ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 196/2023

30 Giugno 2023

Come si vive a Roma? Una domanda difficile, 138 risposte

Annalisa Cicerchia sintetizza i principali contenuti del sesto Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES) nella città metropolitana di Roma, che presenta 138 indicatori a scala cittadina e fa riferimento a 12 dimensioni fondamentali, dalla Salute all’Istruzione e formazione, dal Lavoro e conciliazione all’Ambiente e così via. Cicerchia sottolinea che si tratta di un cruscotto imponente di dati che descrivono una situazione caratterizzata sia da luci che da ombre e invita gli amministratori della Capitale a concentrare la loro attenzione su queste ultime.

In queste note mi propongo di sintetizzare i principali risultati contenuti nel sesto Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile nella città metropolitana di Roma (BES) pubblicato da pochi giorni a cura dell’Ufficio di Statistica della Capitale. Il lavoro raccoglie 138 indicatori a scala cittadina, ed è costruito sulla base del sistema nazionale ISTAT-Cnel, le cui misure (quest’anno oltre 150) si fermano invece al livello regionale.  

Roma è una delle realtà locali più sollecite nell’impegno di dotare i territori di strumenti articolati e dettagliati di analisi delle componenti del benessere, in dialogo con il quadro di riferimento statistico dell’Istat. Lo scopo principale di queste note non è quello di giungere a un indice sintetico della performance di Roma che permetta di individuare la posizione che essa occupa in una ipotetica graduatoria del BES nelle città italiane. Al contrario, si intende fornire informazioni sulle luci e le ombre della Capitale, nelle diverse dimensioni, anche allo scopo di attirare l’attenzione sulle ombre nella speranza che questo renda possibile stemperarle. 

Come il sistema nazionale, anche il BES romano fa riferimento a 12 dimensioni fondamentali: Salute, Istruzione e formazione, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, Benessere economico, Relazioni sociali, Politica e istituzioni, Sicurezza, Benessere soggettivo, Paesaggio e patrimonio culturale, Ambiente, Innovazione, ricerca e creatività, e Qualità dei servizi. 

Gli indicatori possono riguardare fenomeni con influenza diretta sul benessere, come avviene nei domini della salute, del lavoro, o del benessere economico; o influenza indiretta, cioè descrivere fenomeni che favoriscono il benessere generale dei cittadini e il buon andamento della vita dei singoli e della collettività, la tutela del territorio e la partecipazione.

Dei 138 indicatori selezionati da Roma, 34 affrontano fenomeni legati agli Obiettivi di sviluppo sostenibile, per favorire una progressiva integrazione con le statistiche che monitorano la realizzazione dell’Agenda 2030. 

Nel cruscotto romano, 73 misure coincidono con quelle del sistema BES nazionale, tanto nella definizione, quanto nella fonte dei dati. Altri 15 indicatori, pur ispirandosi a quelli nazionali, ne differiscono parzialmente per ragioni di disponibilità dei dati, di diversa fonte delle informazioni o di opportunità legata alla tematica trattata. Poi ce ne sono altri 50, scelti perché “favoriscono la comprensione di aspetti complementari del benessere, utili a rappresentare più compiutamente la realtà urbana di Roma Capitale e degli altri grandi comuni”. L’area di sovrapposizione tra il sistema Istat e quello romano è quindi di 88 indicatori. 

Per collocare la performance romana rispetto agli altri territori, il Rapporto offre 126 confronti con il dato regionale o nazionale e 87 confronti con gli altri grandi comuni italiani.

Il vantaggio della Capitale rispetto alla media nazionale è netto per la maggior parte delle variabili della salute, come la mortalità infantile, la mortalità evitabile, la mortalità per tumore e quella per demenze e malattie del sistema nervoso. Migliori della media italiana sono anche gli indicatori circa l’eccesso di peso, la sedentarietà e l’alimentazione adeguata. Lo svantaggio si manifesta nel più alto tasso di fumatori e nella minore speranza di vita alla nascita.

I risultati di Roma sono migliori di quelli nazionali e di quelli di altre grandi città relativamente al numero di diplomati, di laureati e di persone che partecipano alla formazione continua (che sono di più) e di uscite precoci dal percorso scolastico, nonché nella quota di NEET (che sono di meno). Molto alto lo stacco di Roma per partecipazione culturale fuori casa (il doppio rispetto alla media nazionale) e per lettura di libri e di quotidiani. È invece più basso il numero di residenti che frequentano biblioteche. 

