ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 196/2023

30 Giugno 2023

La transizione verde dell’Europa: garantire la base materiale*

Mike Hemsley fa il punto sulla situazione e le prospettive della cosiddetta transizione verde in Europa. Dopo aver brevemente ricordato quali sono le principali politiche europee in questo ambito, Hemsley sostiene che la questione principale è quella di risolvere l’incertezza che grava sui finanziamenti necessari al rinnovamento dell’industria europea che è collegata alla capacità di realizzare un mercato di massa per le energie rinnovabili, i veicoli elettrici e l’idrogeno.

Gli shock globali degli ultimi anni, dalla pandemia, all’invasione russa dell’Ucraina e alla conseguente inflazione dei prezzi delle materie prime, hanno avuto effetti dirompenti sulle catene di approvvigionamento delle tecnologie pulite. Ne è seguito un aumento dei prezzi della tecnologia eolica e delle batterie e un rallentamento della caduta dei prezzi dei pannelli solari.

L’industria verde europea è particolarmente esposta agli shock nella catena di approvvigionamento, per la sua dipendenza dalle importazioni di materie prime e di componenti. Questo vale soprattutto per le apparecchiature solari fotovoltaiche (PV) e per le batterie dei veicoli elettrici, le cui forniture sono altamente concentrate in Cina. I problemi di profittabilità dei produttori nazionali di energia eolica e la prospettiva di una riduzione delle attività europee della multinazionale chimica BASF hanno spinto a prestare maggiore attenzione alla base produttiva e industriale dell’Europa.

Per affrontare queste vulnerabilità, a febbraio l’Unione Europea ha annunciato il suo Piano Industriale Green Deal. Il suo cuore è la Legge sull’Industria Net-Zero (NZIA), che stabilisce il seguente obiettivo: il 40% della tecnologia necessaria per realizzare le ambizioni dell’UE di riduzione delle emissioni di gas serra deve essere prodotto in Europa entro il 2030. Oltre a ciò, la Legge sulle materie prime critiche (CRMA) fissa obiettivi nazionali per l’estrazione, la raffinazione e il riciclo, nonché misure per accelerare i permessi negoziabili per l’industria manifatturiera e un potenziale allentamento dei vincoli sugli aiuti di Stato.

La produzione di energia pulita non deve essere un gioco a somma zero: la domanda di tutte le tecnologie pulite crescerà così rapidamente che la manifattura europea potrà integrare estrazione e produzione in altre aree. L’estrazione di metalli e minerali critici non è attualmente di una scala adeguata in Europa.

Sotto pressione. L’ultima analisi della Commissione per le Transizioni Energetiche rileva che, soprattutto per quanto riguarda il rame (utilizzato in tutte le tecnologie pulite) e il litio (parte integrante delle batterie), l’espansione della capacità estrattiva a livello globale difficilmente potrà soddisfare la domanda, che crescerà fino al 2030. Ciò è dovuto in gran parte ai tempi lunghi richiesti per la realizzazione di quella espansione (fino a 15-20 anni) e alla mancanza di investimenti in questi progetti. Entrambi i metalli sono elencati nella lista delle Materie Prime Strategiche dell’UE, e l’offerta mineraria nazionale, secondo il CRMA, dovrebbe soddisfare il 10% della domanda dell’UE entro il 2030.

La produzione domestica di rame soddisfa attualmente il 14% della domanda, ma senza investimenti in nuove capacità si prevede che questa quota diminuirà gradualmente. Sarà difficile soddisfare i requisiti del CRMA sia per l’estrazione domestica che per la fornitura raffinata (quest’ultima pari al 40 percento della domanda entro il 2030).

Ancora più preoccupante è la situazione del litio: l’UE non ha alcuna capacità di estrazione o di raffinazione del litio per batterie. Alcuni progetti sono all’orizzonte in Finlandia, Serbia, Portogallo e Germania, ma molti si sono scontrati con l’opposizione locale a causa delle preoccupazioni ambientali e nessuno di essi è ancora in funzione. La produzione dovrà espandersi rapidamente per soddisfare i requisiti della CRMA – da circa 600 tonnellate di fornitura estratta nel 2022 a 25.000 tonnellate nel 2030.

Nell’ambito delle tecnologie pulite, l’UE ha forti capacità produttive nell’eolico (il suo ‘gioiello della corona’), nelle pompe di calore e negli elettrolizzatori per la produzione di idrogeno verde. Con il giusto sostegno politico e le condizioni favorevoli, dovrebbe essere possibile espandere queste catene di approvvigionamento in tempi brevi.

L’obiettivo di produzione nazionale previsto dalla Legge sull’Industria Net Zero appare difficile da raggiungere per il fotovoltaico e le batterie, dove la capacità dell’UE è minima. Per soddisfare i requisiti NZIA nel 2030, potrebbero essere necessari circa 13 miliardi di euro nelle catene di fornitura del solare e 63 miliardi di euro per le batterie e i materiali associati,.

