ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 210/2024

28 Febbraio 2024

Talento, ricerca di base e crescita economica

Carmen Marchiori e Enrico Minelli sostengono che nel definire le politiche di finanziamento della ricerca è necessario tenere conto dei meccanismi che governano la produzione di ricerca di base. In particolare, Marchiori e Minelli sostengono che reputazione, curiosità e tensione intellettuale svolgono un ruolo cruciale nel motivare i ricercatori impiegati nel settore della ricerca pubblica e ciò ha rilevanti conseguenze anche sulla relazione tra tassazione e crescita economica, mediata dalla ricerca.

Le idee innovative giocano un ruolo cruciale nel processo di crescita economica. Per questo è di fondamentale importanza studiare attentamente le determinanti dell’attività di ricerca. Una distinzione classica è quella tra ricerca di base e ricerca applicata. Anche se i confini non sono sempre nitidi, possiamo dire che la prima ha come obiettivo primario l’espansione della conoscenza, mentre la seconda mira a risolvere problemi pratici. 

Per ottime ragioni, ben comprese almeno a partire dalle fondamentali analisi di Arrow negli anni ’60, la ricerca di base è in larga parte sia finanziata che fornita pubblicamente, e non è corretto pensare alla ricerca di base e alla ricerca applicata come ad un unico settore economico di “ricerca e innovazione” perché i meccanismi che governano la produzione di queste due tipologie di ricerca sono profondamente diversi: motivazioni intrinseche legate alla reputazione, alla curiosità e alla tensione intellettuale giocano un ruolo molto più significativo nella produzione della ricerca di base (si veda per esempio l’analisi empirica di Stein, Management Science 2004).

Grazie alla disponibilità di informazioni dettagliate sui singoli brevetti, e alla capacità di elaborazione di grandi quantità di dati anche attraverso l’analisi testuale, studi recenti hanno per la prima volta permesso di misurare e quantificare l’impatto della ricerca pubblica di base sulla quantità e sul valore economico della ricerca applicata svolta dalle imprese. Per esempio, Krieger et al. (Harvard Business School WP 2022) stimano che almeno un quarto del valore totale delle innovazioni brevettate negli Stati Uniti in un anno derivi dal contributo della ricerca pubblica di base (si vedano anche le ricerche di Massimo Florio, riassunte in Menabò).

Malgrado questa crescente evidenza del ruolo giocato dalla ricerca di base nel favorire l’innovazione e dunque la crescita economica di lungo periodo, la maggior parte degli studi teorici ed empirici sulla relazione tra innovazione, tassazione e crescita si sono concentrati sui meccanismi di produzione e diffusione della ricerca applicata nel settore privato, dove gli incentivi derivano dalla prospettiva di profitti futuri, concludendo che tasse elevate hanno un effetto negativo sull’innovazione (si veda per esempio Akcigit e Stantcheva NBER 2018

In un lavoro recente (Marchiori e Minelli Journal of Economic Theory 2023) proponiamo un modello di crescita in cui, per comprendere i legami tra tassazione, innovazione e crescita, analizziamo l’interazione tra gli incentivi privati ​​che guidano le scelte di ricerca applicata delle imprese e gli specifici meccanismi non di mercato che sono fondamentali per incentivare il talento nella ricerca pubblica di base.

Le caratteristiche principali dello schema teorico proposto possono essere riassunte come segue:

1. I progressi nella ricerca di base influenzano positivamente l’innovazione privata.

2. La quantità e la qualità della ricerca di base prodotta dipendono dallo sforzo dei ricercatori impegnati nel settore della ricerca pubblica e dalla loro propensione ad affrontare progetti altamente innovativi, e dunque incerti nei risultati.

3. I meccanismi per attrarre ricercatori nel settore pubblico e motivarne l’impegno differiscono da quelli prevalenti nel settore privato, sia per la natura di bene pubblico della scienza di base che per il ruolo più ampio svolto dagli aspetti reputazionali.

Nello specifico, ipotizziamo che i risultati della ricerca svolta nel settore pubblico diventino immediatamente di pubblico dominio e che il contratto tra il ricercatore e l’Università o l’istituto di ricerca pubblico presso cui lavora assuma la forma di uno stipendio base fisso e di un meccanismo di promozione una tantum basato sul raggiungimento di una soglia minima di risultati scientifici, mentre la remunerazione nel settore della ricerca applicata riflette l’impatto marginale sui profitti futuri dell’impresa.