Nella dimensione del lavoro, le misure che indicano un vantaggio di Roma sui territori di riferimento sono i tassi di occupazione e di mancata partecipazione, e anche gli infortuni sul lavoro. Va meglio anche l’inserimento occupazionale delle madri: su 100 occupate senza figli, le madri lavoratrici con bambini piccoli sono 81 a Roma, 72,5 a livello nazionale e 67,8 negli altri grandi comuni. Minore anche la percezione di incertezza dell’occupazione. Le variabili che segnano invece uno svantaggio sono più numerose, e riguardano il numero di occupati in lavori a termine da almeno 5 anni, di dipendenti con paga bassa, di occupati sovra-istruiti, di persone poco soddisfatte del loro lavoro, e la quota di part-time involontario.

Nel dominio del benessere economico, Roma è avanti per reddito medio (Irpef), minore rischio di povertà, minore percentuale di persone in grave deprivazione materiale, grande difficoltà ad arrivare a fine mese, e rischio di povertà, anche fra gli occupati. La Capitale è invece indietro negli indicatori della grave deprivazione abitativa, della percentuale di famiglie che ritengono peggiorata la propria situazione economica rispetto all’anno precedente, nella quota di famiglie monoreddito, e della persistenza del divario di genere nella retribuzione media mensile dei lavoratori dipendenti.

Il dominio delle relazioni sociali premia Roma per il finanziamento alle associazioni e per la fiducia generalizzata, ma la penalizza molto sul piano delle relazioni umane e sociali: le persone soddisfatte per le relazioni familiari e per le relazioni con gli amici, quelle che hanno qualcuno su cui poter contare e quelle che si dedicano ad attività di volontariato sono tutte al di sotto della media italiana. Il vecchio luogo comune della città pigra e cinica come un gattone sdraiato fra le rovine dei Fori trova purtroppo una conferma nei dati sulla partecipazione politica dei romani: rispetto ai valori nazionali è più bassa la partecipazione elettorale e la quota di persone che esprimono fiducia nei partiti, nelle Forze dell’ordine, nel governo comunale, e perfino nei Vigili del fuoco. Dati migliori emergono dagli indicatori sulla presenza femminile nelle giunte e nei consigli comunali

Vanno male anche i numeri sull’affollamento degli istituti di pena.

Gli indicatori sulla sicurezza richiedono una lettura attenta. La Capitale, che fortunatamente non si colloca male nel confronto internazionale, presenta  però dati relativamente peggiori della media italiana per omicidi e per violenze sessuali, e per furti in abitazione, borseggi, e rapine. 

Tuttavia, per molti di questi reati, i dati romani sono inferiori a quelli rilevati nei grandi comuni italiani: per gli omicidi, il valore ogni 100.000 abitanti a Roma è 0,6, a Napoli 2,1, a Catania 1,7, a Bari 1,3, e ai Torino 0,9. Per i furti in abitazione ogni 1.000 abitanti, Roma si ferma a 2,6, mentre Firenze raggiunge i 3,8, Bologna i 3,3, Venezia i 3,2, Torino i 2,9 e Milano i 2,7. Il primato dei borseggi ogni 1.000 abitanti spetta a Milano, con 13,4, seguita da Tornino, con 8,2, poi Venezia, con 7,6, mentre Roma chiude a 5,8. Milano supera Napoli per le rapine: sono 1,9 ogni 1.000 abitanti; a Napoli sono 1,5, a Torino 1,3 e a Roma appena 0,8. Il pessimo primato delle violenze sessuali, con 29,3 ogni 100.000 abitanti, la detiene Bologna, seguita da Milano, con 21,2 e da Venezia, con 19,2, quindi da Verona, con 18,2, mentre a Roma le violenze denunciate sono 9,9.

La quota di residenti soddisfatti per la vita a Roma è più bassa che nella media italiana, e coloro che sottolineano che il paesaggio del luogo in cui vivono è affetto da evidente degrado sono una percentuale più alta. Tuttavia, a Roma sono relativamente di più coloro che esprimono un atteggiamento ottimista circa le proprie prospettive future. 

