La disuguaglianza nei redditi da lavoro in Italia è cresciuta significativamente negli ultimi decenni, con particolari ripercussioni su determinati gruppi demografici e aree geografiche. I profondi cambiamenti nelle occupazioni e nelle mansioni richieste, dovuti all’automazione e alle tecnologie dell’informazione, uniti a una decennale stagnazione dei salari, e a una serie di shock che hanno colpito l’economia, hanno reso per alcuni gruppi sociali le condizioni di mercato del lavoro particolarmente avverse e ridotto le loro chance occupazionali. Ad esempio, la crisi finanziaria del 2008, la successiva recessione e la pandemia di COVID-19 hanno avuto un impatto molto differenziato sul mercato del lavoro, colpendo maggiormente i giovani, le donne, i meno istruiti e coloro che vivono nel Mezzogiorno (cfr. Garnero et al.).
Anche la regolamentazione del mercato del lavoro italiano ha subito profondi cambiamenti nell’ultimo trentennio. Nello specifico, dalla fine degli anni ‘90 si è avviato in Italia un processo di riforma strutturale della legislazione sui contratti di lavoro. Le prime riforme furono ispirate al modello scandinavo della “flexicurity”, ritenuto in grado di stimolare l’economia italiana che soffriva di bassi tassi di produttività e di contrastare l’ampio e diffuso mercato del lavoro informale. Tuttavia, questo insieme di riforme, introducendo varie forme di contratti atipiche caratterizzate da regole di accesso e uscita meno rigide, e non agendo in modo rilevante dal lato della “security”, ha avuto l’effetto di creare un mercato del lavoro duale. All’interno di questo mercato duale, in media, coloro che hanno contratti a tempo indeterminato, o gli “insiders”, godono di un maggior grado di protezione sociale, carriere maggiormente stabili e vantaggi correlati al lavoro, mentre i lavoratori assunti con contratti a tempo determinato, gli “outsiders”, vivono carriere lavorative più frammentate, condizioni contrattuali precarie e una bassa protezione sociale legata al luogo di lavoro.
Sebbene questa dimensione sia stata ampiamente studiata in relazione all’evoluzione delle disuguaglianze di reddito complessive, poco sappiamo sulla sua relazione con le disuguaglianze di opportunità (Inequality of Opportunity, IOp). Nella letteratura economica, l’IOp deriva dal modello teorico proposto da John Roemer (Equality of Opportunity, 1998) e si riferisce alle disuguaglianze di reddito che derivano da circostanze al di là del controllo individuale, come il sesso, l’etnia, il paese di nascita, o l’origine socioeconomica. Date le profonde modifiche istituzionali e il loro impatto diversificato tra le coorti e il territorio, il caso italiano è di grande interesse per studiare le implicazioni delle riforme e delle politiche sulle disuguaglianze di opportunità da una prospettiva istituzionale e geografica. Esaminando il rapporto tra diverse epoche legislative del mercato del lavoro e diverse aree geografiche e l’IOp, il nostro studio fa luce sulla struttura delle opportunità nei diversi mercati del lavoro italiani e sul contributo dei fattori istituzionali nella persistenza delle disuguaglianze nei redditi da lavoro.
Dal punto di vista tecnico, le disuguaglianze di opportunità vengono misurate a seguito di una trasformazione dei redditi osservati per far sì che la loro distribuzione non rispecchi disuguaglianze dovute a fattori diversi dalle circostanze demografiche e socioeconomiche. Nel caso specifico, teniamo conto non solo delle circostanze socioeconomiche osservate, ma anche di diversi ordinamenti di ricchezza all’interno di gruppi uniformi per circostanze. Gli ordinamenti di ricchezza per gruppo sono considerati rappresentativi di diversi livelli di impegno fra persone dello stesso gruppo sociale. Per questo motivo ci riferiremo a quella che in letteratura è chiamata disuguaglianza di opportunità ex-post.
Misurare l’IOp richiede dunque di suddividere la popolazione in gruppi, chiamati tipi, definiti dalle circostanze socioeconomiche osservate durante l’infanzia, per poi analizzare le disuguaglianze fra i gruppi, e fra gli ordinamenti di ricchezza. In questo studio, viene adottata una metodologia data driven per ottenere la suddivisione della popolazione utilizzando modelli di machine learning, utilizzata di recente in alcuni studi sull’IOp. Queste tecniche consentono di evitare di incorrere nel rischio di ottenere una quantità eccessiva di gruppi da confrontare, e permettono di non assumere solo relazioni lineari e additive tra le varie circostanze, bensì analizzare in modo flessibile eventuali importanti combinazioni tra esse (ad esempio, fra genere e origine familiare) che emergano come significative nei dati.
Nello specifico, viene adottato un algoritmo di machine learning di recente predisposto da Brunori, Ferreira e. Salas-Rojo. L’algoritmo prende come input la distribuzione del reddito della popolazione di riferimento e genera dei sottogruppi della popolazione se si verifica che la distribuzione dei redditi di un gruppo è statisticamente diversa da quella di un altro gruppo. Poiché le variabili usate per la partizione sono le circostanze socioeconomiche e demografiche, questo algoritmo serve a creare dei raggruppamenti per categorie sociali che presentano forti differenze nel reddito medio e nella sua dispersione.