Il quadro proposto, integrando ricerca pubblica e privata, ma tenendo anche conto delle loro specificità, ci consente di affrontare una serie di domande di centrale importanza nel dibattito politico: In che modo le politiche nel settore della ricerca pubblica influenzano lo sforzo dei ricercatori e la loro propensione ad affrontare progetti sfidanti (e perciò caratterizzati da maggiore incertezza)? Quali sono gli effetti di tali politiche sulla scelta occupazionale tra ricerca pubblica e privata? Dato che la scienza di base è in gran parte finanziata attraverso la tassazione, che impatta anche sui profitti delle imprese e dunque sulla ricerca applicata, quale è l’effetto finale di cambiamenti delle aliquote fiscali sul tasso di crescita di lungo periodo?

I principali risultati dell’analisi si possono sintetizzare come segue:

  • L’introduzione di una politica di valutazione della ricerca che non tenga adeguatamente conto dei meccanismi non di mercato predominanti nella ricerca di base può rendere più rischiosa la scelta di progetti altamente innovativi e in tal modo indurre i ricercatori nella fascia medio-alta della distribuzione dei talenti a passare a progetti meno sfidanti.
  • Crucialmente, questo ha anche effetti negativi di lungo periodo perché riduce il beneficio reputazionale derivante dallo svolgere ricerca di base e conseguentemente distorce la scelta occupazionale tra una carriera di ricerca nel settore privato o nel settore pubblico.
  • Non è affatto vero che la ricetta per la crescita consiste sempre nella riduzione delle aliquote fiscali. Il livello ottimo di tassazione dei profitti e dei redditi degli innovatori nel settore privato dipende infatti dalla natura delle politiche di valutazione e incentivazione adottate nel settore della ricerca pubblica.

Nella Figura 1 (tratta dal nostro lavoro, sopra citato) rappresentiamo la relazione tra aliquota d’imposta sui profitti, τ, e tasso di crescita di lungo periodo, g, per due casi estremi di politica di valutazione della ricerca pubblica: una politica basata solo sulla quantità delle pubblicazioni (linea blu tratteggiata), e una politica basata sulla qualità, che riflette il meccanismo reputazionale prevalente nella comunità scientifica (linea rossa spessa).

Quando la politica di valutazione pone troppa enfasi sul raggiungimento di obiettivi quantitativi e non premia sufficientemente la scelta di progetti ambiziosi e rischiosi, il livello di tassazione ottimale è più alto e il tasso di crescita a lungo termine più basso. Ciò accade non solo perché meno idee innovative vengono prodotte da ciascun ricercatore, ma anche perché nel lungo periodo si riduce il valore reputazionale dell’ingresso nel settore della ricerca pubblica e questo distorce l’allocazione dei talenti tra i settori.

Figura 1: La relazione di lungo periodo tra tassazione e crescita. La linea blu tratteggiata indica una politica di valutazione della ricerca “basata sulla quantità”, la linea rossa spessa per una politica “basata sulla qualità”. Una riduzione dell’aliquota fiscale da τB a τA ha un effetto positivo o negativo sulla crescita a seconda della natura della politica di valutazione in atto.

Più in generale, la nostra analisi suggerisce che quando si riflette sui meccanismi di incentivo all’innovazione l’attenzione non può limitarsi ai soli incentivi di mercato; altri importanti meccanismi sono all’opera, con significativi effetti aggregati. 

Anche nel nostro paese, il ruolo della ricerca pubblica e del suo finanziamento è stato recentemente discusso in sedi autorevoli (si vedano ad esempio i materiali presentati al Convegno svoltosi il 4 Luglio 2023 presso l’Accademia dei Lincei, dal titolo ‘La ricerca pubblica e il futuro dell’Italia’). La nostra analisi sottolinea l’importanza del disegno accurato delle politiche di assegnazione dei fondi, che, più ancora che la loro dimensione quantitativa, può influenzarne in modo strutturale gli effetti sulla crescita di lungo periodo.

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