Trade-off da considerare. Probabilmente ci saranno anche alcuni trade-off da considerare. Gli elevati costi di capitale iniziali per ‘avvicinare’ la produzione all’UE e gli alti prezzi dell’energia e dell’elettricità devono essere soppesati con alcune priorità politiche, come il potenziale di nuovi posti di lavoro e le entrate fiscali, nonché con considerazioni geo-strategiche. Le tempistiche per i permessi, l’accesso ai finanziamenti e, in alcuni casi, la necessità di avviare (o riavviare) l’estrazione e la produzione di metalli e minerali da una base bassa possono influenzare la fattibilità del near-shoring, cioè dell’avvicinamento della produzione. Un approccio politico equilibrato per sostenere la transizione energetica dovrebbe valutare le sfide che i trade-off possono porre in tutta la catena di approvvigionamento, affrontando le possibili rigidità del mercato in modo sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale.

Le catene di approvvigionamento delle tecnologie pulite possono avere un impatto ambientale significativo, dalla biodiversità all’utilizzo dell’acqua e alle emissioni incorporate di carbonio (le emissioni operative sono molto più basse rispetto alle alternative a combustibili fossili). Inoltre, la produzione di polisilicio utilizzato nel solare fotovoltaico nella provincia di Xinjiang in Cina e la fornitura di cobalto per le batterie dalla Repubblica Democratica del Congo sollevano problemi di diritti umani. L’espansione sostenibile delle tecnologie energetiche pulite dipende da catene di approvvigionamento responsabili e regolamentate.

L’UE può continuare a svolgere un ruolo influente nell’implementazione di standard ambientali e sociali rigorosi, ad esempio imponendo che tutte le gare d’appalto nell’Unione prevedano la valutazione delle emissioni di carbonio incorporato, seguendo la ‘valutazione semplificata del carbonio’ introdotta in Francia. Ciò si baserebbe sul Meccanismo di Aggiustamento delle Frontiere del Carbonio (CBAM), che mira ad affrontare la ‘fuga di carbonio’. L’UE può anche sviluppare partenariati strategici con i Paesi fornitori chiave e promuovere la condivisione dei dati per aumentare la trasparenza sui canali di approvvigionamento.

Può anche promuovere una nuova generazione di produzione pulita, a basso impatto e sostenibile. I nuovi progetti potrebbero essere premiati con progettazioni e autorizzazioni semplificate, se vengono rispettati elevati standard ambientali e sociali. In questo modo, le miniere e le infrastrutture produttive critiche potrebbero essere costruite rapidamente, salvaguardando al contempo la solida storia dell’UE in materia di tutela ambientale e, cosa fondamentale, assicurando il coinvolgimento delle comunità interessate.

Quale finanziamento? Un punto decisamente controverso saranno le modalità di finanziamento delle nuove politiche:  saranno all’altezza dei generosi e semplici crediti d’imposta previsti dall’Inflation Reduction Act (IRA) negli Stati Uniti?

L’analisi dei finanziamenti dell’UE e degli Stati membri per l’energia pulita suggerisce che il totale offerto potrebbe essere di circa 800 miliardi di euro – paragonabile ai 1.000 miliardi di dollari disponibili negli Stati Uniti attraverso l’IRA e altri pacchetti federali e statali. Ma ci sono alcuni punti critici che riguardano l’accesso, la coerenza e la chiarezza.

Ad esempio, le sovvenzioni per la produzione sono suddivise tra il Fondo Europeo per l’Innovazione, la Banca Europea per gli Investimenti, InvestEU e altri strumenti. Le aziende non sanno dove rivolgersi, con chi parlare e quale modulo compilare per assicurarsi il sostegno e far decollare i progetti. Rispetto ai crediti d’imposta federali degli Stati Uniti che sono facilmente accessibili, forniscono chiarezza e certezza all’industria e agli investitori, il finanziamento europeo sembra un vicolo cieco.

Le discussioni al Parlamento europeo sono state in parte motivate dal desiderio di rendere facile l’accesso al finanziamento. Una proposta è quella di reindirizzare le entrate del Sistema di Scambio delle Quote di Emissione, il meccanismo di tariffazione del carbonio ora esteso con il CBAM. Tuttavia, gli Stati membri esitano a rielaborare il sistema e a limitare le loro scelte di spesa. Inoltre, resterebbero permarrebbero problemi per quanto riguarda la rendicontazione e l’applicazione.

La discussione si è quindi spostata su un potenziale Fondo Europeo di Sovranità, un nuovo fondo alimentato dagli Stati membri. Ancora una volta, però, le preferenze potrebbero divergere e, dopo diversi anni di aumento dei finanziamenti centralizzati in risposta alla pandemia e alla crisi energetica, ci sono dubbi che si voglia usare ancora questa formula. 

L’attuale insieme di politiche dell’UE, in particolare il CRMA, la NZIA e le più ampie iniziative sull’efficienza e il riciclo, possono contribuire a rendere le catene di approvvigionamento resilienti, robuste e sostenibili. Tuttavia, rimangono delle domande sulla capacità dei responsabili politici e dei finanziatori dell’UE di risolvere l’incertezza sui finanziamenti per il rinnovamento dell’industria europea. La chiave di tutto ciò sarà la realizzazione di quel mercato di massa per le energie rinnovabili, i veicoli elettrici e l’idrogeno, necessario a raggiungere gli obiettivi dell’UE; la produzione nazionale sostanzialmente.

Se ciò non avviene, l’UE rischia di rimanere bloccata, con una maggiore esposizione agli shock internazionali e un indebolimento della base produttiva.


[*] Questo articolo è stato originariamente pubblicato in Inglese su Social Europe il 22 giugno 2023.

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