I dati utilizzati nello studio sono quelli dell’EU-SILC (European Union Statistics on Income and Living Conditions) sull’Italia. Si analizzano i dati del 2005, 2011 e 2019, anni in cui sono presenti moduli speciali sulla trasmissione intergenerazionale delle disuguaglianze e sul background socioeconomico delle persone durante l’infanzia, utilizzabili per la misurazione dell’IOp. Il reddito utilizzato nelle analisi è la somma dei redditi netti da lavoro dipendente ed autonomo degli individui osservati nel campione. Tale reddito è stato precedentemente trasformato in modo da non tener da conto delle differenze reddituali fra individui di età differente che si trovano in momenti diversi della carriera lavorativa. Le varie caratteristiche (ovvero, circostanze) che consideriamo come fonti illegittime di disuguaglianza nei redditi sono invece usate per derivare gruppi sociali attraverso i quali misuriamo le disuguaglianze di opportunità. Queste includono il genere, il paese di origine, l’attività, l’istruzione e l’occupazione dei genitori quando i partecipanti avevano 14 anni, la struttura della famiglia durante l’infanzia e la coorte di appartenenza (1950-64, 1965-79 e 1980-94).
Poiché l’analisi è effettuata sulla base dei redditi mensili, le disuguaglianze di genere che emergono sono influenzate anche dalla diversa intensità nella partecipazione al mercato del lavoro di donne e uomini.
Il nostro studio conferma che la situazione dei redditi da lavoro in Italia è mutata nel tempo e varia ampiamente tra le aree geografiche e le coorti considerate. Le seguenti figure, che servono a contestualizzare la situazione economico-lavorativa individuale nelle coorti di riferimento, ne forniscono una sintesi.
La prima figura mostra il divario territoriale nella dinamica dell’incidenza della povertà nei redditi da lavoro dal 2005 al 2019. L’incidenza della povertà è misurata dal numero di persone lavoratrici dipendenti o autonome i cui redditi mensili non superano il 60% del reddito da lavoro mediano nazionale. Emerge subito la divergenza fra il Centro-Nord e il Mezzogiorno, trainata da un forte divario nel sistema produttivo che si riflette nella dinamica salariale. Si nota però che negli ultimi anni l’incidenza della povertà lavorativa al Sud sta decrescendo, si suppone per via della pesante stagnazione salariale in tutto il territorio che ha portato in media una crescita dell’incidenza di salari bassi al Centro e al Nord Italia.
La figura seguente mostra invece le differenze fra le coorti in termini di incidenza della disoccupazione e dei contratti lavorativi a termine. Entrambe le serie rivelano la presenza di eterogeneità fra questi gruppi sociali definiti per anno di nascita, che ci portano a ritenere la coorte di appartenenza un valido elemento per valutare l’impatto dei cambiamenti istituzionali del mercato del lavoro.
Lo studio delle disuguaglianze di opportunità che proponiamo si sviluppa su due binari, da un lato confrontiamo la struttura delle disuguaglianze all’interno delle varie aree geografiche e dall’altro proponiamo una misura sintetica delle disuguaglianze per poterne confrontare i livelli nello spazio e nel tempo.
Per offrire una sintesi della struttura delle disuguaglianze la seguente tabella mostra le circostanze che caratterizzano il tipo sociale più povero e il più ricco per i vari anni ed aree geografiche. L’identificazione del tipo più ricco e più povero si basa sul reddito medio specifico del tipo nel singolo anno e area geografica. Le caratteristiche scritte in corsivo non sono uniformi in tutto il gruppo ma risultano essere quelle che ricorrono maggiormente. Attraverso i vari anni ed aree geografiche i tipi più poveri risultano essere donne giovani e di origine extra-comunitaria, con genitori poco istruiti, e inseriti in nuclei familiari in cui la madre risultava non lavorare. Passando ai tipi più ricchi per reddito da lavoro si nota che sono uomini di origine italiana delle coorti meno giovani e con livello medio alto di istruzione per entrambi i genitori. Non cambia la maggior presenza di madri non lavoratrici anche fra i tipi più ricchi. L’incidenza dei contratti a termine è notevole fra i tipi più poveri e presenta dinamiche differenti fra Sud, dove è in crescita, e resto d’Italia, dove invece si è ridotta dal 2011 al 2019. Dunque emerge come il genere, il paese d’origine e le coorti di appartenenza siano i fattori maggiormente rilevanti nel determinare le disuguaglianze di opportunità nelle chance lavorative.
La figura 3 mostra le disuguaglianze di opportunità misurate con l’indice di Gini (figura a destra), in confronto alle disuguaglianze totali tra gli individui nella stessa area geografica e nello stesso anno di riferimento (figura a sinistra).
La figura mostra chiare differenze territoriali nelle disuguaglianze di reddito totali, che sono maggiori nel Sud e nelle Isole. Differentemente, quando ci concentriamo sulle disuguaglianze di opportunità assolute nei redditi da lavoro, esse appiano simili in media su tutto il territorio italiano e nel complesso stabili tra il 2005 e il 2019. L’IOp si attesta dunque fra il 40 ed il 50% delle disuguaglianze totali. Più in generale, le condizioni lavorative in Italia mostrano una situazione di redditi stagnanti e alta incertezza nelle possibilità contrattuali, con una notevole disparità tra il Sud e il resto del paese, nonché una differenza generazionale che colpisce maggiormente i giovani.