ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 209/2024

13 Febbraio 2024

Giuseppe Pignataro, Cristina Specchi,

Diritto allo studio, scadenze e requisiti accademici. Un’analisi sperimentale.

Giuseppe Pignataro e Cristina Specchi intervengono sulle borse di studio per gli studenti universitari entrando nel dibattito sul disegno della misura e sulle sue condizionalità. Riportando i risultati dell’analisi di una politica attuata dall’ Azienda per il Diritto allo Studio dell’Emilia-Romagna (ERGO), Pignataro e Specchi mostrano come una differente organizzazione temporale delle condizionalità e delle erogazioni possa migliorare le performance degli studenti e il take-up della misura.

Il Diritto allo Studio trova il proprio fondamento negli artt. 3 e 34 della Costituzione italiana nei quali si legge che è “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” (art. 3), e che “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi, e che tale diritto si realizza mediante borse di studio e altri benefici da assegnare su base competitiva” (art. 34).

La garanzia di accesso ai livelli più alti di istruzione consente a tutti coloro che provengono da famiglie in condizioni di disagio economico e che altrimenti non potrebbero permettersi di studiare di concorrere per beneficiare di una borsa di studio per tutto il periodo di studi. Poiché i livelli inferiori di istruzione sono gratuiti (come la scuola primaria) o hanno un costo residuo generalmente affrontato a livello comunale (istruzione secondaria inferiore o superiore), l’espressione più evidente dell’aiuto pubblico tramite trasferimenti monetari è l’istruzione terziaria, che è di competenza regionale e a cui si può accedere se si soddisfano le condizioni socioeconomiche richieste dai bandi annuali. 

Questo meccanismo viene interpretato dal Decreto legislativo 68/2012, attuando la delega di competenza contenuta nella Legge 240/2010. Il sistema pubblico condiziona l’accesso alle borse di studio universitarie a misure molto precise della capacità contributiva familiare, che tengono conto dei redditi e del patrimonio complessivo della famiglia, oltreché del numero dei componenti con precise scale di equivalenza e di altri dettagli. Coloro che accedono ad una borsa di studio sono anche esentati dal pagamento delle tasse universitarie. L’importo della borsa dipende dal luogo di residenza dello studente; infatti, si distinguono al riguardo, tre tipologie di studenti: in sede, pendolari e fuorisede. Per queste tre categorie, gli importi annui delle borse di studio nazionali sono di importo variabile, generalmente tra i 1000 e 2000 euro per gli studenti in sede, tra i 2500 e i 4000 euro per gli studenti pendolari e tra i 5000 e 6500 euro per gli studenti fuori sede. L’importo viene fissato ogni anno con decreto del governo nazionale e adeguato all’inflazione, anche se negli ultimi anni le variazioni sono state poche.

La nostra analisi riguarda, però, l’architettura di questa misura, piuttosto che i livelli di copertura e gli importi. Infatti, sebbene negli ultimi anni il rapporto tra idonei alla borsa di studio e beneficiari della stessa è diminuito, il rapporto sulla condizione studentesca (pubblicato annualmente) segnala come le borse di studio non riescano ancora a coprire il 100% dei richiedenti – in alcune regioni del Sud la copertura è ferma al 50% mentre la media nazionale oscilla intorno all’85%. Tali studenti – idonei ‘non assegnatari’ beneficiano solo della esenzione delle tasse universitarie. 

Invece ci soffermeremo sui cosiddetti requisiti di merito con un focus sulla loro distribuzione. In particolare, vogliamo studiare l’effetto che la riforma ha avuto sulle performance degli studenti attraverso l’opportunità di condizionare i tempi di erogazione della borsa di studio.

La letteratura economica ha da tempo cercato di valutare i pro e i contro di queste condizionalità. In particolare, la richiesta di rispettare determinati requisiti accademici, da un lato, ha un effetto positivo sugli incentivi, in quanto spinge gli studenti a ottenere risultati migliori all’università, ma, dall’altro, può indurre più facilmente ad abbandonare gli studi quei giovani che non si reputano in grado di soddisfare quei requisiti. Siamo quindi di fronte ad un tradizionale trade-off, quello tra efficienza (in questo caso nell’assegnazione delle borse di studio) ed equità (relativa alla distribuzione delle borse) che non è facile risolvere. Diversi studi hanno, però, cercato di stimare l’impatto causale delle borse di studio e i loro effetti sulla disuguaglianza educativa, sfruttando le riforme implementate in diversi Paesi (Dynarski 2003).

Alcuni lavori hanno cercato di studiare il livello ottimale di requisiti accademici in grado di migliorare l’efficacia degli aiuti finanziari senza compromettere il progresso educativo dei più svantaggiati, Schudde e Scott Clayton (2016)Scott Clayton e Schudde (2020). La stima dell’impatto delle diverse condizionalità si è rivelata difficile per diversi motivi. Il primo è la carenza di dati amministrativi che permettano di studiare riforme su larga scala con informazioni adeguate a stimarne l’impatto sulle performance dei beneficiari. Il secondo è rappresentato dal rischio di identificazione, perché è estremamente difficile identificare l’effetto congiunto del ricevere una borsa di studio e contemporaneamente di dove soddisfare determinati requisiti nel mantenerla. 