L’ambiente riserva una raffica di valori deludenti nel confronto con le altre grandi città e con la media nazionale: più alta la quota di rifiuti urbani prodotti a Roma, più bassa la quota di raccolta differenziata di tali rifiuti, minore la disponibilità di verde urbano e più alto l’inquinamento acustico, più estesa la porzione di suoli impermeabilizzati da copertura artificiale e di inquinamento elettromagnetico. Inevitabilmente, la percentuale di insoddisfatti per la situazione ambientale è superiore alla media nazionale, così come quella delle persone preoccupate per i cambiamenti climatici.

L’unico dominio senza svantaggi per Roma rispetto al dato italiano, anzi, decisamente soddisfacente, è quello della innovazione, della ricerca e della creatività; la performance della Capitale emerge, in particolare, per la quota di lavoratori della conoscenza, per gli occupati in imprese creative, e per la specializzazione produttiva nei settori ad alta tecnologia.

Il profilo romano che emerge dagli indicatori del dominio dedicato alla qualità dei servizi è invece molto contraddittorio. 

A Roma si raggiungono comparativamente livelli migliori dell’insieme del Paese per percentuale di bambini che hanno usufruito dei servizi comunali per l’infanzia, per gamma di servizi online delle Amministrazioni comunali, per i servizi a digitalizzazione elevata, per punti luce dell’illuminazione pubblica stradale con LED, per quote comparativamente più basse di residenti con difficoltà di accesso ad alcuni servizi, di irregolarità nella distribuzione dell’acqua, di famiglie che non si fidano di bere l’acqua del rubinetto. 

Superiori alla media i posti-km offerti dal trasporto pubblico locale, gli autobus con classe di emissione bassa, le licenze di taxi, gli utenti assidui del trasporto pubblico. Roma si comporta bene al confronto nazionale anche per tasso di motorizzazione, indice di potenziale inquinante delle autovetture, tasso di mortalità per incidente stradale, car sharing, densità degli impianti fotovoltaici, e punti di ricarica per auto elettriche. 

Al contrario, la Capitale arranca per la quota di anziani trattati in assistenza domiciliare integrata, per la bassa volumetria servita da teleriscaldamento e per la percentuale elevata di persone che lamentano disagi nella zona in cui abitano. 

E poi c’è la débacle degli indicatori che descrivono la qualità del trasporto: bike e scooter sharing, micromobilità elettrica, densità di piste ciclabili, densità veicolare, disponibilità di aree pedonali, domanda di trasporto pubblico locale, soddisfazione per i servizi di mobilità (autobus e tram), stalli di sosta in parcheggi di scambio, tasso di incidentalità stradale, tasso di mortalità dei pedoni, veicoli a basso impatto ambientale in dotazione alle amministrazioni comunali, velocità dei servizi di trasporto pubblico locale (autobus e filobus), velocità dei servizi di trasporto pubblico locale (metropolitana), velocità dei servizi di trasporto pubblico locale (tram): tutti valori che penalizzano Roma rispetto alla media italiana, anche se le distanze con gli altri grandi comuni non sono abissali. 

Il Rapporto di Roma Capitale fa parte di uno sforzo di varie amministrazioni locali che, in collaborazione con l’Istat, cercano di dare una rappresentazione delle tante dimensioni del benessere con una grana territoriale il più possibile disaggregata e fine. Il BES di Roma è un passo avanti meritevole, e tuttavia, proprio in questa prospettiva, le enormi dimensioni e la complessità della capitale meriterebbero strumenti ancora più idonei a rappresentarle. I valori che questo esercizio propone sono medi, ma la metropoli ha così tante disuguaglianze al suo interno che le medie raccontano solo una parte della storia. A raccontare l’altra metà si adopera il progetto dell’associazione Mapparoma, che ha individuato sette Rome, e tracciato importanti carte della disuguaglianza. Così è stato anche tentato nel Rapporto Annuale Istat del 2018, con un’analisi della distribuzione della vulnerabilità sociale e del valore immobiliari a scala sub urbana a Milano, Roma e Napoli, che a Roma corre lungo le linee della metro A.

Viviamo in un’epoca in cui abbondano le graduatorie in ogni ambito e per questo è probabile che i dati che sono stati presentati spingano a chiedersi: ma allora dove si colloca Roma, nella classifica del benessere delle città? Ma, come si è già detto, queste note sono state redatte con un altro scopo: illustrare luci e ombre e con un’altra speranza: che soprattutto sulle ombre si soffermi l’attenzione degli amministratori della Capitale.

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