Evidence from Italian data”, Economics of Education Review, 2017). Se poi si risale man mano a misurare tali differenze in età sempre più giovane si nota che queste differenti “vocazioni naturali” si assottigliano tendendo a scomparire in età infantile: le differenze genetiche non appaiano determinanti statisticamente significative delle abilità individuali negli stadi iniziali di sviluppo, eppure la sottorappresentazione delle donne nelle discipline matematiche comincia sin dall’infanzia (Kahn e Ginther “Women and science, technology, engineering and mathematics (STEM): are differences in education and careers due to stereotypes, interests, or family?”, The Oxford Handbook of Women and the Economy, 2018). Un recente filone della letteratura sui differenziali di genere ha peraltro mostrato come, nella scelta del percorso da intraprendere, più che l’abilità effettiva rilevi l’auto-percezione delle proprie abilità (Zhao e Perez-Felkner,”Perceived abilities or academic interests? Longitudinal high school science and mathematics effects on postsecondary STEM outcomes by gender and race”, International Journal of STEM Education, 2022). 

Accantonando spiegazioni basate sulle differenze biologiche, la ricerca ha messo in evidenza come siano piuttosto fattori di tipo ambientale e psicologico a giocare un ruolo fondamentale nella scelta dell’indirizzo di studio (UNESCO, 2017), congiuntamente a stereotipi che tendono a rappresentare quello degli STEM come un dominio maschile. Cercando di agire su quest’ultimo aspetto, diverse politiche puntano sulla visibilità di esempi femminili in ambito STEM, soprattutto a scuola (Gil- Quintana et al, 2020). Secondo uno studio condotto da Microsoft (2017) circa il 64% delle 11.500 ragazze intervistate non è riuscita a identificare alcuna donna che eccelle nelle STEM, ma tra le ragazze che conoscono modelli di ruolo femminili il livello di interesse per queste materie è quasi doppio rispetto alle altre.

La conferma del ruolo rilevante di fattori ambientali e dei condizionamenti sociali rende importante indagare i diversi canali che influenzano le attitudini e le scelte educative delle giovani donne, a cominciare dal ruolo della famiglia. I genitori possono avere aspettative diverse nei confronti di figli maschi e figlie femmine, contribuendo a trasmettere loro una diversa percezione delle proprie abilità. Tuttavia, un genitore laureato e/o con un’occupazione in ambito STEM influenza positivamente la probabilità che una giovane donna aspiri ad una carriera nello stesso ambito.

In modo analogo, gli insegnanti possono contribuire ad alimentare il gender gap, sulla base di stereotipi e pregiudizi individuali, anche inconsapevoli, e che possono rafforzare percorsi di studio differenti tra ragazzi e ragazze. Specialmente in fase adolescenziale, le giovani donne perdono così autostima e sicurezza nelle proprie capacità scientifiche, e possono orientarsi con maggiore probabilità verso percorsi educativi in ambito umanistico e sociale. Anche i compagni di scuola possono influenzare – sebbene molto meno – le scelte educative delle ragazze, in particolare quando il senso di attaccamento al gruppo è forte: le ragazze scelgono con minore frequenza percorsi scientifici di studio perché, se rimanere nello stesso gruppo è importante, allora iscriversi a corsi STEM diventa più difficile perché meno scelti dal proprio gruppo.

Per capire il ruolo esercitato da questi differenti canali, in un recente studio condotto insieme anche a Giuseppe Caruso, abbiamo sfruttato i dati di una indagine svolta sugli studenti dell’Università di Modena e Reggio Emilia al momento dell’immatricolazione dal 2016 in poi contenente domande specifiche sui canali che hanno influenzato le nuove matricole nella scelta del percorso universitario. Il lavoro inizia presentando tre evidenze descrittive. La prima è che, controllando per le caratteristiche di provenienza geografica, il livello dichiarato di influenza di canali esterni nella scelta del percorso è significativamente maggiore per coloro che si sono iscritti nelle lauree STEM; la seconda è che questa differenza scompare se restringiamo agli studenti con almeno un genitore laureato, ed è invece molto più marcata per i figli di famiglie con nessun genitore laureato. Infine, le donne dichiarano di essere meno influenzate da canali esterni rispetto agli uomini. 

Motivati da questa dimensione di genere e di indirizzo nel ruolo delle influenze esterne, e dai differenziali tra studenti con differenti provenienze familiari, siamo andati ad indagare l’impatto nella scelta del percorso di studi di quattro diversi canali di influenza: la famiglia, che risulta il canale relativamente meno importante, poi i compagni di classe, i professori delle scuole superiori e i conoscenti che già frequentano l’università. Canali che in media mostrano un’importanza relativamente maggiore e simile.

I risultati confermano alcuni dei risultati della letteratura correlata e forniscono nuove intuizioni sul ruolo degli insegnanti, delle reti e del contesto familiare. In particolare, mostriamo che le influenze esercitate dagli insegnanti delle scuole superiori hanno un effetto negativo sul gap di genere nell’iscrizione a discipline STEM. All’opposto, un ruolo significativo e positivo è giocato dai contatti diretti con studenti già iscritti all’università. Famiglia e compagni di classe hanno anch’essi un impatto opposto (positivo il primo, negativo il secondo) ma minore e scarsamente significativo. Allo stesso tempo, tali impatti sono significativi solo per gli studenti provenienti da famiglie in cui sono più bassi i livelli di istruzione e la posizione professionale dei genitori, in particolare del padre. 

Questi risultati sono utili per disegnare politiche in grado di contrastare scelte auto-segreganti dei percorsi di istruzione; non soltanto quelle riguardanti il genere di cui ci siamo qui occupati, Infatti le distorsioni indotte dai canali informativi e derivanti da condizionamenti sociali e culturali investono anche altri ambiti. 

L’effetto negativo degli insegnanti, oltre a sottolineare come gli stereotipi siano condivisi e veicolati anche dai docenti, mette in evidenza i limiti dell’orientamento scolastico nelle scuole superiori: un sistema disorganico, spesso affidato al volontariato di alcuni docenti e a progetti di natura sperimentale e transitoria. Un sistema che assume ancora più importanza considerando il risultato sull’influenza del background familiare: sugli studenti che provengono da contesti svantaggiati e hanno più bassi tassi di proseguimento degli studi l’impatto dei docenti è più rilevante. In altre parole, l’orientamento scolastico si configurerebbe come un’efficace politica di promozione della mobilità sociale. 

Infine, anche il terzo risultato, quello dell’impatto positivo delle influenze di conoscenti che abbiano già intrapreso il percorso universitario, suggerisce alcune importanti riflessioni. Il contrasto degli stereotipi attraverso i modelli di ruolo è solitamente effettuato ricorrendo a figure esemplari, eccellenze. Probabilmente però, più che la fama, conta il semplice fatto di venire a contatto con esperienze che confutano gli stereotipi. Nell’esempio della segregazione di genere non è detto che confrontarsi con una semplice studentessa che studia ingegneria sia meno efficace che ascoltare l’intervento di una donna che fa l’astronauta. Coerentemente, si potrebbe puntare in modo più sistematico su studenti ed ex-studenti come veicoli di più efficaci politiche di orientamento allo studio.

Schede e storico autori