Gli eventuali effetti della borsa di studio sulle prestazioni universitarie – il margine ‘intensivo’ – sono stati analizzati solo da pochi lavori. In particolare, Minaya et al. (2022) studiano una riforma in Lombardia che ha aumentato del 40% il numero di crediti da conseguire al primo anno accademico per mantenere l’idoneità agli aiuti mostrando come l’inasprimento dei requisiti di merito ha avuto un effetto positivo sulle performance degli studenti. Montalban (2023) studia una riforma in Spagna che prevede la variazione della borsa di studio sulla base di diverse intensità dei requisiti di voto e credito raggiunti. Dimostra ad esempio come l’erogazione di un sussidio di 825 euro aumenta la media di voto degli studenti di 0.45 punti e la percentuale di crediti conseguiti di 6 punti percentuali.

In questa prospettiva di misurazione ‘intensiva’, vogliamo discutere un intervento alternativo, implementato nel 2019, che ha visto come protagonista l’Azienda regionale per il Diritto agli Studi Superiori dell’Emilia-Romagna (ER.GO), e che si è caratterizzato per aver cambiato i tempi di erogazione della borsa. Prima della riforma del 2019, il meccanismo previsto a livello nazionale era il seguente: uno studente riceveva il 50% della borsa di studio entro dicembre (tre mesi dopo l’inizio dell’anno accademico) senza necessità di soddisfare ulteriori requisiti accademici. La seconda metà della borsa di studio (rimanente 50%) veniva invece assegnata alla fine di agosto, a condizione di aver maturato i requisiti minimi di crediti entro il 10 agosto.

A giugno 2019, con attuazione prevista per l’anno accademico 2019/2020, la Regione Emilia-Romagna (attraverso ER.GO, l’agenzia regionale per il Diritto allo Studio) ha adottato una nuova politica introducendo la possibilità di ottenere un anticipo della quota di borsa di studio a marzo. In altri termini, tutti gli studenti che hanno accumulato un certo numero di crediti al 28 febbraio hanno diritto ad un anticipo della borsa di studio che va dal 10% al 20% sulla base dell’anno di iscrizione. Tale soglia è opzionale e non obbligatoria – se lo studente non fosse in grado di soddisfare i requisiti a febbraio, non riceverebbe l’anticipo e dovrebbe rispettare la scadenza di agosto per ricevere l’intera seconda parte della borsa di studio, come avveniva precedentemente alla riforma.

Abbiamo monitorato tale iniziativa nel corso degli anni con l’obiettivo di capire se una policy di questo tipo – senza aumentare i fondi a copertura delle borse di studio e a requisiti accademici immutati – abbia cambiato il comportamento degli studenti e in quale direzione. I risultati evidenziano che la riforma induce gli studenti ad aumentare il numero di crediti acquisiti nel primo semestre e a cercare di soddisfare i requisiti entro la fine di febbraio. 

L’aumento è significativo, pari al 3,5% nel rendimento dei crediti degli studenti borsisti rispetto al loro rendimento nell’anno precedente alla riforma controllando per differenti fattori. Un dato interessante è l’elevata percentuale di borsisti che non riescono a confermare la borsa di studio — tra il primo e il secondo anno in particolare, quasi il 30%. Dopo la riforma osserviamo come la probabilità di successo aumenti di quasi il 6% nel primo semestre e di quasi il 3% nel secondo semestre. Inoltre, tale percorso virtuoso si rafforza anche nel secondo anno (rispettivamente quasi il 13% nel primo semestre e quasi il 18% nel secondo semestre), mostrando una forte persistenza dell’effetto della riforma. Osserviamo inoltre come questo tipo di riforma abbia spinto gli studenti a sostenere esami con un numero di crediti inferiore al primo semestre posticipando gli esami più complessi (quelli con crediti maggiori) al secondo semestre. Si osserva inoltre che hanno beneficiato della riforma coloro che in realtà ne avevano più bisogno – chi sosteneva pochi esami. Queste persone rischiavano di non accumulare abbastanza crediti per confermare la borsa di studio perché si trovavano nella coda inferiore della distribuzione.

Si noti che questa riforma non agisce sugli strumenti monetari – in quanto non interviene a modificare l’ammontare delle borse di studio, né è intervenuta proponendo una modifica dei requisiti di rendimento che devono essere soddisfatti per confermare la borsa di studio. La riforma si è concentrata sull’arco di tempo in cui i crediti devono essere acquisiti, offrendo (non imponendo) una scadenza aggiuntiva e concedendo agli studenti un anticipo sulla borsa di studio se hanno abbastanza crediti. Le implicazioni politiche di questa prospettiva sono rilevanti. Da un lato, infatti, sembra non sia necessario inasprire i requisiti da soddisfare per creare incentivi positivi allo studio; questo è certamente un aspetto di efficienza ma è parallelamente in grado di evitare potenziali distorsioni in termini di equità legate all’accesso degli studenti più svantaggiati. Dall’altro, osserviamo come una scadenza alternativa (aggiuntiva) sia in grado di cambiare significativamente il comportamento degli studenti migliorandone le performance e aumentando la probabilità di conferma della borsa di studio con ovvie prospettive di perequazione tra classi sociali diverse nel lungo periodo. 

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