ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 210/2024

28 Febbraio 2024

La dimensione socio-educativa dello sport: un diritto per tutti, una facoltà per pochi

Ilaria Screpante richiama l’attenzione sul fatto che nell’ordinamento giuridico italiano la dimensione socio-educativa e di benessere dello sport è stata riconosciuta ormai da tempo e di recente è stata introdotta anche nella Costituzione. Tuttavia, come mostrano diverse evidenze, tale riconoscimento non è da solo sufficiente per garantire a tutti il diritto allo sport e per dare a tutti le medesime opportunità di esercizio nell’attività motoria. Per superare questi limiti occorrono politiche specifiche.

Il 20 settembre 2023 è stato inserito nell’articolo 33 della nostra Costituzione un comma che dispone che “la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”. Questo riconoscimento della dimensione sociale ed educativa dello sport rappresenta, in realtà, una conferma importante del valore che già da molti anni la società civile aveva attribuito alla pratica sportiva e all’attività motoria in generale. Con questo riconoscimento si completa un percorso, anche culturale, che ha caratterizzato la nostra società ma è fondamentale porre attenzione agli strumenti adottati per rendere effettivo il diritto riconosciuto, garantendo a tutti le medesime condizioni di accesso, anche attraverso politiche e interventi diretti a combattere la sedentarietà.

In queste note mi propongo di mostrare come il quadro normativo di riferimento sia caratterizzato da una frammentarietà che non consente di garantire il diritto allo sport a tutti e le medesime opportunità a ciascun individuo.

Il riconoscimento costituzionale della dimensione socio-educativa dell’attività fisica rappresenta, comunque, una conquista importante oltre che una novità nel nostro ordinamento giuridico. Nel 2001, con la riforma del Titolo V della Costituzione, lo sport fa la sua apparizione nella Carta, ma soltanto perchè l’ordinamento sportivo viene inserito fra le materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni. Al nesso tra attività motoria, sviluppo della persona e miglioramento dei rapporti sociali non fu prestata alcuna attenzione, sebbene in ambito europeo tale nesso fosse già stato riconosciuto all’interno del Trattato di Amsterdam nel 1997 (nella annessa Dichiarazione n. 29) dove era stata sottolineata la rilevanza sociale dello sport, in particolare il suo ruolo nel forgiare l’identità e nel ravvicinare le persone. Nel 2007, poi, con le modifiche al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, viene previsto espressamente che l’Unione contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa.

In Italia questi valori hanno trovato riconoscimento soltanto più tardi, quando la dimensione sociale dello sport ha cominciato ad emergere nell’ambito del sistema di istruzione nazionale. Nel 2009 sono state emanate le Linee guida per le attività di educazione motoria nelle scuole secondarie, che mettono in risalto come lo sport in ambito scolastico contribuisca ad aumentare il senso civico dei ragazzi, a migliorare l’aggregazione, l’integrazione e la socializzazione. Nel 2015, con la “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” (legge n. 107/2015) è stato individuato, tra gli altri, anche il “potenziamento delle discipline motorie” quale obiettivo formativo prioritario. Nello stesso anno, il decreto legge n. 105/2015, convertito con modificazioni dalla legge n. 9/2016, ha riconosciuto la necessità di realizzare impianti sportivi per lo sviluppo delle periferie urbane, come strumento prioritario per rimuovere gli squilibri economico-sociali e incrementare la sicurezza urbana e, contestualmente, ha previsto la costituzione del Fondo “Sport e periferie”. Successivamente, la legge di bilancio 2018 (n. 205/2017), con l’istituzione del “Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano” ha riconosciuto nella pratica sportiva una “insopprimibile forma di svolgimento della personalità del minore”, sostenendo, altresì, l’avviamento all’esercizio della pratica sportiva delle persone con disabilità con l’uso di opportuni ausili. Nel 2021, nelle more di una complessiva riforma in materia scolastica, con la legge di bilancio 2022 è stato introdotto l’insegnamento dell’educazione motoria anche nella scuola primaria a partire dall’anno scolastico 2022/2023, riconoscendo espressamente il ruolo dell’attività sportiva “quale espressione di un diritto personale e strumento di apprendimento cognitivo” e prevedendo per le classi quarte e quinte la presenza di docenti forniti di idoneo titolo di studio e dell’iscrizione nella correlata classe di concorso «Scienze motorie e sportive nella scuola primaria». 

Gli interventi richiamati hanno reso effettivo e diffuso il diritto alla pratica sportiva e motoria per tutti i cittadini? Essi hanno certamente favorito il potenziamento delle attività all’interno del percorso di istruzione (sebbene il Paese sia caratterizzato da una grave mancanza di infrastrutture per lo sport negli istituti scolastici), e agevolato la rigenerazione dell’impiantistica sportiva, nella quale i decisori pubblici hanno individuato un fattore importante di crescita urbana e una leva per la diffusione della cultura del movimento. Questo approccio è stato seguito anche per definire gli ambiti di intervento del Piano nazionale di ripresa e resilienza che, per il settore sportivo, ha previsto investimenti orientati in modo prioritario al potenziamento degli impianti sportivi, anche scolastici, nonché alla diffusione di parchi e percorsi attrezzati all’aperto per promuovere la pratica sportiva libera. Interventi necessari se consideriamo che in Italia, secondo i dati dell’ultimo censimento degli impianti sportivi (Rapporto Sport 2023, Istituto per il credito sportivo e Sport e Salute S.p.A.), risultano non funzionanti circa l’8% delle strutture, a causa del loro stato di conservazione; dato che sale al 20% in alcune aree del Sud.

