ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 204/2023

2 Dicembre 2023

Small in stature, large in character: un ricordo di Antonietta Campus

Paolo Paesani ci parla di Antonietta Campus che è stata recentemente ricordata da colleghi e amici in un convegno che si è tenuto a Roma, alla Sapienza dove Campus ha insegnato per molti anni Storia dell’analisi economica. Basandosi soprattutto sui ricordi di chi ha partecipato al convegno Paesani sottolinea il rigore di Campus, la sua dedizione all’insegnamento e l’impegno nel portare avanti nella ricerca una tradizione di pensiero importante anche se oggi minoritaria.

Ci sono docenti che silenziosamente e senza neanche ascendere alle vette della carriera hanno dato moltissimo all’Università e ai suoi studenti. Hanno dato esempi di rigore e dedizione, hanno tenuto vive idee e tradizioni di pensiero importanti anche se minoritarie. Sono, dunque, persone di cui, specie in questi tempi di frequenti malintesi sulle virtù dei docenti, è bene tenere viva la memoria. 

Una di queste docenti è Antonietta Campus che, meritoriamente, i suoi colleghi ed allievi (oltre che amici e familiari) hanno voluto ricordare il 10 novembre scorso nella Sala delle Lauree della Facoltà di Economia della Sapienza di Roma. Antonietta Campus, scomparsa l’anno scorso, è stata per molti anni docente di Storia dell’analisi economica alla Sapienza di Roma. 

Si era laureata alla fine degli anni Sessanta discutendo una tesi di laurea sull’industria di trasformazione del latte in Sardegna. La tesi, allegata alla domanda per una borsa di studio della Banca d’Italia, venne letta e molto apprezzata da Piero Sraffa (1898-1983), in quell’occasione membro della Commissione. Com’è stato ricordato , “Sraffa scrisse all’amico Sergio Steve di aver apprezzato la tesi della giovane studiosa sarda perché: «[…] si trattava di una ricerca limitata, ma di prima mano, e mi sembra un genere di tesi da incoraggiare, al contrario dei tanti che rifanno la filosofia dell’universo» (cfr. F. Vianello, “La Facoltà di Economia e Commercio di Modena”, in La formazione degli economisti in Italia (1950- 1975), a cura di G. Garofalo e A. Graziani, Bologna, 2004). Per inciso, la tesi di Campus, rappresenterà il nucleo originario di due importanti articoli sul comparto caseario sardo scritti con il compianto economista Sebastiano Brusco (cfr. S. Brusco e A. Campus, “Le strutture produttive e commerciali dell’industria casearia sarda”, in Note economiche, 1971).

Dopo un periodo di studio presso il Centro di Specializzazione e Ricerche Economico-Agrarie per il Mezzogiorno dell’Università di Napoli – Portici insieme a Giancarlo de Vivo, fra il 1969 e il 1970, Campus si trasferisce a Cambridge per un periodo di studio all’estero. Qui consolida una relazione personale e intellettuale con Piero Sraffa e Pierangelo Garegnani, che di Sraffa era l’allievo principale e successivamente l’esecutore letterario. Con il tempo, Campus diventa un go-between tra i due, come lei stessa si definisce, ricordando l’inizio dell’attività di ricerca di Garegnani nel “solco aperto dall’opera di Sraffa”. Con Sraffa e Garegnani, seppur da una posizione più defilata, Campus partecipa alla grande impresa intellettuale in cui i due, insieme ad altri, si impegnarono con l’obiettivo di mettere in luce le debolezze analitiche di fondo della teoria economica dominante d’impostazione marginalista (la cittadella) e proporre una nuova teoria, fondata sulla ripresa dell’approccio classico, dei fisiocratici, di Smith, Ricardo, Marx.

