ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 204/2023

2 Dicembre 2023

Lavorare nel pubblico o nel privato? Due mondi a confronto*

Edoardo Di Porto e Paolo Naticchioni confrontano gli occupati nel settore pubblico e privato e trovano che i primi percepiscono redditi annuali superiori (in media, di 10 mila euro), godono di una maggiore stabilità occupazionale (circa 10 settimane in più all’anno) e hanno un’età decisamente più elevata (circa 10 anni). Inoltre, le diseguaglianze nei redditi annuali sono molto più limitate nel pubblico, anche in questo caso a causa della minore diseguaglianze nelle settimane lavorate; infine, tra i due settori la mobilità è molto bassa a riprova di quanto poco siano interconnessi.

Il settore pubblico è un agente economico di cruciale importanza nel mercato italiano, sia per la specificità dei servizi e dei beni che produce, sia per la sua dimensione. Nel rapporto Inps 2023 si sono utilizzati i dati POS.PA di fonte Inps dal 2014 al 2021 per effettuare una comparazione delle dinamiche del lavoro nel settore pubblico e privato. Ne emergono aspetti molti interessanti. In primo luogo, i redditi annuali medi sono decisamente più elevati nel pubblico rispetto al privato, in media di circa €10.000. Ciò non è dovuto a differenze nei salari settimanali, che sono piuttosto simili tra pubblico e privato se si controlla per l’età del lavoratore (quasi 10 anni in media superiore nel pubblico), quanto a una maggiore stabilità occupazionale fornita dal datore di lavoro pubblico, in media circa 10 settimane lavorate in più all’anno. 

Da una analisi di regressione multivariata si evince, inoltre, come il premio grezzo di lavorare nel pubblico sia in media di circa l’8%, con una forte varianza tra Nord (3%) e Sud (22,7%). 

Nella Figura 1 si riporta il rapporto tra i valori medi relativi ai redditi annuali, ai salari settimanali, e alle settimane lavorate, tra pubblico e privato nelle province italiane, calcolato nel 2021: quando il rapporto è superiore a 1 risulta maggiormente vantaggioso lavorare nel settore pubblico. Al Sud il rapporto è sempre maggiore di 1, spesso con percentuali rilevanti e il premio annuale di lavorare nel pubblico raggiunge anche valori del 100-125%. Al Nord, invece, c’è maggiore variabilità e il rapporto è sia inferiore che superiore a 1, a seconda delle province. Se si considerano i soli salari settimanali la distribuzione è simile, ma il vantaggio di lavorare nel pubblico al Sud diventa meno marcato, fino a raggiungere un massimo di circa il 40%. La terza mappa conferma che la spiegazione principale dei differenziali fra pubblico e privato a livello provinciale sia da attribuire alle settimane lavorate: nelle province del Sud i lavoratori del pubblico hanno fino all’80% di settimane lavorate in più rispetto al privato. 

Per quanto attiene alle disuguaglianze, l’indice di Gini è decisamente più contenuto nel settore pubblico per i redditi annuali (fra lo 0,10 e 0,15 in meno rispetto al valore nel privato), mentre non vi è una significativa differenza per tale indice nei salari settimanali. Ciò indica che le differenze nella variabilità dei redditi annuali sono spiegate dalla dispersione delle settimane lavorate, decisamente più contenuta nel pubblico (circa 0,07 contro quasi 0,25 nel privato).

Considerando invece i percentili della distribuzione si evince come il pubblico assicuri un premio non trascurabile ai lavoratori non qualificati: nel 2014 il reddito del decimo percentile nel pubblico era circa il doppio di quello nel settore privato; questo differenziale si è ridotto negli anni più recenti. 