Tuttavia, a tutte queste azioni non sono state affiancate politiche e interventi per la promozione di uno stile di vita attivo, rivolte a tutte le persone, indipendentemente dall’età. Ad esempio, le detrazioni fiscali per le spese per la pratica sportiva, introdotte dalla legge di bilancio 2008, riguardano soltanto i ragazzi dai 5 ai 18 anni. Inoltre, il Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva, istituito nel 2012 a beneficio di tutti gli strati della popolazione – come si legge nella normativa di riferimento – a dispetto della denominazione, che lascia intendere interventi di ampio respiro, è finalizzato esclusivamente a finanziare progetti per la realizzazione di nuovi impianti sportivi o per la ristrutturazione di quelli già in essere.

Sono pochi, quindi, gli interventi pubblici di sensibilizzazione dei cittadini verso l’attività motoria come elemento fondamentale di tutela della salute. In particolare, non è facile trovare nel nostro ordinamento interventi diretti a sostenere in modo concreto l’attività fisica della popolazione adulta, sebbene sia ormai acquisito che essa è fondamentale per prevenire malattie, come ha più volte segnalato l’Istituto superiore di sanità (ISS). Negli ultimi anni, infatti, i maggiori interventi di promozione dell’attività fisica sono stati demandati – anche su input dell’ISS (in particolare con il progetto “Promuovere l’attività fisica: un progetto per sensibilizzare e motivare a uno stile di vita attivo”) – ai diversi attori che compongono il sistema salute, ossia i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, nonché all’associazionismo sportivo (in un contesto in cui – secondo i dati del censimento del non profit 2023 – il settore dello sport comprende il 32,9% delle istituzioni). Tuttavia, favorire l’adozione di corretti stili di vita affinché l’individuo e la collettività possano godere il più a lungo possibile di benessere e salute è un obiettivo che non può essere posto a carico esclusivo del solo settore sanitario, ma che deve interessare direttamente l’agenda politica e divenire oggetto di interventi finalizzati a incentivare e sensibilizzare tutta la popolazione a stili di vita attivi. 

Questa mancanza di cultura al movimento appare evidente anche dai dati sulla pratica sportiva della popolazione, che mettono in evidenza come l’attività motoria sia fortemente legata all’età e alla condizione sociale ed è, invece, fin troppo residuale nelle fasce di età più avanzata o meno abbienti, in contrasto con le raccomandazioni provenienti dal settore sanitario e della prevenzione e più in generale con il principio Costituzionale. L’abitudine al movimento, infatti, decresce nella popolazione con l’aumentare dell’età, tanto che la sedentarietà rappresenta uno stile di vita per circa sette persone su 10 tra coloro che hanno 75 anni o più, secondo i dati dell’Istat. Ma ancora più importante è la rilevanza del contesto culturale in cui vivono i giovani. In particolare, in base a quanto riportato in un focus dell’Istat relativo all’attività fisica e alla sedentarietà nel 2021, conta il titolo di studio dei genitori: quando è alto, i ragazzi si dedicano molto più frequentemente allo sport.

Osservando, più in generale, la pratica sportiva della popolazione (6 anni e più) suddivisa per titolo di studio, qui utilizzato anche come proxy della condizione economica, emerge che nel 2022, complessivamente il 36,8% non pratica alcuna attività motoria; tra coloro che hanno un titolo di studio basso (licenza elementare o nessun titolo), però, la percentuale delle persone che non svolge attività fisica sale al 51,1%, mentre nei casi di persone in possesso di titoli più elevati supera di poco il 20% (grafico 1).

Grafico 1: Pratica sportiva per titolo di studio (persone di 6 anni e più) – 2022

Fonte: elaborazioni su dati Istat

Questi dati possono aiutare a comprendere perché, nonostante i vari interventi anche di carattere infrastrutturale, intervenire sulla sensibilizzazione e il sostegno alla pratica sportiva è essenziale, affinché le risorse investite nello sport contribuiscano effettivamente al benessere delle persone. 

In conclusione, se l’attività fisica rappresenta uno dei principali strumenti per la tutela della salute, e per il miglioramento della qualità della vita, allora è necessario che la sua pratica, così come il diritto alla salute stessa, sia quanto più diffusa e garantita a tutta la popolazione. E per raggiungere questo scopo occorrono politiche pubbliche che indichino le azioni da porre in essere, soprattutto per promuovere la conoscenza del valore dell’attività motoria e impedire che le condizioni sociali, ambientali ed economiche diventino un ostacolo.

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