John Eatwell, Professore emerito di Financial policy presso l’Università of Cambridge e membro della Camera dei Lord , partecipando all’incontro in ricordo di Campus, ha raccontato come nel primi anni Settanta la sua sicumera di giovane professore, esponente della nuova economia di Cambridge, che allora sembrava aver sconfitto il fronte neoclassico, venne scossa dall’incontro con una giovane studentessa italiana, di statura minuta e forte personalità, che fin dal primo ricevimento non aveva mostrato alcun timore nell’esprimere con forza il suo dissenso su alcuni punti teorici sostenuti da Eatwell. Emerge da questo ricordo, e da altri simili, la capacità di Campus di andare a fondo nelle questioni analitiche più intricate, di identificare con chiarezza i nessi logici rilevanti, di semplificare gli argomenti più intricati per farne risaltare l’essenza. 

Esaurita l’esperienza di Cambridge, dopo un breve passaggio alla Banca d’Italia da cui si dimise, Campus iniziò a insegnare Economia monetaria nella neonata Facoltà di Economia e commercio di Modena. Com’è stato ricordato da uno dei fondatori della Facoltà, Fernando Vianello (v. sopra), nei primi anni dal suo avvio nel 1968, Modena fu “uno straordinario luogo di appassionato e ininterrotto dibattito” fra giovani professori, studenti, sindacato e mondo del lavoro. Una Facoltà capace di attirare “numerosi giovani, provenienti da ogni parte d’Italia, a iscriversi alla facoltà, spesso trasferendosi da altre sedi. Portatori di domande culturali più sofisticate di quelle della media dei loro colleghi [con il risultato di] contribuire a rendere più vario e cosmopolita l’ambiente”.

A Modena, s’insegnava una teoria economica nuova e una nuova politica economica, con occhio attento e vigile ai problemi dell’economia italiana e internazionale, con un chiaro orientamento politico. Ricorda per esempio Vianello come: “Dal 6 all’11 novembre 1973 si tenne a Modena un breve corso di economia politica, organizzato e tenuto da un gruppo di docenti della facoltà di Economia e commercio, che fu replicato con qualche variante l’anno successivo. Il corso, il cui tema generale era ‘L’attuale situazione economica e le scelte di fronte al movimento operaio’, si rivolgeva, come scrivemmo nel comunicato-stampa, «a coloro che dal loro impegno politico traggono l’esigenza di un momento di riflessione sull’attuale situazione economica italiana». Le relazioni introduttive previste avevano per oggetto i problemi dell’aumento dei prezzi e dell’occupazione (Fernando Vianello); la crisi del Mezzogiorno (Salvatore Biasco) e dell’agricoltura (Sebastiano Brusco); la struttura del mercato del lavoro (Giovanni Mottura); le forme e il ruolo della contrattazione sindacale (Vittorio Foa); la politica economica italiana dopo l’autunno caldo (Andrea Ginzburg) e il contesto internazionale in cui ha avuto luogo lo sviluppo economico italiano dal dopoguerra (Michele Salvati).”

Esaurita l’esperienza di Modena, dove le sue scelte didattiche non avevano convinto tutti i membri della Facoltà, Campus si trasferì alla Sapienza dove, dall’inizio degli anni ottanta fino al 2009, anno del suo pensionamento, tenne seminari e lezioni come assistente ordinario alle cattedre di Garegnani e Vianello e come titolare di corsi su singoli temi di teoria economica classica e Keynesiana. In questi anni, l’impegno principale di Campus fu rivolto all’attività didattica, alla preparazione delle dispense, ai seminari, al ricevimento degli studenti, alla guida dei laureandi nella stesura delle tesi di laurea. Come hanno ricordatoFabio Ravagnani, Antonella Palumbo, Annamaria Simonazzi, i tre organizzatori del convegno, Campus dedicava a queste attività un tempo lunghissimo. Ore e ore, ogni settimana, spese nel rispondere con passione, rigore e spesso severità alle domande degli studenti in difficoltà. 

Anche questo, unito a un carattere non privo di asperità, rigorso fino all’intransigenza, ha probabilmente contribuito a frenare la carriera accademica di Antonietta Campus che non ha mai conseguito il titolo di Professore, come pure le sue qualità intellettuali avrebbero permesso. Anche per gli standard del passato, Campus ha pubblicato relativamente poco e quasi sempre lavori in lingua italiana, con alcune eccezioni, tra cui la voce Marginalist economics , nella prima edizione del New Palgrave: A Dictionary of Economics, edito da John Eatwell, Murray Milgate e Peter Newman nel 1987.