Allo stesso tempo non si rilevano differenze al novantesimo percentile e alla mediana della distribuzione dei redditi annuali fra settore pubblico e privato, quando si rimane a livello aggregato per i due comparti, mentre se ci si addentra nei vari comparti vi è una forte eterogeneità, lungo tutta la distribuzione. Se si considera il decimo percentile nei vari comparti si passa da circa 8,5 mila euro per la scuola e i 12 mila euro degli enti locali, a circa 25 mila per Enti di Ricerca ed Università e 33,5 mila euro per la sicurezza. Tali differenze sono associate sia a differenze nei salari settimanali ma soprattutto a differenze nelle settimane lavorate: il decimo percentile per tale variabile nella scuola è uguale a 35, negli enti locali a 30, per il sistema sanitario nazionale a 31, mentre per gli altri comparti la quota di lavoratori che non si avvicinano alle 52 settimane lavorative è minima. Importanti differenze sono presenti anche per la mediana e il novantesimo percentile dei redditi annuali, che non sembrano tuttavia essere legati a differenze nelle settimane lavorate quanto a differenze nel salario settimanale. 

Figura 1: Rapporti fra settore pubblico e privato a livello provinciale

Il pubblico impiego ha modalità di assunzione molto diverse dal settore privato. Si tratta spesso di politiche centralizzate che si esplicano tramite concorsi pubblici. Una conseguenza è che in alcuni comparti si possano avere forti discontinuità nella creazione di nuovo lavoro. Avere una descrizione di ciò che accade nei vari comparti permette una preliminare analisi sull’investimento pubblico in capitale umano nel nostro paese. L’aumento dell’occupazione nel periodo 2014-2021 è determinato principalmente dalla scuola, soprattutto a causa di personale con contratto a tempo determinato, la cui incidenza è passata dal 5 a quasi il 30%. Il Servizio Sanitario Nazionale è il secondo settore per numero di dipendenti, seguito dagli enti locali. Per i redditi annui da lavoro, i valori più elevati si osservano nelle Università ed Enti di Ricerca, seguite da Amministrazioni Centrali, Sistema Sanitario Nazionale e Sicurezza. I valori relativi alla scuola sono più bassi e, addirittura, diminuiscono nel tempo; la causa anche in questo caso è probabilmente l’aumento significativo del personale a tempo determinato. Andamenti analoghi si osservano per i salari settimanali mentre le settimane lavorate mostrano una tendenza più costante nel tempo, con una riduzione nella scuola, nel SSN e negli enti locali, e un aumento nel settore della pubblica sicurezza.

Figura 2: Comparti del settore pubblico: dinamiche occupazionali, reddituali, settimanali

Che tipo di carriera può fare un giovane che sceglie la pubblica amministrazione invece che il settore privato? Quale è la progressione di carriera nei primi anni di impiego? Per rispondere a queste domande si sono analizzate le carriere dei giovani lavoratori al primo impiego nel periodo 2014 al 2022, che sono stati seguiti peri primi 7 annidi lavoro. Come accade per le carriere dei loro colleghi più anziani anche per i giovani nel settore pubblico si registra una più significativa stabilità lavorativa come mostra il numero di settimane lavorate. Ad esempio, al primo anno di lavoro vi è una differenza molto marcata tra settimane lavorate nel pubblico (più di 35) e quelle nel privato (meno di 20). Tuttavia, nelle ultime coorti questo vantaggio del settore pubblico si sta riducendo. Ciò è dovuto al fatto che la probabilità di iniziare la carriera con un lavoro atipico (soprattutto a tempo determinato) è cresciuta molto nel pubblico negli ultimi anni.

Un’analisi sulle transizioni tra i due settori mostra invece come la probabilità di muoversi tra pubblico e privato sia molto bassa: i due settori costituiscono per lo più mondi a sé stanti. Alcune carriere del pubblico sono effettivamente poco spendibili nel privato, si pensi ad esempio al mondo della scuola o delle forze armate. Lo stesso vale per alcuni settori del privato come le manifatture o le costruzioni. Maggiore mobilità si osserva per le donne -che tendono a muoversi da privato a pubblico con più facilità- e per i giovani con carriere precarie, che hanno una mobilità generalmente più elevata di transitare da un mercato all’altro.

Non vi sono molte analisi nella letteratura economica sulle carriere dei lavoratori pubblici, specialmente sui paesi più sviluppati, principalmente a causa della carenza di dati amministrativi di qualità. I dati Inps forniscono una nuova fonte informativa, e le prime analisi mostrano caratteristiche peculiari del lavoro nel pubblico impiego rispetto al privato, aprendo alla possibilità di ulteriori approfondimenti nel futuro. 


* Questo articolo esce in contemporanea su www.lavoce.info

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