Molti fra gli economisti italiani più noti, a livello internazionale fra gli anni Sessanta e Settanta, parteciparono al progetto del Palgrave, un dizionario analitico in quattro volumi dedicato a presentare i risultati principali della ricerca in tutti gli ambiti dell’Economia. La partecipazione degli economisti e delle economiste italiane a quel progetto offre la testimonianza di una fase particolarmente vitale del pensiero economico nel nostro paese. Una fase durante la quale studiosi e studiose, completato il proprio percorso di studi all’estero, tornavano in Italia per condividere nuove idee e nuovi modelli con colleghi e studenti. Una condivisione feconda in cui l’insegnamento, il dialogo, il seminario, il rapporto diretto fra il relatore e i tesisti erano parte essenziale, momenti importanti nel processo di elaborazione e trasmissione della conoscenza economica quasi quanto scrivere un articolo o un libro. 

Un mondo passato, in cui esistevano le scuole e le cattedre, le tradizioni accademiche, alcune più rigide di altre, la cooptazione. Secondo i suoi critici più accesi, un mondo baronale, autoreferenziale, impermeabile al merito e alla concorrenza, sorretto da rigidi principi gerarchici. Quel mondo oggi è scomparso quasi del tutto, almeno nel campo delle discipline economiche. 

Sul terreno del pensiero economico, il periodo attuale, che Alessandro Roncaglia ha chiamato Età della disgregazione, sembra aver accantonato i grandi dibattiti fra teoria e politica economica a favore di un’analisi, spesso molto accurata, di problemi specifici. L’economia sperimentale, l’attenzione verso i metodi quantitativi nella ricerca economica, l’idea che la buona economia sia politicamente neutrale, il confronto metodologico tra l’economia le scienze naturali, la fisica e la psicologia, fanno premio rispetto al passato in cui erano altre discipline, la storia delle idee e dei fatti, le scienze politiche, l’antropologia, la filosofia a stabilire un dialogo privilegiato con l’economia. Queste tendenze, manifestatesi in primis nel mondo anglosassone, si sono progressivamente diffuse a livello internazionale, arrivando, com’era ovvio anche nel nostro paese. 

Sul piano della didattica, queste trasformazioni hanno portato a privilegiare la ricerca rispetto all’insegnamento e nell’ambito dell’insegnamento a privilegiare alcune materie rispetto ad altre. È cresciuta l’importanza della microeconomia, della teoria dei giochi, dell’economia sperimentale, della finanza e dell’econometria. È diminuito, in parallelo, il peso della macroeconomia, della storia del pensiero e dei fatti economici, dell’economia monetaria e di quelle materie che difficilmente possono ricondursi al piano microeconomico. Anche il modo di organizzare la didattica dell’economia sta cambiando, meno lezioni, più esercitazione, progressiva abolizione degli esami orali a favore di quelli scritti, privilegio alla formazione di bravi economisti applicati, più che di teorici disposti a confrontarsi con le grandi domande e i grandi problemi dell’economia e con l’impegno politico. 

Eppure, i grandi problemi e le grandi domande sono sempre lì, così come il desiderio di tante studentesse e tanti studenti che si avvicinano all’economia mosse e mossi da un genuino interesse per i problemi del mondo reale, dalla disuguaglianza alle questioni ambientali e alle grandi sfide che attraversano l’economia globale. È essenziale non perdere il contatto con questi studenti, cercarli, incoraggiarli, spingerli a seguire i propri interessi, ricordar loro che un altro modo di fare economia è possibile. Come ha ricordato Dario Guarascio, nel suo intervento del 10 novembre, molti fra quelli che fanno ricerca e insegnano sono spinti da questo obiettivo e resistono alla trasformazione dell’Economia politica in un’asettica Economics, solo in apparenza politicamente neutrale. Per questo e per la testimonianza di quanto si possa dare, anche restando nella penombra, alla ricerca e alla didattica eventi come la giornata in ricordo di Antonietta Campus, sono molto importanti. 

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